
10 minute read
Le lezioni della guerra civile spagnola (1939
181 182, ma anche il triestino Vittorio Vidali. unità sovietiche dell’NKVD in qualità di istruttori, si riveleranno fondamentali nel far eseguire gli ordini di Stalin, apprendendo i metodi e le tecniche della sua polizia politica. Ad Albacete era stanziato uno speciale «5° reggimento», istruito usata come carcere per gli interrogatori, ma le fucilazioni venivano condotte in campi speciali da parte di unità speciali NKVD, presenti sul posto183. Le prigioni di Horta e Castellion erano ai comandi del comunista jugoslavo F. I.
181 dove diventa capo settore della 15 brigata internazionale e istruttore di partito della 35° divisione repubblicana. unità della Resistenza francese. Diventa uno degli organizzatori della Resistenza nel Sud della Francia e dopo la liberazione della Francia raggiunge nel gennaio 1945 da Bari la Jugoslavia dove viene assegnato al Dipartimento
Advertisement
Agitprop del Comitato Centrale KPJ. 182 di studenti comunisti prende il controllo dell’associazione studenti jugoslavi in Francia. Diventa segretario delle riviste antifasciste Amis du Monde e Plan. Lavora nella «tecnica» (ovvero stampa clandestina di pubblicazioni e documenti falsi) del partito jugoslavo il cui comitato centrale risiede a Parigi e che nel periodo stampa in Fran Proleter e del CK del PC sloveno Delo e organizza i canali di distribuzione della stampa comunista clandestina in Jugoslavia dai porti di Salonicco,
Spalato, Fiume e Trieste. Dal 1936 è in Spagna come volontario delle brigate internazionali. Entra nel battaglione
«Dombrovski» come commissario politico e poi comandante di compagnia. Ferito dopo il ritorno dall’ospedale nemico e dalle quali sarà formato il 14° Corpo partigiano. Ferito durante l’offensiva su Saragossa sul fronte di la 76° divisione partigiana con la quale partecipa agli ultimi combattimenti sul suolo spagnolo come comandante del 14° Corpo guerrigliero (partigiano) col quale copre la ritirata all’Armata dell’Ebro del generale Rojo e alla 10° Armata repubblicana. Nel febbraio 1939 internato assieme agli altri combattenti delle brigate internazionali nel campo di Ciprien. Dopo il rilascio si stabilisce su direttiva del partito a Parigi dove viene scoperto dalla polizia che lo rispedisce in carcere. Nel febbraio 1941 viene trasferito al carcere speciale di Tolosa dove entra in contatto con i comunisti francesi e con le organizzazioni di liberazione nazionale che operano in clandestinità.
Poco dopo la polizia di Petaine lo consegna alla polizia speciale controllata dai tedeschi. Fugge nel settembre del 1943 e in breve tempo diviene comandante della Zona operativa della Francia del Sud e nel gennaio 1944 entra nel comitato nazionale militare della Francia, il supremo organo della resistenza francese, che lo nomina generale e comandante di tutte le forze straniere che combattono in Francia (quindi – in teoria – anche degli angloamericani forze spedizione alleate in Francia (F. H. A. E. F,) e dal gennaio 1945 diventa attaché militare jugoslavo a Parigi. 183 Esse erano comandate da Alexander Orlov (il cui vero nome era Leo Fel’bin), poi nel 1938 sostituito da Naum
Isakovich Eitingon, in Ilya I. KUZNETSOV, KGB general Naum isakovich Eitingon (1899-1981), in «The Journal of
–– 55
184 internazionali che sparì nelle purghe staliniane185 . Dopo l’avventura spagnola gli uomini di Tito furono attivamente impegnati a dare la caccia ai «trozkisti» in Jugoslavia, come venivano designati tutti gli PC jugoslavo, comandante di brigata, morì al fronte in circostanze poco chiare, ucciso sembra su ordine di Tito186 . Dopo la vittoria di Franco, molti volontari rimasero in Francia in attesa del rimpatrio, ma l’aiuto sovietico declinò con il crescere dei sospetti di Stalin nei loro confronti. Nel corso del 1940, grazie al miglioramento dei rapporti tra la Jugoslavia e l’URSS, Tito riuscì ad organizzare un consistente rimpatrio dei veterani jugoslavi della