I contenuti per la didattica inclusiva di Le storie di GEA – Letture e scrittura 4 sono a cura del gruppo di esperti della Ricerca e Sviluppo Erickson.
ll progetto “Obiettivo parità: genere e multicultura” intende promuovere la cultura della parità di genere attraverso il contrasto agli stereotipi e alle diseguaglianze di genere in ambito educativo. Da quest’anno il progetto include anche la dimensione interculturale per valorizzare le differenze etniche e culturali. Tramite la scelta antologica, le attività operative e il linguaggio utilizzato per le consegne didattiche viene fornita una rappresentazione equilibrata, corretta e variegata delle differenze di genere, etniche e culturali negli ambiti personale, familiare e professionale. La supervisione scientifica del progetto è a cura di Irene Biemmi, professoressa associata di Pedagogia Generale e Sociale presso il dipartimento FORLILPSI dell’Università di Firenze, e di Sara Franch, Ricerca e Sviluppo del Centro Studi Erickson.
Progetto “Educazione civica”:
● Testo: riduzione e adattamento del volume La bicicletta dei sogni di Nina Daševskaja (traduzione di Paolo Maria Bonora), illustrazioni di Lucrèce, Terre di mezzo Editore.
● Attività: Maria Condotta
Testi facilitati e semplificati in HUB Kids e HUB Kit: Carlo Scataglini
Coordinamento editoriale: Francesco Zambotti e Chiara Golasseni.
Coordinamento redazionale: Bianca Grassi e Milena Pelizzari.
Pag. 23 Holder Heritage Images/Mondadori Portfolio; pag. 96 Bruegel Mondadori Portfolio/Electa/Remo Bardazzi; pag. 105 Rossini Clive Barda / ArenaPAL /ArenaPal/Mondadori Portfolio; pag. 113 Van Gogh Van Gogh Museum, Amsterdam, The Netherlands/Bridgeman Images; pag. 144 Menchù SIPA-USA/Mondadori Portfolio; pag. 111 Benigni RGRCollection/ Alamy Stock Photo; pag. 169 castello Helen Sessions/ Alamy Stock Photo; pag. 169 Potter Entertainment Pictures/ Alamy Stock Photo; pag. 170 Cristoforetti Geopix/ Alamy Stock Photo; pag. 171 Cristoforetti Science-History Images/ Alamy Stock Photo; pag. 194 sopra Tutatama/ Alamy Stock Photo, sotto PJF Military Collection/ Alamy Stock Photo; pag. 201 Van Gogh National Gallery, London, UK/Bridgeman Images; pag. 213 Van Gogh Museum, Amsterdam, The Netherlands/Bridgeman Images; pag. 255 Monet Mondadori Portfolio/Electa/Laurent Lecat, pag. 251 Unknown/Heritage Images/Mondadori Portfolio
L’Editore si scusa per eventuali omissioni o errori di attribuzione e dichiara la propria disponibilità a regolarizzare.
La realizzazione di un libro presenta aspetti complessi e richiede particolare attenzione nei controlli: per questo è molto difficile evitare completamente inesattezze e imprecisioni.
L’Editore ringrazia sin da ora chi vorrà segnalarle alle redazioni. Per segnalazioni o suggerimenti relativi al presente volume scrivere a: supporto@rizzolieducation.it
I nostri testi sono disponibili in formato accessibile e possono essere richiesti a: Biblioteca per i Ciechi Regina Margherita di Monza (http://www.bibliotecaciechi.it) o Biblioteca digitale dell’Associazione Italiana Dislessia “Giacomo Venuti” (http://www.libroaid.it).
Le fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% di ciascun volume/fascicolo di periodico dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall’art. 68, commi 4 e 5, della legge 22 aprile 1941 n. 633.
Le riproduzioni effettuate per finalità di carattere professionale, economico o commerciale o comunque per uso diverso da quello personale possono essere effettuate a seguito di specifica autorizzazione rilasciata da CLEARedi, Corso di Porta Romana n. 108, 20122 Milano, e-mail: autorizzazioni@clearedi.org.
Il processo di progettazione, sviluppo, produzione e distribuzione dei testi scolastici dell’editore è certificato UNI EN ISO 9001.
In viaggio per conoscere STORIE tra REALTÀ e FANTASIA
STORIE DI EDUCAZIONE CIVICA • Che cos’è
il razzismo • La Giornata della Memoria 110
Il signore che ha tante scarpe 112
La signora che ha tante domande 113
La felicità segreta degli gnomi 114
La bambina sole 116
Il bambino ghiaccio 117
STORIE PER ASCOLTARE • Che tipo sono 118
La bambina che non amava il suo nome 119
Storie brevi 120
STORIE PER SCRIVERE • Tanti personaggi da raccontare 122
Come gocce d’acqua 124
STORIE PER FARE IL PUNTO
Verifica più facile • Verifica 125
Mappe • Descrizione • Racconto autobiografico •
Testo teatrale 128
Compito di realtà • Uno spettacolo in classe
In viaggio per conoscere le EMOZIONI nelle STORIE
Il catalogo dei giorni
Il puzzle delle emozioni
Costruire emozioni
Emozioni in versi: Dolore • Odio • Quiete 141
STORIE DI EDUCAZIONE CIVICA • Un
LE STAGIONI Primavera La primavera intorno a noi 212
La primavera nei dipinti 213
Feste e date speciali 214
In giro per il mondo 215
STORIE DI EDUCAZIONE CIVICA • Vivere una sola vita • Canto della notte Navajo 216
In HUB Kids e in HUB Kit: testi facilitati e semplificati. I testi facilitati e semplificati sono raccolti nel volume CheFacile! - Letture 4, disponibile su richiesta dell’insegnante. Nella Guida per l’insegnante: strategie e dettagli operativi per la didattica inclusiva.
L T E EA
Ciao! Sono Gea e voglio accompagnarti in un viaggio alla scoperta delle Storie. Il tuo libro delle Letture è diviso in 5 unità: in ognuna troverai diversi tipi di testo legati da un tema comune, un filo conduttore che li percorre.
Nelle pagine Per
STORIE per ASCOLTARE
è la parte nella quale vengono narrati i fatti per questo è la più lunga. Finale è la parte conclusiva del racconto.
AUDIO BRANO
In ogni unità conoscerai le caratteristtiche dei diversi generi.
Entra nel testo
Perché Tom, quando vide il castello, pensò che “si trattasse di una vista molto bizzarra”?
■ Non aveva mai visto un castello.
ascoltare ascolta i brani e svolgi le attività di comprensione. 42
■ Il castello era ricoperto di foglie, fiori e rami.
■ Il castello era enorme.
Perché Tom dice: “Sembra tutto addormentato”?
■ C’erano molte piante che invitavano a dormire.
■ Non c’erano persone.
■ C’era silenzio.
Il castello incantato
Tom e il corvo trovarono il castello incantato senza grandi difficoltà. E mentre se ne stavano a guardarlo con il naso all’aria, Tom pensò che si trattasse di una vista molto bizzarra. Il castello si stagliava enorme contro il cielo ed era tutto ricoperto da foglie, fiori di rosa selvatica e grossi rami spinosi. Una cappa di silenzio mortale aleggiava sopra ogni cosa, come se il tempo stesso si fosse fermato. Si avvicinarono alla base dell’edificio, dove nascevano le piante eTom girò tutto intorno, guardando in alto, verso le torri e i pinnacoli avvolti da quella verzura spinosa. Il corvo volò fin sopra le foglie, ma non vide alcun segno di vita. – Sembra tutto addormentato – disse Tom Il ragazzo notò Il racconto del brivido narra storie misteriose,
STORIE per SCRIVERE
L’inizio di un racconto avvincente
Leggi il testo e osserva la frase evidenziata: la prima battuta prepara la “brutta” sorpresa.
Impara a scrivere un racconto del brivido.
L’arrivo della Maestra Tiramisù – Presto, andate al vostro posto, perché la Maestra Tiramisù sarà qui a momenti. – Ma noi, veramente... – Noi non siamo... – Stssstsss... – disse il bidello La porticina si aprì un’altra volta ed entrarono dei bambini in fila per due. Erano vestiti con certi grembiulini neri da far pena e sembravano alquanto spaventati. In silenzio occuparono i banchi. Rimasero quattro posti vuoti sui quali il bidello fece sedere Alfred, Freddy,JessicaePrema,chenonosaronoprotestare. Ed ecco apparire la MaestraTiramisù. Entrò spazzando il pavimento con la gonna nera, con una mano sorreggeva un vocabolario e con l’al- tra brandiva una bacchetta. Dalla chioma di capelli neri sfuggivano delle ciocche attorcigliate che pare- vano serpenti. Il suo viso si distingueva appena nella penombra, ma, da quel poco che videro, i bambini compresero che con lei non c’era da scherzare. Paola Valente, La Maestra Tiramisù Raffaello
bidello: collaboratore scolastico
DIARIO per esprimersi
Un modo efficace per avviare una situazione avvincente è fare entrare in scena un personaggio sorprendente. Nel brano che stai per leggere, il collaboratore scolastico annuncia una brutta sorpresa: l’arrivo della Maestra Tiramisù. Vai a pag. 12 del Diario per esprimersi e continua la storia della Maestra Tiramisù.
RACCONTO DEL BRIVIDO
Verica i tuoi apprendimenti con la verifica e la verifica più facile, con le mappe e il compito di realtà.
Chiudi ogni unità ripercorrendo quello che hai letto con le pagine Al traguardo!
Quando en ro a scuoa cerco congli occh manifes o de c nque
Ho i d r to di rovare
arme a addosso!
Ho il diritto di avere libri di studio.
… se mi fermo vicino ai ginepri, se gioco e salto dietro alle lepri rimango indietro e per rimediare non ho altra scelta che… galoppare.
Devo ricordare che la scuola ha bisogno di essere rispettata da tutti i bambini e tutte le bambine.
Devo rispettare l’igiene dei bagni, ancora più che a casa mia perché ospitano bambine e bambini.
C’è sempre traffico nei nostri bagni! Chi entra, chi esce, chi aspetta compagni e le comagne, chi scambia figurine, chi arbitra liti. È nostro dovere tenerli puliti.
Ho il dovere di trattare con cura i libri.
Quando le rondini prendono il volo arrivano libri sui banchi di scuola. Ali di carta per il nostro stormo finché le rondini fanno ritorno. Non voglio orecchi,
Ho il diritto che mi sia assegnata una quantità non eccessiva di compiti a casa, che devo essere in grado di svolgere autonomamente.
Compiti a casa: una poesia a memoria,
È mio dovere fare compiti assegnati.
Anna Sarfatti, Chiama il diritto, risponde il dovere, Mondadori
Per raggiungere i traguardi di competenza di educazione civica e diventare cittadino/a del mondo, leggi le pagine speciali dedicate.
Nel tuo libro delle Letture troverai dei rimandi al Taccuino per esprimersi, un quaderno a parte dove troverai tante attività di scrittura creativa e spunti di riflessione per imparare a esprimersi, per scrivere e parlare.
In VIAGGIO con GEA
In ogni unità viaggerai con me su un mezzo di trasporto diverso. Insieme esploreremo le terre della realtà e quelle della fantasia, quelle delle emozioni e delle parole. Terra dopo terra imparerai a orientarti in modo più competente tra i testi da leggere, comprendere, esplorare, ascoltare, scrivere.
Il racconto o testo narrativo è una narrazione orale o scritta di fatti reali o immaginari. Esistono, quindi, racconti realistici e racconti fantastici. Quando i racconti riguardano fatti che potrebbero accadere nella realtà, siamo nel campo del verosimile.
La verità sulle mie incredibili vacanze…
– Allora, come sono andate le vacanze?
– Bé, so che sembrerà incredibile ma…
Ho trovato un messaggio in una bottiglia. E non era un messaggio qualsiasi. Era una mappa del tesoro!
Ma una gazza me l’ha rubata, ed è volata via!
Però l’ho inseguita fino a una nave in porto.
Ma, a quanto pare, l’equipaggio non amava gli ospiti indesiderati…
E, per scappare, sono quasi diventato il pranzo di un calamaro gigante.
Per fortuna, sono stato salvato dal capitano di un sottomarino…
… che subito dopo mi ha messo sotto a lavorare…
Quando il sottomarino è finalmente riemerso in superficie, avevamo viaggiato indietro nel tempo!
– Davvero? E com’è successo?
– In effetti… era solo il set di un film!
Poi, ho avuto un colpo di fortuna: ho incontrato un’attrice che sapeva esattamente dove trovare la mia mappa!
Era solo un po’ difficile da prendere…
Comunque la caccia al tesoro è ricominciata!
Ma qualcosa è andato di nuovo storto…
Mi sono ritrovato nel deserto…
Dove senza volerlo ho risvegliato alcune mummie…
Ma, al momento giusto, mio zio è arrivato in aiuto con la sua ultima invenzione.
Ma era ancora da sperimentare e ci ha lasciato per strada…
Lo zio, allora, mi ha paracadutato su un’isola deserta, dove la gazza però… mi ha rubato di nuovo la mappa!
– Come? Lo stesso uccello di prima?
– Sì! E non so proprio come abbia fatto a trovarmi!
Ho inseguito quel pennuto ovunque. E ripeto, ovunque!
Alla fine ce l’ho fatta! Ho ripreso la mappa!
Subito dopo, però, si trattava di scendere dalla montagna.
A questo punto mi sono ricordato dello zaino-razzo di mio zio.
Una volta decollato, è stato facile seguire le indicazioni della mappa.
Una grande X indicava il punto…
Ed era esattamente… il punto da dove ero partito!
Ma la cosa più incredibile è che il tesoro era…
QUESTO?!
Comunque, penso che come vacanza sia stata ok. Ma, probabilmente non mi crederà… vero?
Entra nel testo
Nel brano ci sono due personaggi: chi sono?
钀 una madre e suo figlio
钀 una madre e sua figlia
钀 una signora e un bambino
钀 una signora e una bambina
Da che cosa hai capito chi sono i personaggi?
TACCUINO
E le tue incredibili vacanze? Divertiti a raccontarle ma con creatività!
Vai a pag. 2 del Taccuino per esprimersi, segui bene le istruzioni, poi gioca con la classe a indovinare gli episodi inventati delle vostre narrazioni.
Davide Calì e Benjamin Chaud, La verità sulle mie incredibili vacanze, Rizzoli, 2016
Entra nelle parole
Contratto di assunzione: che cosa vuol dire?
钀 accordo per svolgere un lavoro
钀 accordo per non lavorare
Tramontana: che cosa vuol dire?
钀 tramonto in montagna
钀 nome di un vento
Spiega un’altra parola che hai imparato e che non conoscevi prima:
Entra nel testo
Rispondi sul quaderno.
• Che cosa voleva dire la maestra quando ha detto: “Ora vado a conoscere le mie
VITT… i miei cari, preziosi alunni”?
• Come immagini la maestra?
• Perché la quarta D trascorse una settimana allucinante?
Il racconto fantastico narra una storia inventata dall’immaginazione di chi scrive. I personaggi possono essere fantastici (oggetti animati, animali parlanti, draghi, gnomi, maghi…) oppure persone comuni a cui accadono fatti straordinari.
Una settimana allucinante
– Prenderò servizio oggi stesso – aveva concluso la maestra, – perciò prepari il mio contratto di assunzione. Ora vado a conoscere le mie VITT… i miei cari, preziosi alunni.
– Aspetti… – l’aveva implorata il Direttore, ma lei era già uscita come una ventata di tramontana. – Non mi ha neppure detto come si chiama!
Gli alunni della quarta D trascorsero una settimana allucinante.
Lunedì
Lezione di lingua italiana con tema da svolgere: “Descrivi il topo della maestra soffermandoti sulla sua bellezza, lodando la sua intelligenza, mettendo in luce la sua amabilità”.
Martedì
Lezione di osservazione scientifica su: “Le sane abitudini quotidiane dei vermi; il formidabile apparato digerente dei ratti; come la cacca di volpe influisce sulla crescita dei funghi porcini; i morsi delle murene e le loro purulente conseguenze”.
Interrogazioni e voti totalmente negativi.
Mercoledì
Lezione di matematica.Verifica con risoluzione del problema: “Un coccodrillo divora 1,8 bambini ogni giorno feriale
e 2,5 la domenica. Calcola quanti bambini divora in un mese di 30 giorni”.
Giovedì
Lezione di geografia ecologica intitolata: “Tutto sommato i detersivi fanno bene all’ambiente”.
Venerdì
Lezione in palestra di educazione fisica consistente in una serie di esercizi ritmici guidati dalla maestra con il tamburello.
Sabato
Educazione musicale: riproduzione con gli strumentini dei ritmi minacciosi dei “Temagnotutto”.
Paola Valente, La classe terribile, Raffaello
TACCUINO
Per fortuna nella tua scuola le lezioni sono molto diverse. Vai a pag. 3 del Taccuino per esprimersi e rifletti sulle cose belle che hai già imparato e su quelle che imparerai nelle diverse discipline.
Il racconto realistico narra una storia realmente accaduta o una storia che potrebbe accadere nella realtà. Nel racconto realistico i personaggi sono persone o animali reali, i luoghi sono reali, il tempo è in genere ben definito, nel presente o nel passato.
Ll
La mia scuola è normale. Ha i banchi normali, le sedie normali e sono normali anche i cartelloni appesi alle pareti. Nella mia aula, per esempio, ci sono i cartelloni di geografia, le linee del tempo di storia e le istruzioni per risolvere le divisioni. I cartelloni più normali sono quelli di grammatica. In grammatica, ogni cosa se ne sta tranquilla dove se ne deve stare. Gli aggettivi tra gli aggettivi, i nomi tra i nomi e i verbi tra i verbi.
Per me, invece, il bello viene quando mescoli le cose. Prendi una confezione di amido di mais, aggiungi dell’acqua tiepida e, con un po’ di impegno, ottieni uno slime. Non è fantastico? Perché nessuno pensa mai a uno slime con la grammatica? Non so come si potrebbe fare, ma di sicuro sarebbe divertente. Prendi i maestri e le maestre, per esempio. Si potrebbero prendere i due di seconda e spostarli in terza. Per un paio di settimane, e vedere cosa combinano.
Fai il punto su personaggi, luoghi e tempo
Rispondi.
• Chi sono i personaggi?
• Sono reali o fantastici?
• Dove avvengono le vicende narrate?
• Sono luoghi reali o fantastici?
Indica con una X quando avvengono i fatti.
钀 passato 钀 presente 钀 futuro
Il racconto che hai letto è: 钀 realistico. 钀 fantastico.
VIDEO IL RACCONTO: REALISTICO E FANTASTICO
Il nostro maestro, che si chiama Andrea Nicoletta, si potrebbe mandare dagli scalmanati di prima, così la smette di fare sempre le stesse battute. E le sue battute non è che facciano proprio ridere. Però lui ci mette tanto impegno, perché insegnare gli piace e cerca di far bene il suo lavoro.
L’altro giorno il maestro Andrea Nicoletta ci ha dato un compito: – Voi tre fate un cartellone sugli antichi Egizi – ha detto indicando me, Antonio e Marco.
Antonio e Marco sembravano tutti contenti e non vedevano l’ora di cominciare. Ci siamo ritrovati a casa mia. Mio padre ha preparato pane, burro e marmellata per tutti: mio padre non metterebbe mai a tavola delle normali merendine confezionate. Antonio e Marco sono rimasti un po’ delusi, ma poi hanno detto: – Dai, su, cominciamo – e abbiamo cominciato. Volete sapere com’è andata? Abbiamo fatto un normalissimo cartellone sugli antichi Egizi. Io ho provato a dare alcune delle mie specialissime idee creative. Ecco alcuni esempi.
Proposta numero uno: – Perché non prendiamo una bambola e la mummifichiamo? Poi potremmo incollarla al cartellone.
Proposta numero due: – Perché non inventiamo una maledizione in geroglifico e non la scriviamo sul nostro cartellone?
Proposta numero tre: la proposta tre non la scrivo neppure, perché non ha convinto neanche me.
Insomma, niente. Non sono riuscito ad aggiungere nulla di speciale. Però sono contento lo stesso.
Di speciale ci sono loro. I miei amici.
Eva Pigliapoco e Ivan Sciapeconi
Per parlare
Per te, che cosa c’è di speciale nella tua scuola? Pensa almeno a tre parole, poi confrontale con quelle trovate dalle tue compagne e dai tuoi compagni.
Entra nel testo
Indica se le frasi sono vere (V) o false (F).
• Nella scuola di cui si parla in questo racconto si fanno gli slime V F
• Andrea Nicoletta è il maestro. V F
• Il maestro fa molto ridere. V F
• Il maestro ha assegnato il compito di fare un cartellone sulle mummie. V F
• I ragazzi hanno fatto un normale cartellone sugli Egizi. V F
Una carriola di libri
Uscendo in cortile per la ricreazione, i ragazzi della scuola La Virgola scorsero, nel piccolo parco lì accanto, un’anziana signora, molto alta e molto magra, con in testa un enorme cappello. Leggeva, seduta sotto un albero. Rimase così, immobile, per tutta la durata della ricreazione All’ora di pranzo se ne stava ancora là, il naso tuffato dentro il libro. Ma alle tre e un quarto, quando finalmente suonò la campanella di fine lezioni, era scomparsa.
Tornò il giorno seguente, il volto radioso e felice, piena di energia. Stavolta spingeva una grossa carriola colma di libri nuovi. I ragazzi poterono spiarla sia durante la ricreazione che nella pausa del pranzo. Sembrava una statua, leggeva sempre, senza muoversi, come ipnotizzata. Alle tre e un quarto era ancora lì. Martin Chiassoso, lo studente più molesto della scuola (e oserei dire del mondo intero!), il tipo che faceva ammattire tutti gli insegnanti, decise di andare a vedere “quello strano spaventapasseri”. Metà classe, compreso Leo, lo seguì.
I ragazzi saltarono intorno alla signorina Charlotte, fecero capriole, si arrampicarono sull’albero lì accanto. Gridarono, urlarono, risero come matti e si rotolarono per terra. Imitarono il verso del leone marino, dell’orangotango e dell’elefante, ma non servì a niente.
Entra nel testo
Rispondi.
• Chi è la signora seduta sotto l’albero?
Sottolinea il passaggio del testo in cui lo hai capito.
• Perché porta i libri in giro su una carriola?
Sottolinea il passaggio del testo in cui lo hai capito.
• Che cosa pensa Martin dei libri?
• Che cosa pensano gli altri ragazzi e ragazze?
• Perché non chiedono i libri in prestito?
La strana signora non si mosse di un dito.
Martin Chiassoso voleva provare a toglierle il cappello, quando Leo ebbe un’idea.
Prese il libro che lei teneva in mano e, come se niente fosse, iniziò a leggere ad alta voce il seguito della storia dalla pagina a cui era aperto.
Pirati combattevano a colpi di sciabola. Le lame tagliavano l’aria, mentre il vascello ondeggiava pericolosamente nella burrasca.
Dopo qualche frase la signorina Charlotte sbatté le palpebre e sospirò: – Accidenti! L’ho scampata bella.
I ragazzi appresero allora che l’anziana signora, soprannominata “lo spaventapasseri” da Martin Chiassoso, era la loro bibliotecaria. Coccolava i libri nuovi come se fossero neonati e li portava in giro con una carriola, perché nessuno frequentava la biblioteca.
– Questa è la mia biblioteca ambulante – proclamò fiera indicando la montagna di libri.
Martin si fece avanti e rovistò un po’ nel mucchio, prima di dichiarare: – I libri non valgono un fico secco.
Gli altri ragazzi, invece, li esaminarono. Ce n’erano di tutti i tipi, ricchi di illustrazioni o di solo testo. Alcuni sembravano bizzarri, altri romantici, altri ancora paurosi. Molti tra i ragazzi avrebbero avuto voglia di chiederne uno in prestito, ma non osavano perché Martin Chiassoso e la sua banda li avrebbero presi in giro.
– A noi piacciono soltanto i libri da maiali – annunciò d’improvviso Martin. E poi aggiunse, per essere ben chiaro: – Libri con le chiappe!
– Libri… come?... da maiali? Con… le chiappe? Ah! Ma certamente!Avete perfettamente ragione.Li porterò domani –promise la signorina Charlotte andandosene. Rivolse ai ragazzi un sorriso radioso e partì, spingendo la carriola.
Dominique Demers, Una bibliotecaria tutta matta, Einaudi Ragazzi
Per scrivere
Rispondi alle domande e scrivi le tue idee sul quaderno, poi confrontati in classe.
• Conosci qualcuno o qualcuna che si potrebbe comportare come Martin Chiassoso? Perché, secondo te, si comporta così?
• Come potresti aiutare Martin a cambiare atteggiamento?
Fai il punto sul narratore
Chi racconta questa storia?
钀 Uno dei personaggi, quindi il racconto è in prima persona.
钀 Una voce dall’esterno, quindi il racconto è in terza persona.
Che cosa ti ha aiutato a capire chi racconta?
钀 la descrizione della scuola nel treno
钀 i verbi in terza persona
钀 il racconto delle vicende della protagonista
Una storia può essere raccontata in prima o in terza persona.
• In prima persona: i fatti sono raccontati da un personaggio della storia. Per esempio: Io andai…
• In terza persona: i fatti sono raccontati da un narratore esterno. Per esempio: Il ragazzo andò…
La scuola di Totto-Chan
Quando vide il cancello della nuova scuola, Totto-Chan si fermò. Quando si avvicinò, dovette inclinare la testa da un lato per leggere il nome della scuola, perché il vento aveva spinto l’insegna lasciandola di traverso. “To-mo-e Ga-ku-en”.
Totto-Chan stava per chiedere alla mamma cosa significasse “Tomoe”, quando intravide qualcosa che le fece pensare di essere in un sogno. Si accovacciò, scrutò attraverso il boschetto per vedere meglio e non credette ai propri occhi.
– Mamma, quello è davvero un treno? Nel giardino della scuola?
La scuola utilizzava come aule sei vagoni abbandonati. Per Totto-Chan era una cosa da sogno. Una scuola dentro un treno!
Ma la cosa più bizzarra di tutta la scuola erano le lezioni stesse. Di solito le scuole programmano una materia, per esempio giapponese, per la prima ora, in cui si fa solo giapponese; poi, per esempio, aritmetica la seconda ora, in cui si fa solo aritmetica. Ma qui era diverso. All’inizio della prima ora, la maestra faceva una lista di tutti i problemi e le domande relativi alle materie del giorno. Poi diceva: – Adesso iniziate da quello che preferite. Non aveva importanza che uno iniziasse con giapponese o aritmetica o un’altra materia. Chi amava comporre poteva scrivere qualcosa, mentre chi preferiva le scienze poteva far bollire qualcosa in una fiaschetta su un fornelletto.
Questo metodo dava agli insegnanti la possibilità di osservare – a mano a mano che i bambini progredivano nelle varie classi – a quali argomenti fossero interessati, ma anche il loro modo di ragionare e il loro carattere.
Non c’era modo migliore per gli insegnanti di conoscere i loro allievi.
Quanto ai bambini, adoravano poter iniziare dalla loro materia preferita e l’idea di avere a disposizione l’intera giornata per cimentarsi con quelle meno amate li aiutava ad affrontarle. Lo studio era quindi per la maggior parte indipendente e in qualunque momento gli alunni potevano andare dalla maestra a chiedere chiarimenti. Oppure, se volevano, era la maestra ad avvicinarsi a loro per spiegare i problemi passo dopo passo prima di assegnare altri esercizi da svolgere da soli.
Tutto era talmente strano che Totto-Chan era un po’ nervosa e non sapeva bene cosa fare.
Tetsuko Kuroyanagi, Totto-Chan La bambina alla finestra, Excelsior 1881
Entra nel testo
Cerca nel testo gli indizi che ti fanno capire in quale Stato è ambientata la storia.
• Scrivi il nome dello Stato:
• Sai dove si trova? Cercalo su un planisfero.
TACCUINO
Come potrebbe essere la scuola dei tuoi sogni? Vai a pag. 4 del Taccuino per esprimersi e raccontalo con un elenco.
STORIE DI EDUCAZIONE CIVICA
Diritti e doveri a scuola
Anche a scuola i diritti e i doveri vanno a braccetto: a ogni diritto corrisponde sempre un dovere. Osserva alcuni esempi.
Ho il diritto di avere persone adulte che si assumano la responsabilità della mia crescita e della mia istruzione.
Con insegnanti capocordata mi sento sempre protetta e guidata. E nel viaggio dentro i saperi come cerbiatti percorro sentieri…
Ho il diritto di vivere in un ambiente curato, di avere aule luminose, temperate e accoglienti.
Quando entro a scuola cerco con gli occhi il manifesto dei cinque ranocchi.
Saluto i bulbi che fan capolino e rido al sole che mi aspetta in giardino.
Ho il diritto di trovare il bagno pulito.
Bambini e bambine senza rispetto lasciano sporco il gabinetto. Ma a me fa schifo, proprio non posso… Piuttosto rischio di farmela addosso!
Ho il dovere di ascoltare quello che le persone adulte mi dicono e di assumermi le mie responsabilità.
… se mi fermo vicino ai ginepri, se gioco e salto dietro alle lepri rimango indietro e per rimediare non ho altra scelta che… galoppare.
Devo ricordare che la scuola ha bisogno di essere rispettata da tutti i bambini e tutte le bambine.
Ogni bambina, ogni bambino per la sua scuola è come un vaccino. Perché curandola affettuosamente l’aiuta a essere bella ed efficiente!
Devo rispettare l’igiene dei bagni, ancora più che a casa mia perché ospitano bambine e bambini.
C’è sempre traffico nei nostri bagni! Chi entra, chi esce, chi aspetta compagni e compagne, chi scambia figurine, chi arbitra liti. È nostro dovere tenerli puliti.
Traguardi per lo sviluppo delle competenze n. 1, 3
LA SCUOLA COME DIRITTO E DOVERE
Ho il diritto di avere i libri di studio.
Quando le rondini prendono il volo arrivano i libri sui banchi di scuola.
Ali di carta per il nostro stormo finché le rondini fanno ritorno.
Ho il diritto che mi sia assegnata una quantità non eccessiva di compiti a casa, che devo essere in grado di svolgere autonomamente.
Compiti a casa: una poesia a memoria, due problemi, tre pagine di Storia… Basta così, mi sembrano già tanti, sennò devo cercarmi gli aiutanti!
Per scrivere
Ho il dovere di trattare con cura i libri.
Non voglio orecchi, né scarabocchi, sono il tutore dei miei marmocchi: ma se mi trattano senza rispetto io resto chiuso nello zainetto.
È mio dovere fare i compiti assegnati.
Sogno una fetta di pane e cioccolato. Sogno una corsa col bassotto di Renato. Sogno il basket, quando arriva giovedì?
Ma devo fare i compiti… peggio di così!
Anna Sarfatti, Chiama il diritto, risponde il dovere, Mondadori
Pensa a un diritto e a un dovere tra loro collegati: una “coppia” per stare meglio a scuola.
Illustrali qui sotto con un disegno oppure spiegali con brevi frasi.
Ho il diritto di
Ho il dovere di
TACCUINO
E tu hai una storia antica che ti gira intorno? O una storia nuova da inventare?
Vai a pag. 5 del Taccuino per esprimersi e scrivila!
Per parlare
Quale messaggio comunica questa poesia? Prova a spiegarlo con parole tue, poi confronta la tua risposta con quella delle tue compagne e dei tuoi compagni.
Tutte le poesie sono scritte in versi. Ogni riga corrisponde a un verso I versi spesso sono raggruppati in strofe.
Storie vecchie, storie nuove (… la fantasia si muove)
Sono strane e anche un po’ matte le storie antiche che trovi già fatte; ti girano attorno pazienti, insistenti… Non farle aspettare, dentro di te lasciale entrare!
Parole e figure che leggi e che ascolti si voglion aggiungere con giri e rigiri ai tuoi sogni e paure, pensieri e respiri… Non farle aspettare, dentro di te lasciale entrare!
Accanto alle storie antiche ascoltate, puoi fare nascere le nuove storie immaginate; dentro di te le pensi e le inventi… Non chiudere il cuore, non farle morire, le nuove storie lasciale uscire!
Pietro Formentini, C’era, c’è e ci sarà, Nuove Edizioni Romane, 2008
Fai il punto sulla poesia
Rispondi.
• Quante strofe ci sono in questa poesia?
• Quanti versi ci sono in ogni strofa?
• Quanti versi ci sono in tutto?
Alfatempesta
Il poeta sedeva con furore creativo alle pagine affidava i suoi pensieri con la biro, ma appena la penna prese a correre lesta fra le lettere scritte scoppiò una tempesta.
A fu atterrata e B bastonata.
C fu colpita, D devastata.
E eliminata mentre F fuggì.
G beccò un gancio, H un hit.
I fu imbrattata, J andò di judo.
K knockout, L la lasciò.
M uscì monca, N nauseata.
O prese ostaggi, P una palata.
Q scappò quatta, R fu rovinata.
S fu stesa, T tartassata.
U finì uccisa, V vomitò.
W urlò wow! X pareggiò.
Y si arrese e le braccia alzò.
Z zigzagando se la svignò.
Niente più lettere. Niente più testo. Il poeta gridò: “Ora come ne esco?”.
Scosse il capo sconvolto e furente, ma i lettori sospirarono “Che pace, finalmente!”
Tony Milton, Prugna, Einaudi Ragazzi
Fai il punto sulla struttura della poesia hit: colpo, deriva dall’inglese to hit “colpire” knockout: momento in cui il pugile finisce al tappeto
Rispondi.
• Quante strofe ci sono in questa poesia?
TACCUINO
Ora tocca a te scrivere una poesia a partire dall’alfabeto. Vai a pag. 6 del Taccuino per esprimersi
• Le strofe hanno lo stesso numero di versi?
• Quanti versi sono in tutto?
L’insieme dei fatti e delle vicende in un racconto si chiama trama. La trama è costituita, in genere, da tre parti fondamentali.
Inizio: in questa parte si presentano i personaggi della storia, il tempo e il luogo.
Sviluppo: è la parte nella quale vengono narrati i fatti, per questo è la più lunga.
Finale: è la parte conclusiva del racconto.
Ascolta il racconto, poi numera da 1 a 10 le scene per ricostruire la storia.
Colora le cornici secondo le indicazioni: inizio sviluppo finale
Jack e il fagiolo magico
TESTO IN GUIDA: dalla fiaba originale di Joseph Jacobs in Storie classiche, fiabe, miti, racconti popolari, Einaudi Ragazzi
AUDIO DEL BRANO
Entra nel testo
Completa il glossario groil-italiano.
Le parole colorate nel testo sono nella lingua della terra di Groil: rileggi le frasi e cerca di comprenderle.
fore =
maj = lilli =
gonti = persone rontofalo = pianta di fagioli
duposa = fali =
Nei racconti fantastici il tempo generalmente non è precisato (un giorno, tempo fa, una volta). Le vicende possono svolgersi nel passato, nel presente o in un futuro lontano.
I luoghi sono immaginari o fantastici oppure sono ambienti reali in cui accadono fatti straordinari.
I lilli gonti
– Fore, fore, fore! – disse la bambina gigante, che nella sua lingua voleva dire: “Per favore, per favore, per favore!”.
La bambina gigante, Jumbelia, se ne stava seduta sul letto e tendeva un libro alla madre. – Fore, fore, fore, maj! – implorò di nuovo.
Maj, la madre di Jumbelia, sospirò. Non doveva neanche guardare il libro per sapere che la figura in copertina rappresentava un uomo minuscolo in piedi su una foglia. Ormai Jumbelia aveva quasi nove anni ed era perfettamente capace di leggere da sola: per quanto ancora si sarebbe intestardita come una bambina piccola a farsi raccontare fiabe della buonanotte sui lilli gonti?
Tutti sapevano che i lilli gonti non esistevano. Ed era meglio così, visto che in tutte le storie che si raccontavano su di loro erano tanto fastidiosi. Il fratello maggiore di Jumbelia aveva smesso di crederci molto prima di quell’età.
Maj prese un altro libro dallo scaffale. Sulla copertina c’era un bel gruppetto di bambini giganti che correvano con indosso la divisa della scuola. Ma Jumbelia fece uno sguardo tanto deluso che maj cedette e per l’ennesima volta raccontò la ridicola storia del lillo gonto che si arrampicava su un rontofalo e arrivava nella terra di Groil. Era un lillo gonto proprio cattivo: aveva rubato una gallina, un’arpa e un sacco di soldi. Il povero gigante che
era stato derubato lo aveva inseguito, ma non era stato abbastanza veloce: quando era arrivato a metà del rontofalo, il lillo gonto lo aveva tagliato e il gigante era precipitato e ci era restato secco. Quella per maj era una storia orribile. E la cosa più tremenda era che, dopo tutte quelle malvagità, il perfido lillo gonto la passava anche liscia. Ma a Jumbelia questo dettaglio non pareva interessare molto, anzi: semmai lei era dalla parte del l llo gonto e quando la madre arrivò alla fine della storia la bambina volle ascoltarla daccapo.
– Duposa! Duposa! – urlò.
La madre si rifiutò e allora Jumbelia si accontentò di fare domande sui lilli gonti. Erano proprio tanto lilli?rivavano al ginocchio o erano lilli come il suo mignolo?
Tutto quello che avevano era lillo: le case, gli animali, i letti, le tazze e i cucchiai? E che cosa mangiavano oltre ai fali? I fali dovevano mangiarli per forza, perché si arrampicavano sui rontofali.
Ma maj non le fu di grande aiuto. Non mangiavano i fali e non si arrampicavano sui rontofali, di C avrebbero potuto, visto che non esistevano?
A quel punto diede il bacio della buonanotte alla figlia e spense la lampada sul comodino.
Julia Donaldson, I giganti e i Jones, Einaudi Ragazzi
Fai il punto sul tempo e sui luoghi
Individua la struttura del racconto e colora la barra come indicato: inizio sviluppo finale
In quale tempo si svolge la storia?
钀 presente
钀 passato vicino
钀 passato lontano
钀 futuro
Quali parole ti hanno fatto capire il tempo della storia?
Sottolineane alcune.
In quale luogo si svolge la storia?
TACCUINO
Ora puoi provare a parlare la lingua di Groil. Vai a pag. 8 del Taccuino per esprimersi e buon divertimento!
botanico: studioso delle piante
selve: boschi molto fitti
innesti: operazioni in cui si inserisce una gemma o un ramo di una pianta in un’altra pianta
Per parlare
A proposito di temperamento… tu come pensi di essere?
Rispondi, poi confrontati in classe.
钀 dolce
钀 malinconico/a
钀 ostile
钀 tenace
钀 egoista
钀 altro:
Mio nonno e gli alberi
Mio nonno capiva gli alberi come nessun botanico saprebbe. Di certi non conosceva i nomi scientifici, ma conosceva il loro carattere.
– Ogni pianta possiede un suo temperamento – diceva – e in base a questo reagisce alla persona che la tocca. C’è il legno dolce, quello malinconico, quello astioso, quello tenace, quello egoista e via di seguito; come negli esseri umani, del resto! – Lui lo sapeva e mi insegnava queste cose un po’ alla volta, con calma e saggezza.
Il nonno amava i boschi e tutto quello che essi regalavano. Aveva allevato la famiglia, adoperando i prodotti delle selve. Sempre con grande rispetto.
In primavera mi portava con sé quando andava a fare gli innesti sugli alberi da frutta. Durante l’operazione esigeva che io compissi sempre un particolare rito: mentre incideva con il temperino il fusto per innestarvi la nuova gemma, io dovevo tenere le mani serrate attorno alla pianta madre che, secondo il suo pensiero, si sarebbe in qualche modo sentita protetta.
– Nel momento in cui la taglio – mi spiegava – ha dolore e le viene la febbre. Le tue mani l’aiuteranno a superare la paura.
Parlava con una tale convinzione che a volte mi impaurivo credendolo fuori di testa. Ora che sono adulto, quando lavoro nel bosco mi piace ancora stringere le cortecce degli alberi con le mani.
Mauro Corona, Il volo della martora, Mondadori
Perché il nonno chiede al nipote di fare sempre lo stesso rito durante gli innesti? Entra nel testo
I versi possono essere in rima o liberi. Le rime servono per dare ritmo alla poesia o alla filastrocca. La rima può essere:
• baciata, segue lo schema AA BB
• alternata, segue lo schema AB AB
• incrociata, segue lo schema AB BA.
Il larice
È un aghifoglie come l’abete e il pino ma resta spoglio quando l’autunno è vicino.
Raggiunge la vetta più alta e pendente perché è una specie intraprendente.
Resiste bene al freddo e al vento senza tremare e senza un lamento.
Se, poi, il suo legno vuoi ammirare guarda le travi di un casolare:
“Con il suo tronco quasi perfetto sostiene bene il peso del tetto”.
Mariano Salvatore, Alberi in filastrocca, EGA
Fai il punto sulle rime
Il testo sopra è una filastrocca: ha lo scopo di divertire e insegnare. Le filastrocche sono sempre in rima. Scrivi lo schema delle rime sui puntini e segna se la rima è: 钀 baciata. 钀 alternata. 钀 incrociata.
Il testo a destra è una poesia, anch’essa in rima. Di che rima si tratta? Scrivi lo schema delle rime sui puntini e segna se la rima è: 钀 baciata. 钀 alternata. 钀 incrociata.
Nel bosco
Nel bosco ogni vecchio gigante, sia abete, sia quercia, sia pino, ha intorno, ai suoi piedi, un giardino di piccole piante.
Son muschi, son felci, son fiori, e fragole rosse e lichene cui l’albero antico vuol bene, suoi teneri amori.
E mentre le fronde superbe protende più su verso i cieli, lui pensa a quegli umili steli nell’ombra, tra l’erbe.
Lina Schwarz, da Terra gentile, aria azzurrina, a cura di Daniela Marcheschi, Einaudi Ragazzi
POESIA
La struttura dei racconti
La trama di un racconto va costruita con (vai a pag. 24 per un’aiuto):
1 un inizio, cioè
2 uno sviluppo, cioè
3 un finale, cioè
Impara a scrivere un racconto partendo dalla trama.
Osserva la struttura di questo racconto
b d d i
I i io
Appena la notizia si sparse, tutti si misero a cercare le pigne e a romperle e ognuno ci trovò dentro quello che gli piaceva di più: cioccolata calda, gelato alla vaniglia, pistacchi, caramelle…
S il o
Per un pezzo i grandi rimasero sotto l’albero, strillando e sbraitando e strepitando, ma senza ottenere un bel niente. I papà arrivarono armati di scale lunghissime e le mamme tempestarono di telefonate i pompieri e il Comune e i vigili, ma…
Appena un papà o un pompiere appoggiava la scala a un ramo, quello si spostava e la scala finiva per terra. Se invece l’appoggiava al tronco, quello diventava così liscio che la scala scivolava via. Quando il Sole tramontò e uno spicchio di Luna si arrampicò su funi di stelle per dondolarsi nel cielo, come in risposta ai richiami sempre più ansiosi di mamme e papà, di zii e nonne, un brivido sembrò percorrere l’albero e i grandi rami si piegarono verso l’asfalto, le foglie unite a formare lunghi scivoli verdi.
F le
Allora, uno dopo l’altro, con le tasche piene di fiori e pigne, i bambini e le bambine scivolarono verso terra per atterrare tra le braccia dei genitori.
Angela Ragusa, L’albero delle 1000 dolcezze, Giunti Junior
TACCUINO
Osserva la storia raccontata per immagini qui sotto, poi vai a pag. 9 del Taccuino per esprimersi per scrivere il tuo racconto. Ricorda quello che hai imparato sulla struttura dei racconti: come puoi vedere, lo sviluppo è la parte più lunga.
INIZIO
LE STAGIONI AUTUNNO
L’autunno intorno a noi
Arriva una nuova stagione e cambia il mondo intorno a noi. Guarda quanti regali ci porta l’autunno.
AUTUNNO in città
L’autunno dona alla città un tocco magico. Dove prima c’era un verde viale alberato, adesso c’è una distesa di foglie: gialle, rosse, marroni. Se il rumore del traffico non è troppo assordante, si può sentire il crepitio delle foglie ormai secche sotto le scarpe. È divertente e viene voglia di camminarci per ore.
AUTUNNO
in campagna
In campagna i filari sono carichi di uva da vendemmiare. Gli olivi sono ricchi dei loro frutti che presto diventeranno preziosissimo olio.
Bisogna raccogliere le castagne, le pere, i melograni… E che dire delle zucche? I bambini e le bambine non aspettano altro per realizzare la famosa lanterna di Halloween!
TACCUINO
• Quali sono i segnali dell’autunno che riconosci intorno a te?
• Secondo te, qual è il regalo migliore dell’autunno? Vai a pag. 10 del Taccuino per esprimersi e racconta.
AUTUNNO
Al mare anche se c’è il sole, difficilmente fa troppo caldo e il cielo si copre spesso di nuvole bianche. Raffiche di vento portano fino alla spiaggia il profumo del mare raccolto a chilometri di distanza. In spiaggia, ci si può fermare a osservare il disegno delle nuvole in cielo. E il mare, in autunno, regala a chi si ferma ad ascoltarlo una musica ininterrotta. al mare
AUTUNNO
nel bosco
L’autunno sembra nascere nel bosco. Intorno a noi, solo alberi dai colori intensi. Il bosco in autunno è illuminato dalle sfumature calde delle foglie. Tra loro, ogni tanto, qualcuna ha un colore acceso e sembra più preziosa delle altre. La terra è umida, odorosa e ai piedi degli alberi crescono funghi a cui fare attenzione. L’autunno nei boschi permette passeggiate nella natura colorata.
L’autunno nei dipinti
■ Quali colori vedi? Hanno tutti la stessa intensità o ce ne sono alcuni più accesi e altri più spenti?
■ Sono in maggioranza colori caldi o colori freddi? Scrivili.
Colori caldi:
Colori freddi:
■ Osserva il dipinto: a che cosa ti fa pensare? Quali emozioni ti suscita?
■ Ti sembra che il quadro renda l’idea dell’autunno?
Ferdinand Hodler, Viale di castagni a Biberist, 1898
Ora tocca a te! Prendi un foglio e prova a disegnare un albero in autunno. Puoi utilizzare la tecnica che preferisci: il collage, i colori a cera, i pastelli… In classe, unite tutti gli alberi realizzati e create un bosco autunnale su una delle pareti della vostra aula.
LE STAGIONI AUTUNNO
Feste e date speciali
In ogni stagione ci sono tante date speciali da ricordare. Eccone alcune.
25 settembre: giornata mondiale dei sogni
1 ottobre: giornata mondiale delle bambine e delle ragazze
4 ottobre: giornata mondiale degli animali
16 ottobre: giornata mondiale dell’alimentazione
31 ottobre: festa di Halloween
13 novembre: giornata mondiale della gentilezza
25 novermbre: giornata internazionale contro la violenza sulle donne 20 novembre: giornata mondiale dei bambini e delle bambine
21 novembre: giornata nazionale dell’albero
Pensa a come si potrebbe festeggiare ognuna di queste date speciali. Poi, scegline una e sviluppa la tua idea. Vai a pag. 11 del Taccuino per esprimersi per organizzare il tuo progetto.
3 dicembre: giornata internazionale per le persone con disabilità
TACCUINO
LE GIORNATE MONDIALI IN AUTUNNO
Parole di
Halloween
Halloween
La parola Halloween deriva da All Hallows’Eve, che vuol dire “Vigilia di Ognissanti”. Infatti, si festeggia il 31 ottobre, il giorno prima della festa di tutti i santi. È una festa che nasce nei Paesi di lingua inglese, ma ormai è diffusa in tutto il mondo. La sera di Halloween, i bambini e le bambine si travestono da streghe, stregoni, vampiri, pipistrelli, fantasmi e bussano ai vicini per il famoso “Dolcetto o scherzetto?”.
Vampiro
Il vampiro, secondo la tradizione, è uno spettro che di notte abbandona la propria tomba e assale gli esseri umani e animali per succhiarne il sangue.
La parola deriva da Vàmpir che pare significhi “stregone che beve”. I vampiri sono spesso associati al famoso Conte Dracula, vissuto in Romania a metà del 1400. Dracul significa “stregone”.
Entra nel testo
Collega ogni parola alla sua origine.
Halloween
Vampiro
Pipistrello
Vàmpir
All Hallows’Eve
Vesper (sera)
Pipistrello
Una volta, questo mammifero insettivoro era chiamato “vipistrello”.
Poi la V è diventata P per ottenere il suono pi… pis a imitazione del rumore del fruscio delle sue ali.
Il nome deriva dal latino vesper che vuol dire “sera”. Infatti, i pipistrelli escono dai loro ripari in cerca di cibo dopo il tramonto.
Focus Junior, Da dove vengono le parole, Mondadori
Per parlare
Hai mai bussato ai vicini per il famoso “Dolcetto o scherzetto”?
Come ti sei sentito/a?
Entra nel testo
Perché Tom, quando vide il castello, pensò che “si trattasse di una vista molto bizzarra”?
钀 Non aveva mai visto un castello.
钀 Il castello era ricoperto di foglie, fiori e rami.
钀 Il castello era enorme.
Perché Tom dice: “Sembra tutto addormentato”?
钀 C’erano molte piante che invitavano a dormire.
钀 Non c’erano persone.
钀 C’era silenzio.
Come reagì Tom quando vide una strana forma?
钀 Si avventurò con coraggio.
钀 Si paralizzò dalla paura.
钀 Urlò per farsi coraggio.
Il racconto del brivido narra storie misteriose, ricche di vicende spaventose e inspiegabili. Lo scopo è suscitare paura e tenere il lettore con il fiato sospeso. Il protagonista spesso si trova a vivere situazioni inquietanti con imprevisti spiacevoli.
