processo penale minorile

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evince che il processo è inteso dal legislatore non soltanto come un’occasione educativa, ma anche come una circostanza favorevole per (ri)attivare relazioni educative e che non deve per nulla interferire sulla continuità educativa105. Bastano forse queste sollecitazioni per riflettere sulla complessità dello statuto soggettivo dell’imputato minorenne, che si trova al tempo stesso definito un individuo dotato di una propria autonomia però, nello stesso tempo,da proteggere. L’antinomia diventa ancor più netta se si considera l’ulteriore finalità del processo: la responsabilizzazione106. Il minore è gettato all’interno di complesse relazioni interpersonali, e il magistrato si trova costretto a viverlo a tratti quale soggetto attivo, capace di contrattare, titolare di diritti, e talora, come ricorda Ceretti, quale oggetto di tutela e di un vasto progetto educativo che non si ferma alla sua persona, ma si estende al suo ambiente di provenienza, a quelle carenze sociali ed educative che si tenta di (ri)attivare107. Il fatto che le disposizioni debbano essere applicate in modo adeguato alle esigenze educative del minore corrisponde ad una modalità di applicazione che nasce da una visione responsabilizzante dell’intervento penale nei confronti del minorenne e quindi anche del processo. Ma nessuna responsabilizzazione si può avere attraverso i cambiamenti positivi che il processo può indurre se esso non è condotto con una particolare attenzione alle esigenze del ragazzo che in fondo è il vero protagonista del processo. Le finalità educative e di responsabilizzazione, d’altra parte, vanno perseguite nel rispetto della personalità di un giovane in evoluzione. Ed è qui che, secondo Ceretti, si inserisce la concezione di una “terapia sociale emancipante”, finalizzata alla effettiva reintegrazione sociale del reo108. Autori quali Traverso e Manna nutrono forti dubbi che il processo possa trasformarsi in strumento educativo per il minore. E’ ridicolo credere che il minore possa acquisire una nuova abilità sociale consistente nella capacità di saper rientrare nella norma dopo averla violata. Ritengono queste speranze e questi obiettivi “mistificanti”, così come a loro sembra mistificante la speranza di una responsabilizzazione del minore attraverso lo strumento della pena, come pure che il processo possa assumere aspetti educativi per il soggetto che lo subisce109. Nel nuovo processo, la ricostruzione del fatto-reato, finalizzata all’applicazione di una sanzione, lascia spazio al tentativo di promuovere nelle aule del Tribunale un incontro che, come sostiene Pazè, abbia per il reo un “significato monitorio di correzione educativa”. Secondo tale autore,il processo si svolge per correggere, e dunque per educare attraverso la correzione a non commettere più reati, e solo in casi limitati, più gravi e residuali, per applicare una pena. In sostanza la commissione del reato costituisce l’occasione per un intervento pubblico di correzione sul minore; 105

L’aspetto educativo del processo è particolarmente caro a Palomba, come si evince dalla lettura in particolare Palomba F., 1991, p. 91. 106 Ceretti A.,1996, p. 174. 107 Ceretti A., 1996, p. 174. 108 ibidem 109 Traverso G. B., Manna P., 1990, pp. 175-176.

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