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DIVAGAZIONI

Il rappresentante del socialismo ufficiale italiano, difendendosi l'altro giorno al tribunale di guerra, ha sintetizzato in una frase che si pot[ebbe d efinire « di riduzione alle bestialità» il pensiero animatore del suo Partito.

«< Se la Russia sta male - egli h a detto - i russi stanno bene».

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È facile dimostrare, mettendosi per un momento da un punto di vista socialistico, che questa frase è tutto ciò che di più squis itam ente. anti-socialistico si possa pensare.

P er consegu enza, tutto ciò che reca ancora etichetta di socialismo italiano è un intruglio alterato e com p osito, creato per l'occasione della guerra, e con uno scopo ben determinato in ·vista : « quello di fa vorire la vittoria tedesca >>.

Il cittadino LaZ2ari ammette che la Russia stia male, ma soggiunge che i russi stanno bene. Questa separazione antitetica fra Russia e xussi è arbitraria, è anti-socialista ed anche anti-bolscevica. Si comp rendeva prima questa differenziazi~ne fra stato russo e popolo russo ; fra patria russa, dominata dallo e:zaxis mo , e popolo russo. O gg i no n più. Oggi si è stabilita nel pensiero dei massimalisti la fusione intima fra patria russa e popo lo russo : fra patria socialista e russi come individui.

Per cui, se la Russia masSimalista sta male, i russi non possono star bene; per cui se la vittoria della Germania fa male alla Russia governata_ dai massimalisti, non può far bene ai singoli russi.

E se la vittoria tedesca, pur facendo star male ]a Russia fa star bene i sfogali russi, vuol dire che essa rappresenta fra i due il minore dei mali, e in tal caso non si potrebbe pensare a condanna più clamorosa e definitiva del regime massimalista,

Il senso della frase di Lazzari è questo : La Germania è g rande. E se anche schiaccierà il massimalismo, cioè il regime dell'ideale, non impo rta. I russi staranno eg ualmente bene.

Sapevamo che i socialisti italiani anteponevano gli interessi materiali e morali della Germania a quelli dell'Italia, a quelli ddl'Intes~ a quelli di tutto il mondo. Ma non avremmo ma.i creduto che, posti a scegliere fra Germac.ia e massimalismo, fra la Germania borghese, militarista, imperialista, e la Russia socialista, super-socialista e b olscevica, avrebbero sacrificato quest'ultima. ll socialismo, dopo avere insegnato ai proletari di tutti i paesi, esdusi i tedeschi, che le pattie erano di « lor signori)) e che non dovevano essere difese, insegna oggi che quando si tratta della Germania non s i difende la patria, anche se nel frattempo è divenuta la patria di lor proletari.

La pace tedesca reca la felicità dei singoli russi, anche se umilia il regime socialista.

Il socialismo ufficiale italiano è soprattutto, essenzialmente, esclusivamente panciafichista. Ripugna dal sacrificio. Anche quando si tratta d i difendere se stesso, le sue posizioni e le sue conquiste. Precisiamo Quando si tratta di difenderle dalla Germania.

Oh ! se il regime massimalista fosse stato, ~r dannata ipotesi, minacciato dall'Inghilterra o dalla Quadruplice Intesa, avremmo forse assistito ad uno scoppio di eroici furori in seno all'Internazionale.

F orse Krylenko sarebbe riuscito a raccogliere un esercito, e forse questo esercito avrebbe combattuto ; ma di fronte alla Germania cli Ludendorff o di Hindenburg , i super-socialisti russi e quelli italiani · piegano in g inocchio. Se ne infi schiano di salvare la patria, quantunque sia divenuta la patria socialista, e si rifan no sugli individui. Il socialismo si frantuma nell'individualismo e questo individualismo obbedisce ad un solo isùnto : quello primordiale della conservazione : vivere, mangiare e riprodursi.

Che in alto ci sia il Kaiser o lo Czar o Lenin è lo stesso.

La frase di Costantino Lazzari può tradursi cosi : Meglio schiavi sotto il Kaiser che liberi sotto Lenin.

Il socialismo internaiionale è un'arma tedesca. È una inv enzione tedesca. Sino a ieri disarmava la patria borghese e sino a un cer to punto questo pote va essere spiegato. Oggi disarma anche l'unica patria so~ cìalista esistente in Europa e nel mondo.

D 111tschla11d iibr:r allu ; iibcr sozialùmus.

Il contegno dei cosl detti social-democratici tedeschi è quanto mai sintomatico.

Essi non levano inni di gioia. Tacciono con discrezione furbesca, perché altrimenti potrel;>bero compromettere il loro gioco, il d11mping pacifondaio per g li altri paesi. Ma non fanno nulla per impedire che la Germania si annetta amplissimi tenitori ad oriente a danno della patria socialista russa, e non faranno nulla domani per impedire le annessioni ad occidente. I bacini di Bdey e di Longwy, il porto di An- versa non fanno gola soltanto ai ·siderurgici dell'industria tedesca, ai p an germanisti e militaristi. No. Suscitano la cupidigia anche dei Geno1sen.

T irpitz e Scheidemann non camminano sulla stessa strada; ma su strade p a rallele che, contrariamente aila geomet.ria, finiscono per incontrarsi nello stesso proposito di d o minazione mondiale.

L'idea centrale. che pareva guidare la politica bolscevica è fallita , La rivoluzione per contagio no n scoppia in G e rmania e non scoppierà. Per questo bisogna battere la Germania, :non aprirle graziosamente e bolscevicamente le porte di Pietrogrado.

