
8 minute read
L'ARTEFICE E LA MATERIA
Accade un fatto strano e illogico, almeno nelle apparenze: mentre i socialisti d 'occidentè che vanno in Russia se ne ~ornano in Europa mediocremente o niente affatto entusiasti del regime bolscevico, i giornalisti borghesi, nella !oro quasi totalità, s'infiammano d'entusiasmo per la repubblica dei Soviètt. Se il fenomeno appare assurdo, la spiegazione di esso è logica. I socialisti vanno in Russia n ella certezza o nella spe· ranza di trovarvi il verbo fatto carne, l 'ideale tramutato in sensibil e e tangibile realtà, e quando s'avvedono che L'ideale resta ancora e sempre fra le nu vole, mentr e la rea ltà non differisce da q uella di una volta, diventano prudenti nei loro giudizi e rettificano il tiro. I giornalisti d'origine e di menta lità borghese arrivano in Russia coll'illusione di trovarvi il socialismo in pieno, e quando s'accorgono che il socialismo vero è ancora di Jà da venire,_ finiscono per entusiasmarsi di un regime che ,,.-non ha più difetti, ma possiede ancora tutti i pregi degli Stati borghesi.
Un borghese fuoruscito d alle nazioni democratiche dell'occidente, dove lo Stato attraversa la crisi paurosa dclJa sua « autorità » , appena s i presenta alle soglie della Russia che cosa vede? Uno Stato che ha superato la sua crisi d'autorità. Uno Stato nell'espressione p iù concreta della parola. Uno Stato~ c,ioè un Governo, composto di uom ini che esercitano il polere, imponendo ai singoli e ai gruppi una d isciplina di ferro, facendo, quando occorre, della <<reazione».
Advertisement
Nelle nazioni dell'occidente, lo Stato è ormai una «nozione>> filosofica e lastica ed evanescente; non si sa dove comincia, n on si sa dove finisce; non si sa se possa anco ra comandare o se trovi ancora qualcuno pronto ad _ubbidirlo.
Pensate a lla lamentevole faccenda dell'ora legale in ItaJia: C'è, in molti degli Stati democratici, all'ora attuale, un continuo urto fra autorità vec:chie e nuove; una intcrfere~za o coesistenza di poteri contradditori.
Ceri tuera cela. Nella Russia di Lenin, invece, non c'è che un'autorità: la sua. Non c' è che una libertà: la sua. Non v'è che una legge : la sua. O piega rsi o perire. 11 pittoresco caos politico occide nta le lassù si è
· geometrizzato in una espressione lineare che h a µn nome solo: Lenin.
Niente, dunque, crisi dell'autorità statale in Russia: ma uno Stato supcrstato, uno Stato che assorbe e schiaccia l'individuo e rego la tutta la vita. Si capisce che i zelatori deUo Stato «forte)>, o prussiano, o pugno di f erro, trovano lassù realizzato il loro ideale.
Per· mantenere in piena effi.ce nza l'autorità de llo Stato, non ci vo-gliono discorsi, o manifesti, o lacrimogene invocazioni: ci vuole la forza armata.
Lo Stato più potentemente armato, . per l'interno e per l'estero, che ci sia attualmente nel mondo, è precisamente la Russia. L'esercito dei Sovièts è formidabile e quanto alJa polizia non ha nuJla da invidiare aH'Omma d~i tempi dei Rom:i.noff.
Chi dice Stato, dice necessariamente esercito, polizia, magistratura, burocrazia. ·
Lo stato russo è lo Stato per eccellenza e si capisce che avendo statizzato la vita economica nelle sue innumerevoli manifestazioni, si sia formato un most ruoso esercito di burocratici. Alla base d i questa piramide, suUa cui vetta . sta un pugno di uomini, c'è la mol· titud ine, il proletariato, il quale, come n ei vecchi regimi borghesi, obbedisce, lavora, mangia poco e si fa massacrare.· Dittatura del proletariato? In questa credono ancora i soci dei circoli vinicoli neile serate di « bevuta ». '
Ii:i Russia esi ste, sì, una dittatura del proletariato, ma non esercitata dai proletari, bensì - ce Jo dice il signor Cappa,. amico deUa Balabanoff e bolscevico-borghese - esercitata dal Partito Comunista. Il quale Partito Comunista, se conta - come ci dice il Cappa - appena settecentomila membri, rappresenta un'infima minoranza su l totale della popolazione. In realtà sono pochi uomini di questo Partito c~e governano la Russia.
