A VOLTE RITORNANO Gad Lerner
S
ono consapevole di essermi scelto un titolo più adatto a un’opera di “horror fiction” alla Stephen King che non a un convegno di storici. Ma credo che, al di là della semplificazione giornalistica di una materia complessa, sia utile un tentativo di comparazione che evidenzi le analogie e le differenze fra il razzismo di Stato dell’Italia fascista e le pulsioni xenofobe alimentate (anche, non solo) dall’alto nel tempo presente. Ciò rende necessario confrontarsi, ottant’anni dopo, con il classico espediente retorico che consiste nell’apparente capovolgimento di quasi tutti gli argomenti di senso comune impiegati nel discorso pubblico a proposito di “noi” e “loro”; gli italiani e gli stranieri; gli autonominati portavoce del popolo contrapposti a chi non è considerato degno di farne parte. Esaminerò alcuni di questi capovolgimenti che sembrano rendere molto distante dalla realtà odierna il 1938, senza dimenticare che noi lo reinterpretiamo alla luce dei terribili sette anni di persecuzione che gli seguirono e che allora in pochi avrebbero previsto. La supina accettazione delle leggi razziali rimane peraltro un evento considerato inspiegabile dall’italiano medio, che non riesce quasi a credere sia potuto davvero accadere in un paese come il nostro al tempo dei suoi genitori o dei suoi nonni. Capita così che molti si indispettiscono quando gli viene suggerito che la cosa migliore – se si vuole comprendere come sia stato possibile che il paese applicasse con zelo quelle normative razziste – è osservare con sguardo distaccato la cronaca quotidiana odierna, con la sequenza di invettive xenofobe e episodi di violenza spicciola che la contraddistingue. Assai banale è il primo capovolgimento retorico con cui dobbiamo