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2. DESERTO E SEGRETI
La Tripolitania non è il Carso , ma la guerra non manca, portata dal vento di ribellione mai calato dal 1911, da quando l'Italia strappò la Libia all'Impero Ottomano. Il tenente Sillavengo si sente comunque <•turpemente imboscato alla direzione del Genio Militare», come si lamenta con un gruppo di giovani ufficia li , ingrugniti anche loro per essere stati allontanati dal fronte e inviati oltremare, in virtù della stessa circolare. Alla fine di agosto l'imboscamento si attenua, con l'assegnazione al forte di Sidi Abdel Krim, a est di Tagiura: una compagnia di fanteria, un'ottantina di zappatori , una batteria di cannoni antidiluviani e ogni tanto una banda ribell e che si affaccia sulle dune , sparacchia un po', aspetta che dagli spalti i soldati rispondano al fuoco e sparisce fino alla prossima vo lta.
Il tenente fa conoscenza con il deserto ma anche con una vita di guarnigione noiosa, apparentemente inutile , deprimente. Ogni giorno combatte una guerra personale con le cimici, gli attacchi di febbre , la burocrazia, mentre dall ' Europa arrivano notizie di vittorie italiane, con la ripresa delle operazioni dopo la resistenza sul P iave , di successi francesi e inglesi, con l'appoggio degli american i, sul fronte continentale.
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Il tenente S illavengo non vorrebbe bucare le ultime battaglie e si ripromette di fare domanda per essere inviato al fronte.
La sera del 5 novembre il cielo verso Tripoli s ' ill umina di fasci di riflettori, scie di razzi in ogni direzione, con accompagnamento di salve di batteria. Le comunicaz ioni sono interrotte, potrebbe essere un attacco dei ribelli, decisi a ricacciare defin itivamente in mare gli italiani . 11 forte entra in stato di a ll erta: fucilieri alle feritoie, via le c u ffie dai pezzi di artiglieria, munizioni a portata di ma n o. La buriana va avan ti per qualche ora .
Quando finalmente squilla il telefono , c h e come al sol ito funziona poco e male, il comandante ascolta e risponde: << Signorsì, grazie, buonanotte> ).
Scruta i volti ansiosi , poi annuncia: << Niente ribelli. A Tripoli fanno cagnara perché la guerra è finita. Oggi abb iamo occupato Trento eTrieste •> .
Dall'arrivo in Africa alla smobil itaz ione trascorre quasi un anno molto sofferto , durante il quale il tenente Sil- lavengo affronta e vince la ' spagnola', la micidiale febbre influenzale che miete milioni di morti. La lunga sosta gli fa anche scoprire il fascino del Sahara, il deserto che segnerà il suo fururo. E quel suo destino che, in un primo momento, non aveva apprezzato. Probabilmente ha la conferma che a1 disotto della coltre sabbiosa si muovono insetti, scorpioni, minuscoli ratti, ofidi ... crearure che vivono o cercano di vivere nascostamente, consapevoli che gli scontri lasciano solo morti sul campo, mentre la segretezza accresce per tutti le probabilità di una tranquilla esistenza. li 1O dicembre 1931 l'Esercito si ricorda di Sillavengo e lo richiama con destinazione Tripoli, Regio Corpo Truppe Coloniali. Lo aspetta di nuovo la sabbia del deserto. Molto probabilmente ha riscosso l'attenzione del Servizio Informazioni perché, ufficialmente, deve procedere a una ricognizione nella regione del Fezzan, ai pozzi di Tummo, al confine fra Libia e Nigeria . Una zona distante 1300 chilometri da Tripoli e altri 1000 da Bilma, appena 'pacificata' dalle truppe italiane comandate da Rodolfo Graziani, dopo essere stata di fatto abbandonata per oltre dieci anni. La missione reale è di percorrere e procedere ai ri levamenti da Murzuq a Turnmo, oltre 300 chilometri di deserto sui quali mai si sono avventurati veicoli a motore, per riscrivere le carte topografiche finora tracciate con molta fantasia sulla base della tradizione orale. Inoltre, in quanto punto d'incontro di numerose carovaniere al confine fra Libia e Nigeria, dovrà contattare e saggiare l'umore delle scarse popolazioni nomadi, alcune di matrice Tuareg, che si muovono in lungo e largo nel deserto e vedono molte cose.
