LE CARTOLINE MILITARI

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meno, fatti, persone, situazioni che non erano presenti al momento dello scatto, ma che pure erano in intima connessione col soggetto impressionato. Caccia Dominioni testimonia altresì una continua insoddisfazione nei suoi disegni. Trova sempre il modo di inserire dentro l'angusto spazio del cartoncino parole, frasi, motti; quasi che avesse paura di non essere stato chiaro, comunicativo, sente il bisogno di spiegare, di completare il suo messaggio perché sia sempre limpido, trasparente e non dia adì to ad interpretazioni errate o inesatte. Le sue scritte non turbano l'armonia compositiva, né stravolgono il concetto che un'immagine vale più di un fiume di parole. Esse sono la colonna sonora del film che si sta visionando, sono il commento del!'aedo, del cronista, del cantastorie tradotto in segni, perché tutti possano sentire la viva voce del narratore che è stato anche protagonista di quella storia. Quanto al suo stile, pur rifacendosi al disegno inglese dell'ottocento per confessata adesione, se ne discosta notevolmente; prende con garbo le dovute distanze e, soprattutto, non ricade mai nel calligrafico: il suo tratto non insegue e non si esaurisce nella perfezione formale.

Paolo Caccia Dominioni incomincia a disegnare, seriamente, a sedici anni. I suoi primi soggetti sono le nature morte e le navi . Negli anni seguenti, specialmente al Politecnico di Milano, perfeziona il suo modo di seri vere ( che non chiamiamo calligrafia perché anche esso è qualcosa di più di una bella scrittura); e la bravura e la velocità nei saggi di scrittura, ispirati ai caratteri classici 186

romani per le maiuscole ed al corsivo italiano cinquecentesco per i testi prolungati, gli costa qualche « tour de force >> a favore di colleghi meno dotati. Le sue tematiche maturano con la partecipazione alla prima guerra mondiale: da quel momento la musa che predilige è la vita militare, i suoi primi attori, siano essi comandanti o gregari, le sue manifestazioni, i suoi valori. Quelli che più attirano, che colpiscono immediatamente l'osservatore sono i suoi soldati, sorpresi sempre iri atteggiamenti spontanei, sia in pace sia in guerra: sono giganti, senza essere palloni gonfiati; sono combattenti in tutta la loro durezza, senza essere dèi trascendentali della guerra. Sono persone in tutta la loro umanità, mai figurini da parata né soldatini di piombo. Proprio perché sono uomini, conservano anche in uniforme la principale caratteristica del genere umano: non sono perfetti. In guerra hanno quasi sempre la divisa sdrucita, rattoppata, disordinata, a dimostrazione del logorio che essa ha subìto durante la battaglia e della scarsa voglia di curare l'aspetto esteriore in ·tale frangente. Solo nella raffigurazione aulica i combattenti conservano l'uniforme impeccabile, da macchine eccellenti per la guerra. Non per questo perdono la propria dignità. Ne hanno una interiore, che traspare dalla compostezza dei loro atteggiamenti, dal sorriso di sfida stampato sulle labbra nel! 'attesa cosciente degli eventi che verranno. Senza alcuna concessione alla retorica. In pace, poi, i soldati di Caccia Dominioni sono un completo campionario della naja, eterna e immutabile. L 'ufficialetto azzimato che profuma ancora di scuola militare; il capo provato, sereno e imperturbabile; la


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