La loro repubblica, con « assoluto e illimitato potere », è una vera e propria autocrazia. -
Politicamente parlando, non esiste socialismo in Russia (altro che regime degli uguali!); ma, economica.mente parlando, di socialismo non c'è nemmeno l'ombra.
Non mettiamo in dubbio la obiettività del signor Cappa, ma il signor Rikoff - commissario del popolo per gli affari economici - è più competente di lui. ·Rikoff nega che il «blocco» sia stata la causa della disorganizzazione o della rovina totale deil' e<onomia industriale _ russ~: Ma d i che « blocco » ci ,,an parlando , questi s ignori ?
11 << blocco » è stato un bluff borghese e socialista. I bloccanti non avevano n iente da· smerciare in Russ ia, se non qualche fondo di magazzeno. Che cosa poteva portare in Russia un'Europa esaurita, ch e è affamata di locomotive, di vagoni , di aratri, di carbone, di fe rro, di cuoi, di stoffe e · di pa11e? Anche a frontiere spalancate, i t ra~ci da e per la Russia non avrebbero raggiunto pròporzìoni di q ualche ri lievo. La verità è ch e l' applicazione precipitata del comunismo ha schia ntato l'economia industriale russa.
C'è u na rinascita, oggi? Possiamo ammetterlo. Ma come si è otten uta ? Questo il signor Cappa si è dimenticato di di rcelo Il leggero migl ioramento della situazione economica russa è .dovuto all ' adozione o al ripristino dei sistemi capitafotici. JJ capitaJiJm.o ha vinJol Questa la veri_tà che emerge Se si vuol produrre, bisogna tornare all'antico , cioè al capitalismo. Niente consigl i, ma dittatori di fabbrica; n iente l ivellazione, ma scala a ventisette gradini di salari; niente libertà di fa re i propri comodi; ma d isciplina, e punizion i per i fa n nullon i; e tutto ciò oltre all' adozione d ei più perfezionati sistemi tecnici di lavoro, come il <<' taylorismo». E quella famosa « armata del lavoro», . tanto celebrata dai bolscevichi, p iù o meno borghesi, dell'occ idente, è, in realtà, il sigillo di condanna del regime len in ista. In occidente, c'è, più o meno effimera, una cosiddetta « schiavitù del salario» ; in Russia, questa schiavitù è infinitamente peggiorata. P er ottenere un po· di lavoro in Russia, è necessario inquadrare milita rmente Je masse, sottoporle a una rigida disciplina: il che significa c:he, .mancando neg li in dividui . lo stimolo egoistico del guadagno, nesSun altro elemento d'ordine morale l'ha sostituito, e i capi si vedorio costretti a ricorrere a terribili misure coercitive, a convertire in caserme le offic: ine e i lavoratori in soldati. Supermil ital'ismo, dunque!
La realtà è questa; e i missionari italiani, se av ranno un briciolo di onestà, lo riconoscera nno. In Russia non esiste n iente che rassomigli , anche da lontano, al socialismo: in Russia, per un complessò di circostanze storiche no te , una frazione del Partito Socialista si è impadronita del potere e ha tentato di anticipare.
Quella di Leni n è una vasta, terribile esperienza i n corpore vili . . Len in è un artista che ha l;ivorato gli uomini, come a ltri artisti lavorano il marmo e i metalli. Ma gli uomin i sorio p iù duri del macigno e meno mal~eabili del fer ro.
Il capolavoro non c'.è. L'artista ha fallito. 11 compito era sup eriore a lle sue forze.
I nfine, dato e non concesso che in Russia ci sia un regime Perfetto, adatto a fare, nel tempo, la fel icità del genere umano; dato e non concesso che in Russia accadano mirabili eventi, resta una domanda alla quale bisqgna rispondere da parte di coloro che hanno in pastorizia le masse: il regime russo - con annessi e connessi ..:._ è pensabile o tra· . piantabile in I talia? In caso affermativo, quando? E come?
M USSOLINI
Da Il Popolo d'!Jalia, N. 167, 14 luglio 1920, VII.
Basta eufemismi e chiamiamo le cose col loro vero nome. Non importa se gli italiani, inchiodati come sempre alle tragicommedie del cosiddetto sovversivismo, non se ne sono accorti; ma il fatto è che a Valona l'ltalia è stata battuta, «irreparabilmente» battuta.
