RASSEGNA DELL'ESERCITO 2014 N.4

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Storia

za chimica tossica di origine microbica, mentre per veleno una sostanza tossica prodotta da animali o vegetali (a differenza dell’agente chimico che è una sostanza tossica di origine artificiale). In questa cornice vanno inquadrati i casi di avvelenamento dell’acquedotto della città di Cirra da parte degli Ateniesi e delle frecce avvelenate degli arcieri sciti. Gli Assiri usavano la segale cornuta (Secale cornutum) per contaminare le acque. Il suo granello, dalle dimensioni di 1-3 centimetri, di forma cilindrica (tipico anche di altre graminacee) contiene due sostanze attive, la cornutina o ergotina e l’acido sfacelinico. Tutto questo nel caso che la graminacea, come spesso accade, venga attaccata da un parassita, il fungo Claviceps Purpurea (un ascomiceta noto con il nome di ergot i cui corpi fruttiferi, detti sclerozi, hanno la forma di cornetti, donde il nome di segale cornuta) al cui interno vi sono dei veleni (veleni quindi di origine vegetale) che, se ingeriti, agiscono sul sistema nervoso centrale e, essendo anche dei vaso costrittori, su quello circolatorio, causando una malattia, chiamata ergotismo (nel Medioevo fuoco di Sant’Antonio o male degli ardenti), avente un quadro clinico-sintomatologico connotato da nausea, vomito, diarrea, cefalea, vertigini e allucinazioni. Gettare nelle acque di un pozzo di una sorgente qualche granello di segale infetta da Claviceps Purpurea era sufficiente ad avvelenare tutti coloro che ingerivano l’acqua contaminata e a determinare quindi una intossicazione

ossia l’insorgere di uno stato di malattia causato dalla tossina. Medesime considerazioni possono essere fatte per l’utilizzo dell’elleboro da parte degli Ateniesi nel contaminare le acque della città di Cirra e per lo Skiutikon usato dagli Sciti. Le citate metodologie di offesa biologica non generavano mai epidemie in quanto prive del fattore di contagiosità: l’avvelenamento e la conseguente intossicazione colpivano individui singoli senza che la malattia si trasmettesse da persona infetta a persona sana. Ne consegue che, se abbiamo definito l’assedio di Caffa un episodio di offesa biologica più che una guerra biologica, i casi di Cirra e di altre contaminazioni dei pozzi nell’antichità costituirono chiari esempi di “sabotaggio biologico”, cioè rilascio di materiale contaminante su un determinato substrato in maniera subdola e senza possibilità di controllo. Il lancio di cadaveri affetti da malattia (peste o quant’altro), ma anche la contaminazione di acque e risorse idriche delle città per espugnarle dopo logoranti assedi, era frequente anche nel Medioevo. In Italia le cronache medioevali citano l’assedio alla città di Tortona da parte di Federico Barbarossa. Questi, incoronato re di Germania dopo la morte nel 1152 dello zio imperatore Corrado III e deciso a restaurare a pieno il potere imperiale, limitando i poteri dei nobili, del clero e dei vari Comuni dell’impero, giunse in Italia nel 1154 per verificare lo stato d’ordine imposto ai vari Comuni nonché per ricevere l’in-

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coronazione di imperatore dal Pontefice Adriano IV. Convocata nel novembre dello stesso anno la Dieta di Roncaglia e preso atto delle rimostranze di molti Comuni, tra cui Pavia, verso le politiche portate avanti dai Comuni di Milano e Tortona, restii all’adempimento degli ordini imperiali, il Barbarossa non perse tempo e dopo aver distrutto i castelli di Trecate e Rosate, e dopo aver preso senza opposizione il Comune di Asti, assediò la cittadina di Tortona nel febbraio del 1155. L’assedio si protrasse a lungo, con quotidiani assalti alle mura; dopo battaglie cruente, l’imperatore decise di porre fine alle resistenze tortonesi colpendo le fonti e risorse idriche della città: queste, ed in particolare la fonte del Rivarolo, vicino alla cittadina, furono avvelenate con carcasse di animali, cadaveri e grandi quantitativi di zolfo rendendo imbevibile l’acqua e di fatto costringendo i tortonesi alla resa. Le fonti storiche non parlano di morti a riguardo per cui, nei fatti, si trattò di un atto di sabotaggio biologico senza esiti letali. Le aspettative dell’assediante Barbarossa comunque furono soddisfatte, perchè ottenne la resa del Comune piemontese. Sicuramente più complessa fu la vicenda legata all’assedio nel 1340 della cittadina francese, ai confini delle Fiandre, di Thun l’Eveque, durante la Guerra dei Cento Anni, allorquando il re d’Inghilterra Edoardo III reclamò la corona di Francia. Le ostilità scoppiarono nel 1337 e l’anno seguente il sovrano inglese inviò delle truppe sul continente francese per sedare le schermaglie

Rassegna dell’Esercito on line 4/2014


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