guerra civile di Spagna dai campi di internamento francesi. ancora 250 volontari jugoslavi si trovavano nei campi di Francia. Si trattava dei combattenti più esperti che furono tutti rimpatriati in Jugoslavia attraverso canali clandestini del partito187. Il loro contributo alla guerra di liberazione di Tito sarà determinante: tutti i quattro generali che comandano le quattro armate all’occupazione tedesca in mezza Europa. Il collasso della repubblica spagnola produsse una forte impressone tra i veterani che si sentirono «traditi» dalle forze democratiche spagnole nonché di quelle internazionali, formalmente sostenute da Inghilterra e Francia. Nel frattempo, Tito organizza corsi di indottrinamento politico per i volontari in transito dai campi di detenzione. In questa occasione incontra numerosi dirigenti
184 Stéphane COURTOIS KRAMER, Livre noir du Communisme: crimes, terreur, répression, pp. 347-350 185 1938 venne arrestato e fucilato nell’aprile 1939. Cfr. Ivan , ,
Zagreb 1980. 186 appariva il candidato più probabile per la guida del KPJ. Dopo l’assassinio il suo cadavere venne fotografato esperti in politica estera della Jugoslavia. In Veljko «Prava istina o Titu» cit. 187 Narcisa LENGEL-KRIZMAN, , in
L. Boban, a cura di, , pp. 192–200.
56 ––
comunisti francesi, spagnoli e italiani che non mancerà di impressionare per le sue capacità di organizzatore188. Il trattamento che la Francia aveva riservato ai veterani comunisti mostrava in modo eloquente che in fondo tra le potenze «fasciste» e quelle «democratiche» non c’era una differenza sostanziale. Se la Germania hitleriana era apertamente fascista e antidemocratica, il democratico democrazia in Spagna189. In sostanza, nessun governo in Europa avrebbe lottato per prevenire l’affermazione del fascismo su scala continentale. I Fronti Popolari, imposti dall’alto, nel caso spagnolo si risolsero con la creazione di un semplice governo di coalizione. Al loro posto bisognava mobilitare le masse popolari onde dar vita ad una nuova forma di governo dove i comunisti avrebbero mantenuto il controllo nascosti dietro la facciata della coalizione. Tito studia le lezioni spagnole deciso a non ricadere negli stessi errori. Nel 1939, lavorando con i veterani del campo di Vernet, Tito produsse un documento programmatico sulla politica di difesa da adottare in Jugoslavia: in caso di attacco fascista bisognava esautorare servizio del popolo e dar vita ad un governo popolare, unica garanzia per poter difendere il paese da un attacco fascista190 . L’esperienza della guerra di Spagna mostrava in modo eloquente i limiti della tattica dei Fronti Popolari e Tito fu presente ai lavori dell’inchiesta del Comintern sulla guerra civile spagnola, discutendone il verdetto con i volontari jugoslavi 191 necessità di distruggere il vecchio apparato statale, il quale serve agli interessi della reazione, e rimpiazzarlo con uno nuovo al servizio delle classi operaie e lavoratrici192
188 permisero agli jugoslavi di coordinare i movimenti di resistenza e rivoluzionari dei paesi mediterranei. Per essi
Tito rimase un riferimento anche dopo la scomunica di Stalin del 1948, anche perché fu lui a salvarli, mentre 1939, come dei 6011 volontari internati in Francia e in attesa di essere espulsi 4697 provenivano da paesi dove i comunisti erano perseguitati. È interessante che la tabella menziona 372 «jugoslavi» e 81 «croati», segno la separazione della Croazia, dopo il compromesso confederale del 1939 e la fondazione di una organizzazione di partito KOWALSKY, The Soviet Union and the International
Brigades, 1936-1939 jugoslavi. 189 G. SWAIN, The Cominform: Tito’s International?, in «Historical Journal», 1992, p. 652. 190 G. SWAIN, Tito and the Twilight of the Comintern, cit. p. 211. 191 Ibid. 192 condannava gli sforzi volti a costituire fronti popolari dal basso e la sua reticenza a formare coalizioni con i partiti parlamentari. Cfr. AAVV. Povijest Saveza Komunista Jugoslavije, Belgrado, 1985, p. 143.