Il castello incantato
Tom e il corvo trovarono il castello incantato senza grandi difficoltà. E mentre se ne stavano a guardarlo con il naso all’aria, Tom pensò che si trattasse di una vista molto bizzarra. Il castello si stagliava enorme contro il cielo ed era tutto ricoperto da foglie, fiori di rosa selvatica e grossi rami spinosi. Una cappa di silenzio mortale aleggiava sopra ogni cosa, come se il tempo stesso si fosse fermato. Si avvicinarono alla base dell’edificio, dove nascevano le piante e Tom girò tutto intorno, guardando in alto, verso le torri e i pinnacoli avvolti da quella verzura spinosa. Il corvo volò fin sopra le foglie, ma non vide alcun segno di vita. – Sembra tutto addormentato – disse Tom. Il ragazzo notò un basso tunnel, che sembrava essere stato aperto da poco in quel groviglio di spine.
Poco dopo incrociò le assi di legno del ponte levatoio e arrivò a una porticina, sempre di legno, situata nel bel mezzo di un portone molto più grande, totalmente ricoperto dalla vegetazione. La porticina era semiaperta e oltre la soglia c’era una profonda, profondissima oscurità.
Tom inspirò e penetrò nell’ombra che lo attendeva al di là dell’apertura.
Da qualche parte davanti a lui intravide qualcosa di pallido, una forma sospesa nel buio. All’improvviso fu preso dalla paura. Sentì anche uno strano rumore, come un sommesso brontolio di un animale, che proveniva dallo spazio buio davanti a lui. Tom non riusciva a fare niente. I suoi piedi erano inchiodati a terra dal terrore, non poteva andare né avanti né indietro. Era paralizzato, le sue orecchie amplificavano al massimo qualsiasi suono.
Sentiva l’acqua che gocciolava dalle spine e dalle foglie. Sentiva il respiro della bestia feroce davanti a lui. Dal ritmo lento ma deciso, Tom immaginò che fosse un lupo affamato, in attesa della preda. Fece un passo indietro e sentì qualcosa di appuntito: la punta di un pugnale, forse, nelle mani di un silenzioso tagliaborse. Rimase immobile, con l’affilato coltello del ladro che gli premeva sulla schiena e la belva feroce nascosta nell’ombra davanti a lui. Preso tra due fuochi, pensò che magari sarebbe riuscito a imbrogliare il lupo, per quanto astuto, e a scappare. I suoi fratelli di certo avrebbero fatto così. Fece qualche altro passo in avanti. Era rimasto un bel po’ di tempo nel tunnel e i suoi occhi si erano abituati all’oscurità, così – quando dalla soglia penetrò nella corte – vide in modo più chiaro la pallida forma di prima.
Ian Beck, La vera storia di Tom Trueheart, giovane eroe, San Paolo Ragazzi
incuria: trascuratezza, abbandono
selva: fitta vegetazione
fauci: bocche
Fai il punto
sul racconto del brivido
Sottolinea nel testo la descrizione “paurosa” del personaggio che incontra Frederic.
Secondo te, perché una parte di testo è scritta in modo diverso?
钀 Perché è un salto indietro nel tempo.
钀 Perché sono i pensieri di Frederic.
钀 Perché è una parte poco importante.
Le protagoniste e i protagonisti dei racconti del brivido spesso sono persone comuni che affrontano esseri terrificanti, come vampiri, zombie, mostri, mummie, o personaggi malvagi e inquietanti.
La casa spaventosa
A Frederic quella casa sembrava ogni secondo più spaventosa.
Ma il problema non era solo la casa.
Innanzitutto c’era il parco.La devastazione causata dall’incuria di decenni aveva prodotto una selva che scoraggiava chiunque ad addentrarvisi.
Poi c’era quella casetta oltre il muro di cinta. La casetta in sé non era male, anche se, mezza avvolta da piante rampicanti, si stava lentamente sbriciolando nel tempo, ma il problema era che ci abitava un vecchio vecchissimo, che faceva paura solo a guardarlo. Alto, magro, capelli bianchi e occhi grigio chiaro, quasi metallici.
Ed era lì, sull’uscio della casetta, immobile. – Buongiorno – gli disse Frederic. Ma il vecchio non rispose.
Se ne stesse in casa sua, al calduccio, ed evitasse di guardarmi in quel modo. E poi che se ne fa di quel gufo su un trespolo davanti alla porta? Ha un gufo come animale da compagnia. Roba da non crederci.
Frederic passò di fianco a un’enorme quercia che secoli fa doveva essere stata colpita da un fulmine perché, pur essendo ancora viva, aveva il tronco biforcato ed era cresciuta in un contorcimento penoso e orribile a vedersi. Le radici, come serpenti marini che emergono dalla superficie dell’acqua, sbucavano nel giardino anche a notevole distanza. I rami nodosi e ingarbugliati parevano fauci di mostri terribili.
Accelerò il passo, andando verso la porta di casa.
Un enorme ingresso accoglieva i visitatori.
Una sala maestosa, con marmi pregiati sul pavimento e uno scalonedoppiodilegnocheportavaaipianisuperiori.Legrandi finestre lasciavano passare lunghe lame di luce bianca. Frederic andò verso il piano di sopra. Ogni gradino dello scalone cigolava. Frederic notò che se ai primi passi il cigolio era quasi inavvertibile, man mano che saliva il rumore diventava una specie di lamento.
In cima alla scala gli arrivò una folata di aria gelida: ma le finestre erano chiuse.
Adesso aveva davvero paura.
Fece un paio di passi rapidi poi si mise a correre lungo il corridoio e raggiunse al volo lo studio del padre. Aveva la pelle d’oca.
– Tutto a posto? – gli chiese Alessandro, vedendolo col fiatone.
– Sì, ho fatto le scale di corsa.
Frederic notò gli scatoloni di libri aperti, i libri sparsi dappertutto e vide che il padre aveva appeso al muro una foto incorniciata della porta di una libreria di San Francisco sulla quale qualcuno mille anni fa aveva scritto con la vernice bianca la frase I AM THE DOOR. Per Frederic era incomprensibile che qualcuno si fosse preso la briga di scrivere su una porta che si trattava, per l’appunto, di una porta.
Marco Ponti, Ombre che camminano, Salani, 2019, Milano
Indica se le frasi sono vere (V) o false (F).
• Frederic è un vecchio. V F
• Il vecchio abita nella casetta oltre il muro di cinta. V F
• La casa del vecchio sorge su una collina lontana. V F
• Il vecchio ha un gufo. V F
Che cosa vuol dire
“I am the door”?
钀 Io sono l’albero.
钀 Io sono la porta.
钀 Io sono il fantasma. Entra nel testo
a tastoni: toccando nel buio, alla cieca
Nel racconto del brivido accadono fatti misteriosi e spaventosi, come l’apparizione di persone inquietanti o esseri mostruosi, descritti in modo che incutano paura.
L’Ora delle Ombre
Sofia non riusciva a prender sonno. Un raggio di luna che filtrava tra le tende andava a cadere obliquamente proprio sul suo cuscino. Nel dormitorio gli altri bambini sognavano già da tempo. Sofia chiuse gli occhi e rimase immobile tentando con tutte le forze di addormentarsi. Ma niente da fare. Il raggio della luna fendeva l’oscurità come una lama d’argento e andava a ferirla in piena faccia.
Nell’edificio regnava un assoluto silenzio; non una voce dal pianterreno, non un passo al piano di sopra. Dietro le tende, la finestra era spalancata, ma non si udiva né un passante sul marciapiede, né una macchina per la strada. Non si avvertiva il più lieve rumore. Forse, si disse, questa è quella che chiamano l’Ora delle Ombre.
L’Ora delle Ombre, qualcuno le aveva confidato un giorno, è quel particolare momento a metà della notte quando piccoli e grandi sono profondamente addormentati; è allora che tutti gli esseri oscuri escono all’aperto e tengono il mondo in loro possesso.
Il raggio di luna brillava più che mai sul cuscino di Sofia, così lei decise di scendere dal letto per accostare meglio le tende. Chiunque si facesse sorprendere fuori dal letto dopo che la luce era stata spenta veniva immediatamente punito. Si aveva un bel dire che si doveva andare al gabinetto, non valeva come scusa e si veniva puniti lo stesso. Sofia cercò a tastoni gli occhiali sulla sedia accanto al letto. Li mise, poi scivolò fuori dal letto e si avvicinò alla finestra in punta di piedi.
Quando giunse alle tende, Sofia esitò. Aveva una gran voglia di strisciarci sotto e di sporgersi dalla finestra per
vedere come appariva il mondo nell’Ora delle Ombre. Stette di nuovo in ascolto. Silenzio di tomba. Il desiderio di guardar fuori si fece così forte che non poté resistere.
Sotto l’argentea luce lunare la strada del paese, che conosceva così bene,sembrava completamente diversa.Le case apparivano sghembe, contorte, come in un racconto fantastico. Ogni cosa era pallida e spettrale, d’un biancore latteo. Dall’altra parte della strada vide la bottega della signora Rance, dove si compravano bottoni, lana ed elastico a metri. Ma anche la bottega sembrava irreale. Sofia lasciò errare lo sguardo più lontano. E improvvisamente si sentì gelare.
Qualcosa risaliva la strada.
Qualcosa di nero...
Qualcosa di grande...
Una cosa enorme, magrissima e oscura.
Non era un essere umano. Non poteva esserlo. Era quattro volte più grande del più grande degli uomini. Così grande che la sua testa sovrastava le finestre del primo piano. Sofia aprì la bocca per gridare, ma non emise suono. La gola, come il resto del suo corpo, era paralizzata dalla paura.
Roald Dahl, Il GGG, Salani, 2020, Milano
Fai il punto sul racconto del brivido
Sottolinea nel testo le frasi che descrivono ciò che Sofia vede e che la paralizza dalla paura.
Quali parole ti hanno fatto entrare in un racconto del brivido?
Completa la tabella per analizzare il brano.
chi narra prima persona terza persona protagonista
tempo luogo
sorpresa Sofia vede: un fantasma. un ladro. un gigante.
L’inizio di un racconto avvincente
Un modo efficace per avviare una situazione avvincente è fare entrare in scena un personaggio sorprendente. Nel brano che stai per leggere, il collaboratore scolastico annuncia una brutta sorpresa: l’arrivo della Maestra Tiramisù.
Leggi il testo e osserva la frase evidenziata: la prima battuta prepara la “brutta” sorpresa.
L’arrivo della Maestra Tiramisù
Impara a scrivere un racconto del brivido.
– Presto, andate al vostro posto, perché la Maestra Tiramisù sarà qui a momenti.
– Ma noi, veramente...
– Noi non siamo...
– Stssstsss... – disse il bidello.
La porticina si aprì un’altra volta ed entrarono dei bambini in fila per due.
Erano vestiti con certi grembiulini neri da far pena e sembravano alquanto spaventati.
In silenzio occuparono i banchi. Rimasero quattro posti vuoti sui quali il bidello fece sedere Alfred, Freddy, Jessica e Prema, che non osarono protestare.
Ed ecco apparire la Maestra Tiramisù.
Entrò spazzando il pavimento con la gonna nera, con una mano sorreggeva un vocabolario e con l’altra brandiva una bacchetta. Dalla chioma di capelli neri sfuggivano delle ciocche attorcigliate che parevano serpenti.
Il suo viso si distingueva appena nella penombra, ma, da quel poco che videro, i bambini compresero che con lei non c’era da scherzare.
Paola Valente, La Maestra Tiramisù, Raffaello
bidello: collaboratore scolastico
TACCUINO
Vai a pag. 12 del Taccuino per esprimersi e continua la storia della Maestra Tiramisù.
La casa sulla collina
INIZIO
I coniugi Cow avevano comprato una casa in collina ed erano andati ad abitarci con il figlio Andrei di tredici anni.
SVILUPPO
Il ragazzo iniziò subito a perlustrare quella villa immensa e misteriosa. Una notte, volle entrare in un locale che non aveva ancora visto. Spinse una pesante porta di legno che si aprì con un forte cigolio e si trovò in uno stanzone buio, rischiarato appena dalla luce fioca di una lanterna appoggiata su un tavolo. Seduto al tavolo non c’era nessuno.
Ma ecco che gli apparve un fantasma. Lo spettro aveva un aspetto terrificante: una barba lunga e trascurata gli copriva il volto; le mani avevano unghie lunghissime e bianche arricciate su loro stesse.
A un tratto, la bocca del fantasma si spalancò mostrando una voragine buia. Il ragazzo sentì sul viso il freddo alito dello spettro e sgranò gli occhi sconvolto. Poi indietreggiò, andò verso la porta, la aprì e la richiuse con un colpo secco in faccia all’orrenda creatura.
FINALE
In preda al terrore Andrei corse per il lungo corridoio e si rifugiò nella sua camera, mentre il cuore gli batteva all’impazzata.
Robert Westall, Silenzio di morte, Franco Cosimo Panini
Dopo aver letto il racconto, rispondi alle domande.
CHI è il protagonista di questo racconto?
QUANDO avviene la vicenda?
DOVE avviene?
EMOZIONI: quali prova il protagonista?
Che tipo di racconto hai letto?
Mi valuto: MI VALUTO
Rispondere alle domande è stato
Il fantasma di Canterville
Proprio nel momento in cui stavano uscendo dalla sala da pranzo, l’orologio della torre cominciò a rintoccare la mezzanotte; quando l’ultimo rintocco fu battuto, essi udirono uno schianto e un acuto grido: un terribile scoppio di tuono scosse la casa, un accordo di musica celestiale fluttuò nell’aria, un pannello si staccò con grande fragore in cima alle scale e sul pianerottolo apparve Virginia, pallida e bianca, con un cofanetto tra le mani. In un attimo le furono tutti intorno.
– Papà – disse Virginia – sono stata col fantasma. Ora è morto e dovete venire tutti a vederlo. Era stato molto malvagio, ma si è pentito di tutto il male che ha fatto e prima di morire mi ha dato questa scatola piena di gioielli.
Tutti la guardarono sbalorditi, maVirginia era calma e seria. Si girò e li condusse per uno stretto corridoio segreto. Alla fine arrivarono a una grande porta di quercia ricoperta di borchie arrugginite. Appena Virginia la toccò, essa girò sui pesanti cardini, e tutti si ritrovarono in una piccola stanza bassa, con il soffitto a volta e una piccola finestra chiusa da inferriate. Incastrato nel muro c’era un grosso anello di ferro e incatenato ad esso un lungo scheletro, disteso in tutta la sua lunghezza sul pavimento di pietra: sembrava stesse cercando di afferrare con le lunghe dita senza carne un tagliere e una brocca di foggia antica che erano stati messi fuori della portata della sua mano.
Oscar Wilde, Il fantasma di Canterville, Editrice Piccoli
musica celestiale: musica bellissima e perfetta
IL TESTO
1 Il testo che hai letto è: realistico. fantastico. Perché?
IL TEMPO E IL LUOGO
2 Dove avviene la vicenda raccontata?
3 In quale tempo accade la vicenda?
I FATTI
4 Quale fatto straordinario capita a Virginia?
LE INFORMAZIONI ESPLICITE
E IMPLICITE
5 In che posizione è lo scheletro?
6 Che cosa si può capire dalla sua posizione?
IL RACCONTO DEL BRIVIDO
7 Come sono i personaggi di un racconto del brivido? misteriosi e spaventosi divertenti e avventurosi
8 In quale momento della giornata è più facilmente ambientato un racconto del brivido? di giorno di notte
9 In quali luoghi è più facilmente ambientato un racconto del brivido? luoghi insoliti e paurosi, ma anche familiari e comuni solo luoghi paurosi
10 Quali fatti accadono in un racconto del brivido? reali e tranquilli misteriosi e spaventosi magici e fantastici
11 Scrivi quattro parole che potresti incontrare in un racconto del brivido:
Rispondere alle domande è stato perché
Le mie risposte corrette sono state: (numero)
In che cosa posso migliorare?
Mi valuto:
MI VALUTO
In un racconto riusciamo a immaginare i personaggi, gli ambienti, le situazioni grazie alle descrizioni. In una descrizione si utilizzano i dati sensoriali, cioè le informazioni che ci arrivano attraverso i cinque sensi: vista, udito, olfatto, gusto, tatto.
La Torre delle Meraviglie
Questa storia ha inizio in una biblioteca molto speciale e ha per protagoniste una bambina bionda e grassottella di nome Olimpia e una bibliotecaria sempre grassottella, ma non più bionda, di nome Urbina.
Olimpia e Urbina hanno in comune tre grandi passioni: la Torre delle Meraviglie, cioè la biblioteca, i libri e infine… i dolci. Dolci di tutti i tipi, forme e misure; ma soprattutto quelli al cioccolato.
Ah, la torta a tre strati farcita di crema e ricoperta di glassa di cacao! E i cioccolatini alla liquirizia e i bonbon croccanti alla nocciola! Tutte squisitezze e altre ancora di cui Urbina e Olimpia parlano spesso tra loro e con aria un po’ ispirata, come succede ai veri appassionati, così come parlano dei libri che Olimpia preferisce e che stanno meglio nello strato giallo della torta, quello che profuma di crema alla vaniglia.
Torta?! Sì, avete capito bene, lo strato giallo della torta, cioè il quarto piano della biblioteca.
E adesso descriviamola, questa biblioteca molto speciale, che la bibliotecaria Urbina ha voluto con tutte le sue forze, perché sostiene: “un buon libro è come un cioccolatino che si squaglia in bocca, ma il ricordo del suo sapore rimane per tutta la giornata”. E Urbina, potete credermi, di libri e cioccolatini se ne intende!
Dunque, la Torre delle Meraviglie è sulla piazza principale, accanto a un’altra torre in vetro scuro e acciaio che è la Biblioteca Civica.
La biblioteca – non ci crederete! – ha la forma di una torta rotonda a vari strati. Cinque sono, ognuno con un colore e un profumo diversi. Il primo è verde e odora di pistacchio e menta; il secondo rosa e odora di fragola e lampone; il terzo di gianduia e cioccolato ed è marrone; il quarto è giallo e il quinto, bianco, non ha un preciso odore ma non c’è bambino che, guardandolo, non pensi alla panna montata o alle meringhe e non si senta l’acquolina in bocca. In ogni strato della torta, cioè in ogni piano, ci sono i libri che corrispondono ai colori; il verde è per l’avventura, poi vengono le storie romantiche, il cioccolato è per le fiabe, il giallo per le storie di paura o di mistero, e il bianco, lassù in alto, Urbina lo riserva ai libri che aiutano a crescere, quelli un po’ speciali e più vicini al cielo. Come la panna sulla torta, appunto.
Dentro la biblioteca, attorno alle pareti, dove sono gli scaffali dei libri, c’è una rampa a elica, che sale in alto, così che i bambini possono camminare comodamente, guardare i libri dalle etichette colorate, odorarli, sfogliarli, e, quando hanno scelto, chiamare Urbina per la registrazione e l’immancabile premio: un piccolo dolce del sapore del libro, da gustare durante la lettura.
Angela Nanetti, Il segreto di Cagliostro, Giunti Junior
Come immagini la tua Torre delle Meraviglie?
Vai a pag. 13 del Taccuino per esprimersi per descriverla e disegnarla. sulla descrizione Fai il punto
Traccia una linea a lato del testo per indicare la descrizione della biblioteca.
Indica quali dati sensoriali vengono utilizzati per descrivere la biblioteca.
钀 dati visivi
钀 dati olfattivi
钀 dati uditivi
钀 dati gustativi
钀 dati tattili
Completa la tabella con le informazioni del testo.
TACCUINO
sferruzzare: lavorare a maglia con i ferri
crepuscolo: momento della giornata dopo il tramonto fiorente: sano damina altera: giovane dama che mostra un atteggiamento superbo, orgoglioso
Ritratto di quattro sorelle
Poiché ai giovani lettori interessa sapere “che aspetto hanno” i personaggi della storia, abbozzeremo un ritratto delle quattro sorelle, intente a sferruzzare nelle lunghe ore del crepuscolo, davanti a un fuoco che scoppiettava allegro mentre fuori cadeva silenziosa la neve di dicembre.
Margaret, la sorella maggiore, aveva sedici anni ed era molto carina con quell’aspetto fiorente e la carnagione chiara, gli occhi grandi, una cascata di capelli biondo-castani, una bocca delicata e mani candide di cui andava piuttosto fiera.
Jo, quindicenne, era alta, magra e bruna e ricordava un puledro: sembrava non sapere che farsene di quelle braccia e gambe così lunghe che il più delle volte le erano d’impaccio. Aveva una bocca dal taglio deciso, un naso buffo, occhi grigi vivissimi che parevano non perdersi nulla dello spettacolo del mondo ed erano a tratti fieri, a tratti ridenti o pensierosi. I capelli lunghi e folti erano la sua bellezza, ma di solito li imprigionava in una retina perché non le dessero fastidio. Con le spalle tonde, le mani e i piedi grandi e gli abiti sempre in disordine, aveva l’aria scalpitante di una ragazza che sta diventando donna e che non ne è affatto contenta.
Elizabeth, o Beth, come la chiamavano tutti, era una ragazzina di tredici anni, con la carnagione rosea, i capelli
VIDEO LA DESCRIZIONE
lisci e gli occhi luminosi; dominata dalla timidezza, parlava con una vocina esile e in volto aveva un’espressione serena, quasi sempre imperturbabile. Suo padre la chiamava “signorina tranquillità” e quel nome le si addiceva perfettamente perché Beth sembrava vivere felice in un mondo tutto suo, fuori dal quale si avventurava solo per incontrarsi con le poche persone fidate che amava.
Amy, la più piccola delle sorelle, era però la più importante, perlomeno a suo modo di vedere. Una statuina bianchissima dagli occhi azzurri e dai capelli ricci e biondi che le ricadevano sulle spalle: pallida e snella, si comportava sempre come una damina altera. Quanto al carattere delle quattro sorelle, avremo tempo in seguito di scoprirlo.
Louisa May Alcott, Piccole donne, Mondadori
Per parlare
Dopo averne letto la descrizione, qual è il personaggio della storia che preferisci? Perché?
Confronta la tua opinione con quella delle tue compagne e dei tuoi compagni.
Entra nel testo
In base alla descrizione dell’aspetto fisico di ogni sorella, scrivi il nome corrispondente a ciascun ritratto.
LE SEQUENZE
Fai il punto sulle sequenze
Ricordi che cos’è una sequenza in un testo narrativo? Confrontati in classe.
Fai il punto sulla descrizione
Sottolinea nel testo le parole e le frasi che descrivono il gatto. Come viene descritto il gatto?
钀 con una sequenza
钀 un po’ per volta
Qualche volta il racconto viene interrotto per dare spazio a una sequenza descrittiva: un insieme di frasi, che descrivono la persona, l’animale, l’oggetto o l’ambiente di cui si parla. Altre volte, invece, gli elementi descrittivi vengono fuori un po’ per volta durante la narrazione.
Il gatto Venerdì
Nella nostra strada c’era un gatto, un vecchio gatto bianco. Se ne stava sempre al sole, sul muretto del giardino. Proprio accanto al cancello che attraversavo ogni mattina per andare a scuola. Mi fermavo tante di quelle volte ad accarezzargli la testa che davvero non mi ricordo più quante. So solo che la mia mano, dopo, puzzava di pesce. E ogni volta mi prendeva la nausea perché la puzza di pesce mi faceva venire in mente il venerdì. Il venerdì dovevo rimanere seduta a tavola, col piatto davanti, finché non avevo mangiato tutto. Merluzzo o aringhe, sempre uguale. Delle aringhe mezze marce che nuotavano in una salsa di pomodoro color rosso sangue. Ma il vecchio gatto del venerdì non ne sapeva niente di niente. Tutte le mattine mi faceva le fusa quando andavo a scuola. Le fusa e basta. E me le faceva ogni giorno, perché l’estate era vicina e non pioveva mai. Nella striscia fra gli occhi e le orecchie aveva il pelo così rado che sotto si vedeva la pelle, una pelle che luccicava. Era proprio un gatto strano. Così ogni notte sognavo gatti spelacchiati, gatti rosa che vagabondavano tutti sporchi per la città. E al mattino arrivavo sempre tardi a scuola. Ogni volta. – Sei una girandolona! – mi rimproveravano. – Proprio una girandolona!
Io rispondevo che era tutta colpa del gatto ma non c’era mai nessuno disposto a credermi. Nemmeno se facevo giuramento.
Jutta Richter, Il gatto Venerdì, Beisler Editore
Le descrizioni possono essere:
• soggettive, se mettono in luce il punto di vista di chi scrive, con commenti, impressioni personali, emozioni;
• oggettive, se hanno lo scopo di informare e non contengono commenti, emozioni. Il linguaggio è preciso e a volte anche tecnico.
Il bagno
Sono nella vasca da bagno. È una di quelle vasche grandi di tipo vecchio, che stanno su quattro gambe. Solo che le gambe non hanno le ginocchia. Così suppongo che in realtà siano solo dei piedi. Assomigliano ai piedi dei leoni. La vostra vasca da bagno ha i piedi?
L’acqua è terribilmente calda. Il bagno è tutto pieno di vapore. Faccio scorrere l’acqua. La vasca si riempie fino al piccolo buco, dove l’acqua va dentro quando sta per straripare. Mi piace il gorgoglio dell’acqua quando entra dentro al buco. (Mal’acquaentradentroalbucooppureescefuoridalbuco?).
Mi chiudo il naso e vado tutto sott’acqua. Adesso il rumore del gorgoglio è molto forte.Tutto è amplificato sott’acqua. Penso che l’acqua faccia con i suoni quello che la lente di ingrandimento della nonna fa con le parole che legge. Sono un sottomarino. Mi sto muovendo sotto il Polo Sud. Lentamente Con prudenza Attenzione, iceberg a dritta! Per poco non ci andavamo addosso! Solo che adesso siamo intrappolati nel ghiaccio! Dovremo trovare una via d’uscita. “Piano adesso, gente, piano, un po’ più a sinistra. Ecco…! È fatta, possiamo risalire in superficie, adesso. Grazie capitano”. Galleggio sulla schiena. Sono un’isola nell’oceano. Attorno a me c’è solo acqua. Anche l’aria è umida. Il vapore è fatto d’acqua. L’acqua è fatta d’acqua. Ogni cosa allora è fatta d’acqua!
Matthew Lipman, Kio & Gus, Liguori Editore
DESCRIZIONE
Fai il punto sulle descrizioni
Sottolinea:
• con il rosso i dati visivi;
• con il verde i dati uditivi;
• con l’arancione i dati tattili.
La descrizione che hai letto è: 钀 oggettiva.
钀 soggettiva.
Entra nel testo
Indica se le frasi sono vere (V) o false (F).
• La vasca da bagno si tiene su quattro piedi di leoni. V F
• Nella vasca da bagno ci sono degli iceberg. V F
• Chi racconta è il capitano di un sottomarino. V F
• L’aria è umida a causa del vapore. V F
TACCUINO
Nel brano la baia è presentata con la vista. Rileggi questo passaggio e scegli con quale senso (o quali sensi) puoi arricchire la descrizione.
“Quando c’è davvero molto vento le onde sbattono sul molo così forte che gli spruzzi arrivano fino ai campi.
Ma se l’aria è calma, il mare sembra un’enorme pozzanghera.”
钀 udito
钀 olfatto
钀 gusto
钀 tatto
Vai a pag. 14 del Taccuino per esprimersi per esercitarti ad arricchire le descrizioni.
Descrivere luoghi
Leggi il brano. La parte evidenziata è la descrizione del luogo, ricca di particolari e molto efficace.
La Baia di Martinfranta
Impara a descrivere in maniera efficace.
Lena e io abitiamo in una piccola baia che si chiama la Baia di Martinfranta. Il nonno dice che Martinfranta è un regno. Lui scherza, ma a me piace pensare che abbia ragione e che sia un regno per davvero, il nostro regno. Tra le case e il mare si scorgono grandi campi verdi e una stradina sterrata che li attraversa e porta giù al mare. Lungo quella stradina crescono alberi di sorbo su cui ci si può arrampicare. Ogni mattina, appena mi alzo, guardo fuori dalla mia finestra per vedere il mare e che tempo fa. Quando c’è davvero molto vento le onde sbattono sul molo così forte che gli spruzzi arrivano fino ai campi. Ma se l’aria è calma, il mare sembra un’enorme pozzanghera. A guardar bene, ci si accorge che l’acqua ogni giorno ha una diversa sfumatura di blu.
Sopra le nostre case c’è la strada principale e sopra la strada le colline dove d’inverno si può scendere con il bob e sciare.
Una volta Lena e io costruimmo una rampa di lancio, perché lei voleva provare a saltare con il bob sopra la strada principale. Invece ci atterrò giusto in mezzo e si fece così male al sedere che dovette stare distesa sulla pancia per due giorni interi. In cima alle colline, molto molto in alto, c’è la fattoria di Jon del Colle. È il migliore amico del nonno. Ancora più in alto c’è solo la montagna e quando si arriva in cima alla montagna si vede la nostra piccola casetta di legno.
Maria Parr, Cuori di Waffel, Beisler Editore
Nel lago Quifinisce
Il principino adesso era solo, completamente solo. Dalla radura di vetro, dove era atterrato, si dipanava un sentiero di vetro in direzione del lago. Vi si incamminò; non dovette andare per molto, che in fondo al sentiero trovò il lago. Era come una gigantesca vasca tonda, come la vasca con i pesci rossi della fontana a casa, nel giardino della reggia. Lolò vi gettò un sasso, per capire quanto fosse profonda, ma il sasso non toccò il fondo, non fece nemmeno un tonfo in quell’acqua strana. Provò di nuovo, ma il lago non emetteva suono, aveva solo colore, un rosa scuro come la cima, luccicava come madreperla e tremolava.
“Chissà se è freddo” si chiese Lolò.
Il principino chiuse gli occhi e si calò nel lago del Quifinisce. L’acqua era tiepida, profumata, non odorava nemmeno di acqua quanto piuttosto di fiori, ed era facile nuotarci dentro. Lolò si immerse completamente, poi tornò in superficie e fece un respiro profondo. Tutte le sue viscere e i suoi nervi sussultarono: in quel momento si rese conto che non era più fata, ma umano.
Magda Szabó, Lolò, il principe delle fate, Anfora Edizioni
Mi valuto: MI VALUTO
Rispondere alle domande è stato
radura: terreno piano senza alberi si dipanava: partiva
Completa con gli elementi della descrizione del lago. forma: profondità:
suoni: colore:
temperatura:
odore:
Sottolinea nel brano che cosa Lolò scoprì di essere diventato.
La stagione delle amarene
In certi momenti la felicità è troppo intensa, trabocca, da non contenerla. Come adesso davanti al rosso rubino delle amarene contro il verde scuro delle foglie. Il piacere di guardarli, tutti quei puntolini di un lucido rosso liquido. L’ingordigia li fa afferrare uno dopo l’altro, con prepotenza. Il nocciolo resta attaccato al gambo, in mano solo la polpa da ingoiare. Chissà perché gli storni le lasciano in pace, le amarene. Tutte le altre ciliegie le colgono loro prima che mano umana riesca a raggiungerle. Queste, le più succulente, le più buone, le lasciano. Le amarene si fanno trovare dove gli amici vanno in vacanza. A Tereglio, in Val Fegana, c’è un albero che cresce sotto casa spingendosi fino al balcone; per coglierle basta allungare un braccio, senza nemmeno alzarsi. Oppure a Nozarego, appena sopra Paraggi.
L’ho detto anche agli altri di questo albero meraviglioso, dai frutti succulenti e a portata di mano; eppure nessuno ha avuto voglia di spingersi giù in basso, in fondo al campo. C’è un silenzio argentino per i trilli radi degli uccelli, l’erba è asciutta ma ancora fresca, l’aria una carezza. Rosso liquido contro scuro verde vellutato, in gola ruscella un liquido amarognolo, a tratti quasi bruciante; strappo ciliegie a manciate, una dietro l’altra, chissà quando smetterò.
È bello quando mi invitano e posso stare in casa d’altri a non fare niente di niente. Se poi è anche la stagione delle amarene, la felicità è completa. Ne ho seminate anche nel mio podere. Non m’arrivano nemmeno al ginocchio: hanno quasi tre anni, ma lo sviluppo iniziale è lento.
trabocca: esce fuori da un contenitore pieno silenzio argentino: silenzio che viene interrotto dai richiami squillanti degli uccelli ruscella: scorre come un piccolo ruscello
Solo a partire da un certo momento la crescita diventa impetuosa, finché si ha quasi l’impressione che l’albero si sia rizzato in piedi d’un colpo. Fra qualche anno il piacere delle amarene potrò goderlo a casa, ma sarà diverso: perché da me c’è sempre qualcosa da fare, qualcosa che distrae; invece qui, da ospite, non ho compiti di sorta, e quando divoro le amarene divoro le amarene, punto e basta.
Pia Pera, L’orto di un perdigiorno, Ponte alle Grazie, 2021, Milano
IL TESTO
1 Il testo che hai letto è la di: una persona. un animale. un oggetto. un ambiente. una situazione.
2 La descrizione è: oggettiva. soggettiva.
I DATI SENSORIALI
3 Cerca nel testo gli elementi descrittivi e sottolineali come indicato: dati raccolti con la vista; dati raccolti con l’udito; dati raccolti con il gusto; dati raccolti con l’olfatto; dati raccolti con il tatto.
4 Nella descrizione sono stati utilizzati tutti i sensi?
IL SIGNIFICATO DELLE PAROLE
5 Collega ogni parola al suo significato.
specie di uccelli
ingordigia
succose e gustose desiderio, voglia esagerata succulente
storni
LE INFORMAZIONI ESPLICITE
6 Chi racconta ha nel suo campo alberi maestosi di amarene?
sì no Quale frase te lo ha fatto capire? Riscrivila.
MI VALUTO
Rispondere alle domande è stato perché
Le mie risposte corrette sono state: (numero)
In che cosa posso migliorare?
Mi valuto:
Entra nel testo
Quali sono i personaggi presenti nel testo?
Qual è il personaggio principale?
• Scrivi 3 aggettivi per descriverlo.
1 2 3
Il racconto d’avventura è un testo che narra imprese e vicende rischiose, in cui il pericolo e l’imprevisto sono sempre in agguato. I protagonisti e le protagoniste sono generalmente personaggi positivi: hanno coraggio, senso di giustizia, intelligenza e intraprendenza. A volte sono affiancati da personaggi che li aiutano a superare pericoli e difficoltà e ad affrontare i nemici.
Le avventure del Corsaro Nero
Il Corsaro Nero è un pirata che affronta diverse avventure nei mari dei Caraibi. In questo brano, due uomini dell’equipaggio discutono in attesa che arrivi il Corsaro Nero. I due uomini sono Carmaux e Wan Stiller, chiamato anche “mastro” perché responsabile di una parte degli uomini a bordo.
Carmaux si era affrettato ad obbedire, sapendo che col formidabile Corsaro era pericoloso indugiare. Wan Stiller lo attendeva dinanzi al boccaporto. Quando apprese che si doveva preparare il canotto per far ritorno alla costa, dalla quale si erano allontanati precipitosamente e per un vero miracolo, non poté nascondere il suo stupore e la sua apprensione.
– Tornare ancora laggiù!... – esclamò. – Ci lasceremo la pelle, Carmaux.
– Bah!... Non ci andremo soli questa volta.
– Chi ci accompagnerà dunque?
– Il Corsaro Nero.
– Allora non ho più timori. Quel diavolo d’uomo vale cento filibustieri.
– Ma verrà solo.
– Non conta, Carmaux; con lui non vi è da temere. E rientreremo in Maracaybo?
– Sì, mio caro, e saremo bravi se condurremo a buon fine l’impresa. Ehi, mastro, fa’ gettare nel canotto tre fucili,
delle munizioni, un paio di sciabole d’arrembaggio per noi due e qualche cosa da mettere sotto i denti. Non si sa mai ciò che può succedere e quando potremo tornare.
– È già fatto – rispose il mastro. – Non mi sono dimenticato nemmeno il tabacco.
– Grazie, amico. Tu sei la perla dei mastri.
– Eccolo – disse in quell’istante Wan Stiller.
Il Corsaro era comparso sul ponte. Indossava ancora il suo funebre costume, ma si era appeso al fianco una lunga spada, ed alla cintola un paio di grosse pistole ed uno di quegli acuti pugnali spagnoli chiamati “misericordie”. Sul braccio portava un ampio ferraiolo, nero come il vestito.
S’avvicinò all’uomo che stava sul ponte di comando e che doveva essere il comandante in seconda, scambiò con lui alcune parole, poi disse ai due filibustieri: – Partiamo.
– Siamo pronti – rispose Carmaux.
Scesero tutti e tre nel canotto che era stato condotto sotto la poppa e già provvisto d’armi e di viveri. Il Corsaro si avvolse nel suo ferraiolo e si sedette a prua, mentre i filibustieri, afferrati i remi, ricominciavano la manovra.
Il Corsaro, semisdraiato a prua, col capo appoggiato ad un braccio, stava silenzioso, ma il suo sguardo, acuto come quello di un’aquila, percorreva attentamente il fosco orizzonte, come se cercasse di distinguere la costa americana che le tenebre nascondevano.
Di tratto in tratto volgeva il capo verso la sua nave che sempre lo seguiva, ad una distanza di sette od otto gomene, poi tornava a guardare verso sud.
Wan Stiller e Carmaux intanto arrancavano di gran lena, facendo volare, sui neri flutti, il sottile e svelto canotto.
Né l’uno né l’altro parevano preoccupati di ritornare verso quella costa, popolata dai loro implacabili nemici, tanta era la fiducia che avevano nell’audacia e nel valore del Corsaro, il cui solo nome bastava a spargere il terrore in tutte le città marittime del grande golfo messicano.
Emilio Salgari, Il Corsaro Nero, Newton Compton Editori
Testo facilitato e semplificato
Per leggere
Leggi il brano ad alta voce. Per coinvolgere maggiormente chi ascolta, cambia la voce per ogni personaggio e per il narratore.
Entra nelle parole
Le parole in colore nel testo appartengono al mondo della navigazione. Cerca il loro significato nel dizionario.
borsa di studio: aiuto economico per chi studia
monsoni: venti tipici dell’Oceano Indiano
Entra nelle parole
Che cosa vuol dire attiviste?
钀 persone attive per i diritti di tutti
钀 persone attive nello sport
Per parlare
L’autrice, Vandana Shiva, è un’attivista per la salvaguardia dell’ambiente. Tutti possiamo proteggere l’ambiente: confrontatevi in classe proponendo tre azioni che ognuno di voi può fare.
Un’area disboscata nella regione dell’Himalaya.
La mia vita per l’ambiente
Da ragazzina ero appassionata di fisica. A scuola riuscii ad avere una borsa di studio e quei soldi mi permisero di laurearmi in fisica.
Di ritorno dal Canada, dove avevo completato i miei studi, decisi di andare in visita nei posti in cui ero cresciuta, tra le montagne dell’Himalaya, e non trovai più un sacco di foreste e fiumi: li avevano fatti sparire per lasciare il posto a dighe e autostrade. Per fare spazio a grandi coltivazioni di mele, per esempio, erano state abbattute intere foreste di querce, che erano utilissime perché capaci di assorbire le piogge violente dei monsoni e di rilasciarle piano piano, evitando le inondazioni.
Fu un’esperienza traumatica, che mi spinse a entrare nel movimento Chipko, in cui attiviste donne proteggevano gli alberi, per impedire che venissero abbattuti.
Nel 1981 le autorità furono costrette a riconoscere che i prodotti davvero importanti della foresta sono il suolo, l’acqua e l’aria pura, non il legname, la resina e il denaro che se ne ricava: il taglio di alberi sull’Himalaya fu vietato oltre i 1000 metri di quota.
Fu il movimento Chipko a risvegliare la mia coscienza ecologica e a rivelarmi con chiarezza che c’è un legame tra la devastazione dell’ambiente e l’aumento della povertà.
Vandana Shiva, Storia dei semi, Feltrinelli Kids
Il viaggio di Cristoforo Colombo
Ascolta il racconto d’avventura che narra il viaggio di Cristoforo Colombo:
• durante il primo ascolto, fai attenzione alle situazioni che hanno creato sorpresa in lui e nell’equipaggio;
• durante il secondo ascolto, completa lo schema seguente.
TESTO IN GUIDA: Guido Sgardoli, I 7 mari in 7 avventure, Mondadori
Vai a pag. 15 del Taccuino per esprimersi per approfondire il personaggio che hai appena incontrato. Avrai l’occasione per fare una ricerca.
AUDIO DEL BRANO
Entra nel testo
Chi racconta la vicenda?
Chi è Tommaso?
钀 suo fratello
钀 il comandante della nave
钀 un campione di Scarabeo
Dove avviene la vicenda?
Qual è la disavventura raccontata?
A che cosa si aggrappa la protagonista per resistere?
Una caratteristica fondamentale del racconto
d’avventura è la sorpresa
Spesso la sorpresa è affidata a un colpo di scena o a un imprevisto che costringe i personaggi della storia ad affrontare una nuova situazione problematica.
Coraggio nella tempesta
Giovanna e il fratello Tommaso stanno viaggiando su una nave, ma improvvisamente scoppia una tempesta. Di colpo l’orizzonte si muove, i tavoli oscillano e i bicchieri, cozzando tra loro, tintinnano.
Il comandante, per festeggiare l’imminente arrivo in America, aveva organizzato, nel salone della nave, un “campionato internazionale di Scarabeo”. Lo saprete: lo Scarabeo è un gioco strano, un po’ irritante. Bisogna formare parole rare con lettere di plastica. E più le parole sono rare e richiedono l’uso di lettere impossibili (le Z, le W), più punti si fanno. I campioni e le campionesse di parole rare si sono guardati. Sempre più pallidi. Uno dopo l’altro si sono alzati, hanno portato la mano alla bocca e hanno lasciato il salone a passo di corsa. Sui tavoli restano le lettere bianche e i dizionari spalancati. Tommaso mi guardava, incantato. Bisogna dire, cara lettrice, caro lettore, che non c’è niente che mio fratello e io amiamo più del mare scatenato: mettendo sottosopra gli stomaci dei passeggeri, svuota la sala da pranzo dove, ammirati dall’equipaggio stupefatto per il nostro appetito, possiamo tranquillamente fare bisboccia, lui e io, d’amore e d’accordo. Stavolta, la nostra amata tempesta non scherzava. Anziché agitare l’oceano, come al solito, così come una mamma muove l’acqua della vasca per far divertire il figlioletto, era una vera e propria furia che cresceva di ora in ora. Mai nella vita ero stata così squassata. Sentivo che gli scossoni mi sballottavano l’interno del corpo.
Da un momento all’altro il mio cuore si sarebbe staccato, come pure il mio stomaco; sotto le ossa del cranio, le parti del mio cervello si mescolavano... Presi mio fratello per mano e raggiungemmo la porta che dava accesso al ponte.
Fuori impossibile respirare, il vento soffiava fortissimo, soffocavo.
Tommaso, come me, tentava di proteggersi, gli occhi sgomenti e le mani incollate alle orecchie. Si sentì un lungo ululato di sirena; l’ordine di raggiungere al più presto una lancia di salvataggio.
“Be’, mia piccola Giovanna, bisogna guardare le cose in faccia: stavolta è la fine. Troppo tardi per cercare un salvagente. Se affondiamo, a cosa ti aggrapperai?”
Ho cercato, cercato aiuto nel mio cervello deserto. Mi è apparsa una parolina, l’ultima che mi rimaneva, rannicchiata in un cantuccio, tre sillabe minuscole, terrorizzate almeno quanto me. “Dolcezza”. Dolcezza come il sorriso timido di papà quando infine si decideva a parlarmi come a una grande, dolcezza come la carezza di mamma sulla fronte per aiutarmi a prendere sonno, dolcezza come la voce di Tommaso quando mi raccontava al buio che amava una ragazza di seconda, dolcezza, il suono che mi aveva sempre ridato fiducia e voglia di vivere mille anni e più.
Ho urlato a Tommaso di fare come me: – Scegli una parola, quella che ti piace di più!
Lentamente la poppa della nostra nave si è innalzata verso il cielo senza sole. Mi sono sentita cadere: dolcezza, ripetevo, dolcezza, mi pareva che, a forza di dirla, la parola si gonfiasse, come il collo di certi uccelli innamorati; l’avevo avvolta con le braccia, mio salvagente.
Erik Orsenna, La grammatica è una canzone dolce, Salani, 2020, Milano
TACCUINO
E tu, a quale parola ti aggrapperesti per “salvarti” e avere speranza in una situazione difficile?
Vai a pag. 16 del Taccuino per esprimersi per sceglierne una.
Entra nel testo
Chi è Ako?
Che cosa sta facendo quando arrivano Robb e Aimery?
Che lingua parla Ako?
• Robb e Aimery la capiscono entrambi?
Con quali aggettivi descriveresti Ako?
钀 fiera
钀 bella
钀 battagliera
钀 prepotente
钀 gentile
钀 bassa
In quale parte della giornata avviene l’incontro?
Nel racconto d’avventura le vicende si svolgono in un tempo preciso, nel presente o nel passato. Gli ambienti tipici sono luoghi naturali e pieni di pericoli: deserti, isole inesplorate, foreste, mari ecc. I racconti d’avventura spesso ci portano a contatto con mondi lontani e culture diverse dalla nostra.
Un cavallo per Robb
Robb e Aimery si mossero con grande cautela, strisciando tra l’erba alta senza parlare. Ako li stava aspettando dall’altra parte del campo, seduta sotto un grande albero di noci. Un cavallo dal manto biondo brucava pigramente poco distante. Robb non aveva mai visto una ragazza Comanche così da vicino. [...] Aveva il volto ovale ma dagli zigomi spigolosi, occhi e sopracciglia scurissimi e quella notte portava i lunghi capelli neri raccolti. [...] Poi si concentrò su quello che Ako stava facendo, ovvero lavorando con un coltello un pezzo di legno. A Robb bastò un attimo per restare ammaliato da quei movimenti così decisi e sicuri ma, allo stesso tempo, anche leggiadri, come se danzassero al ritmo di una musica che solo l’indiana era in grado di sentire. Robb e Aimery restarono impalati davanti alla Comanche per quasi un minuto, prima che lei si decidesse ad alzare gli occhi dal suo lavoro.
Quando lo fece, parlò rapidamente in spagnolo.
Robb guardò Aimery con aria interrogativa: – Cos’ha detto?
– Che facciamo più rumore di una mandria di bisonti. Ci ha sentiti ancora prima che ci addentrassimo nel campo [...].
La Comanche si avvicinò a Robb.
“Io sono più alto”, pensò Robb d’istinto. E in effetti Ako era più bassa di Robb di qualche centimetro e molto più bassa di Aimery, ma lo sguardo fiero e battagliero compensava la scarsa statura. Ako iniziò a parlare spagnolo.
– Dice che ti ha osservato. Che ti ha visto con i cavalli. Chiede cosa provi per loro – tradusse Aimery.
– Cosa provo per loro? – ripeté Robb. – Io… mi piacciono. Sono intelligenti, leali e… – alzò le spalle – belli.
Ako scoppiò a ridere non appena Aimery ebbe finito di tradurre. [...]
– A voi piacciono le cose “belle”. Per voi è tutto “bello”. All’inizio.
Robb non aveva idea di cosa volesse dire Ako, ma non aveva nessuna intenzione di mettersi a discutere con lei. [...]
Poi Ako si zittì e non parlò per un tempo che a Robb sembrò infinito. Quando lo fece, si rivolse direttamente a lui.
– Voy a atrapar un caballo por ti.
Robb lanciò un rapido sguardo ad Aimery, che annuì, e allora capì che Ako aveva accettato.
– Grazie! Cosa vuoi in cambio? Come posso pagarti?
Lei scosse la testa. – Ahora no. Después.
L’indiana fece un cenno di saluto ad Aimery e montò in sella al suo cavallo. Prima di partire al galoppo lanciò una breve occhiata a Robb, poi spronò l’animale. Robb e Aimery restarono fermi a guardarla svanire nella notte, in una nuvola di polvere rossa e oro.
Comanche: uno dei popoli originari dell’America, detti Indiani d’America
[...]: segno che indica la mancanza di una parte di testo originale
Voy a atrapar un caballo por ti: Vado a prendere un cavallo per te
Ahora no. Después: Ora no. Dopo
Mustang: nome di una razza di cavallo selvatico americano
TACCUINO
Nel brano Robb decide di non rispondere ad Ako per non dover discutere con lei. È capitato anche a te di trovarti in una situazione simile? Vai a d l T e i i fl e confrontarti in classe
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Sottolinea nel testo le parole e le espressioni che danno informazioni sul luogo in cui si svolge la vicenda.
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sul racconto d’avventura
Qual è il colpo di scena che dà il via all’avventura?
钀 La sensazione di cadere che Johanna ha quando si sveglia.
钀 La scoperta di essere in un carro postale.
钀 La scoperta di non avere libri a portata di mano.
钀 La scoperta di essere stata spedita come una lettera.
Perché Johanna è stata “spedita”? Da chi? Per dove?
Un racconto d’avventura è avvincente e sorprende con i colpi di scena: situazioni che cambiano improvvisamente il corso degli eventi. I colpi di scena spesso sono accompagnati dalla suspense: un clima di attesa e di tensione che coinvolge lettori e lettrici.
Una consegna speciale
Si svegliò con il cuore in gola, di soprassalto, con la terribile sensazione di cadere.
– Oooh… – mormorò piano cercando di mettere a fuoco cosa aveva attorno.
Quell’insieme di assi ruvide non erano certo le pareti lilla della sua cameretta. E il sacco di tela che profumava di mele non assomigliava al suo letto.
Vide casse, scatole, bauli con pacchi, pacchetti e lettere. In quel momento udì un forte e lungo fischio stridulo. Conosceva quel suono, l’aveva sentito centinaia di volte. Era la voce del treno.
