13 minute read

lada e il bombardamento navale <li Genova

12 ottobre da nostre unità sottili, che andarono animosamente all'attacco della molto più potente scorta nemica, subendo la dolorosa perdita notturna del cacciatorpediniere Artigliere e delle torpediniere Ariel e Airone, affondate dall'incrociatore Ajax.

5 L'attacco a Taranto e la fine della guerra parallela. Capo Teulada e il bombardamento navale di Genova

Advertisement

Il 28 ottobre 1940 Mussolini, senza preavvertire Hitler, attaccò la Grecia, sottraendo uomini e materiali dal decisivo fronte nordafricano e togliendo implicitamente ogni validità alle ricorrenti lamentele secondo cui l'Italia si sarebbe trovata di fronte ad una guerra più lunga ciel previsto. Infatti, con tale aggressione allo Stato ellenico, fu proprio il nostro Paese ad ampliare il conflitto nel tempo e nello spazio rispetto alla situazione militare esistente alla data del 10 giugno 1940. Inoltre, come se non bastasse, l'Esercito greco resistette tenacemente all'invasione ed anzi passò ben presto al contrattacco, respingendo gli italiani e penetrando addirittura in Albania.

Questo imprevisto rovescio destò molta amarezza negli ambienti politici e militari del regime e determinò un irreparabile discredito internazionale del Regio Esercito, originando anche nell'alleato germanico quel sentimento cli sfiducia nelle nostre Forze Armate, su cui poi si basò quel tanto discusso atteggiamento di superiorità e spesso di arroganza, manifestato dai Comandi tedeschi nei confronti di quelli italiani.

Le dolorose sconfitte patite a fine anno al di là e al di qua del confine greco-albanese, vennero purtroppo replicate in Libia dove, a partire dal dicembre 1940, inferiori forze inglesi travolsero l'Armata del generale Graziani e conquistarono entro il febbraio 1941 tutta la Cirenaica. 53

Tra queste due sfortunate campagne terrestri si inserì nel novembre 1940 un grave colpo inferto da aerosiluranti britannici alla nostra flotta ancorata a Taranto, cioè nella principale base navale del Regno. In verità gli inglesi avevano originariamente stabilito di eseguire questa incursione il 21 ottobre di quell'anno, 135° anniversario della famosa vittoria di Nelson a Trafalgar, ma un fortuito incidente occorso alla por-

53. Montanari M.: Le operazioni in Africa settentrionale, voi. I: Sidi El Barrani (giugno 1940:fèbbraio 1941), Roma, Ufficio Storico dello S.M. Esercito, 1985, p. 185-segg.

raerei Jllustrious fece rinviare l'operazione alla notte dell'l 1 novembre, quando era appena iniziato da due settimane il disastroso attacco italiano alla Grecia. 54

Il piano finale per l'attacco a Taranto fece parte di un più vasto progetto operativo britannico che, scattato il 6 novembre, vide l'intera "Mediterranean Fleet" dell'ammiraglio Cunningham scortare convogli per Malta e per la Grecia, congiungersi con una forza navale proveniente da Gibilterra e proteggere la navigazione di un convoglio di ritorno da Malta. Questi ampi movimenti non sfuggirono alla vigilanza aerea italiana, cosicché il giorno 8 Supermarina avvertì la flotta cli base a Taranto cli tenersi pronta a salpare, condizionando però l'effettiva partenza delle navi ad ulteriori e più precise informazioni sul nemico, che sfortunatamente non pervennero.

