Il 1918. La fame e lo sterminio della «serbità» La violenza dopo la repressione dell’insurrezione in Toplica Ai primi di agosto del 1917, come già Protogerov in aprile, il comandante dell’Area d’ispezione militare Morava Tasev era stato promosso generale per i meriti nella lotta contro le bande di insorti serbi. Il regime di polizia da lui imposto, che attraverso regole severe da un lato riservava punizioni senza pietà a chiunque fosse solo sospettato di sostenere i cetnici e dall’altro incentivava l’aiuto e l’appoggio per chi si schierava con lui, aveva nell’estate del 1917 seminato ovunque la paura. Non si trattava dello stesso timore suscitato dalla repressione di Protogerov, violenta e distruttiva, ma di una sensazione costante di angoscia tra la popolazione rurale che si manifestava alla sola idea dell’arrivo dei bulgari nel proprio villaggio. Questa paura era accentuata dal nuovo ruolo dei comitadji, la «polizia segreta» di Tasev autorizzata a tutto pur di scovare e annientare le ultime bande di cetnici. Eppure la paura non era presente solo tra i civili serbi. Il timore di nuove rivolte fu infatti costante tra i vertici delle autorità d’occupazione, se non addirittura anche all’interno del Comando supremo e dell’esercito. Per questo motivo il regime di Tasev fu estremamente duro, e le sue caratteristiche principali furono un atteggiamento repressivo e un controllo ossessivo della popolazione. Ciò che avvenne nel corso dell’estate ma ancora nell’autunno ne fu la prova. Le perquisizioni alla ricerca di armi divennero il pretesto per nuove violenze di ogni tipo, e in particolare per le «bastonature di massa». Un esempio avvenne nel villaggio di Retkocer, nei pressi di Medvedja: Nel mese di settembre del 1917, il tenente Rosov e una cinquantina di soldati vennero nel nostro villaggio, e lui ordinò a tutta la popolazione di presentarsi davanti al tribunale. Lì il tenente comandò che tutti quelli che avevano dei fucili o che conoscevano dei cetnici dovessero alzare la mano. Ma, siccome dopo aver posto tre volte la stessa domanda nessuno alzò la mano, tirò fuori da una tasca un foglio su cui erano scritti tutti i nomi degli abitanti e cominciò a fare l’appello. Appena uno di noi gli si presentava davanti, lui ripeteva
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