1914: NEUTRALITÀ O INTERVENTO ?

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In definitiva però, il governo, più che tendente ad interpretare le tendenze e gli umori dell‟opinione pubblica per elaborare una politica estera che desse a questa soddisfazione, era ancora portato, soprattutto a causa dell‟intreccio dei nuovi principi di potenza con antichi valori di stampo feudale, a considerare questa nuova forza, la pubblica opinione appunto, o come un limite obiettivo alla propria azione oppure, in alcuni casi, come utile arma da strumentalizzare nelle contese internazionali. Dopotutto, uno dei concetti ricorrenti nel Diario di Ferdinando Martini è questo: “Il paese non vede oltre l‟ora che passa, non si rende conto”. Sulla scia delle note, sebbene discusse, tesi di Arno Mayer, si può infatti invitare a riflettere sul fatto che, malgrado la generale modernizzazione del continente europeo, le classi di governo erano “interamente imbevute di valori ed atteggiamenti nobiliari. La loro visione del mondo era consentanea ad una società gerarchica… piuttosto che ad una società liberale e democratica...; Quanto alle burocrazie civili e militari… l‟elemento feudale fece di meglio che mantenere le proprie posizioni… certe branche dell‟apparato statale – esercito, affari esteri, corpo diplomatico- rimasero riserva di caccia privilegiate delle vecchie nobiltà”223.

- Politica estera e relazioni internazionali

Nella sua recente opera, in questa sede già citata, Gian Enrico Rusconi, analizzando la diplomazia italiana nel periodo che ci riguarda,

ministro (dopo aver detto a Flotow, il 31 luglio, che: “se il governo d‟Italia si fosse deciso a partecipare alla guerra si sarebbe scatenata la rivoluzione nel paese”) telegrafa a Tittoni, ambasciatore a Parigi: “Non risulta… che se avessimo marciato con Austria e Germania avremmo avuto la rivoluzione”. In una lettera a Salandra del 23 luglio 1914, Di San Giuliano afferma: “Quanto ai comizi contro la guerra per l‟Austria, mi pare che possano più giovare che nuocere per le nostre trattative, ma non possiamo rassicurare l‟opinione pubblica e dirle che non faremo la guerra a nessun costo… in tal caso non otterremmo nulla… urge lavorare in silenzio, parlare poco, non aver fretta”. Cfr. B. Vigezzi, Da Giolitti, cit., p. 12, 15; Id., L‟Italia di fronte, cit., p. 28. 223 Cfr. A. J. Mayer, Il potere dell‟ancien régime fino alla prima guerra mondiale, Laterza, BariRoma 1980, pp. 162-163.

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