Nel pomeriggio dell'l l novembre la portaerei Jllustrious si distaccò dal grosso della "Mediterranean Fleet" insieme a quattro incrociatori e altrettanti cacciatorpediniere e alle 20.30 giunse a 170 miglia da Taranto, lanciando due successive ondate d'attacco, composte rispettivamente da 12 e da 8 biplani "Swordfish". Si trattava cli monomotori lenti e dall'aspetto antiquato, con carrello fisso e abitacolo scoperto, dove prendevano posto due o tre piloti che erano soliti chiamare questi velivoli con il significativo soprannome di "matasse di spago" . Solo undici cli essi erano armati di siluro, mentre gli altri nove portavano bombe e artifizi illuminanti (bengala) legati a paracadute, che dovevan? essere lanciati alle spalle delle ormeggiate navi italiane, così eia renderle visibili agli aerosiluranti. 55

A Taranto erano allora ancorate nel cosiddetto Mar Grande tutte e sei le corazzate italiane, tre degli incrociatori pesanti e alcuni cacciatorpediniere, mentre nel più interno Mar Piccolo c'erano i restanti q uattro incrociatori pesanti, due dei maggiori incrociatori leggeri ed altri cacciatorpediniere, oltre a naviglio minore. La difesa contraerea del porto contava su 101 cannoni e 193 mitragliere, cui si aggiungevano naturalmente le nutrite artiglierie antiaeree delle navi ormeggiate.

A difesa degli ancoraggi erano stati distesi 4,2 chilometri di reti parasiluri, profonde 10 metri, anziché i necessari 12,8 chilometri; ma è stato poi dimostrato che, anche in caso di completamento dello sbarramento

54. Santoni A.: L'attacco aerosilurante inglese a Taranto, in "Rivista Italiana Difesa (RID)",

Chiavari, novembre 1990. 55. P.R.O., fondo ADM 199, cartella 798: Mediterranean operations, reports 1940-7941

retale, quest'ultimo non avrebbe evitato i danni, perchè i siluri inglesi erano stati regolati ad una profondità leggermente superiore ai 1.0 metri ed erano anche dotati cli acciarini magnetici. Infine, sul cielo della base, molti palloni-aerostati di sbarramento antiaereo erano stati recentemente portati via da un forte vento e non erano stati ancora rimpiazzati.

I risultati dell'attacco, protrattosi su Taranto dalle ore 23.00 a dopo la mezzanotte, furono notevoli, soprattutto tenendo presente il basso numero di aerosiluranti incursori. Infatti la modernissima corazzata Littorio venne colpita da tre siluri e costretta a laboriose riparazioni, termina te nel marzo 1941. La corazzata Caio Duilio fu centrata una volta e rimase ai lavori fino al maggio seguente, mentre la corazzata Conte di Cavour venne raggiunta da un altro siluro e non rientrò più in servizio, risultando così l'unica definitiva vittima dell'attacco. Infine l'incrociatore pesante Trento e il cacciatorpediniere Libeccio furono colpiti da bombe fortunatamente non esplose, mentre danni di diversa entità furono riportati dall'arsenale, dall'aeroporto e dai depositi di nafta. Da parte loro gli inglesi persero due "Swordfish" . 56

Nel frattempo, ed esattamente alle prime ore del 12 novembre, 3 incrociatori leggeri e 2 cacciatorpediniere britannici compirono una scorreria nel canale d'Otranto, distruggendo colà un intero convoglio italiano di 4 piroscafi e riunendosi poi alla "Mediterranean Fleet", che il 14 novembre rientrò ad Alessandria.

Le conseguenze di carattere militare dell'attacco a Taranto furono due e cioè la possibilità offerta agli inglesi di ridurre le proprie forze navali nel Mediterraneo di 2 corazzate, inviandole altrove, e la decisione italiana di trasferire la flotta a Napoli, allontanandola malauguratamente dal settore operativo principale che, soprattutto dopo l'attacco alla Grecia, era rappresentato dal bacino centro-orientale.

