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DAL MESSAGGIO. DI WILSON AL CONVEGNO DI JtOMA 235

con l'Intesa altra pace all'infuori di quella che, segretament~, sattbbe stata voluta dalla Germania _ •·

Credere dì poter scindete Vienna da Berlino, facendo balenare delle « condizioni d'oro» all'Austria-Ungheria,' è pure illusione. Varrebbe forse meglio adottare - ai fini d'una pacC immediata - la tattica opposta.

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Domandiamoci : quali sono le forze interne d ell'AustriaUngheria e che potrebbero determinare l'evento sul quale calcolano Lloyd George e Wilson? Un gesto di ribellione contro Berlino non partirà certo dalla corte austriaca. I re, specie in questo tempestoso crepuscolo di un mondo, hanno bisogno di rinsaldare le loro alleanze. Gli Absburgo e gli Hohenzollern si appoggiano l'un l'altro, an che e sopn.ttutto per semplici ragioni di « concezione dinastica ». Sadowa è lontana e dimenticata. Chi può determinare il !ou van Ber/in ? N on certo le forze economiche, bancarie, industriali che erano e sono oggi più ch e maì dipènd enti dalla Ger mania. G li esercìù più che uniti sono confusi insieme. Le forze politiche dei tedeschi di Ausuia. tendono naturalmente e Jogicamente a rinsaldare la Mitteleuropa e quanto all'elemento magiacq esso è pienamente nel raggio d'azione di Berlino. C'è, anzi, più intimità fra Berlino e Budapest che non fra Budapest e Vienna. Le forze politiche delle nazionalità oppresse lavorano, come gli czeco-slovacchi, dal dì fuori, ma nell'interno dell'Austria-Ungheria la loro influenza è scarsa, specialmente dopo le ferocissime persecuzioni subite. Quanto· ai socialisti, essi si limitano a qualche articolo, molto temperato: di protesta e di critica contro l'impetialismo dei tedeschi. ·

La co nclusione è questa : n o n ci sono attualme nte in A u.striaUng~eria forze capa.ci di provocare una separazione dalla Germania, e le forze d'opposizione, già scarse e d ecimat e, ìnvece di essere incoraggiate dalla Quadruplice Intesa, vengon o abbandonate alla m ercé della futura «autonomia.» presidiata da Lang.

MUSSOLINI

Da li Popolo d'lt.Jia, N. 14, 14 gennaio 1918, V. Pubblicato anche -sull'edizione di Roma, N. 15, 15 gennaio 1918, V.

Armi E Diritto

Nelle alte sfere della nostra politica estera, dev'essere giunta noti2ia del vivissimo senso di disagio che, dopo le dichiarazioni di Lloyd George e specialmente di Wilson, angustia la coscienza nazionale, perché in data di ieri il giornale che ha fa riputazione di essere organo dell'on. Sonnino, ha pubblicato la seguente nota che sembra in particolar modo diretta a noi :

« L'Intesa ha precisato molto chiaramente i propri obiettivi, ma non si può pretende-re che essa scenda a deliniziooi minute e a dettag li particolareggiati, B per questo che non d sembra possa essere accolto il desiderio di coloro i quali vorrebbero dagli Alleati non soltanto la proclamazione di principi comuni, ma addirittura la indicazione di un dettagliato e particolareggiato programma dì pace che dovrebbe contemplare la solu2iooe di tutte le questioni poste sul tappeto <falla conflagrazione europea. ·

Questo procedimento offrittbbc al n emico l'occasione di dedicarsi alla sua prediletta opera di disgregazione in seno all'Intesa e non servirebbe che a favorire le manovre dei Ì;omuni nemki e dei loro agenti nell'interno delle Nazioni del. l"Jntesa. Alcuni giornali .italiani vorrebbero che il nostro programma na2iooa.!e venisse ulteriormente precisato.

« Ora il programma delle rivendicazioni italiane è stato precisato nei sacri patti dell'alleanza di guer ra, patti che nessuno fra gli Alle.a.ti ha m.ai inteso d i contestare.

