L’estremo sacrificio del Maresciallo Farinatti Come ricorda il Generale Pierpaolo Meccariello in un suo saggio dal titolo “La Guardia di Finanza e l’8 settembre”: “Il dissolvimento delle strutture del Regio Esercito ebbe conseguenze tragiche nella Venezia Giulia, dove le comunità italiane dell’Istria rimasero esposte alla rivolta della popolazione croata, e si verificò la prima fase della vicenda delle “foibe”. I Carabinieri ed i Finanzieri furono i soli a sacrificarsi, in una quantità di episodi in gran parte rimasti ignoti”42. A Parenzo, la cui popolazione - come abbiamo già ricordato in altro capitolo - era a maggioranza italiana, l’annuncio dell’armistizio, se in un primo momento fece esultare tutti, così come accadde ovunque, in un secondo momento fece presagire il peggio, nonostante la presenza in loco di diverse centinaia di Il Maresciallo Farinatti soldati che costituivano il Presidio Militare (militari del (Archivio matricolare del Museo Storico 309° Battaglione costiero, uomini della Regia Marina), della Guardia di Finanza, Roma) rinforzato dai Carabinieri, dai Finanzieri e dagli uomini della Milizia, ai quali spettava la tutela dell’ordine pubblico. La cittadinanza rimasta, dopo la fuga precipitosa, sia verso Trieste (raggiunta sia via terra che via mare) che verso l’interno del territorio (con il servizio di autolinee o con mezzi propri), di molti parentini, terrorizzata per quello che poteva accadere, implorò, già la mattina del 9 settembre, i soldati italiani affinché restassero a Parenzo, ma evidentemente l’annuncio dell’armistizio, nell’illudere la maggioranza degli italiani, aveva indotto la maggioranza di quegli uomini ad abbandonare lo stesso quelle terre, volendo ad ogni costo ritornare alle proprie case. Ciò indusse alcuni cittadini parentini fra i più in vista, dai chiari cognomi e sentimenti italiani (quali, ad esempio, l’Avv. Amoroso, l’Ing. De Finis, il Dott. Dessanti), a dar vita, a far data dal successivo giorno 11 settembre, ad un “Comitato di Salute Pubblica”, il cui fine era senz’altro quello della difesa della città e, soprattutto, della popolazione dalle vendette che sarebbero - quasi certamente - maturate sia da parte degli esponenti del locale movimento comunista, sia da parte delle bande partigiane slave, i cosiddetti “titini”, i quali attendevano il momento favorevole per occupare la cittadina. Primo provvedimento adottato dal “Comitato” fu quello di ordinare il recupero delle numerose armi e degli automezzi abbandonati dai soldati in fuga, mentre, con i pochi soldati rimasti in città, rinforzati da civili armati, fu disposto l’allestimento di alcuni “posti di blocco” presso le principali vie d’accesso a Parenzo. All’interno del centro urbano parentino, il servizio di Pubblica Sicurezza fu, invece, attribuito all’Arma dei Carabinieri Reali e alla Regia Guardia di Finanza, i cui comandi organizzarono pattuglie miste, onde assicurare turni di vigilanza per tutta la giornata. Il “Comitato” esortò immediatamente il comandante del Presidio a varare seri provvedimenti in difesa della città. Alla risposta negativa del Colonnello Baraia, motivata 42 Pierpaolo Meccariello, “La Guardia di Finanza e l’8 settembre”, in Rivista della Guardia di Finanza, n. 6/2003, pag. 2122.
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