Molto più significativa fu comunque la conseguenza d'ordine strategico-politico, rappresentata dal ripensamento di Mussolini nei confronti della famosa dottrina della "guerra parallela" . Infatti, dopo le delusioni sulla frontiera greco-albanese e nella base di Taranto, il Duce annullò in quel novembre 1940 l'ormai insostenibile strategia indipendente dell'Italia

56. Ufficio Storico della Marina Militare : La Marina italiana nella seconda guerra mondiale, voi. IV, cit., p. 248-249.

nel Mediterraneo e fu costretto a chiedere all'alleato tedesco quell'aiuto militare che egli aveva orgogliosamente rifiutato per ben tre volte. 57

Dal dicembre successivo iniziarono pertanto a giungere in Italia le prime forze aeree germaniche (X Fliegerkorps), cui fecero seguito poi reparti dell'Esercito, trasferiti in Libia nel febbraio 1941 agli ordini del generale Rommel, e infine un crescente numero di U-boote, che iniziarono a penetrare nel Mediterraneo a partire dal settembre 1941.

Prima che si realizzasse l'intervento militare tedesco nel Mediterraneo, gli inglesi approfittarono della favorevole situazione apertasi con l'attacco a Taranto per tentare alla fine di novembre 1940 di far giungere a Malta e ad Alessandria un nuovo convoglio cli tre piroscafi, proveniente direttamente dal Regno Unito e carico cli rifornimenti (operazione "Collar"). Come divenne pra.s.si costante, questo convoglio doveva essere accomragnato dalla "Forza H" di Gibilterra fino all'imboccatura del canale di

A IJ/111irugliu lnigo Campiu11i

57. Santoni A.: Strategia marittima ed operazioni naua/i dell'anno 7940, relazione presentata al Congresso su "l'Italia in guerra: il primo anno", tenutosi a Milano il 15 e 16 novembre ·1990 Roma, Atti pubblicati a cura della Commissione italiana cli

Storia Militare, 1991, p. 245-254.

Sicilia e dalla "Mediterranean Fleet" per il rimanente tragitto, mentre altri minori movimenti navali si svolgevano tra l'Egitto e la Grecia. 58

Supermarina, informata delle mosse avversarie, dispose che il 26 novembre uscissero in mare, agli ordini dell'ammiraglio Campioni, le due corazzate Vittorio Veneto e Giulio Cesare, 6 incrociatori pesanti e 14 caccia torpediniere per intercettare nel Tirreno la forza di Gibilterra, a sua volta composta da una corazzata, un incrociatore da battaglia, una portaerei, un incrociatore pesante, 6 incrociatori leggeri e 14 cacciatorpediniere. Il rapporto delle forze poteva definirsi pari, poiché se gli inglesi disponevano di una portaerei, a nostro favore giocava la maggiore pote112a degli incrociatori e la vicinanza delle basi aeree della Sardegna.

Lo scontro tra le due flotte avvenne al largo di Capo Teulada, punta meridionale della Sardegna, poco dopo mezzogiorno del 27 novembre 1940 ed iniziò con il consueto duello tra gli incrociatori d'avanguardia, durante il quale furono danneggiati un incrociatore britannico e un cacciatorpediniere italiano. Alle 13.00 anche la Vittorio Veneto poté aprire il fuoco con la sola torre poppiera, ma senza esito, a causa dell'elevatissima distanza di tiro, pari a 29.000 metri. La Giulio Cesare invece non riuscì a sparare alcun colpo, così come la corazzata inglese Ramillies, mentre l'incrociatore da battaglia Renown sparò poche salve prima che il contatto balistico fosse interrotto alle 13.15. 59

Ancora una volta, nonostante la vicinanza delle basi aeree della SarcÌegna, l'intervento della Regia Aeronautica si dimostrò intempestivo e infruttuoso, essendo avvenuto dopo la fine dello scontro navale e senza ottenere alcun risultato. Pertanto il convoglio inglese, lasciato dalla "Forza H" all'imboccatura del canale di Sicilia, superò senza danni un attacco di nostre siluranti cli superficie e giunse incolume a Malta e ad Alessandria sotto la scorta della "Mediterranean Fleet" che, come previsto, lo aveva preso in consegna all'uscita del canale stesso.