Oh, no… Papà!
Stringendosi al petto Miss Petunia, Johanna si mise a sedere. Era dentro una grande cassa di legno, in cui qualcuno aveva messo quel sacco di tela. Una giacca, vecchia ma pulita e ripiegata con cura, le aveva fatto da cuscino. Chi l’aveva messa in quel letto improvvisato aveva anche avuto cura di toglierle le scarpe. Su uno sgabello, c’era una bacinella d’acqua con un panno. Sotto lo sgabello, un vaso da notte.
Vicino alla cassa, per terra, un piatto di metallo con sopra una tortilla ripiegata e una tazza con del latte. Il letto di Johanna si trovava in un angolo del carro postale. – Be’, eccomi qui. Papà mi ha spedita e il treno è partito –disse guardando il viso bianco della sua bambola. Non c’era nemmeno qualcosa da leggere. A Johanna leggere piaceva, nella casa di Città del Messico c’erano scaffali
pieni di libri western e polizieschi, che il suo papà le portava dal lavoro. E anche storie di paura!
Romanzi con vampiri e fantasmi e intrepide ragazze, di Londra o Parigi, costrette a scappare nella notte, inseguite da creature dagli occhi di fuoco. Erano storie in cui era facile perdersi: provare il brivido della paura e il sollievo dell’ultima pagina le era sempre piaciuto. Quanto le mancavano, ora!
Camminò fino allo scrittoio e aprì i cassetti.
Raccolse la cartelletta di legno con i fogli. Era una specie di elenco: parole varie e numeri lungo un lato del foglio, una colonna di nomi, date, altri nomi dall’altra parte del foglio. In basso, con una calligrafia diversa dal resto del foglio, lesse:
Eccola lì. Registrata, spedita, trasportata.
Strinse le labbra, prese velocemente la matita dallo scrittoio con tutta l’intenzione di tracciare delle righe per cancellare quella registrazione e…
“Affrancata, 12 dollari e 75 cent, consegna speciale, riservata”.
Le tornò in mente la voce di suo papà. L’aveva spedita. Ma a fin di bene.
– Tu sarai in salvo – le aveva detto.
L’aveva fatto per mandarla da sua mamma e metterla al sicuro.
Christian Antonini, Una lettera coi codini, Giunti Posta
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Che cosa fa tremare Tecla e Alexis, all’inizio della storia?
钀 L’aria fredda della mattina prima del sorgere del sole.
钀 La paura di incontrare Denti Aguzzi.
钀 Il fatto di aver lasciato il villaggio per la prima volta.
Perché i protagonisti devono passare una notte fuori dal villaggio?
钀 Per cacciare grossi animali.
钀 Per un rito antico che dovevano affrontare i ragazzi e le ragazze.
钀 Per raggiungere il villaggio della Grande Montagna Nera.
Spesso nei racconti d’avventura la narrazione dei fatti non è in ordine cronologico. A volte la narrazione viene interrotta, per lasciare posto ai ricordi. La sequenza in cui si racconta un fatto accaduto prima si chiama flashback.
Alexis e Tecla nella notte
Alexis si strinse nel mantello scuro. Tecla camminava davanti a lui: sembrava conoscere perfettamente la strada. Il sole era appena spuntato oltre le montagne, ma non era l’aria della mattina a far tremare il ragazzo e la ragazza. Era la prima volta che lasciavano il villaggio e non sapevano a che cosa fare attenzione. Quel movimento tra le foglie era dovuto al vento o a un animale che li teneva d’occhio?
Il vecchio Antipas era stato chiaro.
– Lascerete il villaggio con il primo buio – aveva detto – e tornerete solo quando il sole sarà già alto nel cielo.
– E che cosa dovremo fare? – aveva chiesto Tecla. Tra i due, lei sembrava avere le idee chiare, anche se nessuna delle sue amiche aveva già affrontato la “notte fuori dal villaggio”.
– Dovrete arrivare fino ai Grandi Massi e tornare – aveva detto il vecchio Antipas. – Solo così sapremo se siete in grado di badare a voi stessi.
Era un rito antico, tutti i ragazzi e le ragazze dovevano affrontarlo. Alexis aveva pensato di prendere la spada del padre prima di andare, ma Tecla lo aveva fatto ricredere. Adesso che la notte era passata, Alexis sentiva addosso tutta la stanchezza. Ora gli mancava, la spada del padre: non perché fosse pronto ad affrontare una belva, ma perché aveva molta più paura.
Erano sulla strada del ritorno,bisognava solo resistere qualche altra ora. Improvvisamente, però, Tecla si fermò. Portò un dito alla bocca e fece segno di stare zitto ad Alexis.
Al ragazzo non sembrò di sentire nulla di particolare, ma era proprio il silenzio a insospettire Tecla. Rimasero immobili. L’unico rumore che arrivava fino a loro era lo scorrere del Fiume Tranquillo, il fiume che separava il villaggio dalla Grande Montagna Nera.
– Corri Tecla, corri! – aveva urlato Alexis. Per la paura, certo, ma anche perché sapeva che restare fermi era il modo migliore per finire in bocca a Denti Aguzzi, l’animale più feroce della foresta.
Bisognava scegliere una direzione, solo quello, e sperare che fosse la direzione giusta.
Tecla era molto più veloce di lui, ma per niente al mondo Alexis sarebbe voluto restare indietro. Correndo, erano finiti in un rovo di spine, si erano feriti le braccia e le gambe, ma non si erano fermati. Tecla aveva avuto l’impressione di sentire il fiato della bestia, subito dietro di lei e si era voltata per vedere. Alexis non era rimasto troppo indietro, era appena dietro di lei. Con il viso rosso, sbuffava dalla fatica, ma era ancora molto vicino. Poi un salto lunghissimo e l’acqua del fiume li aveva accolti, come in un abbraccio.
Alexis e Tecla avevano riso e urlato dalla felicità, ma avevano continuato a tener d’occhio la riva per vedere la delusione della belva.
No. Non si era presentata. Peccato, sarebbe stata una bella avventura da raccontare al ritorno.
Eva Pigliapoco e Ivan Sciapeconi
Fai il punto
sul racconto d’avventura
Nel brano viene raccontato un fatto accaduto in precedenza. Trovalo e sottolinealo in rosso.
Di che cosa si tratta?
钀 un dialogo tra i due ragazzi e il vecchio del villaggio
钀 un sogno di Tecla
钀 un ricordo di Alexis
Come si chiama questo tipo di sequenza?
Creare suspense
Impara a scrivere un racconto d’avventura.
Leggi il brano e fai attenzione al finale che crea suspense. RACCONTO D'AVVENTURA
Il tappeto volante
– Senti un po’, – disse – dove l’hai preso, quel tappeto?
Non l’avrai mica rubato, eh?
– No! – esclamò Hodja, e fece per allontanarsi. – Questo tappeto è mio!
Ma lei di colpo si mise a strillare. – Fermatelo, – urlò – ha rubato un tappeto!
Alcune persone che si trovavano lì vicino circondarono Hodja fissando il tappeto, e un tizio lo afferrò per un braccio. E mentre era così bloccato, la donna gli sfilò via il tappeto.
– È mio! Questo ragazzino me l’ha rubato mentre prendevo l’acqua al pozzo – disse la donna piazzandosi a gambe larghe sul tappeto.
Hodja guardò avvilito il suo tappeto. Ma poi, all’improvviso, gli venne un’idea. – Vola, tappeto – gridò.
E prima che la donna avesse il tempo di battere le ciglia, il tappeto era volato via e lei rotolava a terra con le gambe all’aria.
Hodja scappò via. Arrivato in una stradina laterale, chiamò il tappeto e appena quello atterrò accanto a lui lo arrotolò, se lo mise sotto il braccio e si avviò tra le viuzze più strette di Naga. Si nascose in un portone e sbirciò fuori per capire se qualcuno lo seguiva. “Ah ah” pensò Hodja. “Li ho fregati”.
Ma se si fosse guardato un po’ meglio intorno, sarebbe stato molto meno soddisfatto. Perché quando uscì dal portone un’ombra lo seguì. Una piccola ombra in un grande mantello scuro.
Ole Lund Kirkegaard, Il tappeto volante del Bulgistan, Iperborea
TACCUINO
Esercitati a creare suspense. Vai a pag. 18 del Taccuino per esprimersi e scrivi il tuo racconto avvincente.
Un brutto scherzo
Alla sua destra, dietro l’albero che aveva appena superato, vide un’ombra enorme e minacciosa che gli gelò il sangue nelle vene.
“Un orso!” Alto, grosso e minaccioso.
Alberto sapeva di dover restare calmo, ma un conto è pensare di restare calmo davanti a un film sugli animali selvatici, un conto è farlo con un orso vero, a pochi centimetri di distanza.
No, non l’avrebbe mai raccontato a nessuno. Era il classico episodio che suo fratello avrebbe sbandierato ai quattro venti.
Alberto stava camminando in montagna, voleva arrivare in vetta prima di mezzogiorno e poi essere di ritorno a casa prima di sera. Doveva pur dimostrare a suo fratello di essere grande ormai!
… che non era affatto una bestia, ma una tovaglia di pic-nic abbandonata dai turisti e volata tra i rami degli alberi. La paura e la maleducazione dei turisti gli avevano giocato un brutto scherzo.
Senza nemmeno rendersene conto, afferrò un grosso bastone. Non sapeva se sarebbe bastato, ma si mise in posizione per affrontare la terribile bestia…
Dopo aver letto le sequenze, numerale per dare un senso al racconto.
Qual è la sequenza in cui si crea suspense?
Sistemare le sequenze è stato: Mi valuto: MI VALUTO
l’aveva brandito: l’ afferrato con forza
Il folletto del baule
Era una domenica mattina.
Il ragazzo leggeva e si appisolava e lottava contro il sonno. Ma sia come sia, si addormentò. Non sapeva se avesse dormito tanto o poco, ma fu svegliato da un rumore leggero alle sue spalle Sul davanzale di fronte a lui c’era uno specchietto e si vedeva riflessa quasi tutta la stanza. Nell’istante in cui alzò la testa, il ragazzo guardò per caso nello specchio e si accorse che il coperchio del baule di sua madre era aperto.
La mamma aveva un grande baule pesante di rovere con le cerniere di ferro, che nessuno fuorché lei aveva il permesso di aprire. Non capiva come potesse essere successo: la mamma l’aveva di certo chiuso prima di uscire.
Ebbe un’orribile sensazione. Temeva che un ladro fosse entrato in casa di nascosto. Non osava muoversi: rimase lì impalato con gli occhi fissi sullo specchio.
Mentre aspettava che il ladro saltasse fuori, cominciò a chiedersi cosa fosse quell’ombra nera che cadeva oltre il bordo del baule. Guardò e riguardò e non voleva credere ai propri occhi. Quella che all’inizio sembrava un’ombra diventò sempre più definita e ben presto il ragazzo capì che era qualcosa di reale. Seduto a cavalcioni sul bordo del baule c’era niente di meno che un folletto. Non avendo però abbastanza coraggio da toccarlo con le mani, si guardò intorno Fece correre lo sguardo dal divano-letto al tavolo a ib l a e dal tavolo a ribalta alla stufa. Finché l’occhio non gli cadde su un vecchio retino per le mosche appeso al telaio della finestra. Neanche il tempo di vederlo che già l’aveva brandito, era balzato in piedi e aveva sferrato una sventola sul bordo del baule. Quasi non capiva come avesse fatto, ma aveva davvero catturato il folletto. Il folletto aprì bocca cominciando a pregarlo di tutto cuore di lib l .
Se l’avesse lasciato andare, gli avrebbe regalato un tallero antico, un cucchiaio d’argento e una moneta d’oro grande come la cassa dell’orologio d’argento di suo padre.
Al ragazzo non pareva granché come offerta, ma il fatto è che da quando il folletto era in suo potere, ne aveva paura. Si era accorto di essersi cacciato in qualcosa di sconosciuto e terribile che non faceva parte del suo mondo, e sbarazzarsi di quella diavoleria gli faceva solo piacere. Accettò perciò subito lo scambio e tenne fermo il retino perché il folletto potesse uscire.
Selma Lagerlöf, Il meraviglioso viaggio di Nils Holgersson, Iperborea
IL TESTO
1 Che cosa vede il ragazzo appena sveglio?
2 Qual è il colpo di scena in questa storia?
3 Perché il ragazzo accetta lo scambio proposto dal folletto?
IL SIGNIFICATO DELLE PAROLE
4 Spiega le parole colorate senza usare il dizionario, ma cerca di capire il loro significato dal contesto.
• “aveva un grande baule pesante di rovere con le cerniere di ferro”
MI VALUTO
Rispondere alle domande è stato perché
Le mie risposte corrette sono state: (numero)
In che cosa posso migliorare?
Mi valuto:
• “fece correre lo sguardo dal divano-letto al tavolo a ribalta”
• “gli avrebbe regalato un tallero antico, un cucchiaio d’argento”
IL RACCONTO D’AVVENTURA
5 Che cosa narra un racconto d’avventura?
6 Come sono, generalmente, i personaggi?
Sono coraggiosi e intraprendenti. Sono personaggi negativi. Vivono in un mondo di fantasia.
7 In quali luoghi è più facilmente ambientato un racconto di avventura?
8 A che cosa servono i colpi di scena?
VERIFICA STORIE per FARE il PUNTO
Leggi e usa le mappe di sintesi per ricostruire ciò che sai sul racconto fantastico e realistico.
Struttura
• inizio
• sviluppo
• finale
Personaggi
• persone comuni
• oggetti o animali parlanti
• creature fantastiche
RACCONTO FANTASTICO
Luoghi
• immaginari
• reali, in cui avvengono fatti straordinari
Tempo
• in genere non è definito
• passato, presente o futuro
Narrazione
• narratore interno: prima persona
• narratore esterno: terza persona
Fatti
• impossibili
• inverosimili
Struttura
• inizio
• sviluppo
• finale
Personaggi
• persone
• animali
RACCONTO REALISTICO
Luoghi
• reali
Tempo
• in genere è definito
• passato o presente
Narrazione
• narratore interno: prima persona
• narratore esterno: terza persona
Fatti
• reali
• verosimili
Leggi e usa le mappe di sintesi per ricostruire ciò che sai sul racconto del brivido e d’avventura.
Scopo suscitare paura con storie misteriose e paurose
Personaggi
• persone comuni
• esseri mostruosi e malvagi
RACCONTO DEL BRIVIDO
Luoghi
• inquietanti e paurosi
• familiari, ma nei
quali accadono fatti insoliti e inspiegabili
Tempo
• definito
• indefinito
Narrazione
• descrizioni di sensazioni inquietanti
• uso della suspense
Fatti
• misteriosi e spaventosi
• con imprevisti spiacevoli
Scopo coinvolgere con vicende emozionanti e pericolose
RACCONTO D’AVVENTURA
Personaggi
• positivi
• coraggiosi Luoghi
• naturali e pericolosi
• lontani
Tempo
• in genere è definito
• passato o futuro
Narrazione
• uso della suspense
• uso dei flashback
Fatti
• imprese
• situazioni rischiose
• molti colpi di scena e imprevisti
Avventure di tutti i giorni
Ecco una prova speciale: realizzare una mappa che aiuti i tuoi compagni e le tue compagne a venire a casa tua. Dovrai quindi rappresentare il percorso che fai ogni giorno da scuola a casa, ma non sarà una semplice mappa…
REGOLE
Nella mappa devono essere presenti:
1 elementi realistici, come strade, case, negozi, alberi;
2 elementi fantastici, come una fontana magica o un albero parlante. Questi elementi nella realtà non ci sono, ovviamente, ma puoi divertirti a inserirli tu;
3 inoltre, devi inserire, a scelta, elementi tipici del brivido oppure elementi tipici dell’avventura.
PROCEDIMENTO
Realizzare solo la mappa non è sufficiente. I tuoi compagni e le tue compagne potrebbero non orientarsi facilmente. Per questo, scegli un modo per descrivere in maniera efficace quello che hai rappresentato. Ecco qualche esempio:
• un testo scritto;
• una presentazione multimediale;
• una locandina;
• una registrazione audio;
• una lista;
• una raccolta di foto;
• un albo illustrato ecc.
PRENDI APPUNTI
• Scrivi gli elementi realistici o fantastici che pensi di inserire e descrivere.
• Scrivi gli elementi d’avventura o del brivido che pensi di inserire e descrivere.
• Traccia una bozza del tuo percorso.
Che cosa mi è piaciuto del mio lavoro:
Che cosa posso migliorare:
Ho chiesto aiuto a per
È stato divertente: progettare. disegnare. scrivere. raccontare. altro: Mi valuto:
MI VALUTO
Colpi di scena
Le storie hanno quasi sempre una scena che sorprende e rende un racconto avvincente.
Scrivi le scene delle storie lette fino a qui che ti sono rimaste impresse nella mente.
Titolo Scena
Titolo Scena
Titolo Scena
Titolo Scena
Le copertine dei libri
Ogni libro ha una copertina. Le copertine contengono di solito delle informazioni che si riferiscono al libro, come per esempio l’autore, il titolo, la casa editrice.
Quali copertine preferisci? Osserva le copertine dei libri che attirano subito la tua attenzione e ti piacciono di più: come sono? Indicale con una X.
钀 copertine rigide
钀 copertine morbide
钀 copertine a tinta unita
钀 copertine molto colorate
钀 copertine con fotografie
钀 copertine con illustrazioni
钀 copertine con il titolo scritto molto grande
钀 copertine con il titolo scritto in piccolo
钀 copertine con figure umane
钀 copertine con paesaggi
钀 copertine con animali
钀 copertine:
Scegli due brani letti in questa sezione, poi progetta e disegna le possibili copertine.
Titolo Copertina
Titolo
Copertina
BIBLIOTECA DI CLASSE
I e iPERSONAGGI delle STORIE
In questa unità leggerai e imparerai a scrivere:
• TESTI DESCRITTIVI
• TESTI TEATRALI
• RACCONTI AUTOBIOGRAFICI
Festeggia l’anno nuovo
Descrivi i personaggi di una storia
Si alza il sipario, tutti in scena!
AUDIO, VIDEO, OGGETTI DIGITALI DELL'UNITÀ
Scopri personaggi fantastici nelle storie
L i i narrate con le immagini
Ricorda e racconta la tua vita
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• Chi sono Mia e Federico?
• Che cosa adora soprattutto Mia?
• Che cosa odia Federico?
• Che cosa vuol fare da grande Mia?
• Che cosa vuol fare da grande Federico?
• Qual è il segreto di Federico?
Spesso nei racconti i personaggi vengono descritti fin dalle prime pagine. Descrivere una persona significa scegliere quali aspetti mettere in luce:
• l’aspetto fisico, come la corporatura, l’altezza, i capelli, gli occhi...
• l’aspetto interiore, come il carattere, i gusti, gli interessi, i desideri...
• il comportamento, come si comporta, come parla, come cammina, quali sono le sue abitudini...
Mia e Federico
Ecco Mia e Federico, due personaggi descritti con gli occhi di chi racconta.
MIA
Mia, al contrario di suo fratello Federico, è bassa, così sembra più piccola della sua età. È più gracile di suo fratello.
– Mangia! – le dicono ogni giorno i genitori. Ma il cibo non è decisamente il suo principale interesse.
– Da grande farò la tassista! – si dice davanti allo specchio.
Adora le macchine, infatti, ma soprattutto adora chiacchierare con le persone.
– La tassista può guidare tutto il giorno e può parlare con tutti i passeggeri che incontra. È il lavoro per me. –Spiega anche agli amici e alle amiche Mia.
A scuola Mia è amica di tutti e di tutte, a ricreazione è la bambina più ricercata, anche da quelli delle altre classi. In classe, però, non è sempre attenta, anzi. La maestra Gina dice che pensa troppo alle macchine, il maestro Carlo le ha consigliato di stare in prima fila, così magari si distrae meno.
FEDERICO
È di corporatura asciutta e, a differenza di sua sorella Mia, per la sua età è piuttosto alto.
– Da grande farò lo scrittore – si ripete spesso ad alta voce. Odia con tutto il cuore la matematica e la geometria. È tanto bravo con le parole quanto imbranato con i numeri. Ma dove è davvero un campione è nell’aiutare i compagni e le compagne.
Se in classe si accorge che qualcuno è in difficoltà, lui non aspetta un minuto di più: si alza dal suo posto e corre in soccorso.
Gli insegnanti ormai lo sanno e lo lasciano fare, in fondo, pensano, è una buona cosa l’altruismo.
Federico adora le serie televisive, non smetterebbe mai di guardarle, se non fosse per non sentire i suoi genitori che poi si lamentano.
Da grande forse comincerà proprio con lo scrivere sceneggiature per le serie TV, ma meglio non dirlo a nessuno, per ora!
Eva Pigliapoco e Ivan Sciapeconi
sulla descrizione
Come vengono descritti i due personaggi? Completa la tabella.
Fai il punto Aspetto fisico Aspetto interiore Comportamento
Mia Federico
Fai il punto
Sottolinea gli elementi che descrivono i tre personaggi del brano, come indicato.
Pippi
Annika
Tommy sulla descrizione
Entra nel testo
Nel racconto ci sono:
钀 solo sequenze descrittive
钀 solo sequenze narrative
钀 anche dialoghi
钀 anche pensieri�
Pippi Calzelunghe
Vicino a Villa Villacolle c’era un giardino e una casa. In quella casa abitavano un papà e una mamma con i loro due graziosi bambini, un maschio e una femmina. Il ragazzo si chiamava Tommy e la bambina Annika. Erano due bambini molto gentili, ben educati e obbedienti: mai che Tommy si mangiasse le unghie o si sognasse di non fare quello che la mamma gli chiedeva; quanto ad Annika, non si metteva a strillare quando non riusciva ad averla vinta e se ne andava sempre in giro tutta pulitina, con dei vestitini di cotone perfettamente stirati, che stava bene attenta a non sporcare. Non che Tommy e Annika non giocassero bene insieme nel loro giardino, ma spesso avevano provato il desiderio di un compagno di giochi.
Un giorno, mentre pensavano a cosa fare, il cancello di Villa Villacolle si aprì e ne uscì una ragazzina. Era la più curiosa bambina che mai Tommy e Annika avessero visto: era Pippi Calzelunghe che iniziava la sua passeggiata mattutina.
I suoi capelli color carota erano stretti in due treccioline, ritte in fuori; il naso pareva una patatina ed era tutto spruzzato di lentiggini. E sotto il naso si apriva una bocca decisamente grande, con due file di denti bianchissimi e forti.
Il suo vestito era originalissimo: Pippi se l’era cucito da sola. Veramente la sua idea sarebbe stata di farlo blu, ma poi, non bastandole la stoffa, ci aveva applicato qua e là delle toppe rosse. Un paio di calze lunghe, una marrone e l’altra nera, le coprivano le gambe magre.
E non bisogna dimenticare le sue scarpe nere, lunghe esattamente il doppio dei piedi: gliele aveva comperate il suo papà nel Sud America, grandi così perché i piedi di Pippi potessero crescervi a loro agio e lei non ne aveva mai volute altre.
VIDEO PIPPI
Ma ciò che fece proprio sbalordire Tommy e Annika fu la scimmia, che sedeva tranquillamente su una spalla della bambina sconosciuta.
Imperturbabile, Pippi proseguì per la sua strada; camminava con un piede sul marciapiede e l’altro nel rigagnolo. Finché fu possibile, Tommy e Annika la seguirono con lo sguardo, ed ecco, dopo un attimo, la videro ritornare camminando a ritroso. Giunta davanti al cancello di Tommy e Annika, Pippi si fermò. Un lungo sguardo corse tra i bambini, in silenzio. Infine Tommy disse:
– Perché cammini all’indietro?
– Perché cammino all’indietro? – esclamò Pippi. – Forse non viviamo in un paese libero? Ognuno non può camminare come più gli piace? A ogni modo sappi che in Egitto tutti camminano così e nessuno ci trova nulla di buffo.
– E tu come lo sai? – chiese Tommy. – Tanto non sei mai stata in Egitto!
– Se sono stata in Egitto! Ma certo, puoi giurarci. Dappertutto sono stata, nel globo terrestre, e ne ho viste di assai più buffe che gente che cammina all’indietro! Mi domando che cosa avresti detto, allora, se mi fossi messa a camminare sulle mani, come si usa nell’India Orientale!
Astrid Lindgren, Pippi Calzelunghe, Salani, 2015, Milano
• comportamento Per scrivere DESCRIZIONE
Entra nelle parole
Imperturbabile vuol dire:
钀 che non può essere bagnato�
钀 che non può essere impressionato da nulla
Rigagnolo vuol dire:
钀 ruscello
钀 gradino
Scrivi sul quaderno una descrizione di Pippi
Calzelunghe Descrivi i seguenti aspetti:
• aspetto fisico;
• abbigliamento;
Per comprendere bene un testo, si devono cogliere tutte le informazioni che contiene. Alcune informazioni sono date direttamente e sono quindi esplicite. Altre invece non sono scritte, ma possono essere ricavate da altre informazioni presenti nel testo cioè sono implicite.
Colombo preferiva il sole
È l’ora.
A persiane ancora chiuse, Colombo decideva come sarebbe stato il tempo fuori, lo indovinava dalla velocità delle auto, dal rumore delle ruote sull’asfalto, dal canto delle ragazze ma soprattutto dall’aspetto dei suoi capelli.
I capelli di Colombo erano sensibilissimi all’umidità esterna. Completamente lisci nelle giornate serene, si arricciavano nelle mattine uggiose per diventare un cespuglio intricato e ingovernabile durante gli acquazzoni primaverili.
Quell’insolita caratteristica della sua chioma gli permetteva ogni giorno di uscire in strada, alle sette in punto, con l’abbigliamento e l’umore giusti. Colombo preferiva il sole.
Nei giorni inondati di luce, indossava un abito azzurro di fili di vetro, che rifletteva lo splendore e i colori delle cose: su di esso il mondo si moltiplicava all’infinito in un gioco ambulante di specchi che incantava i passanti.
A crocchi gli si facevano incontro, si torcevano, s’inchinavano come se vedessero la realtà per la prima volta lì, su di lui. Per le giornate umide e grigie, in cui il tempo sembrava non riservare sorprese, Colombo si era fatto confezionare un abito a caleidoscopio: la stoffa, di uno speciale materiale sensibile alla luce e al movimento, si componeva di infiniti triangoli che, mutando continuamente colore, formavano inaspettate composizioni. Un amico, esperto di ingegneria idraulica, gli aveva regalato il terzo vestito, quello per la pioggia insistente e i violenti temporali.
La sua superficie trasparente era solcata da innumerevoli canalini che convogliavano l’acqua piovana, formando minuscoli giochi idrici, in cui intere famiglie di passerotti si beavano e abbeveravano.
Chi non conosceva Colombo poteva pensare che fosse un eccentrico, preoccupato di attirare l’attenzione a ogni costo. Chi lo conosceva sapeva che lui era lui. Colombo era un candido, di quel candore che fa essere saggi perché ingenui, originali perché semplici, aperti perché sicuri.
E il suo modo di vestire ne era soltanto una conseguenza.
Tutti i suoi abiti erano provvisti di ampie tasche a soffietto che potessero contenere i suoi attrezzi di lavoro: perché Colombo non sopportava né borse né cartelle né zaini che gli occupassero le mani o non gli permettessero di estrarre velocemente tutto quanto gli servisse.
Nella decisione di un gesto c’è metà del tuo futuro: era una delle sue massime preferite.
E il suo futuro iniziava ogni giorno con un caffè.
Per niente al mondo Colombo avrebbe rinunciato alla sua sosta quotidiana al Brody Bar.
Daniela Donati, L’alzabambini, Raffaello
Fai il punto
sulla descrizione
Associa i capelli di Colombo al meteo.
• Per svolgere l'esercizio hai usato informazioni:
钀 esplicite� 钀 implicite�
crocchi: gruppi di persone
Entra nel testo
Come è Colombo? Indica le caratteristiche corrette.
钀 originale
钀 ingenuo
钀 aperto
钀 insicuro
钀 saggio
钀 candido
钀 alla ricerca di attenzioni
Che età ha Colombo?
钀 Ha circa la tua età
钀 È più piccolo
钀 È poco più grande
钀 È decisamente più grande
• Sottolinea nel testo le parole o le frasi che ti hanno aiutato a rispondere Sono informazioni: esplicite� implicite�
Narrare
in prima o in terza persona
Per scrivere una buona storia, è importante scegliere come narrare.
• Se vuoi raccontare di te o vuoi metterti nei panni di qualcuno, usa la prima persona e metti in gioco le tue emozioni e i tuoi pensieri.
• Se vuoi raccontare una storia “dall’alto”, senza entrare in gioco personalmente, usa la terza persona. In questo caso, immagina le emozioni e i pensieri vissuti dai personaggi e descrivili.
Leggi il brano, narrato in terza persona.
Due bambini piccoli piccoli
Nella scuola popolare Gustaf Vasa di Stoccolma, l’altro anno è successa una cosa davvero straordinaria. Era un lunedì e in una delle prime si stava giusto facendo esercizio di lettura.A un certo punto si sentì bussare alla porta con dei colpetti leggeri leggeri. – Avanti – disse la maestra.
Ma non entrò nessuno. Si sentì invece bussare di nuovo.
– Vai a vedere chi è – disse la maestra al bambino seduto più vicino alla porta che si chiamava Gunnar.
Gunnar aprì la porta. E si trovò davanti due bambini piccoli, ma proprio piccoli piccoli. Un bambino e una bambina. Non più grandi di due bambole. Entrarono nell’aula e andarono dritti dalla maestra. Il bimbetto fece un inchino e la bimba la riverenza. Poi dissero: – Ci chiedevamo se possiamo frequentare questa scuola. Astrid Lindgren, Peter e Petra, Iperborea
Ecco lo stesso episodio narrato in prima persona, nei panni di Gunnar. Osserva le differenze con il testo precedente: alcune sono già evidenziate, continua tu.
Nella mia scuola, la Gustaf Vasa di Stoccolma, l’altro anno è successa una cosa davvero straordinaria. Era un lunedì e nella nostra classe si stava giusto facendo esercizio di lettura.
Impara a scegliere chi narra un racconto�
A un certo punto sentimmo bussare alla porta con dei colpetti leggeri leggeri.
– Avanti – disse la maestra. Ma non entrò nessuno. Sentimmo invece bussare di nuovo.
– Vai a vedere chi è – mi disse la maestra, visto che ero quello seduto più vicino alla porta.
Aprii la porta. E mi trovai davanti due bambini piccoli, ma proprio piccoli piccoli. Un bambino e una bambina. Non più grandi di due bambole. Entrarono nell’aula e andarono dritti dalla maestra. Il bimbetto fece un inchino e la bimba la riverenza. Poi dissero: – Ci chiedevamo se possiamo frequentare questa scuola.
Per scrivere
Ora tocca a te! Esercitati a scrivere in prima e in terza persona. Riscrivi questo brano in prima persona, come nell’esempio che hai appena letto. Scegli se raccontare nei panni di Peter o in quelli di Petra.
– E voi chi sareste, esattamente?
– Ci chiamiamo Peter e Petra – disse il bambino
– E apparteniamo al piccolo popolo – disse la bambina
– E i nostri genitori dicono che anche il piccolo popolo ha bisogno di un po’ di istruzione –aggiunse il bambino Tutta la classe allungava il collo per poter vedere bene Peter e Petra
Astrid Lindgren, Peter e Petra, Iperborea
Ora, invece, riscrivi questo brano in terza persona.
Mi chiamo Britta-Kajsa Io, la mamma e il papà abitiamo in una casetta in campagna piccola piccola, che ha intorno un piccolo giardino� È una casa che se ne sta tutta sola! Non ci abita nessun altro, dalle nostre parti
Un giorno di primavera di due anni fa, i miei genitori erano andati come al solito al mercato a vendere le primule e le foglie di betulla
Io ero rimasta a casa, non so perché Ma fu una bella fortuna!
Astrid Lindgren, Peter e Petra, Iperborea
Potresti iniziare così: “Britta-Kajsa è una bambina che…”.
Fai il punto
sulla descrizione
Come è l’Uomo delle bolle?
Sottolinea in rosso le parole e le espressioni che lo descrivono.
Rispondi.
• Perché all’inizio viene paragonato a un folletto?
L’Uomo delle bolle
Quando l’ho visto per la prima volta, ho pensato di essere in un sogno. Pareva un folletto: barba lunga, vestiti sgualciti, berretto di lana, ghiaccio negli occhi e un sorriso triste. Se ne stava chino su un grosso recipiente, intento a preparare uno strano miscuglio: acqua, sapone, un soffio di vento…
• Perché poi viene paragonato a un orco?
• Perché alla fine viene paragonato a un orco buono?
L’Uomo delle bolle legava due bacchette con un lungo spago e le immergeva nella pozione magica. Poi le sollevava in alto, tenendole strette tra le sue mani forti.
E iniziava a danzare. Muoveva braccia e gambe volteggiando su sé stesso e disegnava grandi cerchi nell’aria.
Come per incanto enormi bolle di sapone si formavano sopra gli occhi meravigliati dei passanti. Noi bambini saltavamo pazzi di gioia, cercando di toccarle. Appena una bolla scoppiava, chiedevamo con impazienza: – Ancora! Ancora! Fanne un’altra!
Per scrivere
Secondo te, come potrebbe continuare la storia? Racconta e confrontati in classe
Ci raccoglievamo in cerchio intorno a lui, stretti stretti, come se lo volessimo abbracciare tutti insieme. Quando ci avvicinavamo troppo, l’Uomo delle bolle faceva la faccia da orco e con una voce tenebrosa diceva: – Piccoli furfanti, allontanatevi immediatamente! Se scoppierete un’altra delle mie bolle, vi mangerò in un sol boccone!
Altre volte, quando il cielo diventava grigio e il vento si fermava, l’Uomo delle bolle interrompeva di colpo lo spettacolo e tuonava: – Oggi l’aria è troppo umida, non riesco a lavorare bene! Andatevene a casa, inutili moscerini fastidiosi!
I grandi lo guardavano infastiditi, ma noi bambini no. Noi lo guardavamo a bocca aperta e poi scoppiavamo a ridere.
Si capiva lontano un miglio che, se davvero era un orco, doveva essere un orco buono.
Irene Biemmi, Sarolta Szulyovszky, L’Uomo delle bolle, Erickson
Anna e Peter
Anna aveva appena cambiato scuola. Una volta conosciuti meglio i compagni di classe, aveva deciso, senza ombra di dubbio, che più di tutti le piaceva Peter. Peter aveva capelli biondi tagliati a spazzola, occhi grigi e il naso a patata.
Tra i suoi incisivi superiori c’era una fessura, attraverso la quale Peter riusciva a fischiare fortissimo, come se avesse avuto in bocca un fischietto da arbitro!
Aveva jeans sempre consumati e rammendati, perché li ereditava dal fratello maggiore. Le magliette sempre sporche, perché durante l’intervallo si rotolava volentieri per terra.
Durante l’intervallo Anna stava sempre con Peter.
E dopo scuola, quando Anna aspettava la mamma all’angolo della strada, anche Peter aspettava insieme a lei, finché la macchina non compariva.
Christine Nöstlinger, Ma che nano ti salta in testa?, Salani
Per ogni frase indica se è vera (V) o falsa (F).
Peter ha i capelli castani.
Peter ha i capelli a spazzola.
Peter ha il naso aquilino.
Peter ha gli occhi grigi.
Peter ha denti perfetti.
Peter ha i vestiti sempre puliti.
Peter indossa jeans e maglietta.
Peter è gentile.
Mi valuto: MI VALUTO
Rispondere alle domande è stato
V F
V F
V F
V F
V F
V F
V F
V F
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Scrooge non cancellò dall’insegna il nome del vecchio Marley. Anni dopo, era sempre lì sulla porta del magazzino: “Scrooge e Marley”. La ditta infatti era conosciuta così. Ogni tanto, qualche nuovo arrivato nel mondo degli affari chiamava Scrooge col suo nome, altre volte lo chiamava Marley, ma lui rispondeva in entrambi i casi. Non gliene importava niente.
Già, ma con quale pugno di ferro conduceva gli affari! Come sapeva afferrare, spremere, straziare, rosicchiare, spolpare ogni cosa e ogni persona, quel vecchio peccatore avaro! Era insensibile come una pietra focaia, dalla quale non fosse mai scaturita una scintilla!
Il gelo che aveva nell’animo gli induriva i lineamenti, gli rendeva ancora più aguzzo il naso appuntito, gli raggrinzava le guance, gli irrigidiva il passo, gli rendeva gli occhi rossi e le labbra blu e gli incrinava di ghiaccio la voce già aspra. Una brina gelata aleggiava sulla sua testa, gli imbiancava le sopracciglia e il mento ispido. Portava dentro di sé e con sé quella temperatura polare che gelava l’ufficio nei giorni di caldo soffocante e non lo intiepidiva di un grado nemmeno per Natale.
Caldo e freddo avevano poca influenza su Scrooge.
Nessun tepore lo poteva scaldare.
Nessun clima invernale lo faceva rabbrividire.
Nessuna tramontana era più gelida di lui.
Nessuna tempesta di neve era più implacabile.
Nessuna pioggia violenta era meno disposta a dare riparo Non c’era maltempo che potesse abbatterlo.
Le più tremende piogge, nevicate e grandinate avevano un vantaggio nei suoi confronti: certe volte erano benefiche, mentre Scrooge non lo era mai.
Nessuno lo fermava per strada per dirgli amichevolmente “Come va caro Scrooge? Quando verrà a trovarmi?”
Testo facilitato e semplificato
Nessun mendicante allungava la mano per un’elemosina, nessun ragazzino gli domandava che ora fosse. Nessuno gli aveva mai chiesto un’informazione per strada. Ma Scrooge se ne infischiava! Anzi! Era quello che lo divertiva di più. Farsi largo a spintoni nelle strade affollate della vita, respingendo ogni gesto di simpatia era come invitarlo a nozze.
Charles Dickens, Il canto di Natale, Giunti Junior
IL TESTO
1 Il testo che hai letto è: , perché
IL TEMPO E IL LUOGO
2 In quale tempo accade la vicenda?
3 Dove avviene la vicenda?
LA DESCRIZIONE
4 Per descrivere meglio il signor Scrooge sono utilizzati anche dei paragoni quali?
5 Nella descrizione del vecchio Scrooge, si utilizzano molti dati sensoriali: quali? dati visivi dati uditivi dati tattili dati olfattivi dati gustativi Sottolineali nel testo con colori diversi�
IL LINGUAGGIO
6 Che cosa significa la parola scaturita? fuoriuscita entrata conclusa
7 Che cosa significa l’espressione era come invitarlo a nozze? Mandare un invito a qualcuno per un matrimonio Invitare qualcuno a fare una cosa che gli risulta molto facile o gradita
Rispondere alle domande è stato perché
Le mie risposte corrette sono state: (numero)
In che cosa posso migliorare?
Mi valuto:
MI VALUTO
Il racconto autobiografico è un testo narrativo nel quale chi scrive racconta la propria vita. È un testo scritto in prima persona e narra anche solo una parte della vita di chi scrive, con aneddoti e ricordi, con descrizioni di sé e di situazioni vissute. L’autobiografia è scritta generalmente al passato. Se è scritta al presente è un’autopresentazione.
Il mese più brutto dell’anno
Io dicembre proprio non lo sopporto. Ecco i miei dieci motivi per cui dicembre è il mese più brutto dell’anno.
1 Il freddo. Non potete dire di no: dicembre è più freddo di novembre. Forse meno di gennaio, ma anche gennaio non è una gran simpatia.
2 I colori. A dicembre è sempre buio. Finisci il pranzo e già non c’è più luce. I colori senza luce non esistono, lo dice anche la maestra di scienze.
3 Profumi e suoni.Che mi dite dei profumi di dicembre? Nulla, vero? E certo, non ci sono. Il freddo congela tutto, anche i profumi. E i rumori: la gente parla sottovoce e cammina senza farsi sentire, specie quando c’è la neve.
4 I giochi. E quando parlo di giochi intendo quelli veri, non quelli su uno schermo. Sono giochi veri: pallavolo, corse con la bici e cose così. Provate a farli in strada a dicembre, poi ne riparliamo.
5 Filippo. È il mio cane. Anche lui odia dicembre, lo capisci da come guarda la finestra. È triste, lo capirebbe anche Mariangela.
6 Mariangela. È la mia peggior nemica. Lei è nata a dicembre e questo spiega molte cose. Una nata a dicembre, con il freddo, senza suoni e colori, a chi può stare simpatica? A me no, certo, altrimenti non sarebbe la mia peggior nemica.
7 Il compleanno di Mariangela. Visto che è nata a dicembre, Mariangela ha la bella idea di festeggiare il compleanno proprio in questo mese, tutti gli anni. Sai che fantasia... Il 10, per la precisione. Grazie a lei, passo dieci giorni a sentire lei che racconta come sarà la sua festa di compleanno.
8 I negozi. Tutti diranno: “Ma come? I negozi a dicembre sono bellissimi!” Forse è vero. Sono addobbati e illuminati come in nessun altro periodo dell’anno, ma a me fanno tristezza. Che cosa ci posso fare? D’altra parte sono sempre i negozi del mese più brutto dell’anno.
9 Il 23 dicembre. È il secondo giorno più brutto del mese più brutto dell’anno. Una specie di ombra scura sul mio personale calendario. Il 23 dicembre finisce la scuola e io sono triste. In prima ho anche pianto. Ora non lo faccio quasi più, ma mi dispiace lasciare i miei amici.
A parte Mariangela, è ovvio.
10 Il 24 dicembre. È il giorno più brutto del mese più brutto dell’anno. Io evito di dire a voce alta ventiquattrodicembre perché secondo me porta sfortuna.
Mi limito a scriverlo e spero che questo non valga. Il 24 dicembre è un giorno triste e non solo per me. Il 24 dicembre la mia mamma se n’è andata. Per sempre. Finito. Anche se ero piccolina, ho l’impressione di ricordare proprio tutto. Quel giorno, mio padre mi ha abbracciato forte, con una forza speciale che non ho più trovato. Dal maglione di lana gli sentivo il cuore, che sembrava un tamburo battuto con rabbia.
Ivan Sciapeconi, Un dicembre rosso cuore, Einaudi Ragazzi
Entra nel testo
Rispondi sul quaderno.
• Che cosa elenca la protagonista del racconto?
• Quali aspetti di dicembre riguardano i primi tre motivi?
• Perché il 24 dicembre è “il giorno più brutto del mese più brutto dell’anno”?
• Perché la protagonista evita di dire “ventiquattrodicembre” a voce alta?
Che cosa significa che il cuore sembrava un tamburo battuto con rabbia? Entra nelle parole
TACCUINO
Vai a pag 19 del Taccuino per esprimersi e organizza i tuoi pensieri prima di esporli: com’è dicembre per te?
Fai il punto sul racconto autobiografico
Questo testo è: 钀 un’autobiografia 钀 un’autopresentazione
In questo brano si descrive: 钀 un ricordo� 钀 una persona� 钀 un mese�
Si tratta di una descrizione: 钀 oggettiva 钀 soggettiva
LE STAGIONI INVERNO
L’inverno intorno a noi
Arriva una nuova stagione e cambia il mondo intorno a noi. Guarda quanti regali ci porta l’inverno.
INVERNO in città
L’inverno in città è luminosissimo, anche se le giornate sono brevi e il più delle volte il sole è coperto dalle nubi. In realtà, sono i giorni delle feste di Natale a illuminare le vie e le vetrine dei negozi. Quando nevica si possono costruire pupazzi di neve.
INVERNO
al mare
Il mare d’inverno ha da sempre ispirato gli artisti. Non ci sono bagnanti, le spiagge sono spazzate dal vento e il mare è spesso in burrasca. La forza della natura offre uno spettacolo unico, ma solo per chi ha il coraggio di affrontare le rigide temperature invernali.
INVERNO
in campagna e nel bosco
La campagna, in inverno, apparentemente tace. Si aspetta che il gelo abbandoni i campi e le piante per riprendere le attività. In realtà, è solo una pausa apparente: i lavori della primavera vanno preparati per tempo. Anche il bosco riposa, in attesa del risveglio.
TACCUINO
Quali sono i segnali dell’inverno che riconosci intorno a te? Secondo te, qual è il regalo migliore dell’inverno? Vai a pag 21 del Taccuino per esprimersi e racconta�
apparentemente, apparente: che sembra, ma non è
L’inverno nei dipinti
■ Osserva bene il dipinto, poi rispondi alle domande.
• Che cosa rappresenta questo dipinto?
• Perché i cacciatori sono molto più grandi dei personaggi sul lago?
• Scrivi i tre colori che prevalgono� Sono colori caldi o freddi?
Pieter Bruegel il Vecchio, Cacciatori nella neve, 1565
• Quali emozioni ti suscita questo dipinto? A che cosa ti fa pensare?
Ora prova tu a realizzare un disegno per descrivere un paesaggio invernale a tua scelta. Puoi disegnare quello che vedi dalla tua finestra o inventarne uno, ma ricorda di inserire molti particolari.
LE STAGIONI INVERNO
Feste e date speciali
In ogni stagione ci sono tante date importanti da ricordare. Eccone alcune.
25 dicembre: Natale
27 gennaio: Giornata della Memoria
1 gennaio: Capodanno
11 febbraio: giornata internazionale delle donne e delle ragazze nella scienza
21 gennaio: giornata mondiale dell’abbraccio
12 febbraio: Darwin day
19 marzo: festa del papà
3 marzo: giornata degli scrittori e delle scrittrici
8 marzo: giornata internazionale della donna
20 marzo: giornata internazionale della felicità
Pensa a come si potrebbe festeggiare ognuna di queste date speciali� Poi, scegline una e sviluppa la tua idea Vai a pag 22 del Taccuino per esprimersi per organizzare il tuo progetto TACCUINO
LE GIORNATE MONDIALI IN INVERNO
A causa di un nottambulo
Insomma è andata così: sono arrivata e ho posteggiato la scopa sul tetto.
Per me era una notte come tutte le altre. C’era la luna nel cielo. Una luna tranquilla.Anzi no. Preoccupata, un pochino. Chissà perché?
Ho preso il sacco con i regali e mi sono infilata giù per il camino. Che fortuna, mi sono detta: una casa ancora con il camino… Ah, se avessi saputo!
A metà strada ho alzato gli occhi e ho visto la luna che mi fissava davvero preoccupata. Allora qualcosa ho intuito. Sono scesa, mi sono tolta la fuliggine di dosso e mi sono voltata.
Era lì. E mi fissava. Un bambino. Un bambino vero, in carne, ossa e pigiamino con gli orsacchiotti stampati. È finita, mi sono detta. Il segreto della Befana è andato a farsi friggere. In una sera. Anni, secoli, millenni di domande: esiste o non esiste? C’è davvero o è una leggenda?
Sono i genitori a pensare ai regali della Befana? Oppure c’è davvero una vecchietta con il naso lungo e i capelli grigi che si infila giù per i camini, anche se i camini non ci sono più?
Domande bellissime, leggendarie, spazzate via a causa di un solo bambino. Un nottambulo.
Hai pochi secondi, vecchia mia, mi sono detta. Pochi secondi per trovare una scusa, una storia o anche solo una bugia. Qualcosa che salvi il mistero millenario della notte del 6 gennaio.
fuliggine: polvere scura, che si deposita nei camini, prodotta dalla combustione
Entra nel testo
Il racconto è scritto:
钀 in prima persona
钀 in terza persona
钀 al tempo presente
钀 al tempo passato
Per tre volte la narratrice usa l’espressione “mi sono detta”. Quali emozioni emergono in queste tre situazioni?
Riuscirà la Befana a salvare il suo segreto?
Scrivi sul quaderno il finale della storia� Per scrivere
Un testo teatrale
è un testo destinato a essere rappresentato in uno spettacolo da attrici e attori. Quando si legge un testo teatrale è utile immaginare le voci di chi lo interpreta.
Amo…
Amo l’inverno.
E io l’estate.
Amo gli gnomi.
E io le fate.
Amo la tigre.
E io il leone.
Amo la seta
E io il cotone.
Amo la giostra.
Io l’altalena.
Amo i delfini.
Io la balena.
Amo la steppa.
Ed io le dune… Be’, non abbiamo nulla in comune!
Amo il prosciutto.
Io la frittata.
Amo l’arrosto. Io l’insalata.
Amo le arance.
Io le papaie.
IL TEATRO
Amo il granturco.
Io le risaie.
Amo l’azzurro.
Io il verde giada.
Amo la pizza.
Io il pescespada.
Amo le rocce.
Io le lagune.
Be’, non abbiamo nulla in comune!
Amo una cosa
che ancor non sai: ma se a me piace, tu l’odierai!
Neanch’io ti ho detto che amo una cosa: ma se a me piace, ti sarà odiosa!
Se me la dici, dico la mia.
Mi piace leggere!
Mi dà allegria!
Parli sul serio della lettura?
Oh sì! La trovo un’avventura!
È sorprendente!
L’ho scelta anch’io!
Oh! Finalmente un accordo c’è!
Io leggo a te, tu leggi a me!!
Mary Ann Hoberman, Michael Emberley, Tu leggi a me, io leggo a te, Mondadori
Fai il punto
sul testo teatrale
Il testo che hai letto è pensato per due voci, che si alternano. In alcuni passaggi i personaggi parlano contemporaneamente: sottolineali.
