
4 minute read
L'ALTRO ESERCITO
Sono stato anch'io alla Staia e ho ammirato la film , edit a dal ministero delle Armi e Munizioni, per mustrare i progressi compiuti in tre anni d alle industrie belliche italiane. È una film altamente istruttiva e confortante, salvo la prima pa~te che può essere abolita : tutti sanno che i nostri antichissimi padri u sacono, come anni d i" guerra, le pietre acuminate e che no i moderni siamo giunti ai « 305 ». Ma tutto il res to dà l'impressione visiva di ciò che l'Italia ha fatto in· questo campo. Ciò che h a fatto è gigantesco. P rima della guerra la nostra produzione di armi e proiettili era minima, trascurab ile. La mobilitazione industriale che accoglie e controlla parecchie migliaia di stabilimenti ha - in certi casi - centuplicato la produzione. Gli operai sono 600 mila, le do nne 100 mila. Quando si pensi alla deficenza delle nostre materie prime, alla impreparazione delle nostre fabbrich e, dei nostri tecnici e delle nostre maestranze, è lecito esaltare questa « improvvisazione )) come la prova delle buone qualità fon_damentali della nostra stirpe. Anche noi sappiamo fare e meglio degli altri. Tre anni di guerra hanno cancellato ogni traccia di quella pretesa inferiorità, in fatto di organizzazione, che. - a furia di esserci ripetuta - ave. vamo finit o per ritenere come un attributo della nostra q ualità di italiani. Altrove bastava organizzare o aumentare il rendimento della preesistente organizzazione, noi abbiàmo dovuto « creare ». Giusto è, dunque, che si chiami « esercito» quello delle miniere e delle officine, che produce gli strumenti necessari alla nostra offesa e alla nostra difesa. Esercito necessario, non meno dell'altro.
Ma, a proposito di questo esercito, noi vorremmo :
Advertisement
1. Che la partecipazione dell'elemento femminile fosse molto maggiore di quello che in realtà non sia. Io credo che altre 100 mila donne potrebbero sostituire altrettanti giovani validi.
2., Si dovrebbe stabilire un «. turno )), una specie di rotazione fra questi due eserciti. Non è giusto che un esercito stia sempre nelle trincee e l'altro esercito stia sempre nelle officine. E non è vero ·che l'effettuarsi di questi turni nuo cerebbe alla produzione, perché in molti rami della produzione, pochi giorni di apprendisaggìo basterebbero a rendere «qualificato)> il soldato reduce dalle trincee.
3. Io dico ancora che i comp onenti di quest o altro esercito, aventi obblighi di leva e temporaneamen te esonerati, dovrebbero essere vestiti da soldati e considerati come un vero e proprio corpo militare con t utti i diritti e doveti che ne conseguono. Non mi faccio illusioni circa l'accoglimento che queste mie idee avranno in alto loco Sono inattuali Mi preme di'segnare questa« direzione» p er un Governo che sia capace dei grandi gesti innovatori. Accanto all'esercito delle trincee, e a quello delle officine, c'è un a1tro esercito, che io chiamerei quello della menzogna: l'esercito degli imboscati. Aggiungo subito -pe r l'onore d'Italia - ch'csso è molto meno numeroso di quello che non si pensi, ma, anche cosl r idotto, la sua esistenza è sempre un fenomeno di demoralizzazione e di viltà. Circolari ne sono state « diramate>) a centinaia, ma il risultato è stato sempre inferiore alle aspettative. In giro nelle nostre città, non ci dovrebbero essere -legittimamente - che le seguenti categorie di persone: 1 . gli_uomini di classi anteriori al 1873; 2, i giovani non ancora chiamati alle armi; 3. i leciti convalescenti e gli invalidi di guerra; 4. i soldati del « Corpo d elle Officine di G uerra)) (i quali dovrebbero portare la divisa militare u guale a quella di tutti g li a ltri soldati, più un d istintivo speciale da portare sul berretto); J . i visibilmente non ido nei, per palesi infermità fisiche, a servire la Patria nelle trincee ; 6 gli stranieri di nazioni alleate o neutre che dovrebbero esse re riconoscibili da un distintivo. A ltri uomini non dovrebbero circolare. Non ci dovrebbero essere. Ma invece ci sono e circolano. Nei l uoghi di divertimenti, alle tavole dei ristoranti, per le strade, voi incontrate - a gruppi - giovani ben piantati, ben rubicondi, che non sono zoppi, né gobbi, né ciechi e che non sono alla guerra. Perché ? Esonerati, forse ? Ma se moltissimi di essi non portano nemmeno il bracciale. Riformati ? Per quale infermità? Dietro quali pratiche ? Col concorso di quali « imboscato r i » ? Dico, tra parentesi, che l'irn~ boscatore è più nocivo dell' imboscato. Da quafr infermità. segrete sono afflitti? Da nessuna : mangiano, bevono, ridono, si divertono, e c'è, fra loro, qualcuno che ha il cÒraggio o il cinismo della pro pcia abiezione . Come liberare le città d a qu esto spettacolo? Il mezzo semplice e decisivo c'è: [.... ctmura... .] rastrellare questi imboscati, sottoporli, se riformati, a visite ·mediche improvvise; mandare al fronte quelli che p ossono dare un rendimento militare e schiaffare i pusillanimi << fi sio logici » a lavorare, per la paga del soldato, nelle miniere.
Con quest'opera 'di « nettezza u rbana» molte città offrireb bero, dopo un paio di mesi, un aspetto più simpatico per coloro che tornano in meritata licenza dalla fronte.
Ai quali commilitoni io vorrei dire : disprezzate l'i111b()seato1 ma non illl)idialelo. Non invidiatelo per quello che è oggi, e soprattutto per quello che sarà domani. Non invidiategli la sua momentanea e ignobile fottuna. Quelli che si <( risparmiano» oggi, saranno g li esclusi, i rifiutati, i segnati, i co ndannati di domani, quand o, per circolare onestamente e liberamente in Italia, ci sarà bisogno di un passaporto per l'interno, munito dei timbri rossi delle trincee.
Mussouni
Da Il Popolo d'llalùt, N. 72, 13 marzo 1918, V. Pubblicato anche sull'edizione di Roma, N. 74, 15 marzo 1918, V.