Nel mese di dicembre Mussolini, completando la sua rivoluzione nell'impostazione strategica mediterranea, licenziò sia Badoglio, Capo di Stato Maggiore Generale, rimpiazzandolo con Cavallero, sia l'ammiraglio Cavagnari, sostituendolo nell'incarico di Capo di Stato Maggiore della Marina con il parigrado Riccardi. Infine l'ammiraglio Iachino di-

58 P.R.O., fondo ADM 199, cartella 797: Mediterranean operations, reports 1940-1941, rapporti sull'operazione ·'Collar'' . 59 Smith P. C.: Hitfirst, bit hard: the story of H.M.S. "Renown" 1976-1948 Londra,

William Kimber, 1979, p. 164-166.

'230

I I

1140 I ~/ .,...- 11!'111 , ..-"' t,R,ç AOYAL

Battaglia di Capo Teulada - 27 novembre 1940

Corazzala "Dori a " e Corazzata "Vittorio Veneto··

L ·ammiraglio Iachino con il generale Cavallero a hotdo della Corazzata ·'V. Veneto "

venne il nuovo Comandante della flotta, prendendo il posto dell'ammiraglio Campioni, nominato Sottocapo di Stato Maggiore.

All'inizio del nuovo anno gli inglesi tentarono di ripetere l'operazione che aveva portato allo scontro di Capo Teulada. Il 7 gennaio 1941 infatti fu avvistata nel Mediterraneo occidentale la "Forza H" di Gibilterra che scortava un convoglio di quattro mercantili per Malta e il front.e greco, con contemporanea ed usuale uscita da Alessandria della "Mediterranean Fleet", che a sua volta proteggeva due convogli da e per Malta. Tale operazione britannica, denominata "Excess", fu portata a compimento, poiché tutti i convogli giunsero a destinazione malgrado violenti attacchi dei nuovi arrivati "Stukas" tedeschi e un agguato presso Pantelleria di due nostre torpediniere, una delle quali (la Vega) venne purtroppo affondata. Tuttavia questa volta il successo strategico inglese fu pagato a caro prezzo, poiché gli aerei del X Fliegerkorps germanico debuttarono brillantemente, affondando l'incrociatore Southampton e danneggiando gravemente la portaerei Jllustrious, che - come si ricorderà - aveva condotto l'attacco a Taranto nel novembre precedente.

In concomitanza con l'operazione "Excess" velivoli britannici bombardarono il porto di Napoli, dove rimase leggermente danneggiata la corazzata Giulio Cesare. Come conseguenza di questa incursione la nostra flotta fu momentaneamente trasferita da Napoli a La Spezia, cioè in posizione più sicura, ma ancor più periferica rispetto al principale teatro bellico, rappresentato sempre dal Mediterraneo centro-orientale.

Alla sgradevole sorpresa dell'efficacia degli attacchi aerei tedeschi, gli inglesi pensarono di contrapporre un'azione di vasta portata morale e materiale, cioè un bombardamento del porto di Genova e delle raffinerie di Livorno da parte della "Forza H" di Gibilterra. L'obiettivo fu scelto in primo luogo per la sua importanza industriale e poi per dare una dimostrazione di vitalità e un avvertimento alla vicina Spagna del generale Franco, smorzandone le eventuali intenzioni interventiste a fianco dell'Asse. Influirono infine sulla designazione dei bersagli alcune errate informazioni britanniche, di origine non crittografica, secondo le quali avrebbero dovuto essere in riparazione a Genova le corazzate Littorio e Giulio Cesare, mentre vi si trovava solo la Caio Duilio colpita nel novembre precedente a Taranto. 60

60. P.R.O., fondo ADM 199, cartella 656: Force "H '' reports of proceedinp,s, 30 Decernber 1940-12 May 794 7

I rischi che in questo caso dovevano affrontare gli inglesi erano in verità piuttosto gravi, se si pensa che la loro forza attaccante sarebbe stata costretta a compiere una navigazione di 700 miglia in acque ristrette, a esporsi presso le coste italiane a possibili controffensive e infine a percorrere la rotta di ritorno sotto prevedibili bombardamenti aerei.