–– 57
PCE, José Diaz, si concludeva che tali errori non dovevano essere ripetuti: il preesistente apparato statale, asservito agli interessi della reazione, andava smantellato e al posto suo bisognava costruirne uno di sana pianta al servizio delle classi lavoratrici193. È degno di nota che Tito fu l’unico capo comunista mio avviso, suggerisce che egli abbia avuto un ruolo attivo nella stesura di tale documento strategico.
193 DIAZ,
Ob urokakh voyny ispanskogo naroda (1936-1939), Bol’shevik, 4 (1940), p. 34. Per una discussione sul ruolo di
Togliatti in Spagna nel 1938, cfr. Geoffrey Swain, The Comintern and southern Europe, in T. Judt, a cura di,
Resistance and revolution in Mediterranean Europe, Londra, 1989.
58 ––
Il crepuscolo del Comintern (1939-1941) sua linea intransigente mal si sposava con le esigenze dell’URSS, sempre più orientata a stringere un patto con Hitler per garantirsi la sicurezza. Nel 1939 Tito rivolta a lui, ma egli ritardò la partenza e quando vi giunse il patto Ribbentropp fronti popolari194. Fu solo così che la linea rivoluzionaria di Tito poté ottenere una prima approvazione nell’autunno del 1939195 consigliarono di studiarsi bene le differenze dottrinarie tra Lenin e Stalin e Tito riuscì a salvarsi. Fu poi inviato in una missione delicata a Istanbul, dai contorni ancora poco chiari196. Tito evita una condanna ma nell’inverno 1939-1940, che sarà il suo annus mirabilis, passa molto tempo in completa clandestinità all’estero (soprattutto a Istanbul) in attesa che la sua strategia ottenga un giudizio positivo. Da Istanbul Tito, segue la situazione politico militare nei Balcani vedendo nelle manovre 197. La
194 Storicamente, l’isolazionismo sovietico era una costante iniziata nel 1926 con la dottrina del «socialismo in un solo paese». Nel 1939 la strategia integrazionista del periodo di sicurezza collettiva fu abbandonata a favore del
ROBERTS, Moscow and the Marshall Plan: Politics, Ideology and the Onset of the Cold War, 1947, «Europe-Asia
Studies», 8 (1994), p. 1382. 195 G. SWAIN, Tito and the Twilight of the Comintern 1939 e il 23 ottobre presentuò una relazione sulla «Questione jugoslava» e nell’occasione venne di fatto investito del ruolo di leader del PCJ. Cfr. Georgi DIMITROV, Diario. Gli anni di Mosca (1934-1945), a cura di Silvio PONS,
Torino, Einaudi, 2002, p. 200. Tito ebbe l’ultimo incontro con Dimitrov l’11 novembre 1939 e poi si diresse a
Istanbul, cfr. G. DIMITROV, Diario, cit., p. 204. 196 fu messa in atto nel Baltico segnata dall’occupazione della Polonia orientale e degli Stati Baltici e culminata con l’attacco alla Finlandia. L’altra politica invece prevedeva la pressione diplomatica nei confronti della Turchia volta sappiamo nulla su eventuali rapporti relativi alla situazione turca, i curatori jugoslavi pubblicarono solo quelli relativi alla Jugoslavia. 197 I francesi, memori della vittoriosa campagna balcanica del 1918, caldeggiavano l’apertura di un «nuovo Fronte l’attacco dell’URSS alla Finlandia i francesi considerarono seriamente l’ipotesi di bombardare i campi petroliferi sovietici del Caspio a Baku. L’attacco avrebbe dovuto essere condotto da bombardieri britannici a lungo raggio dalle basi francesi in Tunisia o, meglio, dalla Turchia nel caso si fosse scrollata dalla sua neutralità. Effettivamente il piano ottenne i favori di Churchill ma non quelli di Halifax dato che mobilizzando gli Stati balcanici contro la