La Caporetto albanese è infinitamente più grave dell'a ltra che si svolse fra Isonzo e Piave: allora perdcmlllo posizioni, materiali, uomini e due provincie, ma non perdemmo la volontà di ricominciare e di rivincere; · stavolta la nostra disfatta è d 'ordine moraJe e l' abbiamo oramai diplomaticamente sigillata come un fatto accettata e compiuto. Poche migliaia di albanesi, senza artiglierie, ci hanno ributtato, fulmi• neamente, su Valona; e, per evitare Che ci rigettassero in mare, abbiamo aperto delle trattative, senza risultato.
L'on. Giolitti, dopo aver proclamato che l'Albania doveva essere degli albanesi, ma che Valona, nell'attuale situazione adriatica e mediterranea, non poteva essere sgombrata, ha invece subìto l"intimazione albanCSe di sgombrare la città. Perché ? Per.impotenza. Dal momento che Valona non si può tenere col presidio attuale e dal momento che soldati non se ne mandano più, non ci resta che abbqssare il t ricolore. Lo sgombro·dell'Albania e anche di Valona prima del conflitto armato, non avrebbe avuto -ripercussioni nei Balcani; lo sgombro imposto, dopo uno scacco militare, ha avuto e avrà conseguenze grav issime.
Mettete il quadro ·albanese ·nella corn ice della nostra situazione interna; tenete presente i discorsi di Misiano e Maffi; no n dimenticate le sparatorie militari di Ancona e Cervignano, di Trieste e di Brindisi, e· ·non vi stupirete più se g li jugoslavi ci considerano come una nazione esaurita, impotente, condarinata a crollare al primo urto violento. Almeno avesse g iovato la nostra remissività nei confronti degli albanesi! Non ha giovato e non poteva giovare.
Avendo subìto il ricatto socialista, il Governo deve o ra subire il ricatto jugoslavo.
Lo sgombro di Valona noh basta più agli albanesi. Anche Saseno dev'essere sgombrata. Chissà se quèsto sarà sufficente a placarli? Chi può escludere ch'essi non chiedano una testa di sbarco a Brind isi o in q ualche altro punto della costa adriatica? Nel qual caso udremo certamente i socialisti italinni intimare il « Via da Brindisi!... ». V ia g li italiani, ben inteso.
La grande esibizione di invigliacchìmc-nto naziona le che dura dal 16 novembre e prende tutti, dal Gove rno al . popolino, non è la t attica migliore per evitare conflitti armati. Volere. la pace a qualunque costo significa tirarsi addosso, in ogni caso, la guerra. I fatt i di Spalato cost ituiscono la successione logica e non soltanto cronologica, delle vicende alb.lnesi, Trieste, che non dimentica, chiamata dai fascisti, risponde superbamente e procede a quel repulisti che noi abbfomo rei~ terate volte invocatò.
Ma il Governo italiano ha una « sua» linea di condotta ? Niente lo fa credere. Il primo atto di politica estera del ministero G iolitti è stato semplicemente disastroso. Uria dedizione all'interno ha provocato una dedizione all'estero. Quando ci si incammina sulla strada dell e dedizioni e delle rinunce, è diffic ile f ermarsi, specie quando l'avversario interp reta i fatti e le parole a.li~ « levantina » e ritiene manifestazioni di viltà quel che pu~ essere cd è spirito di conciliazione.
I serbi ci odiano e questo lo sapevamo; ma da qualche tempo ci disis6mano e ci disprezzano. Hanno ragione. La piccola Serbia non offre al mondo Io spettacolo di sfacelo morale e materiale che offre l'ltalia . Eccettuata la fiamma che D'Annunzio tiene meravigliosamente accesa sul Carnaro e verso Ia- quale si affissano gli sguardi ansiosi della non ancora degenere gioventù, il resto deil'ltalia, borghesia e proletariato, Govtrno e governati, è poltiglia fangosa, incapace ormai di vivere oltre la giornata. Fanno ridere 'quelli che presentano, ne lle oleog rafie, l'Italia come una donna formosa con tanto di corona turrita jn testa. E ora di finirla con questi sciocchi deliri di grinde22.1.. P ratici bisogna essere per chiamare i forest ieri, Mettete-le sulla testa una cuffia da camerie ra di un hOtel ~isperatamente me11b/é, con Giolitti portiere monumental e.
Mussolini
Da li !'opolo d'Italia, N. 168, 15 lug lio 1920, VII.