La diplomaz.ia italiana non h.a n essuna ragione di sottoporre a revisione i patti, i quali sono rigorosamente fondati sul diritto e sulla giustizia e son o pienaménte conformi ai fini generali d ella Lega dei popoli democratici. L'Italia rappresenta. nelrlntesa un elemento vitale ed avendo da parte sua l ealmente adem· piuto con grande sacrificio ai doveri imposlile dalla allcama di g uerra, è ptt· fellamente logico che mantenga immutati i propri diritti. Né da alcuno fra g li Alleati è stato, neanche lontanamente, toccato il sistema degli accordi sul quale l'Italia fondò Ja propria. entrata nel conflitto. L'Intesa non ha dunque bisogno di ulteriori prove d ella ~rfetta legittimità dei suoi fini di guerra e i popoli che ne fanno pane sanno perfettamente di battersi per la giustizia · e per la democrazia contro la violenza e l'autocr.azia.

« Questo è il sentimento unico ddl'lnlesa, ben più importante e decis ivo di qualsiasi documento unico».

Se con questo pezzo i giornalisti ufficiosi della Consulta credono di tranquillizzarci e di convincerci che non sono in vista rinuncie dei sacri diritti dell'Italia, sbagliano. L'Intesa non ha affatto precisato

DAL MESSAGGIO DI WILSON AL CONVEGNO DI ROMA 2~7 chian.mente i suoi obiettivi. L'ultimo documento collettivo dell'Intesa del dicembr~ 1916 e vi si prospettava esplicitamente fra l'altro la necessità dello smembramento dell'Austria-Ungheria e della scomparsa dell'impero ottomano. Tutto ciò prima dt lla ri11ol11z/ont r11ua e ddl'inltrvento americano. .Documenti collettivi che precisassero chiaramente, come dice il Giornale d'ltal~a, gli obiettivi dell'Intesa, non ce ne sono stati più.

Ci sono s tati discorsi di singoli ministri ai parlamenti e al pubblico, come quello dell'on. Sonnino a Londra; ci sono s tati convegni parziali o generali di rappresei:itanti della Quadruplice Intesa a Roma, a Londra, a Parigi, a San Giovanni di Mariana, a Rapallo e nuovamente a Parigi, i quali si chiudevano colla formula st ereotipata della « constatazione del ·perfetto accordo » etc::. etc. ; ma dichiarazioni collettive non si sono avute. Ora, Je ultime manifestazioni diplomatiche della" Quadruplice Intesa, rappresentano un pi!tinemrnt dei capisaldi banditi nella risposta a Wilson del dicembre t9l 6. Quella dichiarazione faceva « testo » sino a ieri : ogg i è diventata anch'essa un chiffon dt papitr.... E non è già - si noti - una dichi arazione collettiva, che annulla la precedente dichiarazione, ma sono discorsi di singoli ministri che~ in contrasto colla ,harta dd dicembre 19 16offrono dei «ponti d'oro» a due dei peggiori nemici: l'Austria e la Turchia. ·

Il Giornale d'lldlia ci consiglia a contentarci dei « principì comuni» a tutti gli Alleati e trova quasi pazzesco chiedere un dettagliato particolareggiato programma di pace. Adagio, signori ufficiosi. Noi e co n noi moltissimi italiani cluediamo quei (< particolari» e quei dettagli che si prodigano alla Turchia. Si è parlato chiaro almeno nei riguardi della Turchia: si è detto : voi, umanissimi turchi, Continuerete ad avere in Costantinopoli la vostra capitale; g li Stretti però sa~anno internazionalizzati ; non avrete più la Sir ia, la Palestina, l'Armenia, la Mesopotamia. In regola come un bilancio Attivo e passivo. Dare e avere.

Quando si parla . dell'Alsazia-Lorena, · nessuno ricorre ad ambiguità di linguaggio. Si dice, in termini non sofisticabili, che l'AJsaziaLorena deve tornare alla Francia. Si dice che il torto del '71 dev'essere riparato. Perché dunque, domandiamo, quando si parla dell'Italia, le formule impiegate sono quasi inafferrabili nella loro indeterminatezza?