MUSSOLINI

Da// Po p olo d'llalia, N. 61, 2 marzo 1918, V, Pubblicato anche sull'edizione di Roma, N. 6 1, 2 marzo 191 8, V .

Il Traguardo

Gli avvenimenti politici e militari che si sono svolti i n questi ultimi tempi, e dei q uali protagonista è stata la Russia massimalista, hanno un senso che noi dobbiamo raccogliere. G o ffrono una lezione che non deve andare perduta. La lezione può essere sintetizzata in queste parole : « Chi cade prima di arrivare al traguardo paga, e fo rse paga per tutti >~ . I belligeranti dell'un gruppo e dell'altro che arriveranno al traguardo no n avranno una pace disastrosa, salvo l'AustriaUngheria e la Turchia, contro le quali sono in giuoco altre forze storiche ; ma chi defeziona durante il percorso, chi getta le armi prima del tempo, va incontro ad una pace catastrofica più della guerra. Il problema essenziale è dunque questo : arrivare al traguardo. Tc-.nere fino al momento necessario. Questo « dato » deve essere ben chiaro nella mente e nella coscienza dei governanti e dei popoli.

L'ultima tappa di una lunga marcia è la più faticosa. È qUella che richiede il massimo 1forzo. Ma questo sforzo deve essere compiuto per queste .due ragioni fondamentali:

1° perché la meta è vicina e sarebbe doloroso non raggiungerla;

2.0 perché non raggiungendo Ja meta viene ad essere annullata tutta la precedente fatica, La Russia ha defezionato. La Russia paga. La Germania le pone una pace rovinosa e la Russia, che ha dovuto rinunciare all'ultima tappa della marcia, è costretta ad accettare le draconiane condizio ni tedesche. Cosl avverrebbe domani per qualunque altra nazione dell'Intesa che imitasse la Russia. Risparmierebbe qualche mese di guerra, ma la pace sarebbe peggiore della guerra.

Ora si _ è visto che in questa guerra di popoli la defezione di uno Stato non t provocata dalle vicende militari, anche disastrose, perché in questo caso Austria e Turchia da una parte, Belgio, Francia, Serbia e Italia dall'altra, avrebbero ·dovuto abbandonare in tempi diversi il campo della lotta. No.

Indipendentemente dai successi o insuccessi militari uiio Stato cade prima di arrivare al traguardo se il popolo all'interno cede, se all'interno la resistenza morale del popolo si sfalda.

La Russia, che aveva superato catastrofi militad immense, come q uella che prende il nome dai laghi Masuri, o dalle pianure di GaJi. zia, è caduta in seguito a una crisi interna del suo regime. Certo. le vicende militari hanno aggravato tale crisi. Ma le sconfitte sul fronte non avrebbero fatto piegare in ginocchio la Russia davanti al Kaiser, se non fosse sopravvenuta la dissoluzione completa del suo organismo statale. Una volta, quando gli eserciti non avevano la paurosa mole di quelli attuali, poteva accadere che una Erisi di regime, anche rivoluzionaria all'interno, non si ripercuotesse sulla efficenza dell'esercito che continuava a combatte re cosl per suo conto; oggi non più. la crisi del regime diventa immediatamente crisi della sua forza militare e al quarto anno di guerra una crisi di questo genere prende di necessità una piega pacifista.

Comincia da Miljukoff e finisce con Trotzky. Crisi di regime oggi significa la d isfatta. Ecco perché la Germania calco la sull'elemento dissolvente di ogni Stato nemico per raggiungere la vittoria. Ecco perché la Germania ha posto nelle sue condizioni di pace alla Russia la curiosa clausola, accettando la quale, i massimalisti che s'illudevano di poter diffondere su tutto l'occidente europeo il contag io dei loro Sovièt, devono impegnarsi a non fare propaganda alcuna che possa in qualche modo danneggiare le is tituzioni civili e militari della Ger• mania e dei suoi alleati.

Il massimalismo in Russia è una cosa eccellente, dicono i .po-tenti di Berlino. Che il massimalismo facfj.a dei proseliti in Francia e in ItaHa lo desiderano ardentemente quei signori di Berlino. Ma quella stessa Germania, che offerse un vagone sa/on delle sue ferrovie a Lenin per tornare in Russia, si vedrebbe costretta, ora che il ser vizio è fatto, a v ietargli l'entrata o a cacciarlo in galera, qualora l'apostolo bolscevicq avesse la malinconica idea di intrapren• dere in terra tedesca la predicazione della sua verità massiinalista.

Il pericolo della disfatta non è al fronte Peéché un esercito di milioni di uomini, in una g u erra di trincea, non può essere definitivamente battuto. Il pericolo della disfatta è all'interno. Il fronte non cede, se fintemo _tiene. Ma se l'interno cede, il fronte non può tenere, Se il fronte cede, si può avere un rovescio come Ca poretto; ma se la nazione cede, il .covescio è la resa a discrezione, come è avvenuto in Russia. La pcilitica interna è, adunque, il fattore dominante della guerra. Le sorti della guerra non dipendono più dalla st.categia dei generali, ma dalla saggezza fatta cli previdenza e cli energia dei Governi La nostra politica interna è orientata alla suprema necessità di farci arri· v are al traguardo ?

MUSSOLINI

Da Il Popolo d'IttJ ;a, N. 62, 3 marzo 1918, V , Pubblicato anche" sutrcdi· rione di Roma, N. 62, ; mano 1918, V .

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