È un paradosso solo apparente. La popolazione del deserto, infatti, badando a non esibirsi alla stregua dei professionisti dell'intelligence , riesce a evitare combattimenti esiziali. È una lezione s ulla quale gli uomini dovrebbero riflettere. E forse si domanda - senza immaginare che di lì a qualche anno avrà personalmente la risposta - se , accanto alla storia delle guerre fra i popoli, un giorno verrà scritta quella delle guerre mai scoppiate, grazie alla dedizione e al sacrificio di quanti , appiattati nell'ombra, hanno operato in ogni condizione perché ciò non accadesse.
Il congedo arriva il 16 febbraio 1920.
Aver fatto la guerra lo aiuta a superare la burocrazia dell'università e gli consente di proseguire gli srudi, mentre l'Italia è scossa dai sussulti socialisti e dalla reazione delle bande fasciste.
Paolo Caccia Domi.nioni simpatizza per il movimento di Mussolini, così dannunziano , effervescente, patriottico, innovativo. Una simpatia effimera, perché scema man mano che il mov imento diventa regime. Nel 1924, un anno dopo la laurea, l' uccisione di Giacomo Matteotti e i provvedimenti liberticidi lo spingono a lasciare l'Italia. Mantiene però la distinzione fra Regime e Patria, alla quale non farà mai mancare il suo sostegno. Si stabilisce al Cairo, socio di uno studio d'ingegneria che, fra l'altro, ha l'incarico di studiare e ammodernare alcune dighe sui due rami dell'Alto Nilo. Poi ci sono i progetti in Egitto e in Medio Oriente. Si fa un nome nell'ambiente internazionale che fa affari nell'area.
Gli esploratori avanzano a dorso di mehari10 , si trovano sull'orlo di un costone senza vie di discesa. L'ingegnere traccia un passaggio ardito, attrezzato per essere utilizzato anche al ritorno.
Flagellata da venti che sollevano polvere fine come cipria, la carovana procede lungo una vecchia pista dei mercanti di schiavi catturati più a sud e condotti verso le piazze che si aprono sulle coste.
L'immensa piana lurn.inosa - scrive il 16 gennaio 1932
- ha riflessi quasi marini. Si levano, a gran distanza, rialzi rocciosi che scintillano come gemme, infiammati dagli ultimi raggi crepuscolari, nitidi nel ciclo purissimo.
L ' assieme è troppo bello per sembrare vero. Questo è il Sahara ammaliatore che annulla ricordi e affetti, che di- sperde lo struggime nto sottile della nostalgia. Stupore di vedere l'orizzonte ancora fosforescente, quando già, sulle nostre teste, si è accesa la grazia di Sagittario e delle Pleiadi ''·
I pozzi di Tummo sono sette in rutto, disposti ad anfiteatro, ricchi di acqua che riaffiora dopo aver percorso vie misteriose, forse scendendo dalle pendici della catena del Tibesti oppure risalendo da laghi preistorici souerranei, spinta da immani pressioni telluriche.
Unica vegetazione sono i cespugli di coloquinta, una pianta erbacea con fusco peloso e strisciante, che dà un frutto giallastro con una polpa amara e fortemente lassativa.
La missione si conclude in cento giorni. Paolo Caccia Dominioni torna alla base con i rilievi, le cartografie, i tracciati delle piste, fa il suo rapporto ed è di nuovo congedato.
Il deserto però lo ha stregato definitivamente e non si libererà più di quella 'fattura'.