Germania (esito inevitabile di uno sbarco a Salonicco) non si poteva preservare la posizione di neutralità dell’Italia che restava obiettivo principale della politica estera britannica. Gli inglesi si opposero al piano adducendo che la stabilità nell’area (che speravano si sarebbe formalizzata nel «Blocco balcanico» sotto la guida della Turchia) e
–– 59
politica di Stalin nell’area è assai ambigua essendo egli interessato soprattutto ad ottenere un accesso agli stretti il che forse spiega la permanenza di Tito a Istanbul dal 16 dicembre 1939 all’8 marzo 1940198. Dalle lettere che spedisce non nasconde la sua paura per un arresto, probabilmente da parte degli organi repressivi sovietici, anche se questo non lo dice testualmente199. Da Istanbul, sappiamo che Tito spediva a Wilhelm Pieck, già segretario del «Soccorso Rosso internazionale» e ora divenuto responsabile del Comintern per l’Europa sudorientale accurati rapporti mensili sulla situazione politica jugoslava200. A settembre 1939 denunciava i dirigenti del partito croato di essere caduti sotto alla soluzione della «questione croata» in Jugoslavia anziché fare proseliti nelle campagne. Se il KPH non si fosse messo alla guida del movimento di protesta in Croazia, il Partito Agrario Croato (HSS) o la destra «franchista», avrebbe potuto prendere il sopravvento tra le masse insoddisfatte201. Per tutto il biennio 1939-1940 Tito dovrà faticare per sottoporre al suo controllo le organizzazioni di Zagabria e Spalato. In Serbia, invece, la situazione era agli antipodi: i comunisti si preoccupavano delle problematiche di difesa militare del paese, disinteressandosi completamente delle condizioni del proletariato. Il rimpatrio dei veterani jugoslavi dalla Spagna
la neutralità dell’Italia avevano molto più valore rispetto alle «avventure» progettate dal generali francesi Game un potere di veto in quanto controllavano le forze navali necessarie allo sbarco. Si stimava che i tedeschi potevano la cosiddetta «Phoney War» il grosso delle forze tedesche sul fronte francese era di fatto disimpegnato. Elisabeth
BARKER, , I., Zagreb, Globus, 1977, pp. 30-32; cfr anche Charles O. RICHARDSON, French Plans for Allied Attacks on the Caucasus Oil Fields January-
April, 1940 pubblicato sul Die Welt 8 marzo 1940. Cfr. Josip Broz TITO, Sabrana djela, tom 5, pp. 45-48. 198 riconosciuti «zona di interesse russo». Cfr. anche FABRY op. cit. p. 227 e n. 395 a p. 303 sulla politica di Stalin nei confronti della Turchia. 199 J.B. TITO, Sabrana djela, tomo 5, pp. 38-41. 200 J.B. TITO, Sabrana djela, tomo 5, pp. 7-18. È sorprendente quanto la carriera di Wilhelm Pieck si sovrapponga a quella di Tito nel sessennio 1934-1940, periodo cruciale della sua affermazione. Dopo la seconda guerra mondiale
Pieck divenne presidente della Repubblica democratica tedesca e tale carica fu abolita dopo la sua morte. 201 Da Josip Frank (Osijek 1844 – Zagabria 1911) leader ultranazionalista croato (di origini ebraiche) i cui seguaci, ostili ai serbi, venivano chiamati «franchisti». Incidentalmente il loro nome li associava ai seguaci di Franco.
60 ––