Per leggere
Leggi il testo in coppia con un compagno o una compagna: a turno recitate una battuta�
TACCUINO
Nell’improvvisazione teatrale gli attori e le attrici non seguono un testo scritto, ma recitano a partire da un’idea Vai a pag 23 del Taccuino per esprimersi e preparati a improvvisare con una compagna o un compagno per parlare delle vostre preferenze
Entra nel testo
I personaggi di questo
testo hanno in comune:
钀 la passione per la musica�
钀 la voglia di cambiare vita
钀 la voglia di recitare
Per scrivere un testo teatrale si parte dalla scelta del s tto (la trama). Da questa prima idea si sviluppa poi il copione. Il copione contiene:
• l battute, cioè il dialogo tra i personaggi;
• le didascalie, cioè i suggerimenti per gli attori e le attrici. Il testo teatrale può essere suddiviso in atti e scene. Il numero degli atti varia in base al genere dello spettacolo.
I musicanti di Brema
Il copione che stai per leggere ha come soggetto la fiaba "I musicanti di Brema", scritta dai fratelli Grimm.
Primo atto: I fantastici quattro
Attori e attrici
• Jack Grimm
• Will Grimm
• Arturo, l’asino
• Camillo, il cane
• Gea, la gatta
• Gastone, il gallo
Oggetti di scena: strumenti giocattolo: una chitarra per Arturo, un tamburo per Camillo e una tromba per Gea.
In scena: Arturo coricato al centro, Jack e Will seduti ai lati della scena.
Jack: L’asino Arturo è troppo vecchio per lavorare. Il suo padrone vuole farlo morire di fame, ma ad Arturo viene un’idea.
Arturo (alza la testa): Andrò a Brema. Suonerò la chitarra nella banda e avrò fieno ogni giorno. (si alza e galoppa in scena)
Camillo (entra in scena stanco con il fiatone)
Will: Galoppa e galoppa, Arturo incontra Camillo, un cane da caccia.
Arturo (si blocca davanti a Camillo): Perché hai il fiatone?
Camillo: Sto scappando. Il mio padrone vuole uccidermi. Sono vecchio e non servo più.
Arturo: Opperbacco! Vieni con me a Brema. Suoneremo nella banda e avremo cibo ogni giorno.
Camillo: Bella idea! Io suonerò il tamburo. (insieme ad Arturo trotterella in scena)
Jack: Trotterella e trotterella, Arturo e Camillo incontrano Gea, una gatta mogia mogia.
Gea (entra in scena miagolando triste e si ferma al centro)
Camillo (si blocca insieme ad Arturo davanti a Gea): Perché sei triste?
Gea: La mia padrona vuole annegarmi. Sono vecchia e non servo più.
Camillo: Opperbacco! Vieni con noi a Brema. Suoneremo nella banda e avremo cibo ogni giorno.
Gea: Bella idea! Io suonerò la tromba. (insieme ad Arturo e Camillo fa un giro della scena)
Will: Cammina e cammina, Arturo, Camilla e Gea incontrano il gallo Gastone che strilla a più non posso.
Gastone (entra in scena strillando “chicchirichì” disperato e si ferma al centro)
Gea (si blocca insieme ad Arturo e Camillo davanti a Gastone): Perché strilli in quel modo?
Gastone: La mia padrona vuole farmi arrosto.
Gea: Opperbacco! Vieni con noi a Brema, suoneremo nella banda e avremo cibo ogni giorno.
Gastone: Bella idea! Io canterò.
Mariagrazia Bertarini, I musicanti di Brema, La Spiga Edizioni
Fai il punto
Sottolinea con il rosso le didascalie: i suggerimenti che il copione dà a chi recita. Che tipo di suggerimenti vengono forniti?
钀 Come muoversi
钀 Come gesticolare�
钀 Quale posizione occupare sul palco
钀 Che cosa dire
钀 Come dirlo
钀 Che cosa pensare
Altro: sul copione
Per leggere
Dividetevi in gruppi da sei e fate una lettura espressiva del copione: ricordatevi di seguire anche le indicazioni tra parentesi
TESTO TEATRALE personaggi delle STORIE
Entra nel testo
Perché, secondo te, le parole “Asino”, “Gatto”, “Gallo” e “Cane” sono scritte con la lettera maiuscola?
Che cosa vuol dire l’ultima strofa? Spiegalo con parole tue. Poi confronta la tua risposta con quella dei tuoi compagni e delle tue compagne.
I testi poetici non sono sempre in rima. Spesso le poesie sono scritte in versi liberi, cioè liberi dagli schemi delle rime.
I 4 musicanti
“A Brema, a Brema, andiamo a Brema, a fare musica, a Brema andiam!”
Asino e Gatto e Gallo e Cane partono insieme per quella città.
In una casa abbandonata fanno di notte gran confusione indiavolata, strillano-frignano scalciano-beccano, soltanto quattro ma sembrano tanti, partiti da casa per andare a suonare, finiscono invece per mettere in fuga feroci briganti.
Succede anche alle fiabe narrate di cominciare in un certo modo e poi continuare per strade che prima non erano state affatto pensate.
Pietro Formentini, C’era, c’è e ci sarà, Nuove Edizioni Romane
Esercizi di stile
Impara a scrivere una storia con stili diversi
Una storia può essere raccontata in tanti modi diversi, con tanti stili diversi. Come hai visto alle pagine 100 e 102, la storia dei Musicanti di Brema può essere raccontata con un copione teatrale o con una poesia, ma esistono anche altri modi per farlo.
L’agenda di Arturo
Ore 9.00: partenza per Brema
Ore 10.00: incontro con Camillo
Ore 11.00: incontro con Gea
Ore 12.00: incontro con Gastone
Ore 16.00: arrivo alla casa abbandonata
Ore 22.00: concerto tra amici
Ore 24.00: fuga dei banditi!
TACCUINO
Ora tocca a te! Vai a pag 24 del Taccuino per esprimersi e divertiti a riscrivere la storia con altri stili!
Entra nel testo
Completa con i nomi dei personaggi.
• È giovane e nobile:
• Tutti vogliono il suo aiuto:
• Non si fida di nessuno:
• Dice di essere obbediente:
Tra i personaggi descritti qual è il tuo preferito? Perché? Confrontati con un compagno o una compagna.
L’opera lirica unisce il testo teatrale e la musica: è uno spettacolo completamente cantato e musicato. Anche nell’opera lirica ci sono gli atti e le scene. Il copione di un’opera lirica si chiama libretto. In scena ci sono i cantanti che interpretano i personaggi della storia.
Il barbiere di Siviglia
Il barbiere di Siviglia è tra le opere liriche più famose.
La musica è stata scritta da Gioachino Rossini, il libretto da Cesare Sterbini. L’opera racconta la storia d’amore tra il Conte d’Almaviva e l’orfana Rosina. Per farli incontrare, il famoso Figaro, il barbiere di Siviglia, mette in pratica ogni stratagemma, ingannando Bartolo, il tutore di Rosina, che la tiene segregata in casa.
Ecco i personaggi principali di questa famosa opera lirica.
FIGARO, IL BARBIERE
Figaro è un giovane e simpatico barbiere conosciuto da tutti a Siviglia. In verità è molto più di un barbiere, come egli stesso dice quando si presenta. È colui che non solo fa barba e capelli ma è anche “pronto a far tutto, la notte e il giorno” prestandosi a ogni sorta di intrighi. Tutti lo cercano per avere il suo aiuto e lui “si adatta a far piacere”.
La sua filosofia è semplice: “faticare poco, divertirsi assai” e avere sempre in tasca qualche soldo guadagnato con le sue geniali furberie. È di casa ovunque, e ha molte amicizie influenti, tra cui il Conte d’Almaviva.
ROSINA
Rosina è una giovane e bella ragazza.Vive con il dottor Don Bartolo che è suo tutore. Come lei stessa dice è “docile, obbediente e si lascia guidare”, ma è anche furba e determinata e, se qualcuno la contrasta, sa diventare una vipera. Sogna l’amore e si è invaghita di un giovane sconosciuto.
Non immagina neppure che sia un ricco nobiluomo. Vorrebbe realizzare il suo sogno d’amore ma il tutore la tiene sotto stretta sorveglianza. In casa sono vecchi e noiosi e l’unico con cui riesce a intendersi, è Figaro, il barbiere.
IL CONTE D'ALMAVIVA
Il Conte è un giovane nobiluomo. Bello, ricco, simpatico, è stato colpito dalla bellezza di Rosina. Se ne è subito innamorato anche se non ha potuto parlarle perché era sorvegliata da Don Bartolo, che lui crede essere suo padre. Ha intenzioni serie nei confronti di Rosina, ma vuole essere sicuro che lei lo ami non per la sua nobiltà e ricchezza.
DON BARTOLO
Don Bartolo è un anziano e noioso dottore, tutore di Rosina. Non la fa uscire di casa e la sorveglia sempre. Si è messo in testa di sposarla, non per amore ma perché è giovane e bella e ha una ricca dote. È così pieno di sé da non capire che la sua pupilla non pensa proprio a lui. Si è accorto dell’interesse che il Conte d’Almaviva prova per lei e teme molto il suo rivale perché è giovane, bello e ricco.
Cecilia Gobbi, Nunzia Nigro, Alla scoperta del melodramma. Il barbiere di Siviglia, Edizioni Curci
Una scena del Barbiere di Siviglia durante una rappresentazione del 2023 in Inghilterra. Da sinistra: Rosina, Don Bartolo, Don Basilio, il Conte d’Almaviva, Figaro.
tutore: la persona che si occupa di un minore o di una minore che non ha i genitori
invaghita: innamorata
dote: in passato, beni che la sposa portava al marito
pupilla: persona prediletta, protetta
è un portento: è eccezionale
assatanati: indemoniati, furiosi
zotici: persone rozze
singolare: particolare, unico nel suo genere
Per leggere
Esercitati con la classe a recitare il copione, rispettando le indicazioni date nelle didascalie
Nel copione di un testo teatrale, ciascun atto viene suddiviso in scene. Le scene possono cambiare con l’entrata e l’uscita dei personaggi, o con un cambio di ambientazione. In pratica, le scene sono simili alle sequenze di un racconto.
I libri animati
SCENA 4
Bambino e bambina (entrando): Buongiorno, possiamo avere un libro in prestito?
Signorina Ottilia: Buongiorno, venite avanti. Avete la tessera della biblioteca? Come vi chiamate? Di che classe siete? Avete già libri in prestito? (i bambini porgono la tessera)
Casimira (sorridendo): Cosa vi piace? L’avventura? O l’intreccio poliziesco? O qualcosa di divertente e disimpegnato? Venite qui a vedere, se c’è qualche titolo che vi attrae...
Bambina: A me piacciono quelli di paura...
Casimira: Ecco, da quella parte c’è la collana Pelle d’Oca... mi pare...
Bambino (aprendo proprio Pelle d’Oca e appartandosi): Questo, com’è? (si immerge un attimo nella lettura, sussulta, con gridolini di spavento, e si rivolge alla Signorina Ottilia) Prendo questo.
Bambina (indecisa): Non so che scegliere...
Horror & Fantasy (si fanno avanti sgomitandosi): Prendi me! No, scegli me!
Flash (facendosi largo tra i due litiganti): Eccomi! Io son più veloce del vento...
Horror: ... ma io ti faccio morire di spavento...
Fantasy: ... Io ho una storia che è un portento! Ti prometto capelli dritti come fusi...
Horror: Non badarle, i suoi personaggi sono ottusi, i miei invece son vampiri veri e assatanati, fantasmi truculenti, serial killer rinomati, psicopatici affermati...
Bambina (un po’ spaventata, si ritrae): Non so, devo pensarci... (e fa l’atto di girarsi)
Lungo le rotte (rivolto alla bambina): Fuggi con me verso i Tropici... e lascia perdere questi zotici!
Bambina (interessata): Dove... dove dovrei venire?
Lungo le rotte (con aria sognante): ... con me a navigare, all’inseguimento di navi corsare, verso lidi sconosciuti da esplorare...
Bambina (convinta): Forse le avventure non sono per me...
SCENA 5
Casimira: Allora, hai trovato quel che fa per te?
Bambina: Non ancora, non so se...
Abracadabra: ... se ti piace sognare e mille magie farti narrare, allora prendi me: Abracadabra, un due tre!
Bambina: No, io non credo alle fate...
Casimira (perplessa): È un peccato, la magia fa sognare, ma se preferisci il reale, ti trovo una storia attuale.
Bambina: ... un bell’intreccio...
Giallock Holmes (avanzando): ... qualche colpo di scena... ho capito, tu vuoi leggere col batticuore... (la bambina annuisce ogni volta), cercare indizi, trovare prove...?
Bambina: Sì, forse...
Giallock Holmes: Mi presento: sono l’investigatore Giallock Holmes.
Bambina (delusa): Oh, no, il giallo non mi piace...
Casimira: Ah, vuoi intrecci d’amore! Allora questa è l’avventura di cuore più sdolcinata di tutti i tempi “Onion soup ovvero zuppa di cipolle”... Il titolo è singolare, ma la storia ti farà piangere e spasimare!
Onion soup (con aria di sfida ai libri scartati): Ancora una volta son la prescelta... modestamente!
Bambina (iniziando a leggere): Provo questo...
Paola Ancilotto, La Cooperativa dei Sogni, Edizioni Corsare
Entra nel testo
Chi sono la Signorina Ottilia e Casimira?
Quale delle due accoglie i bambini?
Qual è l’esperta di libri che dà consigli?
Che tipo di libro è “Lungo le rotte”?
avventura giallo
horror
Che tipo di libro è “Giallock Holmes”?
avventura
giallo
horror
Fai un viaggio tra i libri che hai letto Vai a pag 25 del Taccuino per esprimersi� TACCUINO
Entra nel testo
Quale casa assaltano i topi?
Quali parti della casa mangiano?
Per leggere
Questo brano ha una parte da leggere “in coro”: quale?
Il reading è una particolare forma di teatro, simile a una lettura pubblica. Forse sai che to read vuol dire proprio “leggere”, in inglese. In genere, nei reading si usano pochi attrezzi di scena: può essere sufficiente solo un sostegno per i libri per ogni lettore o lettrice.
L’assalto dei topi
Casa Camilla
Aiuto! Gattiiiiiiiii?!... Non mi abbandonate... I topi mi vengono all’assaltoooooooooooo!
Topi mangiaccioni
Rosikrosikrosik,smangiuksmangiuksmangiuk,gnummm gnammm gnemmm... Sgnik sgnak, e crik e crok e crik e crok, crik e crok e ancora crik e ancora crok... Sluuuuuurrrppppp, sluuuuurrrpppppp, sluuuuurrrpppppp, mangia qui mangia là, cik e ciak, cik e ciak, cik e ciak, crunk crunk crunk... Crok crok crok. Aaah! Adesso basta, stop.
Il Topo più grosso e più brutto ha mangiato tanto, ha mangiato tutto, si gratta la pancia, è soddisfatto e fa un rutto. do
Mangiato molto bene, rosicchiato porticina.
T o
Che buona la finestra col sapore di minestra!
Topo mascalzone
Quel catenaccio rotto non era ben cotto.
T tto
Nel camino c’era odore di ciccia. Ho rosicchiato un pezzo di legno che sapeva di salsiccia.
Topi mangiaccioni
Adesso basta, dobbiamo finire, andiamo a digerire!
Case di tutti i tipi
Le case, case amiche di Camilla, si mettono in cammino. Una lunga fila di tante case in fila, e case a due a due, e case a tre per tre, camminano e camminano, e fanno chiacchiere, dicono cose, qualcuna canta, vanno a cercare. Casa Birilla è da ieri in cammino, va a trovare Casa Camilla. Vanno insieme poi ad incontrare Casa Mirtilla. Cammina cammina Casa Delfina, Casa Valigia, Casa Sorpresa.
Raggiungeranno Casa Sofia, Casa Tobia.
Insieme camminano Casa Bambina e Casa Colorina, Casa Siviglia e Casa Vaniglia, Casa Orologia, Casa Liù, Casa Pallone, Casa Maglione, Casa Milano, Casa Panino, Casa Bicchiere, Casa Candela, Casa Vela. Cammina cammina un po’ affaticata Casa Francobolla, che col sudore perde la colla.
Cammina cammina Casa Frittella, con il tetto fatto a padella. Cammina cammina Casa Ciambella, ben cotta cammina, ha un buco nel mezzo, però non è rotta, sta bene così.
Cammina cammina Casa Cantata con la porta spalancata. C’è accanto a lei Casa Mimosa che cammina pensierosa, tiene la porta chiusa, è silenziosa.
Cammina cammina Casa Gelato con il tetto mezzo leccato. Cammina cammina, e mentre cammina fa un po’ di puzzina, Casa Porchina. Cammina cammina un po’ a scivolone Casa Sapone.
Pietro Formentini, Storia della Casa che voleva cambiar casa, Artebambini
Fai il punto
sulle parole
Queste pagine sono state scritte da un poeta: Pietro Formentini� Le parole sono state scelte con una cura particolare, tipica dei poeti�
Cerca e sottolinea nel testo le parole onomatopeiche.
Nella parte finale del brano c’è una parola che viene ripetuta tantissime volte. Quale?
• Perché secondo te?
TACCUINO
Scegli una casa tra le tante che camminano:
A pag 26 del Taccuino per esprimersi, potrai descriverla, disegnarla e poi provare a costruirla�
STORIE DI EDUCAZIONE CIVICA
diffidenza: mancanza di fiducia, sospetto
corrente: seguito, messo in pratica da molte persone prendessi per oro colato: accettassi un’affermazione come vera
Entra nel testo
Confrontati in classe e rispondi.
• Che cosa è il razzismo?
Sottolinea la risposta nel testo
• Perché la bambina pensa che anche lei potrebbe essere razzista?
• L’autore sostiene che il razzismo non è un comportamento “normale”� Che cosa ne pensi?
Vai a pag� 27 del Taccuino per esprimersi e scrivi le tue riflessioni sul razzismo TACCUINO
Che cos'è il razzismo
Il razzismo verso le persone provenienti da culture diverse è purtroppo molto diffuso ancora oggi. In questo dialogo, un importante scrittore del Marocco spiega a sua figlia che cosa è il razzismo.
– Dimmi, babbo, cos’è il razzismo?
– Tra le cose che ci sono al mondo, il razzismo è la meglio distribuita. È un comportamento piuttosto diffuso, comune a tutte le società. Esso consiste nel manifestare diffidenza e poi disprezzo per le persone che hanno caratteristiche fisiche e culturali diverse dalle nostre.
– Quando dici “comune”, vuoi dire “normale”?
– No. Non è perché un comportamento è corrente che può essere considerato normale. In generale l’essere umano ha tendenza a non amare qualcuno che è differente da lui, uno straniero, per esempio: è un comportamento vecchio come l’uomo; ed è universale. È così dappertutto.
– Se capita a tutti, anch’io potrei essere razzista!
– Intanto la natura spontanea dei bambini non è razzista.
Un bambino non nasce razzista. Se, per esempio, ti facessero credere che quelli che hanno la pelle bianca sono superiori a quelli che ce l’hanno nera, e se tu prendessi per oro colato quell’affermazione, potresti assumere un atteggiamento razzista.
Tahar Ben Jelloun, Il razzismo spiegato a mia figlia, La nave di Teseo
La Giornata della Memoria
Il 20 luglio del 2000 in Italia è stata approvata una legge molto importante: l’istituzione della Giornata della Memoria, che si celebra ogni 27 gennaio. La data scelta ricorda il 27 gennaio del 1945: quel giorno infatti le forze militari che si opponevano al nazi-fascismo hanno liberato i prigionieri e le prigioniere del campo di concentramento di Auschwitz. I campi di concentramento erano luoghi terribili di lavoro forzato, tortura, morte. Durante il periodo che va dal 1933 al 1945 nei campi di concentramento vennero sterminati milioni di esseri umani: oppositori del nazismo e del fascismo, ebrei, zingari, omosessuali, disabili ecc.
Il nazismo era un movimento politico che governò la Germania nella prima metà del Novecento. Si basava sulla convinzione che i popoli si potessero distinguere in una razza superiore (quella ariana, tedesca) e in razze inferiori. Ebbe come capo politico Adolf Hitler.
In Italia, nel 1938, il regime fascista, con a capo Benito Mussolini, promulgò le leggi razziali. Per gli ebrei lo sterminio nazista prende il nome di Shoah, parola che vuol dire “distruzione”. Oggi puoi conoscere le vicende legate alla Shoah attraverso tanti libri, come Il diario di Anna Frank, o film, come La vita è bella o Jona che visse nella Balena. L’importante è non dimenticare!
TACCUINO
Studia il testo, poi organizza le tue conoscenze sulla Giornata della Memoria a pag 28 del Taccuino per esprimersi
Una scena del film La vita è bella di Roberto Benigni, del 1997. Indica l’alternativa corretta.
• La Giornata della Memoria è:
钀 il 20 luglio 钀 il 27 gennaio
• La data ricorda:
钀 la liberazione dei prigionieri e delle prigioniere del campo di Auschwitz
钀 l’inizio della Shoah
• Tra il 1933 e il 1945 vennero sterminati:
钀 milioni di ebrei
钀 milioni di ebrei, zingari, disabili, omosessuali�
• Il fascismo era:
钀 un movimento politico italiano
钀 un movimento politico tedesco Entra nel testo
Traguardi per lo sviluppo delle competenze n. 1, 3
Entra nel testo
Sottolinea con un colore tutte le parole che si riferiscono a un tipo di scarpe: quante ne hai individuate?
Metti alla prova le tue conoscenze in fatto di parole
Vai nel Taccuino per espimersi a pag 29
Il signore che ha tante scarpe
Scala C, primo piano, appartamento a sinistra
Il signor Mario è uno tranquillo e non si vede spesso in giro.
Si muove lento e ha i capelli e i baffi bianchi come la neve. Il signor Mario ha molti scaffali in ogni stanza del suo appartamento, tutti pieni di scarpe. [...] Ci sono:
– scarponcini robusti per la montagna;
– stivali da cavallerizzo e da cacciatore;
– galosce per l’acqua alta a Venezia;
– mocassini per le passeggiate in piazza;
– scarpe sportive (coi tacchetti per il calcio o coi nastri per la danza);
– calzature di vernice per le serate eleganti;
– ciabatte infradito per la spiaggia;
– le pantofole che si usano in albergo;
– scarpette da scoglio, da bici, da ballo;
– polacchine per l’inverno;
– stivaletti spaziali;
– espadrillas per l’estate quando non piove;
– doposci per la neve;
– décolleté per gli abiti da sera;
– zoccoli olandesi;
– sandali per giocare al parco senza che ti sudino i piedi. Eccetera eccetera.
Il signor Mario ha scarpe per tutto però non è mai andato da nessuna parte. Al massimo nelle botteghe al piano terra perché gli basta fare due rampe di scale.
Nel suo appartamento c’è un corridoio con le mattonelle consumate: il signor Mario ci cammina avanti e indietro ogni giorno con un paio di scarpe diverse. E intanto chiude gli occhi e sogna di essere nei posti delle sue scarpe.
Cristina Bellemo, Gioia Marchegiani, Tipi, Edizioni Gruppo Abele, 2019
TACCUINO
La signora che ha tante domande
Scala D, decimo piano, appartamento a destra
La signora Alfonsina fa sempre le domande, anche quando è sola: la sua voce è piena di punti interrogativi.
La sua testa e il suo collo formano un punto interrogativo che finisce sul bottone della giacca a quadretti. Vive con la gatta Cleopatra.
La signora Alfonsina ha tutte le domande.
Le tiene in cucina dentro una cassettiera rosa, in mezzo alle tovaglie e ai tovaglioli.
Un cassetto per ogni tipo di domanda, con la targhetta per sapere quali prendere.
Uno se vuole può andare dalla signora Alfonsina e prendere in prestito una domanda, o anche comprarla.
Esempi di domande della signora Alfonsina:
– Non pioverà mica, eh?
– Come mai crescono i capelli e non i cappelli?
– E con quello a righe come sto?
– Mi passi il sale?
– Di cosa è fatto un pensiero?
– E poi?
– Che sapore ha il viola?
– Quanto manca alle sette?
– Quanto dura una promessa?
– Cosa si deve dire a una persona triste?
– E se per esempio fossi nata gibbone?
– Perché ti chiami Luce? (questa me la fa ogni volta che la incontro, però non ascolta mai la risposta).
Cristina Bellemo, Gioia Marchegiani, Tipi, Edizioni Gruppo Abele, 2019
Entra nel testo gibbone: specie di scimmia
Come si chiama la narratrice?
钀 Alfonsina
钀 Cleopatra
钀 Luce
Perché l’autrice descrive la protagonista con l’espressione: “La sua testa e il suo collo formano un punto interrogativo”?
TACCUINO
La signora Alfonsina sa fare domande di tutti i tipi! E tu, le sai fare? Mettiti alla prova Vai sul Taccuino per esprimersi a pag� 30�
La felicità segreta degli gnomi
MUNIN MALVA
Munin Malva si occupa dei semi. Ha organizzato un’ottima biblioteca per conservarli. Ecco alcuni dei suoi preferiti:
- semi di girasole
- semi di tarassaco (soffione)
- semi di fragola
BEA NOCCIOLA
- semi di quercia (ghiande)
- semi di acero
- semi di erba.
Ogni mattina gli scoiattoli si mettono in fila. Però quando si tratta di aspettare, non sono troppo pazienti!
Bea Nocciola è un’artista. I fiori fanno di tutto per renderla felice. Gli scarabei si rivolgono a lei per farsi decorare il dorso. Farfalle e falene vanno da lei per farsi riparare le ali.
EGIL ASTRAGALUS
Egil Astragalus è un inventore. È sempre alla ricerca di innovazioni per migliorare le cose. Ecco alcuni degli oggetti che ha creato:
- strumenti musicali
- scalda-acqua
- nastro trasportatore per ghiande. Le sue invenzioni però, non funzionano sempre. Qualche volta fa degli errori. Egil Astragalus ha un porcellino di terra domestico che si chiama Billy Button. Un giorno, tempo fa, Egil e Billy si sono incontrati vicino alla Pietra Felice, e da allora sono inseparabili.
CEDRUS HIP
Cedrus Hip è il postino. Insieme alle api e alle formiche, si occupa di smistare le lettere. Cedrus sa tutto quello che succede nella Tasca. A volte Cedrus sembra un po’ scontroso, ma per lo più fa finta. In realtà è molto gentile, e fa sempre attenzione che nessuno si senta escluso.
FINN RUSCO
A Finn Rusco piace costruire oggetti utili con materiali di recupero. Per esempio, tutti i cestini che usano gli gnomi li ha fatti lui. Da esperto vasaio qual è, Finn crea anche bellissimi vasi di argilla (che poi decora Bea Nocciola, ovviamente). Finn Rusco intreccia corde fatte di ragnatela, e tesse fili con i peli che Bea Nocciola recupera pettinando scoiattoli e conigli. Finn Rusco raccoglie continuamente cose che potrebbero essergli utili in futuro e le ammucchia dappertutto!
MELLODY ALCHEMILLA
Mellody Alchemilla è la dottoressa. È sempre impegnata a prendersi cura di vari animali, insetti e piante che si rivolgono a lei. Può steccare una coda rotta, mettere un cerotto sulla crepa di un guscio, guarire un pancino dolente o rallegrare chi è triste. Ha una voce molto bella, e capita che qualcuno finga un malore solo per passare un po’ di tempo in infermeria a sentirla cantare.
Lauren Soloy, La felicità segreta degli gnomi, Terre di mezzo Editore
Per scrivere
Se io fossi...
• Munin Malva, raccoglierei semi di perché
• Egil Astragalus, inventerei per poter
• Cedrus Hip, avrei una parola buona per
• Finn Rusco, costruirei con
• Mellody Alchemilla, canterei
Entra nel testo
Come si chiama il luogo in cui vivono tutti questi personaggi?
Sottolinea la risposta nel testo.
TACCUINO
Secondo te, quale gnomo o gnoma potrebbe vivere insieme a quelli che hai appena conosciuto?
Vai a pag 31 del Taccuino per esprimersi e divertiti a inventarne uno o una
Gli albi illustrati descrivono i personaggi con le parole quanto con le illustrazioni.
La bambina sole
Incredibilmente abbagliante
È successo il giorno del mio compleanno: ero talmente felice che il mio corpo ha cominciato a irradiare e a sfavillare. Abbagliavo tutti con la mia luminosità, li impressionavo con il mio calore. Da allora non c’è angolo che io non rischiari: lo sgabuzzino, la soffitta, la cantina, insomma tutta casa! A colazione si godono la mia energia strabordante. A quanto pare sono insaziabile!
Il bambino ghiaccio
Incredibilmente gelido
Parlo pochissimo, dico solo brrr. Non bevo mai la cioccolata calda e men che meno il brodo, bleah! Chi si azzarda ad avvicinarmi attacca subito a tremare e scappa via da qualche parte a riscaldarsi. Ma tanto a me non piace stare in mezzo agli altri. Sogno di vivere da solo al Polo Nord, tranquillo e beato in mezzo agli iceberg. Il vantaggio di essere così glaciale? Nessuno mi batte alle belle statuine durante la ricreazione!
E tu, che bambina o che bambino sei? Vai nel Taccuino per esprimersi a pag� 32 per provare a raccontarti
Quando ascoltiamo una storia, può capitare che la nostra mente faccia dei collegamenti con la nostra vita. Alcune volte le storie ci fanno ricordare qualche episodio, altre volte ci fanno rivivere delle emozioni, qualche volta ci fanno capire meglio il mondo intorno a noi.
Ascolta il racconto, prendi nota degli elementi che catturano la tua attenzione e che ti portano a fare dei collegamenti con la tua vita.
Che tipo sono
TESTO IN GUIDA: Cristina Bellemo, Gioia Marchegiani, Tipi, Edizioni Gruppo Abele, 2019
Elementi che hanno catturato la mia attenzione
Collegamenti con la mia vita
AUDIO DEL BRANO
La bambina che non amava
il suo nome
Oltre gli animali, quella bambina amava tantissimo lo sport. Specialmente la pallavolo e la pallacanestro. Le piaceva anche il calcio, ma tutti quanti non facevano che dirle: “Il pallone non è roba da femminucce!”. In ogni modo, lei nella sua stanza teneva un album con le figurine dei giocatori del campionato. Sapeva molto meglio di tanti maschietti della sua classe quanti gol aveva segnato il tale calciatore o quante volte aveva vinto una certa squadra. I frutti che le piacevano di più erano la mela, i mandarini e il melone. I suoi colori preferiti erano il rosso, il viola e il verde, mentre le stagioni che amava di più erano l’inverno e la primavera. Se si parlava di dolci aveva un debole per il sütlaç al forno, che è una specie di crème-caramel; la sua bevanda preferita invece era la limonata. Queste erano tutte le passioni che aveva sin da piccola. C’era però una cosa che non le era mai piaciuta: il suo nome! (Gerania)
Proprio non le andava a genio, e anzi addirittura se ne vergognava. Magari ne avesse potuto avere un altro, per esempio come sua cugina Bahar… O come le figlie del droghiere con le loro trecce e le loro guance lentigginose, che si chiamavano Çiğdem, Sinem e Didem… O magari come Ada, Ash, Ayşegül, Beyza, Defne, Ebru, Ela, Gamze, Kübra, Meltem, Özlem, Pinar, Tuba e Zeynep, cioè le sue compagne di classe. Quanti nomi esistevano a questo mondo, uno più bello dell’altro… E nonostante questo, i suoi genitori avevano deciso di scartarli tutti e metterle quello che portava. Se avesse avuto almeno un nomignolo! Invece no, nulla. Nella sua classe tutti ne avevano uno. Alcuni erano soprannomi teneri, altri un po’ scherzosi. Soltanto lei non ne aveva né di un tipo né dell’altro. E questo perché il suo nome era così tanto strano che già di per sé sembrava un soprannome buffo.
Elif Shafak, La bambina che non amava il suo nome, Rizzoli
Entra nel testo
Dove vive la protagonista?
钀 Italia 钀 Turchia
钀 Norvegia 钀 Non lo so
Da che cosa lo hai capito?
Per parlare
Rispondi e confrontati con i compagni e le compagne.
• A te piace il tuo nome?
• Ti hanno mai spiegato perché ti chiami così?
• Hai anche un soprannome?
Se sì, ti piace?
Storie brevi
Stavo imparando ad andare in bicicletta in un grande prato vicino a casa nostra. Da un po’ la mamma mi correva dietro, tenendo la bici con le mani. A un certo punto mi voltai per dirle di provare a mollarmi… ma lei non c’era! Era lontanissima e mi faceva segno di continuare! Mi schiantai contro un palo. Tobia
Avevo una vicina di casa inquietante. Quando veniva da noi, aveva il vizio di raccontare storie di fantasmi. E io, essendo piccola, ci credevo totalmente. Le sue storielle erano così incredibili che ogni volta mi incuriosivano di più e ne volevo sentire sempre di nuove, sempre più terrificanti. l a
Di sera mio papà mi raccontava sempre le stesse quattro storie. Il brutto era che quelle storie, invece di fare addormentare me, facevano addormentare lui.
Alyssa
Ogni settimana dovevamo passare l’aspirapolvere. Quel sabato toccava a mio fratello, ma lui disse che toccava a me. Deciso a non subire l’ingiustizia, andai a prendere il foglietto con i turni attaccato dietro la porta, ma lo aveva fatto sparire. Così mi toccò passarlo due volte di fila, perché non c’erano prove sufficienti per incastrarlo.
Daniel
sul racconto autobiografico Fai il punto
Questi testi sono scritti:
钀 al passato�
钀 al presente�
Perché?
Si tratta di autobiografie o di autopresentazioni?
Quando avevo tre o quattro anni non so cosa mi passasse per la testa, però il mio snack preferito erano le formiche. A pensarci adesso mi viene da vomitare.
Sabrina
L’ascensore del nostro palazzo mi spaventava e cercavo sempre di fare le scale. Avevo il terrore di rimanere chiusa dentro. Quando mi obbligavano a prenderlo, ero tesissima e calcolavo il peso delle persone per essere sicura che non superassimo la portata massima.
Petra
Da piccolo avevo uno scatolone alto un metro. L’avevo modificato per farlo sembrare una navicella spaziale. Mi rinchiudevo lì dentro per leggere con la pila, poi anche per mangiare. Scomparve improvvisamente quando stavo costruendo il gabinetto. Riccardo
Manuel Rossello, Non ero iperattivo, ero svizzero, Topipittori
Entra nel testo
Segui le indicazioni e scrivi un titolo per il ricordo di ogni bambino e bambina.
• Tobia: trova un titolo a partire dall’oggetto nominato
• Eleonora: trova un titolo a partire dal personaggio nominato
• Alyssa: trova un titolo a partire dalla situazione descritta�
• Daniel: trova un titolo a partire dal finale
• Sabrina: trova un titolo a partire dal tempo
• Petra: trova un titolo a partire dal luogo�
• Riccardo: trova un titolo a partire dall’azione
TACCUINO
Racconta un episodio della tua vita Vai a pag 33 del Taccuino per esprimersi per organizzare la tua storia breve
Tanti personaggi per raccontare
Per scrivere un racconto o un testo teatrale si possono far incontrare personaggi anche molto diversi tra di loro.
Ecco i personaggi che hai conosciuto finora. Li riconosci tutti?
Se non ne ricordi qualcuno, torna a cercarlo nelle pagine precedenti.
Impara a scrivere racconti con tanti personaggi diversi
Befana
TACCUINO
Mettiti in coppia con una compagna o un compagno: scegliete due personaggi da far incontrare. Seguite le istruzioni.
1 La scelta dei personaggi
• Scegli tre personaggi tra quelli riproposti in queste pagine e scrivi i loro numeri qui, senza farli vedere alla tua compagna o al tuo compagno�
A B C
• Chiedi a chi è in coppia con te di scegliere una lettera: A, B o C In questo modo saprete uno dei personaggi da mettere in gioco
Il personaggio scelto è:
• Ora tocca a te dire una lettera! Quale?
Il personaggio scelto è:
2 L’incontro
Immaginate l’incontro fra i due personaggi scelti� Come potrebbe avvenire il loro incontro?
Dove potrebbe accadere? Che cosa potrebbero dirsi? Quali effetti potrebbe avere questo incontro? Che tipo di storia potrebbe nascere?
E se i personaggi “pescati” fossero gli stessi, che cosa succederebbe alla storia?
Per gli scrittori e le scrittrici non esistono storie impossibili!
Ora divertitevi a inventare questo incontro
Andate a pag 34 del Taccuino per esprimersi
Daniel Sabrina
Bambino ghiaccio
La bambina che non ama il suo nome
Entra nelle parole
La filosofia è amore per il sapere.
Che cosa fa, secondo te, una filosofa o un filosofo. Confrontati in classe.
Per parlare
Che cosa ti fanno pensare le frasi del brano scritte in corsivo? Confrontati in classe
Per scrivere
Hai mai pensato di intervistare un oggetto? Quale sceglieresti? Perché?
Come gocce d’acqua
Si dice che le gocce d’acqua siano tutte uguali: ma forse così sembra a noi, che non siamo gocce d’acqua.
Se, per magia, potessimo trasportarci in un flusso d’acqua e diventassimo anche noi una goccia, magari scopriremmo che le differenze ci sono. Bè, proviamo a intervistare una goccia d’acqua.
TU: Ciao, goccia d’acqua. Sto facendo un servizio giornalistico per i ragazzi che vogliono diventare filosofi. Ci piacerebbe sapere se davvero voi gocce d’acqua siete tutte uguali. Ci serve per capire delle cose che ci riguardano.
GOCCIA D’ACQUA: Scusa, non ho capito la tua domanda, perché non ha senso. Come fa a venirti in testa una simile assurdità? Perché mai noi gocce d’acqua dovremmo essere tutte uguali?
TU: Boh, così si dice tra noi umani. Per esempio, mio fratello assomiglia molto a mio padre, e tutti dicono che sembrano due gocce d’acqua.
GOCCIA D’ACQUA: Ah ah ah! Lo dite perché a voi sfuggono le nostre differenze, che sono enormi! Io dovrei essere uguale a tutte le altre? Certo che no. Non c’è mai stata, e mai ci sarà, una goccia d’acqua identica a me. Io sono unica.
Io non so se questa cosa delle gocce d’acqua è vera, ma so di sicuro che ognuno di noi è totalmente e inconfondibilmente diverso da ogni altro. Possiamo assomigliare a qualcuno, ricordare qualcun altro, ma non siamo quel qualcun altro, siamo noi, e magari abbiamo preso un po’ di qua e un po’ di là dai nostri familiari, da un nonno, da uno zio che non abbiamo conosciuto, chissà… Ma anche se assomigliassimo a tutti, proprio a tutti i nostri parenti, la mescolanza che ha dato origine a noi sarebbe comunque unica, insomma, non c’è mai stato, né mai ci sarà, qualcuno ESATTAMENTE identico a noi, nel fisico e nel cuore.
Simonetta Tassinari, Prime lezioni di filosofia, Gribaudo
Artemisia
Con un nome così, cosa vi aspettavate? Cosa avrei potuto fare d’altro? Si potrebbe dire che l’arte fosse incisa nel mio destino, tanto da essere addirittura incastonata nelle prime lettere del nome che porto! Ovviamente non è così. Altre donne si sono chiamate Artemisia, nel tempo e nella storia, e nessuna di loro ha fatto l’artista, né per mestiere né per passione. E io ho ricevuto questo nome semplicemente per omaggio ad Artemisia Capizucchi, la nobile dama che mi ha tenuto a battesimo. È invece da cercare nel cognome il bandolo del filo che ha legato la mia vita all’arte. Un filo rosso come il sangue, perché nel sangue di famiglia è stato intrecciato: Gentileschi era mio padre Orazio, ben conosciuto a Roma come pittore, con bottega nel quartiere degli artisti. Io ero la sua figlia maggiore, e fin da piccola ero stata ammessa in bottega come aiutante. Poi sono arrivati anche i miei fratelli, ma a dire la verità, a loro non è mai interessato molto il lavoro in bottega: lo facevano perché lo dovevano fare. Per me invece preparare l’olio per i colori, ridurre in polvere i pigmenti, tagliare le tele… erano giochi appassionanti a cui dedicavo tutto il mio tempo, dimenticandomi perfino di bere e di mangiare.
Chiara Carminati, Le 7 arti in 7 donne, Mondadori
Rispondi.
� Il personaggio di cui si parla è: 钀 realistico. 钀 fantastico.
� Si tratta di: 钀 una pittrice. 钀 una scrittrice. 钀 Non si capisce.
� Qual è il suo cognome? 钀 Capizucchi 钀 Gentileschi
� Che cosa vuol dire: “Si potrebbe dire che l’arte fosse incisa nel mio destino, tanto da essere addirittura incastonata nelle prime lettere del nome che porto”?
Mi valuto: MI VALUTO
Rispondere alle domande è stato
La premiazione dei 200 metri alle Olimpiadi del 1968: al primo posto lo statunitense Tommie Smith, al secondo l'australiano Peter Norman e al terzo posto lo statunitense John Carlos.
Tommie Smith
Ho vinto. Sono stato il più veloce. Tra pochi minuti attraverserò il tunnel dello stadio e sul podio mi daranno la medaglia d’oro perché ho corso come uno sparo nel vento. Vi hanno mai rincorso? Sul serio dico, non per giocare, proprio rincorrervi per prendervi e farvi qualcosa che non avreste mai voluto. A me è successo e ho imparato una cosa: fino a quando non arriva quel momento tu credi di saper correre, ma non è vero. Se corri per correre e basta, i tuoi gesti sono solo movimenti, una falcata dietro l’altra, magari anche molto rapida, ma è meccanica umana, può farlo chiunque. Si corre così per non perdere l’autobus, per sentire i muscoli sciogliersi ed è bellissimo, ma io oggi non ho corso così. L’ho fatto come quando avevo undici anni, giocavo con i miei amici e sono entrato in un vicolo per recuperare il pallone che ci si era infilato. C’erano tre ragazzi bianchi più grandi di me e quando mi hanno visto si sono alzati. Uno ha preso il pallone sottobraccio. Ricordo che sono venuti verso di me dicendo “Divertiamoci un po’” e io l’avevo già visto altre volte come si divertivano i ragazzi bianchi con quelli neri. Ero solo, non avevo scampo, nessuno mi avrebbe difeso. Mi sono sentito invadere da un’energia mai sentita prima, che era insieme paura e coraggio, ed è stato lì che ho iniziato davvero a correre. Le gambe si sono mosse senza che dovessi pensarci, il fiato è arrivato tutto in una volta e sono fuggito via così veloce che non mi sono fermato nemmeno dove i miei amici aspettavano il pallone. Da quel momento ogni volta che nella vita ho corso sono arrivato primo. Anche oggi sono stato il più veloce di tutti, ma il mio traguardo non erano i duecento metri. Tra pochi minuti dal gradino più alto del podio io solleverò il pugno chiuso al cielo e con
LE OLIMPIADI
un guanto nero farò vedere in mondovisione che tutti gli esseri umani sono uguali e nessuno ha il diritto di considerare qualcun altro inferiore perché la sua pelle è di un altro colore. I pugni alzati saranno due come due sono i guanti, uno per me e uno per John: ma non saremo soli. Accanto a noi c’è un australiano, è arrivato secondo; si chiama Peter e quando l’ho guardato negli occhi mi ha detto “Io sono con voi.” No, non sono più il bambino nel vicolo che è fuggito. Oggi siamo in tre ad aver corso per gioco, perchè nessuno debba mai più correre per salvarsi.
Michela Murgia, Noi siamo tempesta, Salani, 2019, Milano
IL TESTO
1 Il testo che hai letto è: realistico� fantastico�
I PERSONAGGI
2 Il protagonista è: un giocatore di tennis un velocista� un pugile
CHI NARRA
3 Il racconto è scritto in: prima persona terza persona
LE INFORMAZIONI ESPLICITE
4 Nel racconto è presente il ricordo di: un episodio felice dell’infanzia� un episodio difficile dell’infanzia nessun episodio
MI VALUTO
Rispondere alle domande è stato perché
Le mie risposte corrette sono state: (numero)
In che cosa posso migliorare?
Mi valuto:
5 Chi è Peter?
LE INFORMAZIONI IMPLICITE
6 Che cosa aveva spaventato il protagonista, Tommie, quando aveva 11 anni?
7 Che cosa vuol dire Peter quando dice “Io sono con voi”?
RIFLESSIONE PERSONALE
8 Qual è il messaggio di questa autobiografia?
Leggi e usa la mappa di sintesi per ricostruire ciò che sai sulla descrizione.
DESCRIZIONE
Che cosa si descrive:
• persone (aspetto fisico, aspetto interiore, comportamento)
• animali
• oggetti
• ambienti
• situazioni
• sensazioni
Come si descrive
Descrizione oggettiva
• ha lo scopo di informare
• è senza commenti
• il linguaggio è preciso
Descrizione soggettiva
• ha commenti e impressioni personali
• prende il punto di vista di chi scrive
Scopo mostrare qualcosa attraverso le parole
Che cosa si usa per descrivere
I dati sensoriali
• vista
• udito
• tatto
• gusto
• olfatto
Figure retoriche come per esempio le similitudini e le metafore
Leggi e usa le mappe di sintesi per ricostruire ciò che sai sul racconto autobiografico e sul testo teatrale.
Scopo
chi scrive racconta la propria vita
RACCONTO AUTOBIOGRAFICO
Personaggi
• reali
• chi scrive è il/la protagonista
Luoghi reali
Tempo passato
se è al presente, si chiama autopresentazione
Narrazione
• in prima persona
Scopo
è un testo rappresentato da attori e attrici
Struttura
• atti
• scene
TESTO TEATRALE
Copione
• battute: dialogo tra i personaggi
• didascalie: indicazioni per attori e attrici
Fatti
• realmente accaduti
• in ordine cronologico
• aneddoti, ricordi, spesso con riflessioni personali
Tipologie
• commedie
• drammi
• monologhi
• reading
• opere liriche
Uno spettacolo in classe
È arrivato il momento di trasformare la vostra aula in un palco.
A coppie, o in piccoli gruppi, organizzate uno spettacolo per le vostre amiche e i vostri amici. Per farlo, dovrete scegliere il tipo di rappresentazione e i personaggi, scrivere il copione e organizzare tutto ciò che serve per il giorno dello spettacolo.
REGOLE
C’è solo una condizione da rispettare: dovete far incontrare due personaggi, tra quelli conosciuti fin qui. Per il resto (ambientazione, dialoghi, vicende...), avete libertà di scelta e di azione.
TIPO DI SPETTACOLO
Lo spettacolo può essere:
• una rappresentazione teatrale;
• un reading;
• uno spettacolo di marionette…
Potete scegliere un testo che avete incontrato fin qui, oppure scriverne uno insieme, con tutta la vostra creatività.
Dovete pensare anche ai materiali di scena, ai costumi, a tutto ciò che può rendere interessante il vostro spettacolo.
PRENDI APPUNTI
• Scrivi i personaggi scelti.
personaggi
Tipo di spettacolo:
Titolo:
Materiali da costruire o cercare:
Prove (quando e dove farle):
Data dello spettacolo:
MI VALUTO
Che cosa mi è piaciuto del mio lavoro:
Che cosa posso migliorare:
Ho chiesto aiuto a per
È stato divertente: progettare. disegnare. scrivere. raccontare. altro:
Mi valuto:
al traguardo!
Quanti personaggi...
Prendi appunti sui personaggi che hai incontrato come preferisci: scrivi, disegna oppure usa sia parole sia immagini.
Personaggio che mi ha fatto ridere
Personaggio che mi è stato proprio antipatico
Personaggio che mi ha fatto battere il cuore
Personaggio che non ho capito fino in fondo
Personaggio che mi è stato simpatico
Personaggio in cui mi sono immedesimato
TITOLO:
PAGINE:
INIZIATO IL
TERMINATO IL
Le tue letture
Ora parla dell’ultimo libro che hai letto. Utilizza questa scheda, in modo da organizzare i tuoi pensieri con chiarezza.
AUTORE/AUTRICE:
GENERE O GENERI (a volte sono più di uno nello stesso libro):
VOTO:
I PERSONAGGI CHE HO AMATO:
I PERSONAGGI DA DIMENTICARE:
FRASE PREFERITA:
In viaggio per conoscere
le EMOZIONI nelle STORIE
In questa unità leggerai e imparerai a scrivere:
• LETTERE E E-MAIL
• TESTI DI DIARIO
• POESIE
Comunica a distanza con il computer Ti i raccontarti…
Confidati con un amico e un’amica segreti
Riconosci le emozioni che vivi
Emozioni in versi
r l i i
AUDIO, VIDEO, OGGETTI DIGITALI DELL'UNITÀ
Il catalogo dei giorni
Ci sono giorni in cui aspetti. Una risposta, un risultato medico, che l’autobus arrivi. Non fai caso a molto altro. Vai veloce e vuoi che un altro giorno inizi.
Ci sono i giorni felici e i giorni tristi. Momenti ai quali affidi le decisioni importanti. Occasioni per dire una o due parole.
Ci sono i giorni perduti. Giorni che ritrovi per caso nell’insicurezza dei ricordi. Giorni che non vuoi perdere mai più.
Ci sono giorni freddi in cui nulla ti scalda. Nemmeno sotto il sole alto in pieno agosto.
Ci sono giorni che hanno sogni di una precisione sconcertante.
Ci sono i giorni da ferito.
Tutto il resto non conta.
Esiste solo la tua ferita e il desiderio di ferire chi ti ha ferito.
Poi la ferita si rimargina, i giorni cambiano. E tu hai imparato che vendicarti non cura né cancella.
Ci sono giorni in cui fai una cosa, ma vorresti farne un’altra.
Ci sono giorni stupidi.
In cui sbagli e ti sembra grave. Te la prendi con la sfortuna, è lei che ti rincorre.
Hai dimenticato che sei tu il più grande ostacolo e non hai smesso di credere a quella sciocchezza della perfezione.
Luca Tortolini, Daniela Tieni, Il catalogo dei giorni, Kite Edizioni
Entra nel testo
Sottolinea nel testo, secondo le indicazioni: i giorni in cui si descrivono emozioni positive; i giorni in cui si descrivono emozioni negative; i giorni in cui non sai esattamente che emozioni si descrivono.