Ciononostante il 31 gennaio 1941 la "Forza H" salpò da Gibilterra al comando dell'ammiraglio Sommerville con la corazzata Malaya, l'incrociatore da battaglia Renown, la portaerei Ark Royal, l'incrociatore leggero She.ffield e 10 cacciatorpediniere. Essa però fu costretta a rientrare alla base nella mattinata del 2 febbraio a causa di una burrasca, dopo che i velivoli della portaerei avevano effettuato un infruttuoso attacco alla diga del Tirso in Sardegna. Tale fallita incursione ebbe comunque un effetto diversivo, poiché quando il 6 febbraio la "Forza H" uscì nuovamente in mare nella stessa composizione, Supermarina, messa sull'avviso dagli informatori stanziati lungo lo stretto cli Gibilterra, ritenne o che gli inglesi volessero ripetere il bombardamento non riuscito contro la diga ciel Tirso, oppure che essi desiderassero lanciare alcuni velivoli di rinforzo a Malta ed eventualmente scortare un convoglio fino al canale di Sicilia. 6l

In base alle suddette previsioni di Roma, la ricognizione aerea fu concentrata principalmente in una zona che si estendeva tra la Sardegna e il meridiano cli Minorca, mentre la flotta inglese faceva rotta per Genova passando tra le Baleari e la costa spagnola. Quindi furono fatte uscire da la Spezia, agli ordini del nuovo Comandante in capo ammiraglio Iachino, le tre corazzate allora disponibili e cioè la Vittorio Veneto, la Giulio Cesare e la Andrea Doria e da Messina i tre incrociatori pesanti Trieste, Trento e Bolzano, con l'incarico cli riunirsi e di incrociare a nord ovest della Sardegna, insieme ai rispettivi cacciatorpediniere di scorta, in attesa dei risultati dell'esplorazione aerea.

Al mattino del 9 febbraio gli inglesi distaccarono la loro portaerei Ark Royal, i cui velivoli lanciarono mine magnetiche nelle acque di La Spezia e bombardarono le raffinerie di petrolio di Livorno. Contemporaneamente le altre navi della "Forza H" effettuarono dalle 08.15 alle 08.45 il previsto cannoneggiamento del porto di Genova, causando gravi danni alla zona industriale e all'abitato.

Ben presto giunsero a Supermarina e a Superaereo le notizie degli attacchi britannici, ma, per alcuni ritardi nella decifratura dei relativi mes-

61. Archivio dell'Ufficio Storico della i\farina Militare (A.lJ.S.M.M.), fondo "Promemoria di Supermarina, anno ·1941'' , promemoria n. 34 bis: Azione navale nel golfo di

Genova.

saggi d'allarme, solo alle 09.50 pervenne alla nostra flotta l'ordine di puntare a settentrione, mentre essa - come abbiamo detto - incrociava a nord ovest della Sardegna.

A questo punto occorreva localizzare il nemico sulla rotta di ritorno, per inviargli contro le nostre forze cli cielo e di mare; ma in tale circostanza si ripresentò in rutta la sua gravità la vecchia questione del deficiente servizio di esplorazione aerea. Pertanto solo due bombardieri italiani avvistarono e attaccarono alle 12.20 la flotta inglese che, riunitasi alla portaerei, navigava a tutta forza per rientrare a Gibilterra, percorrendo la stessa rotta dell'andata. 1 ·nostri piloti però dettero malauguratamente la notizia dell'avvistamento soltanto al loro rientro alla base, cosicché Supermarina ne venne informata tardivamente, cioè alle 15.30. 62

Intanto si incrociavano a Roma comunicazioni contraddittorie cli scoperta, dovute sia all'avvistamento di due isolati cacciatorpediniere che

Incrociatore "fries/e ··

62. Ufficio Storico della Marina· Ìl·1ilitare: La Marina italiana nella seconda guerra mondiale, voi. IV, cit., p. 377.63. De felice R.: Mussolini l 'alleato, voi. I: L'Italia in guerra 1940-1943, tomo 1: Dalla guerra "breve" alla guerra lunga, Torino, Einaudi, 1990. p. 183.

This article is from: