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cronisti-scrittori
di preparazione e lunghe ricerche. La seconda fonte è l’uomo, cioè l’attenzione e l’interesse tanto per gli uomini che si incontrano occasionalmente lungo il proprio cammino, quanto per chi si desidera conoscere in virtù della sua storia. La terza fonte del reportage è quella che Kapuscinski definisce “il compito a casa” del reporter, ossia studiare tutto ciò che è stato scritto in merito al tema di cui ci si occupa. Fu, secondo Kapuscinski, il greco di Alicarnasso a inventarsi questo nuovo genere circa duemila e cinquecento anni fa ed è a partire dai suoi scritti che il reportage ha continuato a svilupparsi fino ad oggi.
1.5 Peculiarità del giornalismo italiano: la terza pagina dei cronisti-scrittori.
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La terza pagina è stata un’istituzione dei quotidiani italiani, luogo fisso dell’incontro tra giornalismo e bello scrivere, famigerato salotto buono in cui molti scrittori sono diventati giornalisti adattando sensibilità e stile alle esigenze della notizia. La terza fu introdotta il 10 dicembre 1901 da Alberto Bergamini, direttore del Giornale d’Italia, che dedicò un’intera pagina, la terza appunto, alla prima rappresentazione della tragedia dannunziana Francesca da Rimini, con Eleonora Duse, spettacolo che suscitava un rilevante interesse nazionale nell’Italia della Belle èpoque. L’idea di dedicare una pagina fissa agli avvenimenti e agli interessi del mondo letterario fu sviluppata da Luigi Albertini, direttore del Corriere della Sera, che si assicurò la collaborazione di letterati come D’Annunzio, Pirandello, Verga, Capuana, De Roberto, Deledda. La terza pagina si
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presentò come luogo di un rallentamento nella corsa del giornale...il luogo in cui ci si poteva sottrarre all’ordine del giorno dell’attualità...lo spazio per l’irregolarità...(Claudio Magris), lì l’urgenza e le tensioni del reale potevano interrompersi e anche l’occhio riposarsi dal nero e dalla concitazione dei grossi titoli e delle foto. Elemento fondamentale in seno alla terza pagina era l’elzeviro, articolo di apertura su due colonne riservato all’intervento di letterati, che prendeva il nome dall’elegante carattere tipografico in cui lo si componeva. L’elzeviro fu racconto puro, divagazione letteraria, riflessione estetica o morale, recensione, narrazione di viaggio, ma in ogni caso restò elzeviro, cioè creò uno stile proprio, nuovo, che fuse in un unico canale giornalismo e letteratura, i due gusti, le due necessità. Gli altri articoli che caratterizzavano la terza furono la spalla, che toccava vari temi di cultura, il taglietto, che consentiva di raccogliere realtà culturali minori e il taglio, l’articolo di centro, che spesso riguardava il viaggio. La terza, infatti, fu anche il luogo in cui i lettori potettero viaggiare per il mondo, conoscere posti lontani, esotici, leggendo le corrispondenze e i reportage di viaggio di scrittori-inviati-viaggiatori come Barzini, Moravia, Parise, Buzzati, Piovene, Anna Maria Ortese, Bettiza. Se all’inizio fu un viaggiare per guardare e dipingere, in seguito si manifestò una maniera nuova di interagire con i luoghi e le culture, la volontà di comprendere, la riflessione più che la decrizione, nel momento in cui mezzi più veloci e completi provvidero a far vedere. Proprio gli inviati speciali per la loro funzione informativa e insieme narrativa sono stati assidui frequentatori della terza pagina. Vi hanno apportato il romanzo e il dramma delle guerre, le rivoluzioni e i mutamenti nella vita di altri popoli con uno stile personale, rigoroso, lucido, fresco che ha dato vita a reportage in cui la sensibilità letteraria
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