Per scrivere
Aggiungi un altro tipo di giorni a questo catalogo. Poi confrontati con i compagni e le compagne.
Entra nelle parole
L’espressione guardarsi in cagnesco significa:
钀 guardarsi con aria ostile, minacciosa.
钀 guardarsi abbaiando.
Quali parole conosci per esprimere le emozioni?
Elencale qui:
Il puzzle delle emozioni
In classe due bambini stanno litigando.
– Ridammelo subito.
– No, mi piace e voglio giocarci un po’ anch’io!
– Non puoi, brutto prepotente!
– Maestra, corri, si picchiano!
La maestra Valeria accorre alle grida dei bambini.
Per terra Pietro e Mattia si stanno azzuffando, mentre intorno i compagni assistono tifando per l’uno o per l’altro.
La maestra si mette in mezzo e divide i due bambini.
– Che state facendo? Vi sembra il modo di comportarvi? Ora vi calmate e mi spiegate cosa è successo.
Loro si guardano in cagnesco; hanno i capelli arruffati e Mattia ha anche un graffio sul viso.
– Mi ha rubato Superman! – grida Pietro. – Così me lo sono ripreso. – In mano tiene il pupazzo del supereroe, che nello scontro ha perso un braccio.
– E lui mi ha graffiato! – strilla Mattia.
– Guarda cosa hai fatto! – esclama Pietro rivolto a lui.
E scoppia in un pianto disperato.
– Ora vediamo di riaggiustarlo – lo consola la maestra Valeria facendogli una carezza.
Poi ascolta anche Mattia.
– Intanto, tornate tutti a posto – afferma l’insegnante.
– Questa è proprio l’occasione giusta per parlare di ciò che è successo.
I bambini si muovono e ci vuole un po’ perché il brusio si spenga e torni il silenzio.
– Vorrei parlare con voi delle emozioni – comincia la maestra.
– Tutto quello che ci accade suscita delle reazioni dentro di noi e fuori di noi. Possono essere belle o brutte, ma in ogni caso danno colore alla vita con le loro sfumature. Pietro, per esempio, come ti sei sentito prima?
– Arrabbiato, perché non era giusto. E poi anche triste, perché il mio Superman si era rotto.
– E tu, Mattia?
– Il suo gioco mi piaceva e non c’era nulla di male se ci giocavo un po’ anch’io. Ma lui non voleva e allora l’ho preso.
– Sapresti dare un nome a quell’emozione?
Mattia ci pensa un po’, ma ha la faccia di chi non trova la parola giusta.
– C’è qualcuno che vuole aiutarlo? – chiede rivolta alla classe.
– È stato prepotente – esclama Martina.
– Forse per invidia – aggiunge Ahmed.
– Molto bene, stiamo cominciando a dare un nome alle emozioni. Abbiamo visto la rabbia e la tristezza. Ora facciamo un gioco. Lo chiameremo il puzzle delle emozioni, perché ognuna è un pezzetto di un disegno più grande. Se uniamo insieme tutti i pezzetti, formano ciascuno di noi.
Ora pensate a un’emozione in particolare e a una situazione in cui vi è capitato di provarla.
Il gioco piace a tutti i bambini, che a turno alzano la mano per dare il proprio contributo al puzzle.
A mano a mano che intervengono, la maestra annota tutto sulla Lim, e alla fine della mattina hanno costruito il puzzle.
Fulvia Degl’Innocenti, Il puzzle delle emozioni, Paoline, 2023
Per leggere
Leggi il racconto insieme con i tuoi compagni e le tue compagne: dovrete interpretare i due litiganti, la maestra, i bambini e le bambine che intervengono e il narratore o narratrice.
Sarà un ottimo esercizio di espressività.
TACCUINO
Vai a pag. 36 del Taccuino per esprimersi e scrivi anche tu i pezzi che comporranno il puzzle delle emozioni della tua classe.
placard: credenza
parquet: pavimento di legno
Entra nel testo
Che cosa sono le emozioni per il poeta?
Si devono o possono costruire? Perché?
Per parlare
Rispondi e confrontati con i compagni e le compagne.
• Che cosa sono le emozioni per te?
• Da dove vengono le emozioni?
• Come si costruiscono le emozioni?
Costruire emozioni
“Costruire emozioni.”
L’ho letto nella Sala Arrivi dell’aeroporto di Pisa. È uno dei tanti slogan pubblicitari. Come si costruiscono le emozioni?
E soprattutto queste si stratificano formando così un palazzo con porte, scale, stanze e finestre?
Ma di quale materia sono fatte le emozioni?
E, se ad esempio di pietra, questa è dura o morbida, liscia o porosa?
E, se le emozioni non arrivano a comando, queste si potrebbero vendere come uno dei tanti materiali edili?
Che so? Un placard di un bagno o un parquet. Bisogna poi armonizzarne i colori e soprattutto la consistenza dei materiali che, altrimenti, si scollano e non comunicano tra loro.
Ecco cosa sono le emozioni.
Un modo di comunicare.
Forse non ha senso costruirle.
Ha piuttosto senso viverle.
Paolo Fresu, Poesie jazz per cuori curiosi, Rizzoli
Emozioni in versi
Dolore
Nel paradiso dei cani non entrano i padroncini anche se li amavano tanto anche se sono bambini.
Dicono che là i cani corrono senza guinzaglio né museruola in un prato pieno di ossi ma questo non mi consola. Lui non era “soltanto un cane” era il mio amico del cuore e quello che provo adesso è solo un grande dolore.
Quiete
Mi sento quieto come fa le fusa un gatto come una sera, con il compito già fatto come una foglia che galleggia senza fretta come una lenta pedalata in bicicletta.
Mi sento quieto come un giorno di vacanza come la luna quando taglia in due la stanza come sul mare guardando l’orizzonte con i gabbiani che mi ridono di fronte.
Janna Carioli, L’alfabeto dei sentimenti, illustrato da Sonia M.L. Possentini, Fatatrac edizioni
Per parlare
Rispondi, poi confrontati con i compagni e le compagne.
• Quale paragone della poesia Quiete ti è piaciuto di più? Sottolinealo.
• E tu, quando ti senti quieto?
Odio
Odio le felpe senza cappuccio.
Odio chi mi scarabocchia l’astuccio.
Odio i bottoni nelle magliette.
Odio le maniche troppo strette.
Odio le scarpe con i lacci uguali
Odio che devo portare gli occhiali.
Odio gli zaini senza le scritte.
Odio i disegni con le righe dritte.
Odio il pesce senza patate … e le zanzare in estate!
E tu, che cosa odi?
Aggiungi tre versi alla poesia Odio Per scrivere
STORIE DI EDUCAZIONE CIVICA
Un mondo di emozioni
Guarda quante emozioni diverse siamo capaci di provare!
A volte dobbiamo anche imparare ad affrontarle e gestirle per stare bene dentro di noi e con le altre persone.
tenerezza
Dove si trova?
rabbia
La rabbia è utile?
Quanto dura l’odio?
tensione
Che cosa succede quando la provi?
sollievo
Come si manifesta il sollievo?
Quanti tipi di amore ci sono?
serenità amore
La serenità illumina la mente?
felicità colpa odio
Che cosa ti rende felice?
vergogna
Come te ne accorgi?
Quando ti senti in colpa?
allegria
Che cosa succede quando la provi?
Per chi o per cosa la provi?
gelosia delusione
È possibile non essere mai delusi?
euforia
Che cosa ti rende euforico o euforica?
invidia
Che differenza c’è tra gelosia e invidia?
orgoglio
Qual è l’ultima volta che hai provato orgoglio?
incomprensione
Come si crea l’incomprensione?
irritazione
Che cosa succede quando la provi?
A che cosa si può paragonare l’entusiasmo? entusiasmo
Che cosa fai quando ti senti in attesa? attesa
ammirazione
Tutti possiedono qualità da ammirare?
tristezza
Che cosa provoca la tristezza?
stupore
Da cosa nasce il tuo stupore?
paura
Che cosa succede quando hai paura?
gratitudine confusione
A chi senti di dover dire grazie?
noia
Che relazione c’è tra la noia e il tempo?
Come fai a capire se la provi?
desiderio
I tuoi desideri sono tutti di uguale importanza?
TACCUINO
Leggi tutte le domande e scegli quattro emozioni di cui parlare. Vai a pag. 37 del Taccuino per esprimersi
Entra nelle parole
Chimel: è in Guatemala.
Sai dov’è il Guatemala? Con un compagno o una compagna cercalo su un planisfero.
Rigoberta Menchú Tum ha ricevuto nel 1992 il Premio Nobel per la pace per il suo impegno per i diritti delle popolazioni indigene del Guatemala.
Quando ero bambina
Ricordo perfettamente la casa di quando ero bambina a Chimel. Era una casa di legno, con un tettuccio di paglia. A me piaceva guardare fuori attraverso le fessure del legno. Potevo vedere, allora, i verdi campi di granoturco, che il vento faceva dondolare come i bei capelli verdi e lunghi di una donna nel fiume. Potevo anche vedere la cassetta dei conigli, che si mangiavano la loro erba come se fossero uomini di lettere, con gli occhialini tondi, che stanno leggendo un libro ad alta voce.
In lontananza, come una voluta di fumo, vedevo la serpentina del fiume srotolarsi tra le case del villaggio. Nei giorni limpidi, potevo vedere i monti, lontani e alti. Anche il cielo e le nubi. E le strade. La strada cicciona di Chimel e la strada magrolina di Laj Chimel.
Io e mio fratello Patrocinio eravamo sempre in giro insieme. Debbo confessare che eravamo un tantino monelli. La mamma ci diceva: – Non mangiate le more...
E di nascosto, ce ne andavamo a raccogliere le more. Ci portavamo dietro un pezzo di zucchero di canna, ancora intero. Lo zucchero intero si chiama panela. E raccoglievamo le more e mangiavamo more e panela. Per noi era festa grande. Mangiavamo fino a quando non ci faceva male lo stomaco. Poi tornavamo a casa con aria innocente.
Con aria innocente, ma con la bocca tutta rossa. Perché, quando si mangiano le more, la bocca sembra quella di una signora con il rossetto: rossa, rossa, rossa.
Allora la mamma ci sgridava: – Siete andati a mangiare le more...
E quel che non sapeva era che ci eravamo mangiati anche la panela.
Quando ero bambina, a Chimel...
La mia famiglia produceva miele. Avevamo tre o quattro favi sugli alberi. Ci davano molto miele. Per la Settimana Santa riempivamo parecchi vasetti.
Poi, andavamo per le case di Chimel a regalarli. Bussavamo alla porta delle case e consegnavamo il vasetto dicendo: – Signora, le abbiamo portato del miele...
Erano tutti contenti, perché regalare del miele è come regalare un mazzo di fiori. È anche come dire una cosa carina a qualcuno, una parola gentile, un complimento. Le orecchie si addolciscono. È come stringere in un abbraccio sincero. La gente vuole miele. Tutti vogliamo miele.
Quando ero bambina, a Chimel...
Nella stagione delle piogge, andavamo nel bosco a cogliere funghi. La mamma poi li cucinava preparando piatti deliziosi, con l'aglio, il prezzemolo o altre erbe aromatiche. Erano talmente gustosi che non riuscivamo a smettere di mangiarli. L'unico svantaggio era che raccoglierli costava molta fatica.
Rigoberta Menchú e Dante Liano, Il magico mondo di Chimel. Storie di una bambina maya, Sperling and Kupfer
Entra nel testo
Sottolinea nel testo, con i colori indicati, le descrizioni dei seguenti elementi: la casa della protagonista da bambina; il paesaggio fuori dalla casa; la protagonista e il fratello dopo aver mangiato le more.
Per parlare
Chiudi gli occhi e pensa a quando eri una bambina o un bambino piccolo. Che cosa ricordi...
• con l’olfatto?
• con il gusto?
• con il tatto?
• con la vista?
• con l’udito?
Confrontati in classe.
Parole che mi strappano un sorriso
Cuore
Calzoncini
Scavare
Pigiama Party
Siesta
Birbante
Cioccolato
Ristorante Ombelico
Polpettone
Cerchia le parole che non ti strappano un sorriso. Quali parole, invece, aggiungeresti? Per scrivere
Non-ti-scordar-di-me
Battuta
Tormenta
Astrolabio
Imbranato
Sortilegio
Ficcanaso
Besciamella
Conchiglia
Entra nelle parole
Collega ogni parola al suo significato.
astrolabio siesta antico strumento astronomico breve riposo pomeridiano
Parole che mi tolgono un sorriso
Litigio Allergia
Rimprovero
Stanchezza
Sveglia
Emicrania
Fracasso
Dispetto
Abbandono Fumo Ortica
Spavento
Punizione
Ronzio
Esclusione
Terremoto
Cattiveria
Iniezione
Inquinamento
Sonno
Morte
Dentista
Grigio
Gelosia
Per scrivere
Cerchia le parole che non ti tolgono il sorriso.
Quali parole, invece, aggiungeresti?
Buio
Ingiustizia
Pugno
Incubo
Ansia
Lagnoso
TACCUINO
Scegli una parola che ti strappa un sorriso e una che te lo toglie. Vai a pag. 38 del Taccuino per esprimersi per spiegare la tua scelta.
Per leggere
Leggi prima in silenzio, poi ad alta voce queste pagine di diario. Quale modo preferisci, tra i due? Perché? Rispondi e confrontati con un compagno o una compagna.
La giornata dei sorrisi
3 maggio
Oggi ho sorriso a 56 persone. Un vero sorriso, cioè: guardandole negli occhi e cercando di mantenere il contatto il più a lungo possibile.
È un esercizio che mi ha dato da fare Lukas, nell’ultima lezione. Ha distribuito a ciascuno un foglietto piegato in quattro. Sul mio c’era scritto:
Durante IL giornata sorridi alla gente che incontri.
Importante: guardati dentro LI occhi e non parlare.
C’era qualche errore di grammatica, ma Lukas ha una bella scrittura: traccia delle lettere belle rotonde che danzano sul foglio.
Dunque, oggi è la mia giornata dei sorrisi. Ho cominciato a colazione con i miei genitori, ma non se ne sono accorti. Non riuscivo a incrociare il loro sguardo. Forse non erano ancora abbastanza svegli. Poi ho sorriso a mia sorella. Ci sono voluti almeno tre minuti per farla reagire.
– Perché mi guardi con quell’aria? – ha grugnito.
– Perché ti voglio bene, mia adorata sorella – ho risposto, senza smettere di sorridere.
Con mia grandissima meraviglia, non si è innervosita, ma mi ha fatto un sorriso con tutti i denti (e con il suo apparecchio). Ho fatto fatica a rimanere serio.
È più difficile sorridere alla gente che non si conosce. In autobus ho sorriso alla signora seduta davanti a me. All’inizio lei ha distolto lo sguardo. Quando ha visto che continuavo a fissarla sorridendo, si è concentrata sul suo giornale, ma capivo benissimo che era nervosa. A un certo momento ha chiesto bruscamente: – Che vuoi?
– Augurarle una buona giornata – ho risposto, più gentilmente possibile.
– Piantala subito, altrimenti chiamo il controllore. Sono diventato rosso come un peperone e ho guardato fuori dal finestrino fino alla fine del tragitto.
A scuola, ho sorriso a tutti quelli che incrociavo, ma senza grande successo. Tranne che con Teodora, una bidella. Che, fra l’altro, è la più simpatica di tutte. – Ciao Ben-occhi-belli (è così che mi chiama). Ti vedo in forma oggi. Ma non cercare di ipnotizzarmi! Il mio cuore è già impegnato!
Ho sorriso anche al direttore, ma lui mi ha guardato come se fossi trasparente. Meno male che questa è la “settimana del rispetto reciproco tra allievi e insegnanti!”. I muri della scuola sono pieni di cartelli. Uno in particolare proclama a grandi lettere:
Il sorriso costa meno dell’elettricità ma regala altrettanta luce.
Abbé Pierre
Il direttore doveva avere un problema di corrente.
Bernard Friot, Il libro dei miei record disastrosi, Lapis Edizioni
Entra nel testo
Dove si svolgono i fatti raccontati? In quali ambienti?
Come si sente chi scrive, nelle diverse situazioni?
Perché il direttore “doveva avere un problema di corrente”? 1 2 3
sul diario Fai il punto
Chi scrive questa pagina di diario?
钀 un bambino
钀 una bambina
钀 Non si capisce.
Quando ha scritto questa pagina?
Entra nelle parole
Ipnotizzarmi vuol dire:
钀 immobilizzarmi.
钀 incantarmi, affascinarmi.
钀 farmi innamorare.
IL DIARIO
Una stessa storia può essere raccontata in modo diverso a seconda del punto di vista scelto.
La storia di un furto, per esempio, cambia se a raccontarla è il ladro o il poliziotto che indaga.
I nuovi vicini
Nel giardino di via Spensierati 9 sono tutti riuniti per la festa della nuova casa. Carlo detto Carl scruta dalla finestra i grappoli di palloncini colorati. Ogni tanto se ne stacca uno e prende il volo. Quello a forma di elefante sembra dirigersi verso casa sua, ondeggia lentamente, va prima verso destra, poi verso sinistra, infine si impiglia alla ringhiera. Che fare? Tenerlo per sé o riportarlo ai proprietari? Sarebbe una buona occasione per fare conoscenza. Rinuncerà volentieri all’elefante pur di mettere il naso in casa dei nuovi vicini.
Suona al campanello, una, due, tre volte. Nessuno risponde, la musica è troppo alta. Spera che almeno qualcuno si volti e si accorga di lui. Quando ha quasi rinunciato e sta per andarsene, una voce di bambina lo chiama: – Ehi, tu! Il tono non promette niente di buono e perciò Carl mette subito le mani avanti: – Ero venuto a riportare il palloncino, ho suonato più volte ma nessuno mi ha sentito.
– Capisco – risponde la bambina. – La musica in effetti è troppo alta.
– Già.
– Mi fanno male le orecchie. Che ne dici se ci allontaniamo?
– E dove andiamo?
– A casa tua, per esempio. Carl non si aspettava una proposta simile. È un po’ preoccupato e le guance gli diventano rosse.
– È un problema? – domanda la bambina.
– N-no n-non è u-un p-problema – risponde Carl balbettando. – Sai, mia nonna ha un raffreddore tremendo.
– Appena starà meglio mi inviterai.
– Tu quando mi inviti da te?
– B-be’, a-a c-casa m-mia n-non c-c’è g-granché d-da v-vedere – balbetta Emilia. – È praticamente vuota! – dice tutto d’un fiato. – Quando l’avremo riempita ti inviterò – sorride e lo saluta. – Ah, dimenticavo. Se vuoi, il palloncino a forma di elefante puoi tenerlo.
E poi i pensieri...
CARL
Non so ancora come sono davvero i nuovi vicini, ma Emilia è simpatica.
EMILIA
Non so ancora come sono davvero i nuovi vicini, ma Carl è simpatico.
CARL
È stata gentile a regalarmi il palloncino a forma di elefante.
EMILIA
È stato gentile a riportarmi il palloncino a forma di elefante.
CARL
Chissà perché a un certo punto si è messa a balbettare.
EMILIA
Chissà perché a un certo punto si è messo a balbettare.
CARL
Sembrava un po’ imbarazzata.
EMILIA
Sembrava un po’ imbarazzato.
CARL
Devo convincere i nonni a fare un po’ di ordine in casa, prima di invitarla.
EMILIA
Devo convincere mamma e papà a riempire un po’ le stanze, prima di invitarlo. Sono troppo vuote così!
Paolo Di Paolo, Papà Gugol, Bompiani
Entra nel testo
Perché Carl è preoccupato quando Emilia gli propone di andare da lui?
Perché Emilia è preoccupata quando Carl le chiede di essere invitato?
Che cosa hanno in comune
Carl ed Emilia?
Per leggere
In questo brano ci sono più voci:
• quella di chi narra,
• quella di Carl,
• quella di Emilia.
Carl ed Emilia in alcuni casi dialogano, in altri pensano. La lettura deve tenere conto di questa distinzione: la voce assumerà un tono, un volume e un timbro differenti.
Esercitati con i tuoi compagni e le tue compagne a interpretare il brano con una lettura espressiva.
Impara a descrivere quello che provano i personaggi di un racconto.
Descrivere le emozioni
Il mondo interiore dei personaggi può essere descritto in molti modi diversi. A volte gli autori e le autrici danno voce direttamente ai pensieri dei protagonisti.
Leggi questo brano e “ascolta” i pensieri di Marco e Giulia.
Marco e Giulia
Pensieri prima dell’incontro
“Certo che Marco questa proprio non me la doveva fare…”
“Sono sicuro di aver fatto la cosa giusta, per Giulia…”
“Ma che gli è preso di andare dalla maestra…”
“Da quando ho saputo la notizia, ho capito che qualcosa dovevo fare, ma non sapevo cosa…”
“… per dirle che i miei genitori si stanno per lasciare.”
“E poi è triste. Tutti i giorni. Ha sbagliato pure le verifiche di matematica e sì che Giulia è una bomba, in matematica…”
“Ma, dico io, perché non si fa gli affari suoi…”
“Allora mi sono fatto coraggio e l’ho detto alla maestra. La maestra non si è stupita e mi ha detto che ho fatto bene ad andare da lei. Ho fatto la cosa giusta, ne sono sicuro…”
“E che c’entra la maestra? Un conto è la famiglia e un conto è la scuola, no? Non c’entra la scuola e non c’entrano i compagni di classe impiccioni. Ecco come stanno le cose. O come dovrebbero stare…”
“Anche i miei si sono separati. Per me è stato un brutto momento, ma io avevo i nonni. I nonni di Giulia sono lontani…”
“Non lo sopporto. Non lo sopporto. Non lo sopporto. Ho bisogno di un posto dove stare da sola. In biblioteca, ecco.Vado in biblioteca…”
“Chissà se c’è un libro che parla di genitori che si separano e bambine che diventano tristi. Quasi quasi lo cerco in biblioteca.”
Tra poco Marco e Giulia si incontreranno in biblioteca.
Per scrivere
Il racconto prosegue con l’incontro tra Marco e Giulia in biblioteca. Completa i testi:
• fai il punto sui pensieri e sulle emozioni di Marco e Giulia;
• poi immagina che Marco e Giulia si parlino e si chiariscano: quali potrebbero essere i loro pensieri e le loro emozioni dopo il confronto?
GIULIA pensa che: perché?
GIULIA pensa che:
perché?
MARCO pensa che: perché?
DOPO IL CONFRONTO
MARCO pensa che: perché?
TACCUINO
Ora vai a pag. 39 del Taccuino per esprimersi per scrivere il dialogo tra Marco e Giulia in biblioteca.
TACCUINO
Vai a pag. 40 del Taccuino per esprimersi per descrivere la tua passeggiata.
Una passeggiata mindful (consapevole)
Camminare in modo consapevole può essere un buon modo per esercitarsi a “notare ed essere presenti”. La prossima volta che vai a fare una passeggiata, per esempio andando a scuola, prova a fare queste cose…
Appena esci di casa
• Nota come senti l’aria sulla tua pelle. È calda o fredda?
• Guarda il cielo. Cosa vedi? È soleggiato o è piovoso?
Durante la tua passeggiata
• Nota come senti il terreno sotto ai tuoi piedi.
• Nota le forme e i colori intorno a te.
• Nota ogni odore o profumo.
• Ascolta ogni suono. Che rumore riesci a sentire?
Dopo la tua passeggiata
• Illustra con un disegno qualcosa di bello che hai notato.
Vanessa King, Val Payne, Peter Harper, 50 ways to feel happy, QED Publishing
Abbicì delle emozioni
Oggi mi sento...
ATTENTO BEATO CURIOSO
JET KO
Scrivi un abbecedario delle emozioni.
STUPENDO TRADITO
LUMINOSO
DISTRATTO
MINUSCOLO
UNICO VEGETARIANO
EINSTEIN
NERVOSO
WORK IN PROGRESS
FORTUNATO
OLTRE
(in cambiamento)
GELOSO HOLLYWOODIANO
PERDUTO
QUALCUNO
(famoso) (meditativo)
INVISIBILE
TACCUINO
REALIZZATO
XXL YOGI ZZZZZ
Ora tocca a te! Vai a pag. 41 del Taccuino per esprimersi e scrivi il tuo personale e originale abbecedario delle emozioni. Poi, confronta le tue idee con quelle di un compagno o di una compagna, in modo da poter copiare quelle che ti piacciono di più e che non ti erano venute in mente.
Madalena Moniz, Abbicì delle emozioni, Orecchio Acerbo
sul diario Fai il punto
Questa pagina di diario
è scritta da:
钀 una bambina.
钀 un bambino.
钀 una persona adulta.
Da che cosa lo hai capito?
Come si chiama il diario?
In questa pagina si raccontano anche delle emozioni? Quali?
Il diario è un testo narrativo in prima persona. Chi scrive si rivolge al diario come se fosse una persona amica, ma in realtà parla con sé. In un diario si raccontano aneddoti, ma anche le proprie emozioni, i propri sentimenti e le proprie riflessioni.
Notizie che fanno tremare
Mi tremano le mani. Mi tremano le gambe. Se tu non fossi un diario, ti direi di sederti, perché fra poco le gambe tremeranno anche a te.Aspetta… cosa sto dicendo? La mamma… No, non riesco a dirtelo, mi sembra che mi manchi il fiato. Oggi, tornando a casa, la mamma mi ha tenuto la mano, come quando ero piccola. Io non ho detto niente, perché la sua mano attorno alla mia, o la mia dentro la sua, anche se sono grande mi piace ancora moltissimo.
Così, cammina cammina, mentre passavamo davanti alla Biblioteca Comunale e io guardavo i vetri del secondo piano dove fanno la Settimana della Lettura, con quei bei cuscini profondissimi e gli angioletti dipinti sul soffitto, mamma mi ha detto calma, guardandomi negli occhi, che aspetta un bambino. Un bambino o una bambina, naturalmente. Lo/la aspetta da solo un mese e naturalmente non si sa se è un bambino o una bambina, perché per saperlo bisogno aspettare almeno il terzo mese. Insomma, lei aspetta qualcuno: e sarà un mio fratellino o una mia sorellina. Capisci, Di? Mi tremano ancora le gambe. E a te, tremano? Se le hai tremano, ne sono sicura.
Un fratellino, o una sorellina, che ne dici, Di?
Certo che sono contenta, che domande fai? Però, per esempio, quando lei/lui nascerà, io avrò dieci anni suonati. Quando lei/lui avrà cinque anni, io ne avrò quindici, e così via.
Comunque sono molto contenta ed emozionata, molto, davvero.
Roberto Piumini, Molte lettere per Sei, Edizioni EL
Il diario personale custodisce i segreti di chi scrive. In genere, quindi, è ritenuto privato e nessuno può leggerlo senza l’autorizzazione di chi l’ha scritto. Di solito, una pagina di diario inizia con la data del giorno in cui si scrive.
Mia madre Sonia
15 novembre 1992, tappeto soggiorno
– Finisci i compiti, prima – dice mia madre. Correggo.
– Finisci i compiti, prima – dice Sonia. Ho scritto Sonia, al posto di mia madre. Sonia è il nome di mia madre.
“Madre” mi sa di vecchi merletti, come quelli che tira fuori nonna Gemma dal suo cassettone.
Neanche mi piace “la mia mamma”. Sa di pappetta mela-zucchero che non mangio da undici anni.
E allora, la chiamo Sonia. Nei discorsi indiretti, naturalmente. La differenza fra discorso diretto e indiretto l’ha spiegata, bene, la maestra di terza elementare ed è una delle certezze che ho. Ne ho poche, di certezze.
Certo, chiamarla Sonia è strano. Sa di asparago sulla torta alla panna.
Sonia guarda tutti i giorni la tele. La trasmissione con il giudice e la soap opera.
Da anni. Rimane un problema.
A me rimane sempre un problema da risolvere nelle verifiche di matematica, a volte anche due.
Le espressioni, invece, le risolvo una, due, tre volte, sempre con soluzioni diverse.
Il problema che rimane è questo: se Sonia leggesse questo diario, forse ci rimarrebbe male a sentirsi chiamare così.
Ma non è detto. A lei non piacciono i merletti e neanche le pappette mela-zucchero. E non è detto che lo leggerebbe.
Marcella Blasiol, La graduatoria della felicità, Einaudi Ragazzi
merletti: tessuti ricamati, pizzi
soap opera: programma televisivo a puntate
Entra nel testo
Questa pagina di diario
è stata scritta:
钀 da un bambino.
钀 da una bambina.
钀 non si capisce da chi.
Quando ha scritto questa pagina?
Dove ha scritto il diario?
Che cosa deve rimanere segreto?
DIARIO EMOZIONI nelle STORIE
Se tu fossi...
Se tu fossi un edelweiss scalerei
la montagna azzurra per coglierti.
Se fossi un fiore acquatico mi tufferei nelle verdi profondità sottomarine per prenderti.
Se fossi un uccello andrei nelle immense foreste per ascoltarti.
Se fossi una stella veglierei
tutte le mie notti per vederti, Libertà.
Zehor Zerari
edelweiss: stella alpina
Entra nel testo
A chi si rivolge il poeta?
钀 a un fiore
钀 a una persona
钀 alla Libertà
Per scrivere
Pensa alla libertà e al suo valore, quale impresa potresti compiere per essa? Completa, poi confronta i tuoi versi con quelli dei compagni e delle compagne.
Se tu fossi
Parliamo di musica
19 dicembre
La supplente di italiano è sempre TROPPO forte e adesso ha istituito l’ora della discussione, che si fa una volta alla settimana. Oggi parlavamo della musica e il tema era: “Quanto conta la musica per i ragazzi della vostra età?”. È venuta fuori una bella discussione, non sembrava neanche di stare a scuola. Poi ci ha distribuito una fotocopia con questa poesia che ti scrivo qui.
La musica
La musica sovente mi prende come un mare!
Scalo le groppe delle onde accavallate e sento vibrare in me tutte le passioni d’una nave che lotta; il vento buono, la tempesta sopra l’immenso abisso.
Charles Baudelaire
Non è bellissimissima? Secondo me la frase più bella di tutte è la prima: “La musica sovente mi prende come un mare!”. È vero, è vero, è proprio così!!!
Mi prende e mi culla dolcemente… o mi travolge e mi porta sulla cresta di un’onda, su in alto… mi strappa via lontano, lontano, sempre più lontano, e mi sento persa ma felice… e poi mi sento sola e disperata, è come guardare giù da una barca, sentire il brivido dell’abisso che sta sotto… Volevo dirle anche a scuola queste cose, volevo alzarmi e gridarle, ma poi ti immagini come mi guardavano tutti. Quindi le cose che per me sono importanti le scrivo qui, dove puoi leggerle solo tu. Tanto che sono pazza tu lo sai già.
Beatrice Anna Lavatelli, Anna Vivarelli, Diario cuore 2. I ragazzi sono dei carciofi, Piemme Mondadori Libri per il marchio Piemme
Entra nelle parole
Nella poesia c’è una parola che non si usa quasi più.
Sai che cosa significa?
Sovente vuol dire:
钀 qualche volta.
钀 spesso.
钀 mai.
Per parlare
Per te quanto conta la musica? Quale genere musicale ascolti? Che emozioni ti fa provare? Rispondi e confrontati con le compagne e i compagni.
Nel testo, la parola legame perciò è usata in due passaggi diversi. Completa.
• Tina dice di cominciare il diario dei numeri così come le viene nella sua vita ci sono numeri che meritano di essere raccontati.
• Tina dice che avere dieci anni non è una cosa che fai così, nei ritagli di tempo, ci ha messo 3652 giorni a compierli.
Cambiando l’ordine delle frasi del testo, quale parola legame hai usato per spiegare?
In sintesi:
• dalla causa all’effetto si usa la parola “perciò”;
• dall’effetto alla causa si usa la parola
Quando si parla o si scrive si usano molte parolelegame, cioè quelle parole che uniscono le frasi. Le parole-legame possono collegare le frasi:
• con un ordine temporale (poi, all’inizio, alla fine, quando, finché ecc.);
• con un ordine logico (infatti, perché, poiché, cioè, ma, però, invece, quindi, così, oppure, come, se, anche, inoltre ecc.).
I numeri felici
Io sono Tina e lo sono sempre stata. Anche se può capitare a tutti di distrarsi e diventare una regina del mare, una tigre, una spia o anche solo un albero o un gabbiano. Comunque sì, la maggior parte delle volte sono proprio io. Mai una volta che sia stata, per dire, Jamal il pescivendolo o Simoncino della III E o la signora Scassa della porta di fronte. Ci ho provato, ma non mi è mai riuscito davvero. Adesso che la scuola è finita, ho tempo per il mio diario dei numeri, finalmente. Perché nella mia vita ci sono dei numeri che meritano di essere raccontati, anche se non so dire quali siano più importanti e quali meno. Perciò comincio così come mi viene e vado avanti per un po’, almeno finché resto in città.
10
Tutti dicono “accidenti, dieci anni”. E infatti non è una cosa che fai così, nei ritagli di tempo. Io per esempio ci ho messo 3652 giorni fitti fitti a compiere dieci anni, perciò sì, accidenti. Tremilaseicentocinquantadue giorni. Il due alla fine è per i due anni bisestili che ci sono in mezzo.
Il 10 è un numero felice. Sul serio. Io queste cose le so, un po’. Funziona così: tu prendi un numero, per esempio il 10, appunto; poi moltiplichi ogni cifra per se stessa e viene: 1 x 1 = 1 0 x 0 = 0.
Entra nelle parole
Dopo fai la somma di ogni risultato e se alla fine ti rimane 1, allora quel numero, per motivi suoi, è felice.
E si vede subito che il dieci è felice, ma proprio tanto felice, senza stare troppo a fare i conti. Con la gente questa cosa della felicità funziona in modo diverso.Voglio dire, dipende dai giorni e dal cioccolato che c’è in casa.
7
Numero importante, felice, felicissimo anche lui.
A mamma, come tutti gli anni, ho chiesto un pesce rosso. Ne ho già sette. Si chiamano Pesce, Pescerosso, Piccolo Pesce, Rosso, Rossino, Rossetto,Altro Pesce. Sono il mio regalo di compleanno da quando ho compiuto tre anni. Credo di averli voluti anche prima, ma non riuscivo a spiegarmi.
5
Ha la tabellina più facile di tutte.
Cose che non so fare:
1) Inghiottire le pasticche.
2) Mangiare un solo quadratino di una tavoletta di cioccolato e lasciare il resto per dopo.
3) Farmi i fatti miei: camminare senza ascoltare i discorsi della gente, senza sbirciare cosa fa Giovanni seduto per strada, senza fissare i nasi grandi e le orecchie col pelo dentro.
4) Far venire dritta una festa.
5) Ricordarmi tutte le cose che non so fare, che sono molte più di queste.
Adesso però devo andare a preparare le tartine, che è una cosa che invece so fare molto bene.
Susanna Mattiangeli, I numeri felici, Vànvere Edizioni
Prova a ragionare sui tuoi numeri felici. Segui i consigli a pag. 42 del Taccuino per esprimersi
TACCUINO
Cambiare il punto di vista
Il diario offre l’opportunità di mettere a confronto punti di vista diversi. Chi scrive un diario racconta i fatti secondo il proprio modo di vedere e pensare, con il proprio linguaggio.
Impara a raccontare con diversi punti di vista.
Leggi questa pagina del diario di Brontolo: sono evidenziate le parole e le espressioni che descrivono il suo modo di vedere, pensare e brontolare!
Il diario di Brontolo
Caro diario, ogni giorno c’è una novità. Qui ormai non si può più vivere tranquilli, perdincibacco! Io l’ho detto almeno un milione di volte che dobbiamo mettere una serratura più seria, accidenti a loro. Quella che abbiamo è talmente tenera, che si apre con un grissino. Un colabrodo! Ecco cos’è, altro che serratura! Porcaccia la miniera!
E oggi abbiamo avuto la dimostrazione. Mentre eravamo via, è entrato in casa un intruso. Sissignore! Un intrusissimo intruso che si è introdotto intrusivamente in casa nostra! È entrato, ha mangiucchiato da tutti i piatti e ha disfatto tutti i letti.
E si è persino messa a dormire. Messa, sì, perché il malintenzionato in realtà era una malintenzionata.
Meno male che siamo arrivati in tempo, altrimenti avrebbe potuto svuotarci la casa con la massima tranquillità, perdincirospo! Quando l’abbiamo scoperta, pensa un po’, perché non chiamassimo subito i soldati, ci ha raccontato una storia tristissima. Ci ha detto che è una principessa, che una regina cattiva la vuole morta e che stava scappando perché un cacciatore che era incaricato di ucciderla le ha risparmiato la vita.
Stavo per dirle: – Ma che bella storia! Inventane un’altra! Ma cosa pensi, che siamo così creduloni?
I miei compagni invece avevano i lucciconi agli occhi e piangevano a dirotto. Mammolette!
Io volevo mandarla via e cambiare subito la serratura della porta di casa, ma quel genio di Dotto ha proposto a tutti di ospitarla.
Ma dico io! Siamo matti!?! Tutti erano così affascinati dalla bellezza della giovincella che le hanno creduto e le hanno persino messo un letto in una stanza tutta per sé. Roba dell’altro mondo! Solo perché una ci racconta una storia triste e dice che è in pericolo di vita, dobbiamo crederle?
Ma io non mi fido, io. La terrò d’occhio. Eh sì! Ci mancherebbe altro!
Davide Conati, Esercizi di stile su Biancaneve, La Medusa Editrice
Per scrivere
Leggi come hanno raccontato lo stesso episodio del brano Cucciolo e Pisolo. Poi, rispondi.
Il diario di Cucciolo
Cao iaio... Oggi, tata, beeeella. Mamma?
• Perché è stato scritto così?
Il diario di Pisolo
Caro diario, oggi è successa una cosa incredibile, ma sono troppo stanco per scriverla ora, domani ti racc...
• Perché è stato scritto così?
Scrivi le caratteristiche principali degli altri personaggi della fiaba (se serve, rileggila).
Dotto
Eolo
Gongolo
Mammolo
Biancaneve
TACCUINO
Vai a pag. 43 del Taccuino per esprimersi, scegli uno dei personaggi e scrivi una pagina di diario.
La lettera è un testo narrativo che ha lo scopo di comunicare a distanza a qualcuno notizie e pensieri.
La lettera di Giraffa
Siamo nella savana africana. Anche oggi il cielo è limpido e azzurro.
Il vento attraversa dolcemente la pianura erbosa e Giraffa può mangiare acacia, il suo cibo preferito, a volontà. È una vita perfetta, mi dirai. E hai ragione. Sembra proprio perfetta. Però, in realtà, al nostro Giraffa manca una cosa, una sola: un amico speciale. Non ha un amico con cui condividere i suoi pensieri. Perciò Giraffa si annoia. Un altro noiosissimo giorno sta per concludersi. – Anche oggi, tutto come al solito: niente di nuovo! E pure domani sarà sempre il solito: niente di divertente! Giraffa guarda distrattamente il sole tramontare rapido. La linea dell’orizzonte si riflette netta nei suoi occhi.
Poi batte le palpebre e all’improvviso chiede: – Cosa ci sarà oltre l’orizzonte? Che animali ci vivranno?
Allunga il collo il più possibile, ma il suo sguardo non arriva fin lì. – Ma certo! Posso provare a scrivere una lettera! C’è un motivo se Giraffa ha pensato di scrivere una lettera. Oggi, mentre stava mangiando le foglie di un’acacia, ha visto pendere da un ramo questo annuncio:
OFFRO SERVIZIO POSTALE
CONSEGNO OVUNQUE, QUALSIASI COSA.
CONTATTATEMI SENZA IMPEGNO.
TARIFFA: AL VOSTRO BUON CUORE.
Pellicano Annoiato
Quella sera Giraffa si addormenta eccitato, pensando a tutte le cose che potrà scrivere.
A te che vivi oltre l'orizzonte, io mi chiamo Giraffa e vivo in Africa. Sono famoso per il mio lungo collo.
Raccontami di te, per favore. Giraffa
(la lettera arriva a Pinguino, che si mette subito a leggere)
Pinguino chiede: – Maestro, lei conosce un tal Giraffa che vive in Africa?
– Eh, il nome l’ho già sentito.
– Allora sa cos’è un collo? Questo Giraffa dice di avere il collo lungo.
– Ehm, se non erro il collo dovrebbe essere la parte del corpo più sottile che si attacca alla testa…
Megumi Iwasa, Caro Giraffa, Caro Pinguino, LupoGuido
Entra nel testo
Perché Giraffa scrive la prima lettera?
Perché Pellicano si offre come postino?
Perché Pinguino chiede che cos’è il collo?
Perché il Maestro non è sicuro della risposta?
Fai il punto
Caro Giraffa, mi chiamo Pinguino e vivo a Capo delle Balene. Grazie alla tua lettera ho imparato che esiste una cosa chiamata “collo". Forse io non ho il collo.
O forse sono tutto collo.
Pinguino di Capo delle Balene
sulla lettera
Quando si legge, la nostra mente immagina le vicende narrate. Quali ambientazioni hai immaginato durante la lettura? Rispondi.
• Da dove è partita la prima lettera? (informazione esplicita)
• Dove è arrivata la lettera? (informazione implicita)
Fai il punto
Chi è il mittente?
sulla lettera
Chi è il destinatario?
Quando e dove viene scritta questa lettera?
Per parlare
Rispondi e confrontati con le compagne e i compagni di classe. Sai giocare a scacchi oppure ti piacerebbe imparare? Conosci altri giochi da scacchiera? Quali giochi ti piacerebbe insegnare ai tuoi amici e alle tue amiche?
Chi scrive una lettera è il mittente, chi la riceve è il destinatario. Una lettera inizia in genere specificando il luogo e la data in cui viene scritta.
Cara Lucrezia
Modena, 5 febbraio
Cara Lucrezia, ora che ho tutto il necessario, il nonno ha detto che devo assolutamente imparare il grande gioco degli scacchi. Sta scrivendo per me, al computer, un bel manuale con le regole principali. A mano a mano che completa una pagina, me la spedisce per posta elettronica e io la stampo. Alla fine avrò un libro scritto appositamente per me. Non è un’idea stupenda? Mi dispiace davvero che tu non sappia giocare. Il tempo scorre via velocissimo, quando hai una scacchiera davanti, e la cosa davvero eccezionale è che vince sempre il più attento: la fortuna non conta proprio! Anche per questo vorrei insegnare gli scacchi a tutti i miei amici, ma non credo che il Pomata o Gigio sarebbero interessati. Fuperman, forse sì, visto che è sempre alla ricerca di nuove avventure in cui mettere alla prova i presunti superpoteri… Ok, te lo chiedo direttamente e senza tanti giri di parole: ti andrebbe di imparare? Potrei spedirti le pagine del manuale che ho stampato. Il nonno mi ha spiegato che è possibile addirittura fare delle partite tramite lettera, oppure online tra amici. Tra i miei amici più in gamba tu sei in assoluto la più in gambissima. Peccato che i tuoi abbiano deciso di trasferirsi in un’altra città…
Ebbene, devo ammetterlo. Una tipa come te manca molto a un osso duro come me.
Scrivi presto e divertiti.
Cesare
Eva
Pigliapoco e Ivan Sciapeconi
Andrea e Andrea
Ascolta questo scambio di lettere tra Andrea e… Andrea. Se ti concentri, puoi capire con facilità chi sono: forse sono la stessa persona?
Sono due amici o due amiche? Oppure sono un amico e un’amica?
TESTO IN GUIDA: Domenica e Roberto Luciani, Andrea e Andrea, Giunti Junior
Dopo aver ascoltato il testo, rispondi alle domande.
• Chi sono Andrea e Andrea?
钀 due maschi
钀 due femmine
钀 una femmina e un maschio
钀 non si capisce
• Chi è il mittente della prima lettera?
钀 Andrea femmina
钀 Andrea maschio
钀 Helga
钀 Filippo
• Chi è il destinatario della prima lettera?
钀 Andrea femmina
钀 Andrea maschio
钀 Helga
钀 Filippo
• Quando e dove è stata scritta la prima lettera?
• Chi è il mittente della seconda lettera?
钀 Andrea femmina
钀 Andrea maschio
钀 Fieramosca
钀 Helga
• Chi è il destinatario della seconda lettera?
钀 Andrea femmina
钀 Andrea maschio
钀 Fieramosca
钀 Helga
• Quando e dove è stata scritta la seconda lettera?
AUDIO DEL BRANO
Entra nel testo
Nel brano, per ben due volte chi racconta si rivolge a chi legge. Sottolinea i due passaggi, poi rispondi.
• Secondo te, perché sono stati inseriti?
La maggior parte delle lettere, oggi, viene scritta e spedita in formato digitale. La posta elettronica è chiamata anche e-mail.
Innamorata di Harry Potter
Era una bambina innamorata persa di Harry Potter. A un anno aveva già letto il volume n. 1, a due anni il n. 2, a tre anni il n. 4, a 5 il 5, a 6 il 6 eccetera. Non ricordo quanti sono.
E ora non ditemi che a un anno non si sa leggere, se no non siete lettori, siete cercatori di pulci, chiudete pure tutto e amici come prima.
Dunque, questa bambina era innamorata persa di Harry Potter e quando venne a sapere che la sua autrice, J.K. Rowling, che tradotta sarebbe poi Giovanna Caterina Rolinga, si era stancata e voleva chiudere la serie, si arrabbiò molto.
Prese carta e penna, anzi computer e e-mail, e scrisse:
Cara Giovanna Caterina, sono una fan di Harry Potter, come la mia mamma, il mio papà, mio fratello, eccetera, anzi molto di più. Ti scrivo per porti una domanda: ma ti dà di volta il cervello? Prima ce ne fai innamorare e poi vuoi smettere? Non si fa così, pentiti e mettiti subito al lavoro. Pentiti e scrivi. Non dovevi iniziare una storia a puntate, se ti piaceva cambiare. Ormai devi andare avanti fino a duemila tremila, come nelle telenovele. Aspetto una risposta urgente, grazie.
Firmato: la bambina innamorata di Harry Potter.
Mentre aspettava la risposta, la bambina leggeva e rileggeva le sue pagine preferite, per esempio quelle dove c’è il serpente.
– Anche a me piacerebbe averne uno, – diceva, – lo addestrerei a diventare un animaletto affettuoso. Naturalmente, per sicurezza, prima gli estrarrei il veleno.
– E come? – le chiese suo fratello.
– Con la cannuccia.
– Ma sei pazza? Con la cannuccia ti avveleni.
– Ma io il veleno mica lo inghiotto, lo sputo.
– Non basta sputare, ti avveleni lo stesso.
– Va bene, allora penserò a un altro metodo.
Intanto aspetta e aspetta, ma di risposte da Giovanna Caterina zero. E un giorno al telegiornale dissero che basta, non sarebbero più usciti nuovi volumi.
La bambina fissata con Harry Potter riprese carta e penna, anzi computer e e-mail, e scrisse:
Cara Giovanna Caterina,
ti informo che le avventure di Harry Potter continueranno scritte da me con l’aiuto delle mie amiche. Poi ti manderemo una copia (anche se non lo meriteresti).
Firmato: una che vuole più bene a Harry di te.
Perciò, se in futuro troverete in libreria una nuova storia di Harry Potter, controllate bene il nome dell’autrice… mi sa che non sarà Giovanna Caterina Rolinga.
Vivian Lamarque, La bambina bella e il bambino bullo e altri bambini e bambine, Einaudi Ragazzi
Immagini dal film Harry Potter e l’Ordine della Fenice: il protagonista, Harry Potter, e sullo sfondo la scuola di magia e stregoneria di Hogwarts.
Scrivi tre domande su questo testo da rivolgere a una compagna o a un compagno. 1 2
Scrivi una e-mail a uno scrittore o a una scrittrice� Vai a pag 44 del Taccuino per esprimersi TACCUINO
ISS: è una sigla inglese che sta per International Space Station, cioè la Stazione Spaziale Internazionale in orbita attorno alla Terra aliena: extraterrestre, che proviene da altri pianeti
Samantha Cristoforetti è un’astronauta italiana. È stata la prima donna a far parte dell’equipaggio dell’Agenzia Spaziale Europea. Ha vissuto 199 giorni a bordo della Stazione Spaziale Internazionale in orbita attorno alla Terra.
Rispondere a una e-mail
Leggi questa e-mail che l’astronauta Samantha Cristoforetti ha scritto durante la sua missione spaziale.
E-mail dallo Spazio
Impara a scrivere un’e-mail
Avamposto spaziale ISS. Orbita terrestre, Giorno di missione 2 (25 novembre 2014)
From: Samantha
To: Anna & Luca
Ho sei mesi per raccontarvi tutto. E capisco già che sarà impossibile e che finirò per raccontarvi molto meno di tutto: come posso farvi provare i brividi, i sapori, gli odori, tutte le sensazioni che mi colpiscono, momento dopo momento? Per ora vi racconterò di un evento fortunato e inatteso che mi è capitato ieri, quando sono arrivata sulla ISS. Avevo allentato le cinture e stavo galleggiando sopra il seggiolino. Mi sono girata per guardare fuori dal finestrino e ho visto uno dei pannelli solari della nostra Soyuz: niente di particolarmente emozionante. Poi, però, ho intravisto qualcosa con la coda dell’occhio e, quando mi sono resa conto di ciò che stavo vedendo, sono stata sopraffatta da puro stupore e gioia.
DONNE E SCIENZIATE
Gli enormi pannelli solari erano inondati da una fiammata di luce arancione vivida, calda e quasi... aliena. Non ho potuto fare a meno di esclamare qualcosa ad alta voce. Poi Anton mi ha chiamata, sono tornata a guardare il pannello dei comandi della Soyuz e, un attimo dopo, quello straordinario bagliore non c’era più.