Se si dice che Bagdad e Gerusalemme non dovra nno più tornarè alla Turchia, p erché non si dice che Trento e Trieste no n dovranno rimanere in soggezione dell'Austria? Ma il Giornale d'lia/itJ diventa ancora più comico, quandò giustifica le reticenze dicendo che lo spc- cificarc il programma di pace « offrirebbe al nemico l'occasione di dedicarsi alla s ua prediletta opera di disgregazione in seno dell'Intesa e non servirebbe che a favorire le manovre dei comuni nemici e dei loro agenti a1l'interno ».

Queste sono chiacchiere, O la concordia fra gli Alle;ti circa i fini di guerra c'è, e allora non vediamo come qualmente i nemici possano disgregarla, specialmente se tale concordia giunge - come deve giungere - sino ai particolari ; o questa concordi:1. non c'è, e allora i signori governanti ci vendono e ci hanno venduto del fumo, Ma poi noi protestiamo contro l ' ufficioso sonniniano che ha l'aria di relegare fra (dettagli o questioni di second'ordine le questioni che , interessano l'Italia e sono invece, nei riguardi nostri ed europei, questioni d'importa02a capitale.

Il Giornalt d'Italia assicura che « il programma delle rive ndicazioni italiane ! stato precisato nei sacri tntti dell'alleanza di guerra », del che non dubitiamo.

Questo ci rende più inesplicabile il silenzio, le r eticenze di alcuni nostri Alleati, i quali sembrano, quando devono toccare d ei rapporti italo-austriaci, preoccupati di una cosa sola : non urtare eccessivamente l'Austria-Ungheria.

Ebbene : dal momento che i nostri ministri tacciono o fanno par lare dei giornali che non danno affatto le « precisioni » reclama te dall'opinione pubblica, è questa che deve levare la sua voce, Gli italiani devono « realizzare>> per dirla all'inglese o comprendere : r , che il mutato atteggiamento dell'Inghilterra e dell'America, nei confronti dell'Austria-Ung heria, è dovuto alla nostn disfatta di Caporetto ;

1 . che però le alterne vicende della guerra n o n devono O non d ovrebbero fra Alleati m ettere in p rescrizione dei diritti· 1iconosciuti giusti e sacri ;

3. che la Na2ione deve appoggiare energicamente quella politica che non ci incammini a rinuncie disastrose ;

4. c_he la Nazione deve rastrellare: tutti i suoi uomini per formare nuovi eserciti, visto e considerato che con articoli cli giornali o ordini del giorno non si arriva a Trieste.

C'~ una morale in questa che all'inizio del quarto anno di guerra sembra davvero una favola: noi abbiamo dei diritti, ma per farli valere dòbbiamo contare precipuamente, se non esclusivamente, su noi stessi. Quando dalle prime pendici dell'Hermada avevamo Trieste s otto i tiri dei nostri cannoni, nessuno cantava serenate d'amo re alla bella faccia di Carlo I ; oggi che la nostra situazione militare è r ov e· sciata, l'Aust ria-Ungheria trova ancora degli amici. O noi accettiamo

DAL MESSAGGIO DI WILSON AL CONVEGNO DI RO){A 239 questo capovolgimento della situazio ne, e allora rassegnamoci ai « riaggiustamenti » di fro ntiera che ci vengono prom essi da o ltre Oceano ; o no i, come sembra, accett2mmo Caporetto soltanto come un insuccesso militare, e no n già e non mai come una stro ncatura in piena regola della nostra vita presente e futura di Nazione, e allo ra bisogna armare i nostri diritti. ·

Ricominciare, con disperata ostinazione, la guerra.

MUSSOLINI

Da Il Popolo d'Italia, N. 15, 15 gennaio 1918, V. Pubblicato anche sull' edizione di Roma, N. 16, 16 gennaio 191 8, V.

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