In seguito, Butch mi ha raccontato che ci sono solo pochi secondi, durante il passaggio dal giorno alla notte, in cui la Stazione è illuminata da quell’incredibile bagliore. Ed è accaduto quando ho sbirciato fuori: mi sento molto fortunata.
E Anna, Luca... il messaggio di benvenuto non era ancora finito: una volta aperto il portello d’attracco, Sasha, Elena e Butch erano lì ad accoglierci.
TACCUINO
Mettiti nei panni di Anna o Luca, i destinatari della e-mail: è il momento di rispondere a Samantha Cristoforetti! Organizza la tua risposta: prendi appunti nello schema sotto, poi vai a pag 45 del Taccuino per esprimersi per scrivere la tua mail
• Nella e-mail ho trovato queste informazioni molto interessanti:
• Di queste informazioni penso che
• A Samantha vorrei chiedere:
Stefano Sandrelli, Nello spazio con Samantha, Feltrinelli Kids
Tutti i giorni utilizziamo i servizi di messaggistica presenti su cellulari e computer per comunicare con le altre persone. Quando si scrivono i messaggi, spesso si usano abbreviazioni ed emoticon (simboli e faccine).
Chat sciatt
GRZ x il t msg
T risp in rit
Xke sn
Smpr trp occ
Ma tvb tvbrt tat
Spr di ved prst
T asp
Cm
S asp il sle
Dp un tmprle
Chiara Carminati, Viaggia verso.
Poesie nelle tasche dei jeans, Bompiani
Entra nelle parole
Riscrivi per intero le parole di Chat sciatt.
Nel messaggio c’era
Il messaggio che tu non hai letto
è il messaggio che non ti è arrivato
Il messaggio che non ti è arrivato
è il messaggio che non è partito
Il messaggio che non è partito
è il messaggio che non ho inviato
Il messaggio che non ho inviato
è il messaggio che non ho mai scritto
Nel messaggio che non ho mai scritto c’erano tutte le ragioni
per cui ti guardo e resto zitto.
Chiara Carminati, Viaggia verso.
Poesie nelle tasche dei jeans, Bompiani
Per scrivere
Puoi utilizzare le emoticon per scrivere le tue emozioni� Associa ogni emoticon all’emozione corrispondente
sorpresa
rabbia
gioia
Conosci altre emoticon? Disegnale e spiegale sul quaderno.
Caro diario
Caro diario,
Venerdì, 15 gennaio
oggi ti devo scrivere qui nel bagno perché, se sto là con la mamma, poi lei ti vuole leggere. Quest’anno io faccio la quarta e i maestri ci danno sempre un sacco di roba da studiare. Quello di italiano poi, è fissato con i testi e ci fa scrivere quasi tutti i giorni.
Ormai gli ho raccontato tutta la mia vita un paio di volte, descritto gatti, cani, pappagalli e gite al mare e non so più che cosa scrivere.
Al pomeriggio ho sempre tanti di quei compiti che certe volte ci metto anche tre ore. Ieri, poi, ho avuto meno tempo del solito, perché avevo anche una lezione di pianoforte con il professor Perotta.
Devo dire che è stata una grande noia!
Quando sono tornata a casa avevo ancora da studiare storia: tutte le vicende degli Egizi. Avrò avuto ancora sei pagine!
Secondo me gli Egizi non avevano niente da fare sennò non avrebbero avuto il tempo di coltivare la terra, costruire le piramidi e combattere! Martina
Stefano Bordiglioni, Manuela Badocco, Dal diario di una bambina troppo occupata, Einaudi Ragazzi
Rispondi.
� Chi scrive questa pagina di diario?
� Quando scrive?
� Quando accadono i fatti raccontati nel diario?
钀 il giorno stesso 钀 il giorno stesso e il giorno prima
钀 tanto tempo prima
� Quali emozioni racconta chi scrive?
钀 felicità 钀 rabbia 钀 noia 钀 ansia 钀 gioia
Mi valuto: MI VALUTO
Rispondere alle domande è stato
Caro Murdo
1° Giorno
Lettera anonima fatta con ritagli di giornale
-18 °C
foresta delle radici
Caro Murdo,
so che vai matto per le indagini, con tanto di indizi, sospetti ed enigmi da risolvere. Ammettilo, hai sempre sognato di fare
l’investigatore privato, o sbaglio?
Ecco perché ti scrivo questa lettera anonima. Non c’è nulla di meglio di una lettera anonima per iniziare bene un’indagine.
Vuoi sapere chi sono? Ti do tre indizi: non ricevo mai lettere ho sempre sognato di fare l’investigatore privato sono uno yeti come te. In bocca al lupo!
Murdo
P.S.: ops, ho messo la firma… una lettera anonima non può essere firmata Troppo tardi, mi sono tradito
3° giorno
Prima lettera ricevuta
-33 °C
vetta ventosa
Ciao Murdo, ieri, giù a valle, ho trovato per terra un foglio piegato in quattro. Era una lettera, e subito ho riconosciuto la tua calligrafia. Leggendola, ho scoperto che speravi tanto che ti scrivessero, così ho pensato di farlo io. Noi due siamo vecchi amici, e gli amici ci sono sempre l’uno per l’altro.
Veniamo al sodo, mio caro Murdo. Preferisco dirti la verità: non credo proprio che un postino si prenda la briga di venire fin dalle nostre parti. Secondo me le lettere che imbuchi o che appoggi per terra se le porta via il vento. E a dirla proprio tutta, come postino il vento non è un granché. Ecco perché ho una proposta da farti: ci sto a fare io il postino per qualche giorno, ti chiedo solo di rispettare certe regole: - lascia le lettere vicino alla buca prima di sera, sotto un GROSSO sasso.
- disegna un bel francobollo su ogni busta.
- non provare a sbirciare di notte per scoprire chi sono.
- aspetta la mattina per ritirare la posta.
- non prendertela se qualche volta non ricevi nulla: io che c’entro?
1 Hai letto: un diario due lettere un testo realistico un testo fantastico
LE LETTERE
2 Completa la tabella
1° lettera
2° lettera
LE INFORMAZIONI ESPLICITE
3 Chi è Murdo?
È un orso È uno yeti
4 Che cosa desidera Murdo?
Fare l’investigatore privato
Fare il postino
5 Perché Y Decide di scrivere a Murdo?
Si sente solo È suo amico
Rispondere alle domande è stato perché
Le mie risposte corrette sono state: (numero)
In che cosa posso migliorare?
Mi valuto: MI VALUTO mittente destinatario quando e dove è stata scritta messaggio in sintesi
LE INFORMAZIONI IMPLICITE
6 Perché la prima lettera è scritta con ritagli di giornale?
Murdo non ha una bella calligrafia
Murdo non vuole si riconosca la sua grafia
7 Perché Y chiede a Murdo di mettere un grosso sasso sulle lettere?
Per non far volare via le lettere
Per poter riconoscere di chi sono le lettere
per FARE il PUNTO
Leggi e usa le mappe di sintesi per ricostruire ciò che sai sul diario e sulla lettera.
Scopo scrivere avvenimenti, sentimenti, le proprie emozioni e riflessioni
Personaggi chi scrive è il/la protagonista
Scopo comunicare a distanza
Struttura
• inizio
• sviluppo
• conclusione: saluti e firma
Personaggi
• chi scrive: mittente
• chi riceve: destinatario
Luoghi reali
DIARIO
Narrazione
• in prima persona
• si scrive al diario come fosse una persona amica
Tempo definito, c’è la data
Fatti
• realmente accaduti
• dal proprio punto di vista
Narrazione in prima persona, soggettiva
LETTERA
Luogo definito, indicato all’inizio insieme con la data
Fatti
• notizie
• pensieri di chi scrive
Tempo definito, c’è la data
Il manifesto delle emozioni
Ora progetta un manifesto speciale, per organizzare i diritti e i doveri delle emozioni. Ogni emozione, infatti, ha il diritto di esistere, ma ha anche qualche dovere.
REGOLE
Nel progettare il tuo lavoro ricordati che devono essere presenti:
• almeno 4 emozioni;
• per ogni emozione, almeno un diritto e un dovere.
emozioni RABBIA
diritti
doveri
diritto di farsi notare se qualcuno mi fa arrabbiare tanto
dovere di non trasformarsi in violenza, fisica o verbale, verso gli altri e le altre
SCELTA DEL MANIFESTO
Per realizzare il tuo manifesto puoi scegliere tra tante possibilità diverse:
• un cartellone;
• un lapbook;
• un volantino;
• una presentazione multimediale;
• un fumetto;
• un albo illustrato;
• un video;
• una filastrocca ecc.
Alla fine presenta il tuo lavoro al resto della classe.
al traguardo!
Un catalogo di emozioni
Quando si legge, è inevitabile provare delle emozioni. Prova a riflettere sui brani di questo volume. Poi, prova a catalogarli in base alle emozioni che ti hanno suscitato.
Mi hanno fatto sorridere
Mi hanno fatto piangere
Mi hanno fatto venire voglia di smettere di leggere
Mi hanno fatto battere il cuore
Mi hanno fatto riflettere
Mi hanno fatto capire qualcosa di nuovo
Mi hanno fatto sognare e immaginare
Mi hanno fatto arrabbiare
I e laLEGGEREZZA nelle STORIE
In questa unità leggerai e imparerai a scrivere:
• RACCONTI UMORISTICI
• FUMETTI
• POESIE
• TESTI INFORMATIVI
L d e d
Divertiti con i manga gi i
Impara a capire le fake news
Festeggia l’arrivo della primavera
Leggi tra vignette e n l
AUDIO, VIDEO, OGGETTI DIGITALI DELL'UNITÀ
sul racconto umoristico Fai il punto
Che cosa fa ridere in questo racconto?
钀 Che Arthur non va dalla zia Eunice.
钀 Che Arthur sembra ubbidire, poi invece mette in atto un piano furbo.
Il racconto umoristico ha lo scopo di divertire con situazioni assurde, esagerazioni, battute. I personaggi hanno spesso caratteristiche strane o compiono azioni imprevedibili.
Arthur
– Arthur – disse la mamma – andiamo a trovare zia Eunice. Mettiti la camicia bianca e il tuo bel completo e la cravatta nuova e le scarpe nuove lucide. Arthur non voleva vestirsi elegante. Non voleva andare a trovare zia Eunice.
– Voglio rimanere qui coi miei vestiti vecchi a guardare il mio programma preferito – disse Arthur.
– Be’, invece tu vieni con me a trovare zia Eunice, e questo è quanto. E ti vesti elegante, e questo è quanto.
– Va bene – disse Arthur.
La mamma di Arthur era sorpresa.
Arthur si mise la camicia bianca e il suo bel completo nuovo e la cravatta che zia Eunice gli aveva regalato per il suo ultimo compleanno. Si mise le scarpe nuove lucide.
– Adesso sei proprio un gentiluomo – disse la mamma.
Non appena si fu vestito, Arthur andò in cucina. Aprì il frigorifero. Si versò un bel bicchierone di succo d’uva. Un po’ di succo gli finì in faccia, ma quasi tutto il resto finì sulla camicia bianca e sul bell’abito nuovo e sulla cravatta che zia Eunice gli aveva regalato per il compleanno. Poi uscì in cortile. In pochi minuti le sue belle scarpe nuove lucide erano tutte infangate. La mamma era triste. – Santo cielo – disse. – Hai rovinato tutti i tuoi bei vestiti. Non puoi venire da zia Eunice ridotto così. Dovrai rimanere a casa.
Così Arthur si cambiò e tornò a mettersi i suoi blue jeans e il suo maglione e le sue comode scarpe vecchie. La mamma andò a trovare zia Eunice e Arthur dovette rimanere a casa a guardare il suo programma preferito alla TV.
Florence Parry Heide, Storie per bambini perfetti, Bompiani
A volte, il racconto umoristico fa ridere h ll come nel caso delle barzellette. Altre volte, fa s d e: in questo caso, si può parlare di racconto ironico.
Olle va in gita
Era venerdì pomeriggio e mancavano due ore alla partenza. Sia Olle che il padre tremavano al pensiero della gita in montagna. Il padre, il signor Mons, sapeva che avrebbe trascorso tre giorni col terrore che il figlio annegasse in un laghetto di montagna o che si perdesse nelle nebbie, o precipitasse in un burrone. Olle non sapeva esattamente di cosa avesse più paura. Mons aveva aiutato Olle a preparare lo zaino, che assomigliava a un elefantino sovrappeso.
– Ricontrolliamo la lista – disse il padre. – Calzettoni di lana, maglietta di lana a maniche lunghe, mutandoni di lana, canottiera e mutande, camicie, maglioni, sciarpa, guanti, tuta imbottita, tuta da ginnastica, scarpe da ginnastica, stivali di gomma, giacca a vento, pantaloni impermeabili, costume da bagno, asciugamano, spazzolino da denti, dentifricio, pastiglie contro il mal di testa, cerotti, termometro, bende, vitamine all’olio di fegato di merluzzo, zanzariera, macchina fotografica, Shangai… perché conoscendoti farai sicuramente una partita a Shanghai, vero?
Olle annuì.
– Bene – continuò il padre – bussola, pigiama, occhiali da sole, occhiali di riserva, crema abbronzante, corda, latte in polvere, fiammiferi, non si sa mai… fazzoletti, spray per il naso, cioccolato fondente, binocolo, sacco a pelo, pala… – Pala? Che me ne faccio di una pala?
– Non si sa mai, potrebbe servire.
Mons aiutò Olle a infilarsi lo zaino in spalla. – Pesa?
Olle barcollò prima di trovare l’equilibrio.
– Un po’. Forse dovresti togliere il termometro.
Klaus Hagerup, Olle Pappamolle, Salani, 1999, Milano
Che cosa fa ridere in questo racconto?
钀 l’inizio
钀 il finale
Perché? sul racconto umoristico Fai il punto
TACCUINO
Vai a pag. 46 del Taccuino per esprimersi e scrivi la lista di tutto ciò che metteresti nello zaino per passare tre giorni in montagna in gita con la tua classe.
Sottolinea le parole, le espressioni e le situazioni che rendono umoristico questo testo.
Confronta le parti che hai sottolineato con quelle di una compagna o di un compagno: avete individuato gli stessi “ingredienti umoristici”?
Nei racconti umoristici molto spesso a sorprendere e divertire è il linguaggio: a volte fanno sorridere le parole che in altri contesti è poco opportuno o sconsigliato dire; altre volte a farci ridere sono termini inventati, battute e giochi di parole.
La mia penna
Un giorno la mia penna a sfera (blu) mi ha detto:
– Non vorresti scrivere una poesia con me?
– Io? Sono negato in poesia!
– Oh, è facile – ha risposto la penna. – Me l’ha detto un’amica, che appartiene a un poeta. Lui scrive tre poesie al giorno. Dai, per favore...
– Va bene, se proprio insisti ci provo – ho sospirato.
– Ma ci vuole un argomento. L’amore per esempio...
– Ma sei antiquato...
– La natura? I fiori? – ho proposto.
Dopo tre clic, mi ha guardato con aria sprezzante.
– Ma no, è noioso. [...]
– Ma cosa, allora? – ho chiesto.
– Sul gabinetto! Scrivimi una poesia sul gabinetto! Sono scoppiato a ridere.
– Ma hai sbattuto la testa? E che poesia può ispirare un gabinetto!
– E perché no? Forza, aiutami. Ho già l’inizio: Quando scappa scappa...
– Oh, interessante – ho detto gentilmente.
Ha ripetuto tre volte: – Quando scappa scappa...
– Tocca a te, ora. Trovami una rima.
– Oh mia bella schiappa! – ho proposto.
– Furbastro. Fai funzionare la tua zucca invece e continua...
– Finiscila! – ho risposto innervosito.
Entra nel testo
– Ho altre cose da fare.
Ho gettato nel cestino il suo inizio di poesia e ho aperto il libro di Matematica.
Mentre eseguivo un esercizio, la sentivo scribacchiare, ma pensavo stesse disegnando dei maialini, come il suo solito. Mi sbagliavo.
– Ascolta questa! – ha gridato qualche minuto dopo. – Ho scritto una poesia.
E si è messa a declamare:
Puzza qui puzza lì prendi questa porta qui Cacca su cacca giù e non ci pensare più!
– Brava! E cosa ne vorresti fare di questa... questa... – stavo per dire “porcheria”, ma sono beneducato.
– Magnifica la mia poesia, non trovi? – ha detto la penna.
– Enzo, voglio che tu l’attacchi sulla porta del gabinetto. Ho capito subito che era meglio non discutere. Ho preso la sua… porcheria… volevo dire la sua poesia e l’ho incollata al gabinetto. Quando sono tornato, la penna stava scarabocchiando su un foglio.
– Ho iniziato una nuova poesia – mi ha spiegato. – Sulle tue mutande che semini dappertutto [...].
Questo era troppo! Sapevo benissimo cosa avrebbe potuto scrivere. L’ho presa e l’ho nascosta nell’astuccio dei trucchi di mia sorella. Dopo Matematica, ho controllato il quaderno di Lettere. Guarda caso avevo una poesia da imparare: Ode ai calzini*, di Pablo Neruda. Senza dubbio uno scherzo della mia penna. Chi mai avrebbe l’idea di scrivere un’ode ai calzini?
*No, non è uno scherzo: il grande poeta cileno Pablo Neruda ha in effetti scritto un’Ode ai calzini. E anche un’Ode alla patata e un’Ode alla zuppa di Grongo.
Bernard Friot, Storie di calzini e altri oggetti chiacchieroni, trad. it di David Tolin, Il Castoro, 2020
Prova a scrivere una tua poesia dedicata ai calzini. Vai a pag. 47 del Taccuino per esprimersi TACCUINO
Entra nel testo
Qual è la proprietà fantastica dello “sciroppio”?
Qual è il punto di vista di Sofia sui “petocchi”? E quello del gigante?
Una bevanda scoppiettante
– Ecco lo sciroppio! – esclamò il GGG brandendo la bottiglia fieramente, come se contenesse vino pregiato. – Lo squizzito sciroppio scoppiettante!
Scosse la bottiglia e il liquido verde cominciò a frizzare da matti.
– Oh, guarda! – esclamò Sofia. – Le bollicine vanno nel verso sbagliato! – Infatti, invece di salire e di scoppiare alla superficie, le bollicine si dirigevano verso il basso e scoppiavano sul fondo, dove formavano uno strato di schiuma verdastra.
– Cosa diavolo tu intende per verso sbagliato? – chiese il GGG.
– Le bollicine vanno sempre verso l’alto e scoppiano alla superficie.
– Verso l’alto: questo è il verso sbagliato! – esclamò il GGG. – Mai le bolle deve andare verso l’alto. È l’asinata più ribrezzante che io ha mai inteso!
– Perché?
– E tu mi chiede perché? – esclamò il GGG agitando l’enorme bottiglia come se dirigesse un’orchestra. – Tu pretende veramente che non sa perché è un calamitoso calamatto che le bolle va su invece di giù?
– E perché le bolle non dovrebbero andar su? – insisté Sofia.
– Se tu mi ascolta con attenzione, io proverà a spiegartelo – disse il GGG, – ma tu ha la testa così piena di cicche di cicale che mi chiede se tu comprenderà.
– Farò del mio meglio – assicurò Sofia.
– Allora, ecco: quando tu beve anche le bolle va nella pancina. Chiaro o scuro?
– Chiaro.
– E le bolle frizza verso l’alto?
– Certo.
– Questo significa – proseguì il GGG – che le bolle
va bizzibizzi fino in gola ed esce dalla bocca con un rutto un pochetto vomitoso.
– Sì, succede spesso – riconobbe Sofia, –ma che fa un ruttino di tanto in tanto?
È anche buffo.
– Ruttare è inamìssile – dichiarò il GGG. –Noi giganti mai si rutta.
– Ma con quella vostra bevanda, come si chiama...
– ... sciroppio.
– Con quel vostro sciroppio le bolle se ne andranno verso il basso, con conseguenze ben peggiori.
– Perché peggiori? – chiese il gigante corrugando la fronte.
– Perché – disse Sofia arrossendo leggermente, –se scendono invece di salire, usciranno per qualche altra parte con un rumore ancora più forte e sconveniente.
– Con un petocchio! – esclamò il GGG raggiante. – Noi giganti fa petocchi in continuazione! Un petocchio è un segno di gioia. È una musica per l’orecchio! È un marcio nuziale! Tu non mi può dire che un piccolo petocchio ogni tanto è proibito tra i popolli! – È considerato segno di grande maleducazione –disse Sofia.
– Ma anche tu fa dei petocchi qualche volta, no?
– Tutti fanno dei petocchi, se così li chiamate. Petocchiano re e regine, i presidenti, le stelle del cinema e i neonati petocchiano. Ma là da dove vengo non è educato parlarne.
– Ma è radìcchiolo! – esclamò il GGG. – Se tutti petocchia, perché non parlarne? Adesso noi si prende un sorso di questo stupendo sciroppio e tu vedrà il felice risultato.
Roald Dahl, Il GGG, Salani, 2020, Milano
sul racconto umoristico Fai il punto
Che cosa rende umoristico questo brano?
Quale parte del brano ti ha divertito di più? Sottolineala.
TACCUINO
Diventa un traduttore o una traduttrice della lingua del GGG. Vai a pag. 48 del Taccuino per esprimersi e completa il glossario.
Entra nel testo
In quale passaggio del testo si racconta qualcosa che sorprende chi legge?
Sottolinealo.
Che cosa rende umoristico questo racconto?
钀 Le parole che usa il bambino.
钀 Le parole che usa il padre.
钀 Il cambio di linguaggio del padre.
钀 Non lo so.
Qual è il personaggio più ridicolo secondo te?
moquette: rivestimento di pavimento simile a un tappeto
I personaggi dei racconti umoristici spesso sono persone distratte o pasticcione che combinano disastri. Possono anche essere persone comuni che si trovano in situazioni stravaganti.
Una questione di linguaggio
Il mio papà è prof. d’italiano. Oh, scusate: mio padre insegna la lingua e la letteratura italiana. A volte è una bella rottura! Voglio dire: la professione di mio padre è talvolta motivo per me di disappunto. L’altro giorno, per esempio. Mentre segavo un pezzo di legno mi sono tagliato il pollice. Un taglio profondo. Sono corso da papà che leggeva nel salone.
– Papà, papà! Corri a prendermi un cerotto, è un macello, schizzo sangue dappertutto! – ho urlato.
– Ti prego di farmi la cortesia di esprimerti correttamente –ha risposto mio padre senza alzare il naso dal libro.
– Mio caro padre, – ho riformulato – mi sono tagliato il pollice e il sangue cola abbondantemente dalla ferita. – Ecco un’esposizione dei fatti chiara – ha dichiarato.
– Ma datti una mossa, fa un male cane! – mi è scappato.
– Luca, non capisco questo linguaggio – ha replicato papà.
– Il dolore è intollerabile – ho tradotto – e quindi ti sarei estremamente riconoscente se volessi accordarmi le cure necessarie.
– Ah, ecco che così va meglio. Esaminiamo questo graffio. Ha abbassato il suo libro e ha visto che facevo smorfie di dolore e che tenevo stretto il mio pollice grondante sangue.
– Ma sei fuori o che? – ha gridato furioso. – Hai fatto un casino sulla moquette! Fila in bagno, bendalo, fa’ qualcosa! Stavo per rispondere: – Adorato papà, le sarei grato se volesse farmi la cortesia di esprimersi con un lessico appropriato. Ma ho preferito non dire niente.
Bernard Friot, Il mio mondo a testa in giù, trad. it di Rosa Vanina Pavone, Il Castoro, 2008
Il fumetto è un racconto realizzato con una sequenza di disegni. I dialoghi e i pensieri sono dentro nuvolette, che in inglese si chiamano “balloon”. Ogni scena della storia è racchiusa da una cornice e si chiama vignetta. L’insieme di più vignette sulla stessa riga si chiama striscia.
Buongiorno, Paperino!
, Paperino, I classici del
Fai il punto sul fumetto
Nella terza vignetta, ci sono tre tipi di “testo”. Analizzali.
• Chi dice “Urgh!”?
• Che cos’è “SLAM”?
• Chi dice “Il rumore improvviso sveglia di soprassalto il povero Paperino…”?
钀 il narratore della storia
钀 uno dei nipotini
Nella quinta vignetta, Paperino ha male alla testa: da che cosa si capisce?
钀 dalle stelline sulla testa
钀 dagli occhi incrociati
Nell’ottava vignetta, Paperino sta cadendo: da che cosa si capisce?
钀 dal becco aperto
钀 dalle linee curve bianche
Walt Disney
fumetto di Repubblica n. 4
Fai il punto sul fumetto
Rispondi, poi confronta le tue risposte con quelle dei tuoi compagni e delle tue compagne.
• Secondo te, perché il balloon che rappresenta la rabbia è fatto così?
• Secondo te, perché il balloon che rappresenta le parole sussurrate è fatto così?
TACCUINO
Prova a diventare un fumettista, vai a pag. 49 del Taccuino per esprimersi e utilizza correttamente i balloon.
parole pronunciate
parole pensate
Nei fumetti la forma dei balloon fa capire se il personaggio sta pensando, sta parlando, sta urlando oppure sta sussurrando.
I balloon
Le parole nei fumetti vengono scritte nei balloon, che sono composti da due parti: una nuvoletta e una coda o delta.
coda o delta
Con la forma della nuvoletta e della coda si rappresentano situazioni comunicative diverse.
parole urlate con rabbia
parole urlate
parole sussurrate
parole ascoltate dalla televisione
nuvoletta
Divertiti a realizzare un personaggio in movimento.
Crea il tuo personaggio animato
1 Prendi un blocco di carta e sistemalo con la linea di rilegatura alla tua sinistra. Disegna a matita il tuo personaggio sull’angolo superiore destro dell’ultima pagina.
2 Sulla penultima pagina, disegna lo stesso personaggio, ma leggermente modificato, in modo che dia l’impressione di movimento: magari cambia la posizione di una gamba o di un occhio… Procedi così, con dei piccoli cambiamenti, per tutte le altre pagine. Disegna il personaggio sempre nell’angolo superiore.
3 Sfoglia rapidamente le pagine del blocco con il pollice, per controllare che l’animazione funzioni. Quindi ripassa tutti i disegni con i pennarelli.
4 Colora e aggiungi particolari con ombreggiature e linee di movimento.
5 Ora è tutto pronto! Sfoglia le pagine del blocco con i tuoi amici e le tue amiche. Il tuo personaggio potrebbe anche essere protagonista di un racconto umoristico. Scrivi un breve testo che lo descriva.
Lezione, dimostrazione o istruzione
Fai il punto sul fumetto
Osserva la quarta vignetta: quali elementi ti fanno capire che la protagonista è preoccupata?
Osserva la quinta e la sesta vignetta: qual è la differenza tra le due nuvolette?
Entra nel testo
Nel corso della storia la protagonista prova diverse emozioni: quali? Colorale.
rabbia
insicurezza
indifferenza
tristezza
terrore
gioia
sorpresa sollievo invidia
entusiasmo malinconia
noia
ansia curiosità
Per parlare
C’è un personaggio dei fumetti che ti piace?
Fate un’indagine in classe e scoprite qual è il preferito.
TACCUINO
Immagina di dover progettare una LDI: di che cosa parleresti?
Vai a pag. 50 del Taccuino per esprimersi per organizzare la tua lezione.
I fumetti giapponesi si chiamano manga e hanno delle caratteristiche particolari che li distinguono dagli altri. Per esempio si leggono a partire dall’ultima pagina e da destra verso sinistra. Questo testo informativo ti fornisce alcune informazioni sui manga.
I manga
Manga è un termine giapponese che indica i fumetti originari del Giappone.
La parola “manga” significa “immagine veloce” o “immagine in movimento”. Questa parola ebbe origine alla fine del 1700 grazie ad alcuni libri illustrati pubblicati nel 1798. In seguito, il termine fu utilizzato dal famoso artista giapponese Katsushika Hokusai, che nel 1814 pubblicò gli Hokusai manga, una sua raccolta di disegni.
Dagli anni ‘50 del Novecento, i manga furono influenzati dai fumetti e dai cartoni animati occidentali e si trasformarono in un nuovo prodotto, un fumetto molto particolare. L’opera considerata il primo manga della storia è stata pubblicata nel 1947 con il titolo Shin Takarajima (La nuova isola del tesoro). L’autore è Osamu Tezuka, definito come il vero padre dei manga dagli appassionati del genere.
I manga sono dunque i fumetti giapponesi moderni, diversi dai fumetti occidentali per molti aspetti. Innanzitutto, in Giappone vengono pubblicati prima in riviste famose che raccolgono episodi di storie diverse. In base al gradimento del pubblico, queste storie vengono poi raccolte e ristampate in volumi di formato tascabile, i tankobon. Ecco come si presentano i manga:
• l’impaginazione è diversa rispetto ai fumetti classici. I manga hanno solitamente pagine più larghe;
Testo facilitato e semplificato
• l’assenza di colori: quasi tutti i manga sono in bianco e nero, fatta eccezione per la copertina. In compenso, si utilizzano giochi di ombre e sfumature dei quali i mangaka, ossia gli autori, sono dei veri e propri maestri;
• lo stile dei disegni: in genere, i personaggi dei manga sono disegnati con occhi grandi, nasi piccoli, teste tondeggianti, corporature non molto realistiche e muscoli poco accentuati.
Una differenza fondamentale tra il fumetto giapponese e quello che conosciamo noi è il senso della lettura. I manga, infatti, si leggono al contrario rispetto ai fumetti occidentali: si parte dall’ultima pagina, con la rilegatura a destra, e il senso di lettura delle vignette procede da destra verso sinistra, sempre dall’alto verso il basso. Ma perché i manga si leggono al contrario? La risposta è molto semplice: in giapponese si scrive dall’alto verso il basso e il senso di lettura va da destra a sinistra.
In Giappone i manga si differenziano in funzione del pubblico di riferimento, per esempio:
• shonen, i manga pensati per ragazzi, come One Piece;
• shÕjo, i manga pensati per ragazze, come Sailor Moon;
• kodomo, i manga che si rivolgono ai bambini, con storie più semplici e disegni più morbidi, come Doraemon.
Anime e manga non sono la stessa cosa.
I manga, come abbiamo visto, sono i fumetti, gli anime, invece, sono i cartoni animati. Il termine “anime” infatti deriva da animazione. Gli anime spesso derivano dai manga, ma possono prendere spunto anche dai videogiochi, come nel caso dei Pokémon.
In molti Paesi, anche in Italia, il pubblico ha scoperto i manga grazie al successo delle serie animate. Tra i manga più celebri trasformati in anime ci sono: Dragon Ball, Lady Oscar, Capitan Tsubasa, One Piece oppure Naruto.
Entra nel testo
Scrivi sui puntini il titolo di ciascun paragrafo. Scegli tra:
• Anime e manga
• Che cosa sono i manga
• Storia del fumetto giapponese
• Tipologie di manga
• Come si leggono i manga
TACCUINO
Vai a pag. 51 del Taccuino per esprimersi per riassumere il testo che hai appena letto.
Entra nel testo
Rispondi.
• A che cosa servono le gobbe del cammello?
• Che cosa vuol dire “fare lo struzzo”?
• Gli struzzi mettono davvero la testa sotto la sabbia?
Quando leggiamo, è importante cercare di capire se siamo di fronte a un testo attendibile o se invece si tratta di fake news (notizie false) o leggende metropolitane, cioè storie inverosimili che si diffondono a tal punto da essere ritenute vere.
Bugie bestiali
Secondo una nota credenza popolare, i cammelli userebbero le gobbe che hanno sul dorso per conservare l’acqua, così da riuscire a percorrere grandi distanze nel deserto, sotto il sole cocente e senza alcun bisogno di bere. Le loro gobbe fungerebbero da grandi “borracce” dalle quali attingere il prezioso liquido durante il percorso.Tutto questo è chiaramente falso, poiché le gobbe dei cammelli non sono riserve d’acqua ma enormi depositi di grasso, da cui l’animale può trarre energia quando il cibo scarseggia.
Ogni gobba contiene circa 30 chili di grasso e con entrambe le gobbe piene un cammello può resistere fino a tre settimane senza mangiare.
È un modo di dire tradizionale ad aver alimentato la leggenda che lo struzzo, quando è impaurito, nasconda la testa sotto la sabbia. Nella credenza popolare “fare lo struzzo” significa “non voler affrontare i problemi e sfuggire alle proprie responsabilità”.
Lo struzzo ha molte armi di difesa: le dimensioni (può arrivare a pesare 150 kg), le lunghe zampe dotate di unghioni, la velocità (raggiunge i 70 km all’ora). Altro che nascondersi! La convinzione che infili la testa sotto la sabbia è frutto di una distorsione ottica. Lo struzzo si ciba di semi ed erbe; quando porta il becco a terra per frugare nel terreno, può ingannare chi lo osserva da lontano, facendogli credere che stia nascondendo la testa sotto la sabbia. L’illusione ottica deriva dalle imperfezioni del terreno, che da lontano sembra piatto, ma in realtà presenta avvallamenti, cunette, ciuffi d’erba sparsi.
In treno
Un vecchio signore in un corridoio di un treno parla da solo e ogni tanto scoppia a ridere. Ogni tanto fa:
– Eeh! – e poi – Ah! Ah! Ah! – e poi ancora – Eeh!
Un signore, in piedi vicino a lui, preoccupato pensa che possa sentirsi poco bene.
Si accosta e dice: – Signore, va tutto bene?
– Sì, perché giovanotto?
– Sa, vedo che lei parla da solo, poi fa così e ride. Scusi, non per farmi i fatti suoi; ma sa, ho pensato: forse si sente poco bene!
– Ah, no! Non si preoccupi, giovanotto. Sa. Il viaggio in treno è lungo. Io mi annoio molto a viaggiare in treno. Allora cosa faccio? Mi racconto storielle!
– Ah sì?
– Sì! E mi faccio ridere, no? Ah! Ah! Ah!
– Scusi, ma perché ogni tanto fa “Eeh!”?
– Ma perché quella lì la conosco già!
Moni Ovadia, Perché no?, Bompiani
Rispondi.
� Il testo che hai letto è: un racconto d’avventura. un racconto di paura. un racconto umoristico.
� Perché il vecchio signore ride?
� Perché ogni tanto fa: “Eeh!”?
Mi valuto: MI VALUTO
Rispondere alle domande è stato
Le parole di Uri
È la festa di Uri: oggi compie due anni.
Sono venuti i nonni, le nonne, gli zii e le zie… tutti. Uri ha spento le candeline sulla torta e ha ricevuto dei bei regali (anche Yonatan li ha ricevuti, così non sarà geloso del fratellino).
Poi Uri ha gironzolato tra gli invitati per chiacchierare un po’ con loro.
È andato da nonno Yitzik e gli ha detto, mettendosi un dito in bocca “TE TUTATO TETITO TOTO.”
– Ma che maleducato! – ha esclamato nonno Yitzik – un sovrano non dovrebbe comportarsi così.
Poi ha spiegato agli altri che ascoltavano meravigliati: – Uri mi ha appena detto TE TUTATO TETITO TOTO, “il re ha sputato sul vestito del topo”.
Tutti gli ospiti hanno chiesto: – Il re di quale paese? Noi siamo una repubblica!
E sono corsi in giardino per vedere di quale re si trattava.
MaYonatan rideva a crepapelle: –Voi non capite la lingua di Uri!TE TUTATOTETITOTOTO vuol dire “mi è spuntato un dentino nuovo”.
Gli ospiti sono scoppiati a ridere, e nonno Yitzik ha riso tanto che gli sono scese le lacrime e ha dovuto togliersi gli occhiali.
Nonna Michaela ha guardato la bocca a Uri e ha detto: – Ti sta crescendo bello e forte.
E lui ha risposto: – TOTO TUTITO TATI TO TATOTETTO.
– Cosa?! – si è stupita la nonna. – Il nonno è fuggito in taxi col divano letto?
– Non ha detto così! – Yonatan si sbellicava dalle risate. – Nessuno di voi capisce la lingua di Uri. TOTO TUTITO TATI TO TATOTETTO vuol dire “il nonno ha pulito gli occhiali col fazzoletto”. – Ah! – hanno detto tutti. – Adesso è chiaro. – Ridevano tanto che a nonno Yitzik sono spuntate ancora le lacrime e ha dovuto nuovamente fuggire in ta… ops, scusate, pulire gli occhiali.
David Grossman, La lingua speciale di Uri, Mondadori Junior
IL TESTO
1 Il testo che hai letto è perché
IL TEMPO E IL LUOGO
2 Quando accade la vicenda?
3 Dove avviene la vicenda?
GLI ELEMENTI UMORISTICI
4 Quali elementi rendono umoristico il racconto?
i personaggi Sì No Non lo so le situazioni Sì No Non lo so le battute Sì No Non lo so le parole usate Sì No Non lo so i fraintendimenti Sì No Non lo so
Altro:
IL SIGNIFICATO DELLE PAROLE
5 Che cosa significa: si sbellicava dalle risate? Spiegalo con parole tue.
NEL TESTO
6 Nel finale, c’è una parola che si interrompe: qual è?
MI VALUTO
Rispondere alle domande è stato perché
Le mie risposte corrette sono state: (numero)
In che cosa posso migliorare?
Mi valuto:
7 Perché chi parla si ferma e si corregge?
IL FUMETTO
8 In quale balloon scriveresti le seguenti battute? Usa le lettere.
A TOTO TUTITO TATI TO TATOTETTO
B Cosa?!
C Nessuno qua capisce la lingua di Uri
Due sorelle
Due sorelle che abitavano ad Omegna scoppiettanti come il fuoco con la legna litigavano ogni giorno con passione per accogliere o meno le persone: una apriva per aver visitatori mentre l’altra li chiudeva tutti fuori.
Il babbo in bici
Un babbo andava in bici per Marsiglia cercando l’orsacchiotto della figlia (che senza quello non si addormentava) e mentre lui, gambe a pezzi, pedalava la bimba beata nel suo letto dormiva abbracciata a un coniglietto.
Fai una passeggiata e cerca personaggi dove non te li aspetti! È una questione di sguardi. Poi, vai a pag. 52 del Taccuino per esprimersi e prendi nota di ciò che hai scoperto.
La sedia di Van Gogh
Qual storia si rimedia se parliamo di una sedia?
Una storia un po’ speciale con le gambe e lo schienale, con un piolo e qualche legno proprio come nel disegno, un colore un poco vecchio come l’acqua dentro al secchio.
E chi è stanco non si sbaglia a sedersi sulla paglia.
Io che sono assai sbadato carta e pipa vi ho lasciato.
Ma la sedia non ha fretta conta il tempo e aspetta
affinché la mia stanchezza vi si appoggi con dolcezza.
Massimo Montanari, Filastrocche col pennello, Almayer Edizioni
Per parlare
Rispondi, poi confrontati in classe. Se dovessi lasciarti ispirare da un dipinto, quale sceglieresti? Sfoglia il Mio libro di Arte e immagine e scrivi il titolo dell’opera scelta:
Che cosa ti ha colpito di questa opera?
Fai il punto sulla poesia
Da quante strofe è composta la poesia?
Da quanti versi?
Sono presenti delle rime?
Di quale tipo?
Vincent Van Gogh, La sedia di Vincent, 1888
astruso: molto difficile, incomprensibile
fugaci: di breve durata, che scompaiono in fretta
fulgide: luminose, luccicanti
TACCUINO
Scrivi una poesia musicale con l’aiuto di “Maestro Allitterazione”. Vai a pag. 53 del Taccuino per esprimersi
L’allitterazione è la ripetizione di un suono (una vocale, una consonante o una sillaba) in un verso o in gruppi di versi. Serve a dare più musicalità a una poesia. Le figure retoriche sono modi di usare le parole giocando sui suoni o sui significati; creano ritmo e immagini suggestive.
Maestro Allitterazione
Dotato di un udito sopraffino, è un tipo tutto orecchie lui. Il suo lavoro consiste nel dare musicalità e ritmo alle parole mettendo in fila nella stessa frase suoni simili. Voci di corridoio dicono che abbia una storia d’amore con la Diva Onomatopea. “Silenzio, serpenti!” E suona un astruso esercizio che stride sinistro con note stonate.
Cecilia Campironi, Che figura!, Quodlibet/Ottimomassimo
Lettera F
Funghi fritti e friulane
offre Foffo alle farfalle
fritte fette di affettato
fichi e fiaschi nella muffa
fichi soffici e soffietti fra le frasche della fiera fra le effimere fanfare
soffre Foffo a far affari.
Bruno Munari, Alfabetiere, Corraini Edizioni
Farfalle
Le farfalle formavano fasci multicolori, fiocchi fugaci e frange frastagliate, fulgide fontane, funghi fosforescenti, frappè di frutta, funamboli sospesi fra fili di luce, fiumi attraversati da fenicotteri foglie, felci, fronde e frasche folgori, fulmini e faville festose danze di fate e folletti facce favolose e… folli farfalle!
Silvia Roncaglia, Farfalle d’artificio, Città Nuova
Figure retoriche molto utilizzate sono le onomatopee, parole che riproducono i suoni e i rumori della realtà.
Diva Onomatopea
I discorsi della Diva Onomatopea sono ricchi di vocaboli rumorosi: ogni sua parola riproduce il suono di un oggetto o dell’azione di cui sta parlando. Prima di ogni performance Onomatopea si scalda le corde vocali: “Ssssibila il bisssbiglio che strisciaaa e poi rimBOMBA!” e SBAM chiude la porta del camerino, CLICK si accendono le luci e SSHHH inizia lo spettacolo.
Cecilia Campironi, Che figura!, Quodlibet/Ottimomassimo
Un nuovo giorno
Il succo nello spremiagrumi iii-uirr.
I cereali nella mia tazza cricol-crecol-snap. Illattecheescedallacaraffasplisc-splosc-splock.
La pancetta nella padella sizz-fizz-splat!
Il campanello del forno ping-ping-pii!
Il caffè nella caffettiera puff-pabbol-pop!
I miei denti sul toast cranci-cranci-cronc.
Georgie Adams, Un anno pieno di storie, Mondadori
Fai il punto
sulle onomatopee
Rintraccia nelle poesie chi o che cosa produce questi rumori e suoni.
Roberto Piumini, Queto Patato, Nuove Edizioni Romane
TACCUINO
Vai sul Taccuino per esprimersi a pag. 54 e arricchisci le tue frasi con suoni e parole onomatopeiche.
La similitudine è un confronto tra due elementi che hanno caratteristiche simili. Il paragone è reso evidente dall’uso delle espressioni: “è come”, “è simile a”, “assomiglia a”, “sembra”.
Principessa Similitudine
Questa birba ha il vizio di paragonarsi ad ogni cosa, abitudine non sempre elegante, soprattutto per una principessa.
Usa sempre parole tipo “come”, “sembra”, “assomiglia”.
“Uffa non mi piace questo vestito, sembro un coniglio verde in pigiama” e poi: “Sono arrabbiata come un serpente, perché voglio i capelli d’oro come i tuoi!”.
Cecilia Campironi, Che figura!, Quodlibet/Ottimomassimo
Tutti
Nel tempo mai nessuno è con sé solo
Perché ci stanno dentro proprio tutti
Compresi quelli che abitano al polo
Umani sassi bestie fiori frutti
E fanno l’uno all’altro compagnia
Come le note nella melodia
Nicola Gardini, Il tempo è mezza mela, Salani, 2018, Milano
Entra nel testo
Qual è il messaggio della poesia Tutti, secondo te?
Confronta il tuo punto di vista con quello dei tuoi compagni e delle tue compagne.
Fai il punto sulle similitudini
Hai individuato la similitudine presente
nella poesia Tutti?
Quali elementi vengono paragonati? e
Che cosa hanno in comune?
La metafora è un paragone abbreviato fra due elementi: nel confronto non si utilizzano le parole “come”, “somiglia a”, “sembra” ecc. Con la metafora il poeta sostituisce una parola con un’altra legata alla prima da una caratteristica comune.
Sua maestà Metafora
Solo lei ha il potere di trasferire il significato da una parola all’altra rendendo nobile anche il più semplice dei concetti.
“I miei occhi sono smeraldi, i miei capelli oro lucente, le mie parole musica per le vostre orecchie.”
Cecilia Campironi, Che figura!, Quodlibet/Ottimomassimo
Puntualmente
Il tempo è una cascata
Puntualmente lo stesso
Puntualmente diverso
Tutta l’acqua passata
Di fatto passa adesso
Proprio niente va perso
Nicola Gardini, Il tempo è mezza mela, Salani , 2018, Milano
Entra nel testo
Completa con le parole mancanti e spiega la poesia. La prima strofa paragona il a una , che è sempre e sempre
Nella seconda strofa si dice che il passato , quindi niente di quello che abbiamo vissuto
Fai il punto sulle metafore
Individua la metafora della poesia: quali elementi vengono paragonati? e
Che cosa hanno in comune?
La f e consiste nell’attribuire a un animale o a una cosa inanimata le caratteristiche e i s i i di una persona.
Fata Personificazione
Fate attenzione! Quando passa lei è tutto uno spettacolo. Il sole spunta per farsi vedere, i suoi raggi si fanno largo tra le foglie e gli uccellini cantano in coro. Sì, perché quando arriva la Fata Personificazione, tutto quello che vedete intorno a voi prende vita.Diventa umano, anzi. Più umano degli umani, verrebbe da dire. E cosa c’è di più bello che fermarsi e lasciarsi accarezzare da un alito di vento?
Luna
Sono lo specchio chiaro della notte quando le cose se ne stanno zitte.
Disegno la mia strada tra i pianeti brillo nelle parole dei poeti.
Sono uno spicchio giallo di limone traccio la rotta a chi non ha timone.
Se gioco con il sole, si fa rosa la mia faccia di luce misteriosa.
Fai il punto sulla personificazione
Quali sono le caratteristiche “umane” della Luna nella poesia? Quali azioni compie? Sottolineale.
Come parla la Luna?
In persona, come se avesse pensieri e parole.
Quale altra figura retorica è presente nella poesia Luna, oltre alla personificazione?
metafora similitudine onomatopea
Quando le cose se ne stanno zitte salgo sui muri, arrampico le vette.
Accendo la lucerna delle idee ammaestro l’amore e le maree.
I piccoli mi tendono le mani mi sognano uggiolando tutti i cani.
le personificazioni, per rendere più poetici i versi.
Il cielo d’Irlanda
Il cielo d’Irlanda è un oceano di nuvole e luce
Il cielo d’Irlanda è un tappeto che corre veloce
Il cielo d’Irlanda ha i tuoi occhi se guardi lassù
Ti annega di verde e ti copre di blu
Il cielo d’Irlanda si sfama di muschio e di lana
Il cielo d’Irlanda si spulcia i capelli alla luna
Il cielo d’Irlanda è un gregge che pascola in cielo
Si ubriaca di stelle di notte e il mattino è leggero
[…]
Il cielo d’Irlanda è un enorme cappello di pioggia
Il cielo d’Irlanda è un bambino che dorme sulla spiaggia
Il cielo d’Irlanda a volte fa il mondo in bianco e nero
Ma dopo un momento i colori li fa brillare più del vero
Il cielo d’Irlanda è una gonna che gira nel sole
Il cielo d’Irlanda è Dio che suona la fisarmonica
Si apre e si chiude col ritmo della musica
testo di Massimo Bubola, interprete Fiorella Mannoia
Fai il punto sulla personificazione
Quali sono le azioni che fa il cielo d’Irlanda come se fosse una persona?
Sottolineale in rosso.
Quali sono le parole che descrivono il cielo come se fosse una persona?
Sottolineale in verde.
A che cosa viene paragonato il cielo d’Irlanda?
Completa la tabella. Entra nel testo
Il cielo d’Irlanda è paragonato a perché
un oceano di nuvole e luce ci sono tante nuvole ma anche tanto sole.
un tappeto che corre veloce
un gregge che pascola in cielo
le nuvole in movimento formano disegni come quelli di un
le nuvole a volte sembrano tante
un enorme cappello di pioggia spesso le nuvole sono grigie e cariche di
Similitudini e metafore
Le figure retoriche non sono utilizzate solo nei testi poetici. Per esempio, per raccontare un personaggio, reale o fantastico, è utile descriverlo anche con l’aiuto di:
• similitudini, cioè
• metafore, cioè
Impara a utilizzare similitudine e metafore nelle descrizioni.
Mettiti alla prova con i paragoni. Completa secondo le indicazioni.
Il naso di Pinocchio è come (similitudine)
Il naso di Pinocchio è (metafora)
I capelli di sono come
I capelli di sono
La voce di è come
La voce di è
I miei occhi sono come
I miei occhi sono
Continua tu con la tua creatività.
TACCUINO
Vai nel Taccuino per esprimersi a pag. 55, ed esercitati a utilizzare similitudini e metafore.
Esistono poesie non in rima, che seguono altre regole.
In questa pagina puoi scoprire gli haiku: brevi componimenti poetici giapponesi di diciassette sillabe distribuite su tre versi, senza titolo.
La poesia haiku
Ecco la struttura dell’haiku.
Primo verso: 5 sillabe So – gno bat – ta – glie.
Secondo verso: 7 sillabe È pie – na di pro – mes – se
Terzo verso: 5 sillabe la pri – ma – ve – ra.
Oggi in realtà non tutti i poeti moderni al di fuori del Giappone rispettano questa regola. Ogni lingua ha le sue caratteristiche: le sillabe italiane non corrispondono ai segni giapponesi.
Ma la poesia haiku non è solo un fatto di sillabe: i tre versi descrivono una fotografia fatta di parole. Poche parole per restituire un’immagine, a partire da un particolare.
Serve ben poco all’erba per stare bene. 2 1
Piccola crepa.
Entra nel testo
Perché all’erba serve poco per stare bene, come è scritto nel primo haiku?
Perché cresce anche nelle piccole crepe.
Perché cresce anche
con poca acqua.
Perché si nasconde nelle crepe.
Perché il secondo haiku parla di “merenda condivisa”?
Perché due api sono amiche. Perché due api si nutrono con il nettare dello stesso fiore.
Perché due api volano intorno alla stessa rosa.
TACCUINO
Vai a pag. 56 del Taccuino per esprimersi e prova a scrivere un haiku.
Due api amiche. Merenda condivisa dentro la rosa.
Silvia Geroldi, Serena Viola, Haiku. Poesie per quattro stagioni più una, Lapis Edizioni
Entra nel testo
Rispondi.
• Chi è Simon?
• Chi è Luca?
• Che consiglio dà Hector?
• Secondo te, che cosa vuol dire?
Mano
Più tardi, Simon distribuisce un foglio a ciascuno.
– Mettete una mano sul foglio e con l’altra disegnate il contorno. Poi, scrivete sul disegno della vostra mano. Immaginate di farci un tatuaggio…
– Da dove si comincia? – Chiede Luca. – Dalle dita?
– Da dove ti pare – risponde Lucia.
– Prendi quel che viene – dice Hector.
– Non aver paura. – dice Marion. – Va’ avanti.
Hector ha scritto in fretta, allegramente. Prima ha seguito il contorno ripetendo semplicemente la parola MANO.
Bernard Friot, Dieci lezioni sulla poesia, l’amore e la vita, Lapis Edizioni
Esegui lo stesso esercizio del brano: seguendo il contorno della mano, scrivi le parole che ti vengono in mente per parlare della tua mano e di te P i e
Il calligramma è un tipo particolare di testo poetico. Si tratta di una poesia figurata, in cui le parole formano un disegno. Rispondi.
La Luna
Five…
Four…
Three…
Two….
One…
Partenza!
Seduta sul muretto
stava la Luna con la faccia da bambina.
Mormorava:
“Io sono bella, io sono dolce, sono la lLuna.
Tutti mi vengono a cercare”.
La voce della mamma risuona nello spazio: “È tardi, Carolina, ritorna a casa!”
La Luna discende dal muretto, s’incammina, scompare, fino a domani.
Pietro Formentini, Poesiafumetto, Nuove Edizioni Romane
Entra nel testo
Chi è Carolina? una bambina la Luna la mamma
• Da che cosa capisci che la poesia è un calligramma?
• Quale altra forma avrebbe potuto avere questa poesia? sui calligrammi Fai il punto
Scrivi un calligramma. Vai a pag. 57 del Taccuino per esprimersi TACCUINO
IL CALLIGRAMMA
POESIA LEGGEREZZA nelle STORIE
LE STAGIONI PRIMAVERA
La primavera intorno a noi
La primavera porta con sé tante sorprese: nuovi colori, profumi, sapori e odori.
PRIMAVERA in città
La primavera restituisce alla città i colori della natura. Gli alberi lungo i viali tornano a coprirsi di foglie. La città si trasforma in un luogo magico: basta girare l’angolo di una strada per sentire all’improvviso il profumo di fiori. Sono i cortili, le aiuole e i parchi a farci apprezzare la bellezza della primavera.
PRIMAVERA
al mare
Le prime giornate di sole sono un vero e proprio richiamo per i turisti. Anche se la temperatura dell’acqua, nella maggior parte d’Italia, non consente di fare il bagno, le città e i paesi vicini al mare sono raggiunti dai primi visitatori. Ricominciano le passeggiate sul lungomare.
PRIMAVERA
in campagna
In campagna la primavera è piena di colori, profumi, suoni e sapori. I contadini e le contadine si preparano a cogliere le prime fragole e le ciliegie, oltre alle mele, alle pere e ai tantissimi frutti di stagione. Il sole scalda le giornate e regala temperature ideali per lunghe passeggiate. È la stagione ideale per organizzare una gita “fuori porta” e visitare i piccoli borghi.
PRIMAVERA
nel bosco
Per godere a pieno della primavera bisogna andare in un bosco. Fiori, erbe, alberi: tutto sembra emanare un odore vitale. Nel bosco puoi sentire i veri suoni della primavera: il cinguettio degli uccelli, lo stormire del vento tra le foglie, lo sciabordare di piccoli fiumi… Tutto risplende di nuovi colori.
lo stormire del vento: il vento provoca un rumore sommesso, un fruscìo, quando muove le foglie
lo sciabordare: il rumore che fa l’acqua dei ruscelli quando scorre sulle rocce
TACCUINO
Quali sono i segnali della primavera che riconosci intorno a te?
Secondo te, qual è il regalo migliore della primavera?
Vai a pag. 58 del Taccuino per esprimersi e racconta.
La primavera nei dipinti
■ Osserva il dipinto, poi rispondi.
• Che cosa rappresenta, secondo te, questo ritratto di un ramo di mandorlo in fiore?
钀 È solo un gioco di colori.
钀 Rappresenta la rinascita della natura dopo l’inverno.
• Quali colori sono stati scelti? Perché, secondo te?
钀 Rappresenta la tristezza.
钀 Rappresenta un albero giapponese.
• A che cosa ti fa pensare, questo dipinto? Quali emozioni ti suscita?
Pensa alle emozioni che suscita in te la primavera con le sue tante sorprese. Poi, associa e rappresenta un’emozione attraverso un fiore. Realizzalo con la tecnica che preferisci e infine presenta il tuo lavoro ai compagni e alle compagne.
Vincent Van Gogh, Ramo di mandorlo fiorito, 1890
Feste e date speciali
In ogni stagione ci sono tante date importanti da ricordare. Eccone alcune.
21 marzo: giornata mondiale della sindrome di Down
22 marzo: giornata mondiale dell’acqua
22aprile: giornatadellaTerra
23 aprile: giornata del libro
9 maggio: giornata mondiale della lentezza
25 aprile: Festa della Liberazione
20 maggio: giornata mondiale delle api
2 giugno: festa della Repubblica italiana
2 aprile: giornata mondiale per la consapevolezza dell’autismo
Pensa a come si potrebbe festeggiare ognuna di queste date speciali. Poi, scegline una e sviluppa la tua idea. Vai a pag. 59 del Taccuino per esprimersi per organizzare il tuo progetto.
1 maggio: Festa del lavoro
5 giugno: giornata mondiale dell’ambiente
TACCUINO
In giro per il mondo
In primavera si festeggia Pasqua!
In Italia a Pasqua si mangiano uova di cioccolato e colombe pasquali. Vediamo le tradizioni caratteristiche di altri luoghi.
In Francia il giorno di Pasqua, i bambini e le bambine danno la caccia alle uova di cioccolato che gli adulti hanno nascosto per casa o nel giardino.
In Germania durante la Settimana Santa si addobbano le case con ramoscelli d’ulivo e uova dipinte. La domenica di Pasqua la tavola viene imbandita con uova di cioccolato, agnello e molti dolci. L’animale simbolo è il coniglio pasquale, l’Osterhase.
Nel Regno Unito la Pasqua è una festività molto sentita. In questo periodo sono tante le opere di carità. Il giovedì che precede la Pasqua c’è la cerimonia della Royal Maundy: alla presenza del Re vengono donate ai poveri delle monete speciali, le Maundy Money.
In Danimarca si addobbano le case a festa, anche con gli “alberi di Pasqua”. I bambini e le bambine si dedicano alla caccia al tesoro per scovare il maggior numero di ovetti.
Negli Stati Uniti è New York la “capitale della Pasqua”. Ogni anno infatti si organizza lungo la Fifth Avenue una parata piena di colori, dove i partecipanti esibiscono i cappelli più pazzi del mondo.
In Messico e in Uruguay sugli alberi o fuori dalle case vengono appese le piñatas, coloratissimi oggetti in cartapesta. I bambini bendati si divertono a colpirle con un bastone per romperle e ottenere i dolci nascosti dentro.
TACCUINO
Immagina di trovare nell’uovo di Pasqua un libro scritto proprio per te: come sarebbe? Vai a pag. 60 del Taccuino per esprimersi per immaginare il tuo libro.
STORIE DI EDUCAZIONE
Per parlare
Rispondi, poi confrontati con i compagni e le compagne.
• Qual è il messaggio che il poeta ci vuole far arrivare con questi versi?
• Come si può vivere tante vite, in luoghi diversi, avere tante famiglie, conoscere tante lingue, civiltà, costumi, essere tante persone e avere tanti modi di ragionare?
钀 Non è possibile.
钀 È possibile con la fantasia.
钀 È possibile leggendo, viaggiando, conoscendo le persone, informandosi, studiando…
Altro:
Vivere una sola vita
La poesia ci aiuta anche a capire il mondo: ogni luogo ha la sua “voce”. Diventare cittadini/e del mondo vuol dire anche conoscere la poesia che arriva da Paesi più lontani.
Vivere una sola vita in una sola città in un solo Paese in un solo universo vivere in un solo mondo è prigione.
Amare un solo amico, un solo padre, una sola madre, una sola famiglia amare una sola persona è prigione.
Conoscere una sola lingua, un solo lavoro, un solo costume, una sola civiltà conoscere una sola logica è prigione.
Avere un solo corpo, un solo pensiero, una sola conoscenza, una sola essenza avere un solo essere è prigione.
Ndjock Ngana, Ñhindô nero, Anterem Edizioni
CITTADINI/E DEL MONDO
Canto della notte Navajo
Con il cuore colmo di vita e di amore camminerò.
Felice seguirò la mia strada.
Felice invocherò le grandi nuvole cariche d’acqua.
Felice invocherò la pioggia che placa la sete.
Felice invocherò i germogli sulle piante.
Felice invocherò polline in abbondanza.
Felice invocherò una coperta di rugiada.
Voglio muovermi nella bellezza e nell’armonia.
La bellezza e l’armonia siano davanti a me.
La bellezza e l’armonia siano dietro di me.
La bellezza e l’armonia siano sotto di me.
La bellezza e l’armonia siano sopra di me.
Che la bellezza e l’armonia siano ovunque, sul mio cammino.
Nella bellezza e nell’armonia tutto si compie.
dal sito Le vie della guarigione, poesie e leggende dei nativi americani
Per parlare
Rispondi, poi confrontati con i compagni e le compagne.
• Qual è il messaggio che il poeta ci vuole far arrivare con questi versi?
• E tu, dove trovi bellezza e armonia?
A scuola quando
A casa quando
Con gli amici e le amiche quando
Per strada quando
Altro:
L’ombrello
L’ombrello è un fiore di tessuto impermeabile che fiorisce nel bel mezzo dell’inverno.
Inizia la pioggia:
Plin,
Plin,
Plin.
E gli ombrelli aprono i loro petali:
Flop,
Flop,
Flop.
E le persone che lo sanno dimenticano per un attimo che è inverno, dimenticano persino di essere persone e si sentono api, bruchi, farfalle sotto un albero.
Piove.
Piove.
Le persone escono per strada, aprono gli ombrelli. Vanno dalla scuola al parco, dal parco al panettiere.
Plin, plin.
Flop, flop.
E pare un giardino che cammina.
Maria José Ferrada, Gaia Stella, Il segreto delle cose, Topipittori
Mi valuto: MI VALUTO
Rispondere alle domande è stato
Rispondi.
� Di che cosa parla la poesia?
� A che cosa viene paragonato l’ombrello?
� Questo paragone è: una similitudine. una metafora.
� Le parole in grassetto sono: allitterazioni. onomatopee.
� Quale rumore imitano?
Plin è
Flop è
� L’ultimo verso: “E pare un giardino che cammina” si riferisce: all’ombrello che si muove. all’insieme delle persone che camminano con l’ombrello aperto.
� L’ultimo verso contiene: una similitudine. una metafora.
� Quali emozioni ti ha suscitato questa poesia?
Vola nel vento
Un foglio di carta, sospinto dal vento, rotola e vola lungo una strada deserta. Quel foglio folleggia come un bambino all’uscita di scuola. Volteggia nell’aria come una rondine sopra il suo nido. Il cielo si oscura.
Il vento si placa: viene la pioggia a bagnare la terra.
Il foglio di carta si arresta e si affloscia sull’umido suolo.
Antonino Russo, Poesie come farfalle, Glaux
LO SCOPO
1 Quali emozioni ti ha suscitato la poesia? Perché?
IL TESTO
2 Completa la spiegazione della poesia. Un foglio di carta, dal vento, rotola e lungo una strada .
Quel foglio come un bambino quando dalla
nell’aria come una fa sopra al . Il cielo diventa . Il si ferma: inizia a e la si bagna. Il foglio di carta si e si sul terreno
LE FIGURE RETORICHE
3 Ci sono similitudini in questa poesia?
Sì No Se sì, sottolineale in rosso.
4 Ci sono metafore in questa poesia?
Sì No Se sì, sottolineale in blu
5 Ci sono personificazioni in questa poesia?
Sì No Se sì, sottolineale in verde
6 Ci sono onomatopee in questa poesia?
Sì No Se sì, sottolineale in rosa
Rispondere alle domande è stato perché
Le mie risposte corrette sono state: (numero)
In che cosa posso migliorare?
Mi valuto:
MI VALUTO
per FARE il PUNTO
VERIFICA
Leggi e usa le mappe di sintesi per ricostruire ciò che sai sul racconto umoristico e sul fumetto.
Scopo
divertire, far ridere
RACCONTO UMORISTICO
Personaggi
• con caratteristiche strane
• persone distratte o pasticcione
• compiono azioni imprevedibili o combinano guai
• persone comuni in situazioni stravaganti
Luoghi reali, ambienti di vita quotidiana
Narrazione
• uso di giochi di parole e battute
• linguaggio con termini inventati
Scopo
• divertire
• far riflettere
FUMETTO
Tempo
• definito
• indefinito
Fatti
• situazioni assurde e stravaganti
• esagerazioni
• equivoci
• finale a sorpresa
Struttura
sequenza di disegni organizzata in:
• vignette
• strisce nuvolette (balloon) contengono dialoghi e pensieri dei personaggi
Leggi e usa la mappa di sintesi per ricostruire ciò che sai sulla poesia.
POESIA
Struttura
versi che possono essere raggruppati in strofe
i versi possono essere
• in rima
• liberi (non in rima)
Ritmo e musicalità
• rima
• allitterazione: ripetizione di una lettera o un gruppo di lettere
• onomatopea: parola per riprodurre suoni e rumori
Immagini
• similitudini: paragone con il “come”
• metafore: paragone abbreviato, senza il “come”
• personificazioni: dare caratteristiche umane a oggetti o animali
la rima può essere
• baciata AABB
• alternata ABAB
• incrociata ABBA
Una poesia collettiva
Si possono dire cose molto importanti con “leggerezza”: con le filastrocche, con le poesie, con i fumetti e persino con racconti umoristici e barzellette.
Ora tocca a voi: trovate il modo per esprimervi ed esprimere le vostre idee, le vostre emozioni, i vostri pensieri e il vostro mondo interiore con i versi. Insieme con i compagni e le compagne di classe, realizzate una xeropoesia.
ACROSTICO
Si prendono le iniziali della parola scelta e si scrivono parole a partire da quelle lettere.
METAFORA
ONOMATOPEA
Luminosa Unica Chiara Essenziale
La luce è ossigeno per i miei pensieri.
Posa. Click! Scatto. Flash! Lampo.
Senza fili su acrobate lucine guardo le stelle.
HAIKU
La xeropoesia è una tecnica per scrivere poesie in modo collettivo. Si decide un tema, lo si mette al centro, poi ogni persona del gruppo scrive la sua poesia.
Osserva questo esempio: il tema scelto e messo al centro è la luce. Attorno, ogni settore è stato dedicato a una figura retorica, a un gioco linguistico o a un modo particolare per scrivere poesie.
SIMILITUDINE
La luce è come un fuoco che brilla negli occhi.
PERSONIFICAZIONE
Luce che ridi Luce che accendi Luce che spegni Luce che vedi anche dentro di me.
LUCE
ALLITTERAZIONE
Luce lampeggi lenta e lontana lungo la linea t’hanno lasciata.
PRENDI APPUNTI
In classe discutete e scegliete il tema della vostra xeropoesia. Il tema:
Decidete se scrivere i diversi testi poetici: da soli; in coppia; in piccolo gruppo.
Pianificate il lavoro e, se lavorate in coppia o in gruppo, dividetevi i compiti.
fa cosa
Calligramma
Acrostico
Allitterazione
Onomatopea
Similitudine
Metafora
Personificazione
Haiku
Altro:
• Luogo scelto per esporre la xeropoesia:
TACCUINO
Per scrivere la vostra poesia, andate a pag. 61 del Taccuino per esprimersi. Infine potete esporre e presentare il vostro lavoro.
Che cosa mi è piaciuto del mio lavoro:
Che cosa posso migliorare:
Ho chiesto aiuto a per
È stato divertente: progettare. disegnare. scrivere. raccontare. altro: Mi valuto: MI VALUTO
Chi
al traguardo!
Parole e poesia
Prova a creare delle poesie fulminanti aprendo a caso nove volumi della tua libreria (o della biblioteca scolastica) e copiando le prime tre parole che trovi.
La corona d’alloro va alla poesia numero: Ora leggila in classe!
Spazio alla poesia
Per fare in modo che in ogni giornata ci sia un po’ di poesia, ecco uno spazio per scrivere i versi dei poeti che ami di più e poi leggerli ad alta voce!
I e le PAROLE nelle S E
In questa unità leggerai e imparerai a scrivere:
• TESTI INFORMATIVI
• TESTI REGOLATIVI
Scopri come usare le parole
Leviosa
Patronum Sai quante lingue ci sono nel mondo?
Finita la scuola, è vacanza!
Impara a studiare le discipline
Divertiti con le parole di fantasia intraducibili
Entra nel testo
Rispondi.
• Che cosa era il liber in latino?
• Che cosa era la charta?
• Quale fu il vero antenato della carta?
• Da quale lingua deriva la parola “biblioteca”?
Fai il punto
Il testo informativo ha l’obiettivo di fornire informazioni su argomenti di diverso tipo. Il testo informativo usa un linguaggio preciso, con termini specifici dell’argomento trattato. Spesso questi termini sono scritti tra virgolette oppure sono evidenziati se si tratta di parole-chiave importanti per capire le informazioni principali.
Il libro
I libri elettronici (e-book) sono sempre più diffusi, però ciò che definisce l’oggetto libro, in quanto insieme di fogli scritti di uguale formato, cuciti insieme e racchiusi da una copertina, è il materiale di cui è fatto.
In latino, il liber era lo strato più interno e flessibile della corteccia di alcuni alberi. E da questa materia prima veniva ricavata la charta, utilizzata come base per la scrittura.
Il primo vero antenato della carta fu però il pàpyros, prodotto in Egitto, da cui in inglese paper, spagnolo papel, francese papier e tedesco Papier.
Dal greco viene invece “biblioteca”, perché la corteccia del papiro era detta biblos, da cui biblion, “libro”.
All’inizio, i fogli venivano attaccati insieme a formare un “rotolo” (volumen), difficile da maneggiare.
Ma dal II secolo d.C. cominciò a diffondersi il “codice” (codex), fatto prima di papiro, poi di pergamena, che si sfogliava come il libro moderno. Fino all’ulteriore rivoluzione del libro stampato, intorno al 1450, a opera di Gutenberg.
Mariella Nappi, Che bella parola! Parole di ieri e di oggi, Einaudi Ragazzi
sul testo informativo
Il linguaggio usato in questo testo è:
钀 semplice e con parole comuni.
钀 preciso, con parole specifiche.
Le parole scritte in modo diverso sono:
钀 parole in latino.
钀 parole in diverse lingue. L’argomento di questo testo è:
钀 la storia del libro.
钀 la storia della parola “libro”.
Il testo regolativo fornisce indicazioni per fare qualcosa (per esempio costruire un oggetto o cucinare un dolce) o per comportarsi in un certo modo. Lo scopo di un testo regolativo è quello di dare indicazioni, istruzioni o regole da seguire.
Il mio libro delle parole
Realizza il tuo personale libro delle parole. Utilizzalo per raccogliere le parole che incontrerai in questa unità: quelle che ti piacciono, quelle più strane, più difficili oppure quelle da non dimenticare.
Istruzioni
La copertina
1 Prendi un cartoncino e ritaglia la copertina.
2 Incolla il cartoncino su un foglio di carta colorata (o da illustrare) più grande. Ritaglia lungo le linee tratteggiate. Piega le alette e incollale come mostrato dalle frecce.
3 Ripeti i punti 1 e 2 e crea una seconda copertina.
Le pagine
4 Prendi un foglio bianco grande e ritaglia come nella figura.
Il libro completo
6 Incolla le pagine alle copertine.
5 Piega 5 volte (circa 10 cm).
Organizza le pagine del tuo libro: vai a pag. 62 del Taccuino per esprimersi TACCUINO
In un testo informativo l’ordine delle informazioni può seguire diversi criteri:
• cronologico: le informazioni sono in ordine temporale;
• causa/effetto: si presentano le cause e le conseguenze di un fenomeno;
• enumerazione: le informazioni sono presentate attraverso un elenco;
• comparazione, si paragonano due fatti, due argomenti o due concetti;
• definizione dell’argomento centrale: si forniscono informazioni che pian piano portano alla definizione del tema principale.
Ascolta una volta il testo che spiega l’origine di alcune parole.
L’origine delle parole
TESTO IN GUIDA: dal sito della Treccani
Prima del secondo ascolto, leggi le domande, per un ascolto focalizzato sulle informazioni utili a rispondere. Poi scrivi le risposte.
• Da quali lingue deriva la maggior parte delle parole italiane?
• Quale parola deriva dal nome di un paese della Liguria?
• Quale parola significava un luogo in cui soffiava l’aria?
• Quale parola deriva dal provenzale estug?
• Quale parola deriva dal latino e vuol dire “il più grande”?
• Quale parola deriva dal nome di un minerale che lasciava tratti neri sulle superfici?
• Quale parola deriva da una parola di origine germanica, che indicava un cesto di vimini?
• Quale ordine è stato seguito per presentare le informazioni?
钀 cronologico 钀 enumerazione 钀 comparazione
AUDIO DEL BRANO
Riassumere in poche parole
Leggi il testo e segui le indicazioni per riassumerlo.
1 A colazione sono l’unica che beve il latte con i cornflakes. Tutti gli altri mangiano cose differenti: croissant la mamma, toast il papà e yogurt mia sorella.
2 Sembra che ce l’abbiano tutti con me! – Pixie – attacca mia madre – usa il tovagliolo: ti stai buttando tutto il latte sui jeans. – Pixie – dice mio padre – non riempire tanto la tua tazza. Poi ne lasci sempre metà. Con quello che lasci potrebbe viverci un’altra persona. – Pixie – aggiunge Miranda, mia sorella – metti prima il latte e lo zucchero alla fine.
3 Mio padre ha ragione: io spreco il mangiare. Mia madre ha ragione: quando mangio combino un pasticcio.Tutti hanno ragione: io sono una perditempo.
4 Miranda, però, mi fa rabbia. Ma che differenza fa se metto prima lo zucchero o prima il latte?
Molte cose sono giuste e molte altre sono sbagliate, ma alcune sembrano né giuste né sbagliate.
A volte mi chiedo come la prenderebbe lei se cominciassi a dirle quale scarpa mettere per prima, oppure che è ok mangiarsi le unghie della mano sinistra, ma non quelle della mano destra.
Quasi quasi ne dico una veramente grossa: le dico che se uno preme il dentifricio dalla parte superiore anziché dal di sotto, gli diventano le palpebre pelose. Le palpebre pelose… oh, che brutto modo di parlare!
Matthew Lipman, Pixie, Liguori Editore
Impara a fare un riassunto.
Il testo è diviso in sequenze. Associa i seguenti titoli al numero della sequenza corrispondente.
Riflessioni sui genitori
Riflessioni su Miranda
Rimproveri a colazione
A colazione
TACCUINO
Sviluppa una frase a partire da ogni titolo di sequenza. Ora collega le frasi ed evita le ripetizioni.
Vai a pag. 63 del Taccuino per esprimersi per scrivere il tuo riassunto. Infine inventa un titolo e scrivilo all’inizio del testo.
hard disk: dispositivo di archiviazione dati (la memoria) del computer
Entra nelle parole
Che cosa è una tecnica mnemonica?
钀 È una tecnica per registrare.
钀 È una tecnica per ricordare.
钀 È una tecnica per scrivere.
Entra nel testo
A che cosa è paragonato il cervello?
Per il cervello umano è più facile ricordare:
钀 una frase intera.
钀 un elenco di parole.
钀 parole e frasi sensate.
Per parlare
Conosci altre rime per ricordare meglio e subito gli argomenti che affronti a scuola? Confrontati in classe.
In rima è più facile!
A chi non è mai capitato di dire: “Ce l’ho proprio sulla punta della lingua”, per poi arrendersi a un “Non mi ricordo”? Purtroppo il nostro cervello è come un hard disk. È lui che decide quali ricordi tenere e quali cancellare.
C’è però un modo per ingannarlo un po’: alla nostra memoria piace giocare, soprattutto con le parole. E infatti va matta per le filastrocche in rima e le frasi buffe. Questo stratagemma (o tecnica mnemonica) è stato molto usato nell’antichità, quando la scrittura non era ancora stata inventata e i cantastorie dovevano tenere a mente interi poemi. Ed è da questa tradizione che nascono le filastrocche scolastiche: semplici poesie il cui testo, di per sé spesso senza senso, riesce però a divertire la nostra capricciosa memoria e a farla lavorare al meglio. Per la nostra mente, infatti, è più facile ricordare una frase intera (anche se priva di significato) che un elenco di parole.
GIORNI E MESI
Per ricordare il numero dei giorni di ogni mese, ecco una semplice filastrocca.
Trenta dì conta novembre con april, giugno e settembre, di ventotto ce n’è uno, tutti gli altri ne han trentuno.
S S A S ARE
Per ricordare tutti i pianeti del Sistema solare, secondo la distanza dal Sole, basta ricordare questa frase senza senso:
Per tenerle a mente, sono state inventate filastrocche e storielle di ogni tipo, come queste:
6 x 8 = 48 asino cotto!
Un soldato si aggira per il campo di battaglia cercando il suo migliore amico. Passa tra i feriti chiedendo:
Sei Perseo? Sei Perseo?
Finché una voce gli risponde: – Trentaseo! (6 x 6 = 36)
GEOGRAFIA
Quando si studia Geografia e bisogna memorizzare la suddivisione delle Alpi, partendo dalla Liguria e finendo con il Friuli-Venezia Giulia, si può dire:
Ma Con Gran Pena Le ReCa Giù
Ogni sillaba iniziale (oltre a Ca) è l’inizio dei nomi delle varie sezioni montuose, ossia Alpi: Marittime, Cozie, G aie, Pennine, Lepontine, Retiche, Ca i h , Giuli .
GRAMMATICA
Ce ne sono davvero tante per ricordare le regole dell’ortografia. Eccone alcune:
Scienza e coscienza della “I” non fanno senza.
Su qui e su qua l’accento non va. Su me e te l’accento non c’è.
E non lo vuol su, ma lo vuol giù e lo vogliono pure lì, là, più.
Federica Baroni, Focus Junior, n 206, febbraio 2021
senno: capacità di pensare e capire
disputando: giocando parabole: storie, racconti
Entra nel testo
Nella lingua italiana ci sono parole diverse che hanno lo stesso significato: i sinonimi. Ci sono anche parole che sembrano sinonimi, ma hanno invece un significato un po’ diverso. La lingua italiana è ricca di sfumature. Completa.
• Si scorda con il
• Si dimentica con la
Sottolinea nel testo le risposte.
• Perché le parole nascondono un tesoro?
• Che cosa hanno raccolto durante il viaggio?
TACCUINO
Scrivi alcuni episodi che non potrai né scordare né dimenticare, poi scegline uno da leggere alla classe. Vai a pag. 64 del Taccuino per esprimersi
I segreti delle parole
– Si scorda con il cuore e si dimentica con la mente – ha mormorato a un tratto la maestra Rosa.
– Non capisco! Ha detto Giovanni.
– Certe cose o le capisci al volo o non le capisci più – ha risposto Pamela.
– Non è vero! – ha esclamato Sunita. – Io ora capisco tutto.
Ma quando sono arrivata in Italia non capivo un’acca. Per forza, l’acca in Italia non si aspira.
– Infatti si chiama “acca muta” – ha commentato Amir.
– Ma se te la dimentichi, Rosa non se la scorda e ti fa un bel segno rosso sulla verifica.
– È vero – ha detto Giovanni. – Rosa fa tutto con il cuore.
Anche Giovanni aveva avuto un’intuizione.
– Grazie, ragazzi – ha sorriso allora la maestra. – Non vi scorderò mai.
– Vuoi forse lasciarci e volar via? – ha chiesto Pamela.
– Lasciarvi? No. Sono una maestra, non un ministro che serve la minestra – ha aggiunto.
Per un attimo ho temuto che il senno della maestra fosse finito su Marte. E che alieni poco gentili se lo stessero disputando ai dadi.
Ma poi lei ha continuato: – In quasi tutte le parole è nascosto un tesoro, perché le parole giungono da molto lontano, da luoghi dove si parlavano lingue antiche. E nel viaggio hanno raccolto così tanti pensieri, così tante similitudini per raccontare le loro parabole, che alla fine, proprio come il sasso che rotola dalla cima della montagna, hanno nascosto il loro significato segreto.
– Davvero?
– Parola d’onore.
– E qual è il segreto? – ha mormorato Anna. – Detto così, sembra solo uno dei rebus che cerca di risolvere la mia nonna.
Rosa si è alzata dalla cattedra e si è avvicinata a noi.
– Dipende dalle parole – ha risposto.
– Allora chissà come sono pesanti le parole che nascondono grandi segreti – ha detto Marta.
– Oh sì, per alcune persone, per chi si accontenta e non vuole scoprire il tesoro che è dentro di sé, a volte possono essere anche parole-macigni! Ma per chi ama l’invisibile come noi sono sempre parole-piuma, parole-farfalla.
– Che bello! – ha esclamato Serena. – Oggi sembri una poetessa.
– Raccontatemi con le vostre parole un avvenimento che non potete né scordare, né dimenticare. Siamo restati tutti muti.
– Avanti – ha detto ancora Rosa. – Non temete, non siate timidi.
– Anche qualcosa che ci ha fatto arrabbiare? – ha chiesto Anna.
– Sì, qualcosa che vi ha fatto arrabbiare, vi ha fatto paura o vi ha dato gioia. Qualcosa da ricordare con il cuore o rammentare con la mente.
– Inizio io – Anna ha alzato la mano.
– Inizia! – ha detto allora Rosa. – Noi intanto lucidiamo le nostre orecchie d’argento per ascoltarti meglio.
Emanuela Nava, Una maestra piena di parole, Mondadori Libri per il marchio Piemme
Entra nelle parole
Che cosa è il dimenticatoio?
钀 È il ripostiglio di casa.
钀 È il luogo immaginario dove finisce tutto ciò che viene dimenticato.
钀 È il dizionario.
Che cosa vuol dire in senso figurato, nella spiegazione del verbo “abbacinare”?
钀 Il verbo può essere usato anche in contesti diversi con un significato simile.
钀 Il verbo può essere illustrato.
钀 Il verbo ha tanti significati diversi tra loro.
Un testo informativo può presentarsi in modi diversi: non solo in frasi e paragrafi. Le informazioni possono essere fornite con immagini, grafici, tabelle, elenchi sintetici e di facile lettura.
Parole dimenticate
La lingua italiana è ricca di parole che definiscono in maniera precisa azioni, stati d’animo, qualità, oggetti, sentimenti, caratteristiche fisiche e caratteriali, insomma tutto ciò che siamo in grado di vedere e anche quello che non vediamo. Eppure, nel 98% dei nostri discorsi, usiamo solo una piccola parte del patrimonio lessicale dell’italiano: circa 6500 parole che fanno parte del vocabolario di base… un vero spreco!
Ecco alcune parole che stanno finendo nel dimenticatoio.
ABBACINARE
Verbo
• Accecare, abbagliare momentaneamente.
• In senso figurato: confondere, ingannare.
BATTIBUGLIO
Sostantivo
Lite, rissa.
CAROLARE
Verbo
Danzare in cerchio.
DARDEGGIO
Sostantivo
Scambio di frasi scherzose e battute di spirito.
EDIBILE
Aggettivo
Che può essere mangiato, commestibile.
FRISO
Sostantivo
Colpo leggerissimo dato di striscio, sfiorando, in particolare negli sport e nei giochi.
GRIPPE
Sostantivo
Forte raffreddore.
INDOMENICARE
Verbo
Rendere allegro, festoso, allietare.
LATIBOLO
Sostantivo
Tana, luogo in cui nascondersi.
MAISÌ/MAINÒ
Avverbio
Certamente sì / Certamente no
NIVEO
Aggettivo
Bianco come la neve, candido.
ONNINO
Avverbio
Assolutamente, del tutto.
QUAQUERÌO
Sostantivo
Verso caratteristico di anatre e oche.
RABBARUFFARE
Verbo
Scombinare, scompigliare, mettere in disordine.
TACCOLEVOLE
Aggettivo
Chiacchierone, che parla volentieri.
UNQUANCO
Avverbio
Non ancora.
ZIRIBIGLIARE
S ARA RA
Sostantivo
Cerotto.
Verbo
Cinguettare.
AA.VV., Il dimenticatoio Dizionario delle parole perdute, Franco Cesati Editore
Leggere aiuta anche a imparare parole nuove e a tenerle vive. Salva le parole che rischiano di essere dimenticate: vai a pag. 65 del Taccuino per esprimersi TACCUINO
carabattole: cianfrusaglie, cose di nessun valore
ventriloquo: persona che parla senza muovere le labbra
filodendro: pianta con grandi foglie verdi
A caccia di parole
C’è un paese dove le persone non parlano quasi mai. È il paese della grande fabbrica delle parole.
In questo strano paese, per poter pronunciare le parole bisogna comprarle e inghiottirle.
La grande fabbrica delle parole lavora giorno e notte.
Dai suoi macchinari escono tutte le parole di tutte le lingue del mondo.
Ci sono parole più care di altre. Non si pronunciano spesso, a meno di non essere ricchissimi.
Nel paese della grande fabbrica, parlare costa molto. Chi non ha soldi fruga, a volte, nei cassonetti della spazzatura. Ma le parole che vengono buttate via non sono molto interessanti: ci sono un mucchio di carabattole e fichi secchi.
In primavera si possono comprare parole in offerta speciale. Si portano via un sacco di parole a un prezzo conveniente. Ma, spesso, sono parole che non servono a un granché: cosa puoi fare con “ventriloquo” o “filodendro”?
A volte ci sono parole che volteggiano nell’aria. Allora i bambini si precipitano fuori con i retini acchiappafarfalle.
La sera, a cena, sono fieri di poter dire qualcosa ai propri genitori.
Oggi Philéas ha catturato tre parole con il suo retino.
Vuole conservarle per una persona preziosa.
Domani è il compleanno di Cybelle. Philéas è innamorato di lei. Gli piacerebbe molto dirle “Ti amo”, ma non ha abbastanza soldi nel suo salvadanaio.
Allora, le offrirà le parole che ha trovato: “Ciliegia, polvere, seggiola”.
Cybelle abita nella strada accanto. Philéas suona alla sua porta. Non dice “Buongiorno, come va?” perché non ha con sé queste parole. Invece, sorride.
Cybelle ha un vestito rosso ciliegia. Anche lei sorride.
Dietro di lei, Philéas scorge Oscar. Oscar è il suo più grande nemico. I suoi genitori sono molto ricchi, ma non è per questo che Philéas lo detesta.
Oscar non sorride. Parla. A Cybelle.
TI AMO CON TUTTO IL MIO CUORE MIA CYBELLE.
“Deve aver speso un patrimonio!” pensa Philéas. Cybelle continua a sorridere. E Philéas non sa a chi è rivolto quel sorriso.
Negli occhi di Oscar c’è una tale sicurezza!
“Le mie parole sono ben poca cosa” pensa Philéas.
Fa un bel respiro, e pensa a tutto l’amore che ha nel cuore. Poi pronuncia le parole che ha catturato con il retino.
Le parole volano verso Cybelle: sono come gemme preziose.
CILIEGIA!... POLVERE!... SEGGIOLA!...
Cybelle non sorride più. Lo guarda. Si direbbe che non abbia in serbo nessuna parola.
Invece si avvicina dolcemente e posa un bacio delicato sul naso di Philéas.
A Philéas non rimane che una parola sola. L’ha trovata molto tempo fa in un cassonetto, in mezzo a centinaia di carabattole e fichi secchi.
È una parola che lui ama molto.
La teneva da parte per un giorno speciale.
E quel giorno è arrivato.
Guardando Cybelle negli occhi, dice: ANCORA!
Agnès de Lestrade, Valeria Docampo, La grande fabbrica delle parole, Terre di mezzo Editore
Entra nelle parole
Sottolinea nel testo secondo le indicazioni: le parole composte; le parole difficili; le parole che Philéas non può dire; le parole che dice Oscar.
Entra nel testo
Rispondi sul quaderno.
• In quale lingua escono le parole dalla fabbrica?
• Quali parole vengono buttate via?
• Quali parole ha catturato Philéas con il retino?
• Quale parola Philèas aveva conservato per un momento speciale?
TACCUINO
Con l'aiuto delle indicazioni di pag. 231, vai a pag. 66 del Taccuino per esprimersi e riassumi il racconto.
Parole uniche
Di solito, quasi ogni parola di qualsiasi lingua ha una parola corrispondente nelle altre lingue. Pensate ad esempio alla parola “blu”: in inglese si dice blue, in turco mavi, in spagnolo azul.
Ma nelle lingue del mondo ci sono alcune parole che sono uniche e speciali! E questo significa che non esistono (e non si possono tradurre) in nessun’altra lingua.
Le parole intraducibili ci sorprendono, ci insegnano cose nuove su di noi, sugli altri e sul mondo che ci circonda.
gokotta gluggavedur
I l d e T h b b ll d c è f dd d si esce
S e I b d non ci si ricorda il d l
S d e S l
alla mattina e uscire ad ascoltare il canto d l ll
F l d e
La distanza che una renna può percorrere d d
f f
tartle
poronkusema
jugaad
friolero
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C d
c l h
risorse e di risolvere bl d creativo.
nam jai
Th l d e S d al d b l l l f d l estranei
Wagiman ( lingua degli d l )
Camminare nell’acqua e cercare qualcosa usando d
Nicola Edwards, Luisa Uribe, Che bella parola!, Emme Edizioni
lo
Ch h f dd e d
G e Amici così cari che sono come familiari
Entra nel testo
Perché, secondo te, la traduzione della parola poronkusema non esiste in italiano?
Quale parola è molto distante dalla nostra cultura, secondo te?
Che idea puoi farti della cultura thailandese a partire dalla loro parola nam jai?
Quale parola italiana, secondo te, potrebbe essere intraducibile nelle altre lingue?
mamma abbiocco computer pizza
nakama
STORIE DI EDUCAZIONE
Il potere delle parole
Le parole sono un’arma potente. Quando una parola ci è uscita di bocca, non possiamo più riprendercela. Potremmo anche cercare di riafferrarla, di “aggiustare” la portata di ciò che abbiamo detto, ma non possiamo essere sicuri di riuscirci; anzi, spesso peggioriamo la situazione. La prima impressione resta, si appiccica addosso a chi ci ha ascoltato.
Frase “killer”
Frase che esprime lo stesso concetto ma più gentilmente
Questo disegno è orrendo! Forse questo disegno si potrebbe migliorare, dai, riprovaci!
Sei un copione! Non hai delle idee tue?
Sei un pettegolo, non ti dirò più niente, di te non ci si può fidare.
Sono contento che quello che faccio io ti piaccia, ma sono sicuro che puoi trovare un modo tutto tuo di esprimerti.
Ti avevo pregato di non dirlo a nessuno: per favore, non farlo più.
Le parole ci fanno bene, ci fanno male, ci fanno piangere, ci consolano, si stampano nel nostro cervello, si ficcano saldamente nella nostra memoria anche se vogliamo dimenticarle: perciò bisogna fare molta attenzione prima di parlare. Non solo: bisogna fare molta attenzione anche al tono della voce e al timbro, perché una parola “bella”, pronunciata con una faccia arrabbiata, non ha certo un buon effetto!
Simonetta Tassinari, Prime lezioni di filosofia, Gribaudo
Entra nelle parole
Completa la tabella.
Frase “killer”
Mi sono proprio scocciato/a di giocare con te!
Sei una frana con la palla, meglio che resti a guardare. Togliti di là, mi dai fastidio.
Frase che esprime lo stesso concetto ma più gentilmente
Traguardi per lo sviluppo delle competenze n. 1, 4, 11, 12
Sara o badSpeech?
(S)Punti interrogativi:
• Ci sono parole che ci aiutano a sfogarci. Ma ci fanno davvero bene?
• Fanno bene a chi è intorno a noi?
• Le parolacce cambiano di significato se le dico in contesti diversi?
Sara: Quanti sono a conoscenza che badSpeech sono io?
Nella comunità di gamer online, lo sanno in tanti. Mi conoscono sia per il mio modo di giocare agli “sparatutto” sia per la quantità di parolacce che dico mentre sono collegata. Quando mi hanno chiesto come mai faccio così, ho risposto: adoro gli sparatutto perché mi permettono di sfogarmi e di dire tutto quello che mi viene in mente senza dovermi frenare. [...] Quando spengo sono la solita, tranquilla Sara di tutti i giorni. Non c’è niente di male, non offendo nessuno e dopo mi sento molto meglio.
Negli ultimi tempi però le parolacce mi escono di bocca anche quando parlo animatamente con qualcuno. Mi è capitato con Gabriella, la mia compagna di banco. E anche con il mio fratellino [...]. Sto perdendo il controllo?
Secondo te:
Le parolacce non sono così brutte se le dico scherzando o con persone che ne ridono e non se la prendono. Ogni tanto bisogna sfogarsi, meglio con le parole che prendendo a pugni qualcosa o qualcuno. Una ragazza non dovrebbe dire parolacce. A volte certi comportamenti ci prendono la mano, basta solo fare più attenzione.
Quali sono le occasioni in cui molli il freno? Quelle in cui non stai attento a ciò che gli altri possono pensare di te?
Carlotta Cubeddu, Federico Taddia, Penso Parlo Posto, Il Castoro, 2019
TACCUINO
Prova a rispondere agli (s)punti interrogativi. Vai a pag. 67 del Taccuino per esprimersi per organizzare l’esposizione del tuo punto di vista.
Per parlare
Rispondi alle domande proposte nel riquadro azzurro in basso. Poi confronta le tue risposte con quelle dei compagni e delle compagne di classe.
STORIE DI EDUCAZIONE
Il Manifesto della comunicazione non ostile
Il “Manifesto della comunicazione non ostile”, redatto dall’Associazione
Parole Ostili, elenca dieci princìpi utili a migliorare lo stile e il comportamento quando si comunica con altre persone, anche su Internet.
Entra nel testo
Sottolinea nel testo le risposte.
• Quali cose è bene dire e scrivere in rete?
• Quando puoi condividere testi e immagini?
TACCUINO
Scegli uno dei dieci princìpi del Manifesto e spiegalo con parole tue. Vai a pag. 68 del Taccuino per esprimersi.
Una baraonda di parole
Le parole composte si erano stufate. Di rimanere composte, intendo dire.
Se sei la parola “parapioggia” o “portapacchi”, di che cosa puoi occuparti se non di parare la pioggia o portare pacchi? La tua struttura è il tuo destino, inequivocabile, ineluttabile, eterno.
Se sei un copricapo copri il capo, se sei semovente ti muovi da te, se sei una lavastoviglie lavi le stoviglie.
Ti è stato dato questo incarico e tu lo esegui, compostamente, diligentemente, educatamente.
Le altre parole erano molto indisciplinate. La chiave, per citarne una, doveva essere una cosa con cui si apre una porta o un cassetto; invece diventava una chiave di volta, una chiave di sol, la chiave del mistero; alla fine quando uno diceva “chiave” non si sapeva più di che cosa stesse parlando.
Insomma nel dizionario c’era una gran baraonda, e tutto per colpa delle parole “semplici”. Quel che era strano è che a un comportamento così irresponsabile non sembrava accompagnarsi nessun malumore; le parole “semplici”, anzi, sembravano divertirsi un mondo. Erano quelle composte che a furia di stare sempre composte e significare sempre la stessa cosa, la cosa a loro assegnata, si annoiavano a morte.
Così un bel giorno si ribellarono.
Da allora “portapacchi” e “copricapo” possono significare qualsiasi cosa: che si portano i pacchi e si copre il capo, certo, ma anche che si rincorrono i gatti o si mangia la frittata, che ci si cala in un pozzo o ci si pettina i capelli.
Le parole composte non rimangono più composte, il dizionario è ancora più confuso, ma gioia e divertimento sono aperti a tutti.
Ermanno Bencivenga, Parole in gioco, Oscar Mondadori
ineluttabile: qualcosa che non si può cambiare, già stabilito
Entra nel testo
Quale domanda ti sembra la più indicata per questo brano?
钀 A che cosa servono le parole composte?
钀 Perché le parole composte decidono di ribellarsi?
钀 Perché è più divertente essere indisciplinati che eseguire sempre lo stesso incarico?
钀 Perché alcune parole sono ambigue?
Parole con le mani
Le persone non udenti usano le mani per comunicare. A questo scopo, esistono sia gli alfabeti manuali sia vere e proprie lingue dei segni.
LA LINGUA DEI SEGNI
Con i segni si possono comunicare singole parole o frasi.Tutto dipende dalla posizione e dal movimento delle mani: ogni minimo dettaglio è importante. Le domande e le esclamazioni si rendono tramite l’espressione del viso e la postura della testa e della porzione superiore del corpo.
PIOVE FORTE
espressione calma
movimento lento delle mani verso il basso
espressione intensa
movimento di mani e dita più rapido, di pari passo con l'intensità della pioggia
Attenzione: così come le lingue parlate, anche quelle dei segni cambiano da Paese a Paese.
COME TI CHIAMI?
Vítêzslav Mecner, Magda Garguláková, La mano, La Margherita
lingua dei segni inglese
lingua dei segni americana
L’ALFABETO MANUALE
Ecco l’alfabeto manuale, che si chiama anche “dattilologia”, che puoi imparare per comunicare con i tuoi compagni e le tue compagne. Potrà servirti con una persona sorda: ti permetterà di comunicarci e farci amicizia.
Fai il punto sul testo informativo
Rispondi sul quaderno.
• Qual è l’argomento di questo testo?
• Come è organizzato (paragrafi, grafici, elenco…)?
• Con quale ordine sono date le informazioni?
• Le immagini aiutano a capire meglio o sono solo decorative?
• Quali parole nuove hai imparato?
L'ALFABETO MANUALE
Le mille sfumature delle parole
Le parole possono essere usate in tanti contesti diversi. Possono essere usate con il loro senso proprio, ma anche in senso figurato o traslato: possono cioè essere usate allargando il loro significato oltre quello originario, magari con una similitudine.
Leggi questo esempio.
“Un filo è lungo e sottile, e i sarti lo usano per cucire.”
Questo è il senso proprio della parola “filo”.
Ma se dico: “I tuoi capelli sono fili d’oro” sto usando una metafora.
Tutto chiaro?
Quanti altri “fili” possiamo nominare?
Un filo di fumo, un filo d’erba, un filo di luce, un filo d’aria, un filo d’acqua, un filo di giudizio, un filo di speranza, un filo di voce…
Scegli cinque modi differenti di usare la parola “filo” e scrivi per ciascuno una frase.
Impara a conoscere le sfumature di significato delle parole.
Il testo regolativo è scritto spesso in forma di elenco: nelle istruzioni sono elencate le cose da fare, mentre nei regolamenti sono elencate le regole da seguire.
L’ordine dell’elenco può essere:
• cronologico (prima, dopo, infine),
• di importanza (dal punto principale a quello meno importante),
• libero (tutti i punti hanno la stessa importanza).
Paroloni per stupire
Conoscere molte parole e saperle usare bene è una cosa buona e utile. Può anche essere divertente sorprendere chi ti ascolta o ti legge grazie a parole non comuni, che proprio per questo attirano l’attenzione.
Immagina un dialogo come questo:
– Che cosa si mangia stasera?
– Broccoli!
– Orrore e raccapriccio!
Ecco come fare per stupire tutti e tutte con paroloni nuovi.
1 Scegli un quadernino che ti piace oppure realizzane uno con fogli bianchi e una copertina in cartoncino, quindi utilizzalo per annotare le parole da sfoggiare.
2 Procurati un dizionario.
3 Per ogni parola che cerchi, annota il suo significato.
4 Scrivi un esempio, per memorizzare meglio la parola.
5 Lascia passare qualche ora, poi prova a pensare una frase in cui inserire la nuova parola.
6 Scrivi tutte le frasi che ti vengono in mente, in modo da non perderle.
7 Appena capita l’occasione, sfoggia la nuova parola e osserva l’effetto che produce in chi ti ascolta.
8 Non far passare troppo tempo tra una nuova parola e l’altra: più parole riesci a sfoggiare, anche insieme, più l’effetto-meraviglia sarà garantito.
Spunto da Massimo Birattari, Invece di fare i compiti, Rizzoli
raccapriccio: ribrezzo, disgusto sfoggiare: mostrare per farsi ammirare, esibire
Entra nelle parole
Leggi queste parole, cerca il significato e scrivilo qui.
• titanico:
• antidiluviano:
• obsoleto:
Scegli una di queste parole per creare una frase su un tema a tua scelta.
Quale ordine segue questo testo regolativo?
钀 cronologico
钀 di importanza
钀 libero sul testo r l i o Fai il punto
Qui sopra una riproduzione del sarcofago di un faraone egizio ricoperto d’oro con decorazioni in lapislazzuli.
A destra, una decorazione del Tempio di Hathor che raffigura il dio Ra che naviga in cielo.
I testi informativi sono scritti in modo chiaro e con parole specifiche. Ogni disciplina ha il suo lessico specifico. Il lessico è l’insieme delle parole. C’è per esempio il lessico scientifico, il lessico della storia...
Un testo informativo è spesso diviso in paragrafi, ciascuno con un titolo per dare l’idea del contenuto.
Blu egiziano
L’antica città di Pompei rimase sepolta per oltre 1600 anni in seguito all’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. Quando fu riportata alla luce, sui muri della città e sui recipienti venne rinvenuto uno dei primi colori sintetici che deve il nome ai suoi inventori: gli antichi Egizi.
IL COLORE DEL CIELO
Il blu aveva un’enorme importanza per gli Egizi: era infatti il colore del cielo e del Nilo, fiume navigabile che forniva loro acqua e cibo; il blu era inoltre associato alle loro divinità, all’universo e alla creazione.
I pigmenti blu erano rari, in particolare quello ottenuto d i lapislazzuli che era molto costoso.
UN SISTEMA SOFISTICATO
Circa 4600 anni fa gli Egizi scoprirono come ottenere un pigmento a partire da rocce e minerali: sabbia di quarzo, rame e altri elementi erano fusi tra gli 850 e i 950 gradi.
Venivano mantenuti a queste temperature per diversi giorni, ottenendo così un pigmento che si dimostrò incredibilmente durevole e resistente. Se ne poteva anche ottenere una tonalità più chiara riducendolo ad una polvere sottile.
SCRIBI E SCARABEI
Gli scribi nell’antico Egitto registravano annotazioni sui raccolti, sulle tasse e altre questioni amministrative su rotoli di pergamena. Scrivevano usando pennelli ottenuti da canne sfilacciate che intingevano in un inchiostro dal caratteristico colore blu, da noi conosciuto come blu egiziano. Questo pigmento era utilizzato anche come rivestimento laccato per vari oggetti, tra cui gioielli raffiguranti lo scarabeo, che si pensava proteggesse dal male.
BABBUINI BLU
Le pareti delle tombe dei faraoni e dei nobili erano rivestite da un intonaco liscio su cui gli artisti dipingevano delle scene, spesso usando il colore blu. Ne sono un esempio i dodici babbuini blu che decorano la famosa tomba di Tutankhamon: rappresentano le dodici ore che si pensava fossero necessarie al giovane faraone per transitare nell’aldilà.
Clive Gifford, I colori della storia, LEG edizioni
Cerca nel dizionario e trascrivi qui il significato delle seguenti parole. pigmenti: lapislazzuli: intonaco: Entra nelle parole
Il testo è composto da cinque brevi paragrafi. Per ciascuno di essi, scrivi una frase che sintetizzi le informazioni principali.
1 2 3
4
5
Poi vai a pag. 69 del Taccuino per esprimersi e costruisci uno schema. TACCUINO
Oggetti funerari in blu egiziano: statuetta di faraone e scarabeo alato
TACCUINO
Impara a organizzare le informazioni in una mappa e poi utilizzala per esporre. Vai a pag. 70 del Taccuino per esprimersi.
1 Inglese
2 Cinese mandarino
3 Hindi
4 Spagnolo
5 Francese
6 Arabo
7 Bengalese
8 Portoghese
9 Russo
10 Urdu
Quante lingue nel mondo!
Forse ti è già capitato, o ti potrebbe capitare in futuro, di viaggiare e di fare nuove conoscenze con amiche e amici stranieri. Per parlare con chi viene da altri Paesi bisogna comunicare nella stessa lingua. Ecco perché è importante darsi da fare con lo studio dell’inglese… ma non solo!
Nessuno sa di preciso quante siano le lingue parlate nel mondo. Per la maggior parte degli studiosi sono circa 7000, anche se il loro numero non è certo: non è facile, infatti, distinguere le lingue dai dialetti.
In Europa le lingue sono “solo” 287. La maggior parte delle lingue europee appartengono a tre grandi gruppi: germaniche, romanze e slave.
• La famiglia delle lingue germaniche comprende danese, norvegese, svedese, islandese, tedesco, olandese, inglese e yiddish.
• Le lingue romanze sono italiano, francese, spagnolo, portoghese e rumeno.
• Le lingue slave sono russo, ucraino, bielorusso, polacco, ceco, slovacco, sloveno, serbo, croato, macedone, bulgaro e altri idiomi locali.
Le 10 lingue più diffuse al mondo sono parlate da più di cinque miliardi di persone. Leggi nella tabella accanto la classifica relativa al 2023 (dal sito Ethnologue).
Le lingue dei libri
Ogni Paese, ogni popolo, ha una sua lingua e quindi ha i suoi scrittori. Molti libri vengono tradotti, in modo che anche chi non conosce la lingua in cui è stato scritto un libro possa leggerlo. È successo con i libri di Gianni Rodari, forse il più importante scrittore italiano di racconti e filastrocche per bambini e bambine.
Certe volte sono gli scrittori a viaggiare, a cambiare casa e a iniziare a scrivere in altre lingue. Molti italiani, si sono trasferiti all’estero e lì hanno costruito le loro vite. María Teresa Andruetto è una scrittrice argentina di origini italiane. Molti suoi libri sono stati tradotti in italiano. Uno di questi è Il paese di Juan. Ci sono anche scrittori che sono arrivati in Italia da altri Paesi, portando con sé le loro storie. Come per esempio Pap Kan, uno scrittore e musicista che scrive fiabe africane. Pap Kan è nato in Senegal, in Africa, ma si è poi trasferito in Italia. Scrive le fiabe africane in italiano perché possano essere conosciute anche dai bambini e dalle bambine italiane. Oleksij Cherepanov è originario di Kharkiv, in Ucraina. Ha illustrato Il custode del bosco, un albo pensato per i bambini e le bambine ucraine in Italia a causa della guerra e per tutti quelli italiani. Il testo è scritto infatti sia in ucraino sia in italiano.
russo rumeno albanese spagnolo polacco
L'estate intorno a noi
Arriva una nuova stagione e cambia il mondo intorno a noi. Guarda quanti regali ci porta l’estate.
C’è un posto migliore dove passare le giornate d’estate?
L’acqua del mare ha una temperatura ideale e invita a fare lunghi bagni. In spiaggia, con la giusta protezione dai raggi del sole, si possono costruire castelli di sabbia e sculture. Nelle ore più calde, invece, si può restare all’ombra a leggere.
In campagna, d’estate, sembra che una grande mano abbia pettinato i campi. Ci sono lunghe strisce di spighe di grano da raccogliere ed il mais è alto.
Negli orti, invece, crescono grandi angurie verdi. Solo a vederle fanno venire l’acquolina in bocca.
in città
Qualcuno si lamenta dell’estate in città. Non dovrebbe. Sì, certo, fa più caldo perché il cemento e l’asfalto trattengono il calore, ma basta osservare con attenzione per vedere tanta bellezza intorno. Il silenzio, il poco traffico, la luce della sera che regala colori caldi e morbidi. L’estate in città fa scivolare le giornate più lentamente rispetto al solito. Ci sono meno impegni, più tempo libero.
nel bosco al mare in campagna
Chi entra in un bosco d’estate non vorrebbe più uscirne. Qui il caldo non si sa che cosa sia. Forse è meglio coprirsi un po’, anzi. Se però si incontra un ruscello, meglio togliere scarpe e calzini. L’acqua è gelida e mettere in ammollo i piedi è una sfida di coraggio. Nel bosco d’estate c’è profumo di muschio, di erbe e di buono.
TACCUINO
Quali sono i segnali dell’estate che riconosci intorno a te? Secondo te, qual è il regalo migliore dell’estate? Vai a pag. 71 del Taccuino per esprimersi e racconta.
L’estate nei dipinti
■ Osserva il dipinto e rispondi alle domande.
• Da che cosa si capisce che è estate?
• Quali colori ha usato sopratutto il pittore? Perché?
• Quali emozioni ti suscita questo dipinto? A che cosa ti fa pensare?
A che cosa pensi, quando pensi all’estate? Quali colori secondo te, rappresentano meglio questa stagione? Realizza un disegno in cui esprimi il tuo punto di vista e le emozioni che associ all’estate.
Claude Monet, I papaveri, 1873
LE STAGIONI estate
Feste e date speciali
In ogni stagione ci sono tante date importanti da ricordare. Eccone alcune.
20-21 giugno:solstizio d’estate
30 luglio: giornata dell’amicizia
23 giugno: notte delle streghe
20 luglio: giornata degli scacchi
16 agosto: giornata dell’aquilone
8 agosto: giornata mondiale del gatto
10 agosto: notte di San Lorenzo, la notte delle stelle cadenti
15 agosto: Ferragosto
19 agosto: giornata della fotografia
TACCUINO
Pensa a come si potrebbe festeggiare ognuna di queste date speciali. Poi, scegline una e sviluppa la tua idea. Vai a pag. 72 del Taccuino per esprimersi per organizzare il tuo progetto.
26 agosto: giornata mondiale del cane
Mio padre, le api e io
Mio padre sì che era bravo con le api. Lui apriva l’arnia e loro se ne stavano buone. Non serviva altro, bastava la sua presenza. Se mi avvicinavo io, un po’ si agitavano, ma ero troppo curioso. Volevo vederle da vicino, tutte e trentacinquemila (quelle di un’arnia, poi c’erano le altre). Piccole, come piselli gialli. Però, se invece di osservarle nella realtà, si cercano le foto ingrandite, si vede chiaramente che sono degli inquietanti insetti pelosi. Catturano il polline, grazie a quei peli.
Quando entrano in un fiore, sembra che nulla le possa disturbare. Io le ho osservate bene: sono concentrate e soddisfatte, in quel momento.
Quando ne vedi una sola, quasi non la senti e sembra in balia del vento. “È solo un’impressione” mi diceva mio padre. “Le api sanno benissimo dove andare”. E infatti, dal modo in cui un’ape vola, le altre capiscono che cosa comunica. “È incredibile” ho detto a mio padre, la prima volta che mi ha raccontato questo segreto. Tutte insieme, invece, le api fanno un rumore di battaglia. Spaventano solo a sentire il brusio che si avvicina. Se in quel momento mi trovo accanto a mio padre, il rumore non mi spaventa. Se sono accanto a lui, sento solo il profumo del miele che useremo per fare le torte.
Eva Pigliapoco, Ivan Sciapeconi
Cerca nel testo le informazioni sulle api e completa.
� Se una persona si avvicina, si
� Le api sono come
� Se si guardano nelle foto ingrandite, sono degli
� Quando entrano in un fiore, sono
� Quando volano da sole, non
� Quando sono tutte insieme, invece, fanno
Mi valuto: MI VALUTO
Rispondere alle domande è stato
Le api
Osservando il fermento che c’è in un alveare, si potrebbe giungere a una conclusione affrettata: nella casa delle api regna l’anarchia. In realtà, ogni individuo all’interno di essa ha un preciso ruolo. Le api appena nate, per i primi tre giorni della loro breve vita, svolgono il ruolo di “spazzine” pulendo le celle dove l’ape regina deporrà le uova. Dopo, vengono promosse al ruolo di nutrici e dovranno nutrire le larve. L’ape regina vive fino a cinque anni. Trascorre tutta la vita nel buio alveare, tranne al momento della riproduzione che dura una ventina di giorni e durante il quale depone circa duemila uova al giorno: nelle celle più piccole depone quelle che diventeranno le api operaie, nelle celle più grandi deporrà i futuri fuchi, ovvero l’ape maschio. In una colonia, che può arrivare a ospitare fino a sessantamila api, vengono anche allevati in media dai duemila ai seimila fuchi: privi di pungiglione, sono più grandi di un’operaia media, ma più piccoli di una regina e hanno un numero di recettori visivi maggiore rispetto alle compagne. Perché? Per vederci meglio durante la fase dell’accoppiamento, quando devono individuare la regina e corteggiarla con una danza specifica. Le api operaie quando nascono sono piccole, pelose, bianchicce, maldestre e inoffensive. Nei primi ventuno giorni non escono dall’alveare e si dividono vari compiti; solo in seguito, da adulte, diventano bottinatrici.
Andrea Fogli, Bianca Strano, Marta Ficarra, Andrea Allais, Vittoria Donda, Focus n. 125, 23 marzo 2021
IL TESTO
1 Che tipo di testo è?
testo narrativo
testo informativo
testo regolativo
IL LINGUAGGIO
2 Le parole utilizzate sono: emozionanti. precise e specifiche. semplici.
IL SIGNIFICATO DELLE PAROLE
3 Che cosa vuol dire: anarchia? ordine disordine
LE INFORMAZIONI ESPLICITE
7 Indica se le informazioni sono vere o false.
4 Che cosa vuol dire: bottinatrici?
Api operaie che raccolgono il polline. Api regine a cui viene portato tutto.
5 Da che cosa lo hai capito?
L’ORDINE DELLE INFORMAZIONI
6 Nel testo le informazioni sono date con un ordine: cronologico. di comparazione. di enumerazione.
• Nell’alveare c’è sempre un gran caos. V F
• Nei primi tre giorni di vita le api puliscono le celle. V F
• Le api operaie vivono fino a cinque anni. V F
• L’ape regina vive sempre al buio. V F
• Nelle celle più piccole sono deposte le uova di quelle che saranno le api operaie. V F
• Nelle celle più grandi sono deposte le uova delle api maschio.
V F
• I fuchi sono le api maschio. V F
• I fuchi hanno il pungiglione. V F
MI VALUTO
Rispondere alle domande è stato perché
Le mie risposte corrette sono state: (numero)
In che cosa posso migliorare?
Mi valuto:
per FARE il PUNTO
Leggi e usa la mappa di sintesi per ricostruire ciò che sai sul testo informativo.
TESTO INFORMATIVO
Scopo fornire informazioni su un argomento
l’argomento può essere di qualsiasi campo del sapere o disciplina (Storia, Arte, Scienze…)
Linguaggio
• chiaro e preciso
• parole specifiche dell’argomento o disciplina
Struttura
• f li
• parole chiave evidenziate
• immagini (foto o disegni)
Ordine
• cronologico
• causa/effetto
• enumerazione
• comparazione
• definizione dell’argomento centrale
c d d l e
• f b ll l hi
MAPPA INTERATTIVA
Leggi e usa la mappa di sintesi per ricostruire ciò che sai sul testo regolativo.
TESTO REGOLATIVO
Scopo
• dare indicazioni per fare qualcosa
• istruzioni o regole da seguire
Argomento
• istruzioni per l’uso
• regole di comportamento
• ricette
Linguaggio
• chiaro e preciso
• frasi brevi
• verbi al presente, infinito o imperativo
• immagini
Ordine
• cronologico
• di importanza
• libero
Struttura
• presentazione dell’argomento
• elenco:
• delle cose da fare, nelle istruzioni
• delle regole da seguire, nei regolamenti
Parole in mostra
È arrivato il momento di organizzare una mostra davvero unica e originale: una mostra sulle parole.
Potrete spaziare dalla storia delle parole alle parole intraducibili, dalle parole difficili a quelle che non si usano più, dalle parole che hanno tanti significati a quelle che sembrano uguali ma non lo sono, da quelle specifiche a quelle che arrivano da lingue straniere.
La mostra potrà accogliere anche gli usi figurati delle parole, quindi tutto quello che avete imparato sulle figure retoriche.
REGOLE
La mostra dovrà presentare:
• una sezione sulle parole;
• una sezione sulle figure retoriche;
• una sezione libera a vostra scelta.
PROCEDIMENTO
Per la mostra potrete realizzare, da soli o in gruppo: cartelloni, manifesti, ma anche lapbook o presentazioni multimediali.
Nella progettazione della mostra, potrete scegliere anche di:
• preparare gli inviti e le locandine;
• organizzarvi per fare da guida alla mostra per i visitatori e le visitatrici;
• realizzare una versione digitale della mostra.
PRENDI APPUNTI
Organizzazione della mostra e divisione dei compiti:
Titolo della mostra:
Data inaugurazione:
Luogo:
Destinatari:
OPERE IN MOSTRA
Elenco delle diverse opere che verranno realizzate:
opere
titolo autori/autrici
MI VALUTO
Che cosa mi è piaciuto del mio lavoro:
Che cosa posso migliorare:
Ho chiesto aiuto a per
È stato divertente: progettare. disegnare. scrivere. raccontare. altro: Mi valuto:
I diritti di chi legge
La lettura è un divertimento che ha i suoi diritti, come ha scritto uno scrittore famoso: Daniel Pennac. Leggine alcuni, poi colora solo le cornici dei tuoi tre diritti preferiti!
1
2 nonIldirittodi leggere
Il diritto di saltare le pagine
3
Ildirittodi nonfinire illibro
4
Il diritto di rileggere
Ildiritto qualsiasidileggerecosa
5 Il diritto al bovarismo (immedesimarsi ed emozionarsi)
6
7
diIldiritto ovunqleggere ue
Il diritto di spizzicare
Il diritto di tacere
Daniel Pennac, Come un romanzo, Feltrinelli
PARTE PRIMA - Comprensione della lettura
Bambole giapponesi
Erano due piccole bambole giapponesi di soli cinque pollici di altezza. I volti e le mani erano di gesso bianco, i corpi di pezza. Gli occhi erano fessure di vetro nero; avevano delicati nasi di gesso e bocche dipinte di rosso. I capelli erano veri, neri e lisci, ed entrambe avevano la frangetta.
Erano esattamente identiche, se non per il fatto che Fiore era un pochino più alta e sottile, mentre le guance di Felicità erano più tonde e la sua bocca era dipinta in un sorriso.
Indossavano piccoli kimono di cotone – un kimono è come una vestaglia con le maniche molto ampie – ognuno con una larga fusciacca in alto, sotto le braccia, che si ripiegava in un pesante cuscinetto sulla schiena.
Non erano nuove: Fiore aveva una scheggia che spuntava dall’orecchio, il suo bel kimono era strappato e la pittura si era scrostata da una delle scarpe di Felicità. Non so dove avessero trascorso tutta la vita, ma all’inizio di questa storia furono avvolte nell’ovatta e nella carta velina, infilate in una scatola di legno chiusa con un nastro rosso e bianco, poi avvolte ancora in una carta marrone su cui erano incollati un’etichetta e diversi francobolli, e infine spedite da San Francisco, in America, verso l’Inghilterra. Non credo che qualcuno avesse chiesto loro se volevano partire: nessuno fa domande alle bambole.
– Dove ci troviamo adesso? – chiese Fiore. – È un altro paese?
– Penso di sì – disse Felicità.
– È strano e freddo. Lo sento dalla scatola – disse Fiore, e gridò: – Nessuno ci capirà, nessuno saprà cosa vogliamo. Oh, nessuno ci capirà mai, ancora una volta!
Ma Felicità era più ottimista e più coraggiosa.
– Penso di sì, invece – disse.
– E come potranno?
– Perché ci saranno bambini o bambine intelligenti e gentili.
– Ci saranno, eh? – chiese Fiore con desiderio.
– Sì.
– Perché ci saranno?
– Perché ce ne sono sempre stati – disse Felicità.
– Vorrei che non fossimo venute qui – disse Fiore.
Felicità sospirò e disse: – Nessuno ce l’ha chiesto.
Anche ai bambini nessuno lo chiede. Nessuno aveva chiesto a Nona Fell se voleva essere mandata dall’India a vivere con suo zio e sua zia in Inghilterra.Tutti le avevano detto che le sarebbe piaciuto, ma Nona diceva: “Non mi piace per niente”.
– Nona è un nome perfetto per lei – diceva la sua cugina più piccola, Belinda.
– Tutto quello che sa fare è dire sempre “No, no, no”.
I cugini erano tre: Anne, che aveva quattordici anni ed era alta e snella; Tom, che ne aveva undici, e aveva le lentiggini; e Belinda, una brusca, testarda bambina di sette anni.
Nona ne aveva otto. Tutto quello che faceva era rimanere seduta a leggere in un angolo o stare alla finestra e tremare.
– E piangere – diceva Belinda. – Mocciosa piagnucolona.
– Belinda, sii gentile – diceva la zia di Nona, che era la madre di Belinda. Anche Nona la chiamava mamma. – Sii gentile. Dobbiamo tutti aiutarla ad ambientarsi. [...]
Potete immaginare come si sentirono spaventate e smarrite Fiore e Felicità quando si ritrovarono sul grande tavolo liscio, lì stese a guardare Nona, Tom e Belinda sopra di loro.
Fiore chiese a Felicità: – Saranno gentili e intelligenti?
– Spero di sì – disse Felicità. – Lo desidero tanto.
Rumer Godden, Bambole giapponesi, Bompiani
1 Che cosa vuol dire “pollici” nella riga 1?
A. ■ Pollice = il primo dito della mano
B. ■ Pollice = unità di misura di lunghezza
2 Com’è descritta Fiore?
C. ■ Pollice = tipo di bambola
D. ■ Pollice = unità di misura del peso
A. ■ Ha il volto di gesso, gli occhi di vetro, è alta e sottile.
B. ■ Ha il volto di gesso, il corpo di gesso, è alta e sottile.
C. ■ Ha il corpo di pezza, gli occhi di gesso, è alta e tonda.
D. ■ Ha il viso di gesso, la bocca sorride, le guance sono tonde.
3 Da che cosa si capisce che Felicità non è una bambola nuova?
A. ■ Da una scheggia dietro l’orecchio.
B. ■ Dal kimono strappato.
C. ■ Da una scarpa rovinata.
D. ■ Dalla scatola consumata.
4 Completa la tabella: spiega dove vengono messe le bambole all’inizio della storia e perché.
avvolte nell’ e nella carta velina e infilate in una scatola di legno perché
avvolte ancora in una marrone su cui erano incollati un’etichetta e diversi francobolli perché
5 Qual è il viaggio delle bambole?
A. ■ Dall’Inghilterra al Giappone.
B. ■ Dall’Inghilterra all’America.
6 Chi è Nona Fell?
A. ■ Una bambola inglese.
B. ■ Una bambina indiana.
7 Chi è Tom?
C. ■ Dall’America al Giappone.
D. ■ Dall’America all’Inghilterra.
C. ■ Una bambina inglese.
D. ■ Una bambola indiana.
8 Perché Belinda dice che “Nona è un nome perfetto per lei”?
A. ■ Perché è un nome onomatopeico.
B. ■ Perché è nata dopo otto sorelle.
9 Vero o falso?
C. ■ Perché “non ha” una bambola.
D. ■ Perché è buona.
A. Nona piange spesso. V F
B. Nona legge poco. V F
C. Nona sta alla finestra e sogna. V F
D. Nona è stata mandata a vivere con gli zii. V F
E. Nona ha sette anni. V F
10 Le bambole parlano e pensano. Che tipo di figura retorica è?
A. ■ Onomatopea.
B. ■ Similitudine.
C. ■ Metafora.
D. ■ Personificazione.
Gli squali, signori del mare
1 Apparsi ben prima dei dinosauri, più di 400 milioni di anni fa, gli squali hanno resistito a numerose estinzioni. Ma braccati per le loro pinne in tutti gli oceani del mondo, sono oggi fortemente minacciati. Eppure sono indispensabili per il buon funzionamento degli oceani!
2 Signore dei mari, lo squalo è un pesce cartilaginoso, come la razza e la chimera.Temibile cacciatore, si nutre soprattutto di pesci, ma anche di crostacei e di molluschi (alcune specie a volte anche di plancton).
La loro taglia varia a seconda delle specie: se lo squalo pigmeo misura circa 20 centimetri, lo squalo balena raggiunge i 20 metri!
3 Gli squali sono indispensabili per i coralli. Nel mare delle Antille, la loro sparizione ha prodotto la proliferazione di piccoli pesci carnivori, quindi la diminuzione dei piccoli pesci erbivori: le alghe che, di conseguenza, si sviluppano indisturbate minacciano i coralli!
4 I grandi pescecani al vertice della catena alimentare hanno come preda pesci più piccoli (razze, spinaroli), che si nutrono di vongole, ostriche e altri molluschi molto utili per filtrare il mare. Quando gli squali spariscono, questi pesci, loro prede, si moltiplicano. Mangiano una maggior quantità di vongole e ostriche, che rischiano di scomparire non filtrando più le acque.
Gli squali sono anche degli spazzini del mare.
5 Ogni anno
uccisi più di 100 milioni di squali per la loro carne, ma soprattutto per le loro pinne. Gli Asiatici adorano la zuppa di pinne di pescecane. Ufficialmente è proibita, ma continua clandestinamente la crudele pratica di asportazione delle pinne.
Agnés Vandewiele, Salviamo il mare e gli oceani, Slow Food Editore
1 Indica quali informazioni sono contenute nel testo. Metti una per ogni riga.
NO SÌ
A. Gli squali sono apparsi prima dei dinosauri.
B. Le specie di squalo sono più di 465.
C. Gli squali sono pesci cartilaginosi.
■ ■
■ ■
■ ■
D. Quando gli squali spariscono, si moltiplicano le loro prede. ■ ■
E. Gli squali vengono uccisi anche per le loro pinne.
■ ■
F. Grazie ai satelliti si monitorano gli spostamenti degli squali. ■ ■
2 Associa ogni titolo al paragrafo corrispondente.
A. Amici dei coralli
B. Un predatore che protegge gli oceani
C. Sotto minaccia
D. Un signore del mare
E. Cacciati per le pinne titolo paragrafo numero paragrafo
3 Che cosa mangiano gli squali?
A. ■ Razze, chimere e crostacei.
B. ■ Pesci, crostacei e molluschi.
C. ■ Pesci, crostacei, molluschi e plancton.
D. ■ Molluschi, plancton e coralli.
4 Nella frase “Nel mare delle Antille, la loro sparizione ha prodotto la proliferazione di piccoli pesci carnivori” (righe 10-11), “la loro sparizione” si riferisce:
A. ■ ai coralli.
B. ■ agli squali.
C. ■ alle Antille.
D. ■ ai piccoli pesci carnivori.
Nina Daševskaja
di
Illustrazioni di Lucrèce
Traduzione
Paolo Maria Bonora
L’annuncio
Mi sono seduto su una panchina e ho tirato fuori un panino. Era tremendamente buono. Una baguette, tagliata per l’intera lunghezza, con dentro pomodoro e formaggio. C’era un po’ di aneto, ma l’ho buttato via. L’aneto non lo sopporto. Quando lo capirà la mamma?
Ma ecco, ero seduto lì a mangiare il panino. Che tra l’altro era avvolto nel giornale. E mentre mangiavo, questo giornale me lo leggevo. Ogni volta che vedo delle lettere le leggo, non riesco a non farlo, è così che funziona la mia vista. E di colpo ho notato – con la coda dell’occhio – una cosa impossibile. Proprio impossibile.
REGALIAMO BICICLETTA ALLA PERSONA GIUSTA...
Si è alzato il vento, mi ha strappato di mano il giornale. Io sono balzato in piedi e mi son messo a correre per riprenderlo, ma quello volava sempre un po’ più lontano finché non mi ci sono buttato sopra, come un portiere sulla palla. E son finito con le ginocchia nel fango. In un fango viscoso sul quale erano impresse chiaramente le orme delle ruote di una bici. E a quel punto anche le mie ginocchia. E i miei gomiti. E in effetti tutto il mio corpo. Però il panino l’avevo salvato.
Ma la cosa fondamentale era che nell’altra mano stringevo il giornale. Sì, non mi ero sbagliato. C’era scritto proprio così:
REGALIAMO BICICLETTA ALLA PERSONA GIUSTA.
PER INFORMAZIONI: VICOLO DEI PENDOLI 15.
CHIEDERE DI AUGUSTINA BLJUM.
Augustina Bljum? Che strano nome, ho pensato, ma poi mi son detto senti chi parla. Anche io ho un nome strano.
Ma non lo dico, non mi piace. D’altra parte, una persona con un nome normale come potrebbe mai regalare una bicicletta?
E alla persona giusta, poi, manco si parlasse di un cagnolino. Augustina Bljum. Quindi era una bicicletta da femmina, con un fiorellino rosa. Ma no, nessuna ragazzina darebbe mai via la propria bici. Forse era sua mamma? Ma di solito le mamme non regalano biciclette così. Cercano per lo meno di scambiarle con qualcosa di noioso e utile. Con una nuova uniforme scolastica, per esempio. O con una macchina da cucire. Oppure, che so, con un pianoforte. Che orrore... scambiare una bella bicicletta con un piano!... No, no, mia mamma una cosa del genere non la farebbe mai. Solo dei pazzi la farebbero, come questa Augustina Bljum. Era difficile che fosse la mamma di qualcuno. Molto probabilmente era una vecchia svitata. Aveva pescato nel ripostiglio una vecchia bicicletta col telaio accartocciato e senza una ruota e ora voleva liberarsi di quel rottame. Sicuramente al suo posto voleva metterci una splendida scaffalatura di barattoli e lattine. Tutti i vecchi vanno matti per i barattoli: di marmellata d’arance e carciofini sott’aceto.
Un momento. Dove li ha presi dei carciofi qui da noi? Io nei miei dieci anni di vita non ho mai visto neanche un carciofo. No, è solo matta. E gira di sicuro con un cappello da uomo, una bombetta: ho visto una cariatide così nell’illustrazione di un libro. Ma non penserete certo che mi sia fatto spaventare da una bombetta! Ovvio che no. Ho finito il panino e ho tentato di pulirmi i pantaloni. È stato inutile, ma automatico: è così che mi hanno educato. Non potevo certo andare da questa tale Augustina Bljum senza cercare di darmi una sistemata! Poi mi son messo subito in marcia.
Nel vicolo dei Pendoli
A essere sincero, il vicolo dei Pendoli non sembrava un posticino accogliente. Da una parte si ergeva un’infinita barriera di cemento, e dall’altra una fila di garage arrugginiti. Tra i garage e un inquietante edificio dalle finestre strettissime era schiacciata un’unica casa di mattoni grigi. Sopra, con il gesso, era stato scritto il numero quindici. Strano, perché il quindici? Se non c’erano né l’uno né il quattordici...
Non sembrava che in un posto del genere regalassero biciclette. Per poco non sono scappato via. Ma sulla porta di ferro, invece del solito campanello, era appesa una piccola campana con una grossa corda attorcigliata che un tempo era stata di colore verde. Nella strada grigia quel colore, anche se non era più verde, faceva l’effetto di una lucciola. Perciò ho preso coraggio e ho tirato la corda.
“Ding”, ha tintinnato flebile flebile la campanella.
E quasi immediatamente la porta si è aperta. Davanti a me c’era un liceale spilungone. Le maniche del maglione verde gli andavano corte, e facevano spuntare in modo ridicolo le braccia sottili. Sulle prime ho notato solo le braccia e il maglione, ma poi ho alzato lo sguardo e l’ho studiato nel complesso. Naso all’insù, occhi grigi e capelli biondi e corti, che andavano da tutte le parti.
“Ciao”, ho detto. Lui per tutta risposta ha alzato il mento con aria torva, come a dire: che vuoi?
“Vive qui Augustina Bljum?” ho chiesto. Ha fatto un verso incomprensibile e un cenno con il capo, invitandomi a entrare.
“Sono qui per l’annuncio”, mi sono affrettato ad aggiungere. “Ecco.”
E ho tirato fuori dalla tasca il foglietto di giornale piegato in quattro.
“Ah, si tratta di questo”, si è rallegrato il ragazzo. “Allora andiamo subito da lui!”
Aveva una voce inaspettatamente acuta.
Ma chi intendeva con questo “lui”? Augustina Bljum è un nome da femmina, no? Ero proprio confuso.
Mi ha condotto su per una scala buia, poi lungo un corridoio e di colpo ci siamo ritrovati in una cucina accogliente e pulita.
Ma perché mi aveva portato in cucina? Che tenesse lì la bicicletta? No, non sembrava... Ma si sentiva un profumo buonissimo, di biscotti.
“Ah, diamine, li ho quasi bruciati!” ha imprecato il ragazzo, e ha spento il forno. Poi ha agguantato un canovaccio e ha estratto la teglia. Se aveste visto cosa non erano quei biscotti!
“Presto, presto, portami qualcosa!” mi ha gridato. Io ho visto un tagliere, l’ho appoggiato sul tavolo e lui ci ha posato sopra la teglia.
“Uh, quanto scotta!” Si è soffiato sulle dita, e a me è venuta una voglia matta di assaggiare i biscotti. Erano all’uvetta e profumavano di cannella. Ma lui non me li ha offerti, e io non avevo voglia di chiedere. Di certo li aveva fatti Augustina Bljum. E quello spilungone di sicuro era suo nipote. E lei lo aveva lasciato lì a tener d’occhio i biscotti. E lui se li era dimenticati, li aveva quasi rovinati. A me e alla mamma capita sempre!
“Andiamo”, ha detto. E solo in quel momento ho notato una porticina. Una porticina a vetri che dava su un giardino.
Non ho mica capito come fosse possibile. Tanto per cominciare, lì dovevamo essere al primo piano. E poi... Poi il vicolo dei Pendoli era un posto grigio e sgradevole, mentre quel giardino... Be’, era stupendo. Sì, è questa la parola giusta. Nel vicolo l’aria era cupa e grigia, mentre lì il sole splendeva dolcemente.
Com’era possibile che il tempo fosse diverso? Era un giardinetto piccolissimo, largo pochi passi, ma ci cresceva un melo, un piccolo ed esile castagno, la rosa canina e i fiori, così tanti e diversi che non sapevo nemmeno i nomi. E il profumo era incredibile. E dal porticato partiva un piccolo sentiero che portava...
Non sono riuscito a vedere dove. Perché ho notato la bici. Una bicicletta di un rosso acceso che brillava al sole.
“Ti annoi?” le ha chiesto il ragazzo toccando con molta delicatezza il manubrio. “Guarda chi ti ho portato...”
Non so perché, ma non mi è sembrato strano che quello spilungone parlasse con la bici. La stavo guardando anche io e lei sembrava restituirmi lo sguardo. La guardavo e sorridevo, e mi
è parso che anche lei sorridesse. E all’improvviso quella bicicletta mi ha detto, con assoluta chiarezza: “Ciao. Io mi chiamo Willy”.
“Willy”, ho ripetuto io in un sussurro e mi sono subito seduto sui gradini di legno. Capite, non avevo mai incontrato una bicicletta parlante!
“Riesci a sentirla?!” ha esultato il ragazzo con il maglione verde. “La senti, la senti!”
“Certo che sente”, ha esclamato Willy. “E parla pure. Mi sembra evidente. Ehi, che fai? Chiudi la bocca o ci entreranno gli insetti! E tu come ti chiami comunque?”
“Sevka”, ho risposto io.
“Be’, ecco, Willy, ti ho trovato un nuovo padrone”, ha annunciato il ragazzo con un’espressione un po’ triste. Poi si è rivolto a me: “Stacci attento, d’accordo, Sevka? Non correre troppo...”.
“Ah, non correre!” è scoppiato a ridere Willy. “Senti chi parla!”
Io sono rimasto seduto a guardarli. E sbattevo gli occhi come un imbecille. In un certo senso tutto questo non mi sembrava vero. Alla fine ho chiesto, giusto per dire qualcosa: “È la tua bicicletta?”.
“No”, ha risposto lui. “Lo era. E adesso è tua. Vedi, sono venute un sacco di persone. Ma nessuno riusciva a sentirla. Ho dovuto mandarli via. E a me, sai, non è mai piaciuto dire di no alle persone...”
Così ho fatto ancora una domanda: “Allora chi è questa Augustina Bljum?”.
Lui si è messo a ridere. Si è scompigliato i capelli con quelle sue dita lunghe e sottili, forse troppo sottili per essere dita da maschio.
“Ma non l’hai ancora capito?” ha detto. “Augustina Bljum sono io!”
Augustina Bljum
“Ma come? Ti avevo presa per un maschio!”
“Lo credono in molti”, si è stretta nelle spalle. “Ma immaginami con addosso un vestitino! O con i capelli lunghi. Che incubo, eh?”
Ho cercato di immaginarmela. Sì, notavo una certa assurdità.
Siamo rimasti seduti sui caldi gradini di legno della cucina.
Tutti e tre: Augustina, Willy e io. Cioè, ovviamente Willy non stava seduto, ma era lì con noi, ed è la stessa cosa. Augustina mi ha offerto i biscotti, ed erano buoni da impazzire.
In fondo non era poi così male che fosse una ragazza. In effetti è più frequente che sia una ragazza a preparare dei fantasmagorici biscotti uvetta e cannella che non un ragazzo. Ma lei aveva decisamente qualcosa di insolito. Tipo una bicicletta parlante!
“Senti, ma qual è il tuo nome completo?” mi ha chiesto lei all’improvviso.
“Mi chiamo Sebastian”
“Sebastian”, ripeté Augustina Bljum. “Che bello!
Un nome d’argento.”
“D’argento?” Non avevo capito.
“Come un campanello d’argento. Tutti i nomi hanno un colore. Non lo sapevi?”
“No...”
“Se-ba-stian”, ha ripetuto lei sottovoce, e per la prima volta il mio nome non mi è parso così orribile. “Ti posso chiamare così ogni tanto?”
“Come vuoi”, ho risposto con un alzata di spalle. “E invece il tuo nome, Augustina, di che colore è?” Non pensavo che mi
avrebbe risposto.
Ma ha detto subito: “Arancione. Augustina è giallo-arancione, come le foglie d’autunno. E fruscia. Senti?”.
“Augustina”, ho ripetuto io in un sussurro. “È davvero arancione! Wow. Bello che hai un nome così insolito. E Willy?
Di che colore è? Arancione anche quello?” ho chiesto. Probabilmente perché Willy stesso era di colore rosso.
“No, il nome Willy è del colore del cielo. Del colore della libertà infinita. Willy! Senti? Si è alzato in volo...”
Willy ha emesso un borbottio imbarazzato e poi ha chiesto, per cambiare discorso: “E Sevka? Di che colore è, per te?”.
“Sevka è verde”, ha risposto lei sicura. “Verde come l’erba.”
Avevo bevuto già due tazze di tè, ma non volevo andarmene.
Sarebbe stato strano, in un certo senso, andare via e lasciarla lì da sola.
“Senti, ma perché regali Willy?”
“Ma come”, ha risposto lei, “non vedi?”. E ha teso davanti a sé quelle sue lunghe braccia. Spuntavano dalle maniche verdi fin quasi ai gomiti. Anche i jeans le andavano corti: dalle scarpe da tennis le spuntavano le caviglie avvolte in vivaci calzini a righe.
“Non posso farci niente”, ha spiegato. “Cresco troppo in fretta. Mi hanno prescritto delle pastiglie speciali e perfino delle iniezioni. Cresco comunque, come se mi stessero tirando per le orecchie dal cielo! E quindi, vedi, in sella a Willy non ci sto più. Mi si incastrano le ginocchia nel manubrio. E per lui ovviamente è dura”...
“Ma no. Ma cosa dici... dura! Esagerata”, ha detto Willy. “Non
pesi quasi nulla. Ma le ginocchia sono un problema, quelle sì. Non i pedali.” Per la prima volta ero davanti a una persona che aveva dei problemi con la propria altezza. Avevo sempre pensato che più sei alto e meglio è! In ogni caso ho annuito e ho chiesto: “E adesso cosa farai?”.
“Non lo so... Tanto per cominciare dovrò comprare una bicicletta da adulti. La più grande che c’è in città. E dopo di quella...”
“Come ‘e dopo di quella’?” Non capivo. “Su quella da adulti ci potrai andare!”
“Tu non capisci”, ha detto scuotendo la testa, “il ritmo con cui cresco... Dimmi, quanti anni hai tu?”
“Be’, dieci”, ho risposto sinceramente con una scrollata di spalle. Da una parte, non sono molti. Dall’altra, tante persone mi prendono per uno di prima, quindi tanto vale dirlo.
“Capisco”, ha borbottato lei. “Dieci.”
Poi si è alzata, si è allungata in tutta la sua altezza e ha appoggiato la fronte allo stipite della porta. Per entrare in cucina doveva chinare la testa.
“E io undici. Ti rendi conto?!”
Undici! Ci sono arrivato solo in quel momento. Era più grande di me di solo un anno, ma era alta esattamente il doppio.
Augustina Bljum era una gigantessa, ecco. Suppongo che non sia una cosa così grandiosa. Povera, povera Augustina Bljum!
“Potrò andare in bicicletta ancora per un paio d’anni, e poi... basta, niente più bici. Non ci starò più.”
“E come fai a scuola?” ho chiesto io. “Per te sarà terribilmente scomodo star seduta a un banco normale...”
“Non ci vado, a scuola”, ha risposto Augustina Bljum agitando la mano. “Non posso fare altro!”
“In che senso?!” ho esclamato sorpreso.
“Be’, è che a scuola... mi guardano tutti! Lì sono come una giraffa, come un’antenna. Sempre... Già adesso per strada la gente si volta a fissarmi. Lo odio. E poi cosa succederà? Comunque sai, si vive bene anche senza scuola.”
“Ma i tuoi genitori... Ti permettono di non andarci?”
“Be’, a essere sincera no”, ha risposto lei. “Ma non è che proprio glielo chiedo. Tanto non ci sono mai.”
“In che senso, non ci sono mai?” ho domandato, spaventato.
“Di solito no. Sono costantemente in tournée. Sono attori”, mi ha spiegato.
“Cavolo! Attori veri!” ero meravigliato. “Fantastico!”
“Non c’è niente di fantastico”, ha commentato lei. “Sono sempre in giro, sempre! Se solo ci fosse un teatro nella nostra città... Ma le cose stanno così.”
“Aspetta, ma tu? Tu con chi vivi, allora?”
“Con nessuno”, ha sorriso Augustina. “A me piace stare da sola.”
“‘Da sola un corno!” ha replicato Willy, offeso. “Ma sentitela!”
“Sì, scusa. Con te, certo. Ma adesso... Eh, adesso resterò da sola”, ha sospirato lei.
Ma come... Non riuscivo proprio a immaginarmelo. Sì, anche al mio papà capita di stare via per lavoro per una settimana, a volte perfino per un mese. E in quei casi io e la mamma restiamo da soli. Ma siamo comunque insieme! Invece Augustina... di un’adulta aveva solo l’aspetto, mentre in realtà...
“A proposito, volevo chiedere...” è intervenuto Willy. “Insomma, cosa vogliamo fare? Restare qui? A chiacchierare fino a sera? Dai, su! Quando andiamo? Eh?”
“Giusto!” Augustina si è riscossa. “Hai già aspettato un sacco!
Forza, Sevka. Provalo.”
Ho dovuto confessare, non c’era via d’uscita. “Io... Vedi, non sono capace.”
“Non sei capace di fare cosa?” Sulle prime Augustina non ha capito.
“Di andare in bici... Non so come si fa”, ho spiegato, arrossendo disperatamente. “Capisci?”
“No”, ha scosso la testa. “Hai dieci anni... E non sai andare in bici?”
“Be’, non è colpa mia”, ho cominciato a giustificarmi. “In fondo non ho mai avuto una bicicletta.”
“Certo, certo, scusami. Ma ci sai andare lo stesso. Solo che non ci hai mai provato.”
“Sciocchezze”, le ha dato man forte Willy. “Non si può non essere capaci.”
“Non temere”, mi ha incoraggiato Augustina. “È Willy! Con lui non c’è da aver paura.”
Ho posato una mano sul manubrio, sul manubrio della mia bicicletta, per la prima volta in vita mia.
E ci siamo avviati verso il sentiero. Augustina davanti. E io e Willy dietro.
“Ti tengo io, non avere paura!” ha detto Augustina, ma Willy l’ha interrotta.
“Non serve che ci tieni. Faccio da solo.”
Non avevo capito bene cosa volesse dire. Ma mi ero già messo a sedere goffamente sul sellino. Augustina lo aveva già abbassato alla mia altezza. Ho posato i piedi sui pedali e mi sono aggrappato al manubrio.
“Cosa ti aggrappi?” ha esclamato Willy, offeso. “Lo stanno tenendo e lui si aggrappa! Dai, su. Non avere paura, mica cadi!”
Ed era vero: Augustina ha lasciato andare la bici e Willy è rimasto inchiodato a terra!
Ho allentato un po’ la presa e ho perfino accarezzato il manubrio con i pollici. Non poteva fare paura se era così semplice. È come stare seduti su un muretto. Ho cominciato a fare una leggera pressione con un piede su un pedale. Così, giusto per provare. Willy ha ondeggiato.
“Su, dai, dai! Allora? Pedalare!”
Ho fatto pressione un po’ più forte. Le ruote hanno grattato contro la ghiaia. Poi ho appoggiato l’altro piede. E...
Come faccio a spiegare cosa vuol dire andare in bici da soli?!
Certo, Willy mi stava aiutando. Era molto strano: non è mai stato sul punto di cadere. Anche se all’inizio io giravo il manubrio di qua e di là come un matto.
Abbiamo percorso il sentiero passando davanti ai cespugli di lillà, oltre gli steccati e i ruscelli, abbiamo raggiunto un ponticello, lo abbiamo attraversato (“Ta-da-da-da-da-da-da-dam”, hanno fatto le assi!), siamo passati davanti a un campanile, e a...
“Allora, come va?” mi ha chiesto Willy.
“Wow! Alla grande... Grazie che mi tieni così.” “Io?” ha borbottato Willy. “Io non tengo niente. È già da un po’ che stai andando da solo.”
Per la sorpresa ho dato uno strattone al manubrio e di colpo sono ruzzolato sulla strada, infilandomi dolorosamente i sassolini in un gomito. Mentre Willy si è messo a volteggiare allegramente su una ruota.
“Eddai”, ho detto offeso.
“Cosa?” è scoppiato a ridere lui. “Se non cadi non impari!”
Augustina Bljum ci ha raggiunti di corsa con le sue gambe lunghissime.
“Come stai? Tutto ok?”
“Direi di sì”, ho risposto io, spazzolandomi risentito i jeans.
“Bene, allora. Alzati”, ha detto lei calma e ha ripetuto le parole di Willy: “Se non cadi non impari. All’inizio ha anche avuto pietà di te. Ma io ho imparato davvero”.
“È solo che avevo una gran voglia. Volevo andare! Volevo andare veloce! Capite?” ha spiegato Willy. “D’accordo”, ha detto lei. “Quando siete pronti andatevene e basta. Non sopporto gli addii.”
Aveva gli occhi lucidi. Ha alzato la testa verso il sole, perché io non lo notassi. L’ho toccata sul gomito.
“Dai, verremo a trovarti.”
“Ti sono piaciuti i biscotti?” ha mormorato lei.
“Augustina... posso dirti una cosa?”
“Che c’è ancora? Dai, basta. Sparite, tutti e due.”
“Sei molto bella”, ho detto io e ho pigiato sui pedali. Siamo volati via, senza una meta, l’importante era non guardarci indietro.
Non avevo mai detto a nessuno una cosa del genere. Ma lei era davvero molto bella. E non assomigliava minimamente a un maschio.
Il valore delle differenze
Sebastian va al parco e sul giornale che avvolge il suo panino legge un annuncio particolare. Raggiunge vicolo dei Pendoli, dove incontra Augustina. Sebastian è troppo concentrato sull’annuncio e giudica l’aspetto di Augustina sulla prima impressione, senza osservarla con attenzione.
Lavora con un compagno o una compagna.
Rileggete le frasi evidenziate di blu a pagina 274: che cosa ne pensate di questa descrizione?
Ognuno disegna su un foglio una persona, solo il viso o l’intero corpo.
Scambiatevi i fogli e a turno descrivete la persona del disegno basandovi sulla prima impressione. Poi fate una descrizione più approfondita: secondo te, che carattere ha? Quali sogni ha?
Completa la tabella con una presentazione che descriva il tuo fisico, il tuo carattere e le abilità che ti rendono speciale. Segui l’esempio.
Nome
Elena
Le mie caratteristiche
Ho gli occhi vivaci e le mani calde. Sono solare e gentile, ho uno sguardo attento e sorrido spesso.
Le mie abilità
So ascoltare con pazienza, sono brava a dare consigli e coraggio. So disegnare e colorare con cura. Adoro fare gli origami. So scrivere canzoni e poesie.
Preparate un cartellone di classe con una tabella come quella dell’attività precedente dove ognuno di voi trascrive la propria descrizione. Se ricevete dei suggerimenti dai compagni e dalle compagne potete aggiungerli.
Osservate quanta diversità e quanta ricchezza c’è nella vostra classe!
Usate il cartellone per capire a chi potete rivolgervi quando avete bisogno di aiuto.
Dare coraggio e aiutare gli altri
La bicicletta di Augustina si chiama Willy e… parla! Sebastian non sa andare in bicicletta, ma Augustina e Willy lo incoraggiano e lui prova.
Lavora con un compagno o una compagna. Rileggete la storia alle pagine 283-286. Quali sono le parole o le frasi che Augustina e Willy usano per incoraggiare Sebastian? Conoscete altre parole o frasi di incoraggimento? Scrivetele nel riquadro.
Preparate dei foglietti con parole o frasi di incoraggiamento e metteteli dentro un grande barattolo. Poi posizionate il barattolo fuori dalla classe: chi si sente in difficoltà può pescare un biglietto e acquistare un po’ di fiducia!
Le parole d’incoraggiamento sono molto utili, ma a volte non bastano, servono anche le azioni. Insieme a un compagno o una compagna completate la tabella inserendo 3 persone che potrebbero aver bisogno di voi. Che cosa potreste fare per aiutarle? Seguite l’esempio.
Persona
La mia vicina di casa si è fatta male e non può fare le scale per due settimane.
Azioni che possono aiutarla
Portarle la posta davanti alla porta di casa.
Cercate di portare a termine le azioni che avete scritto nella tabella!