LA MEMORIA AFFOSSATA: IL CASO BOLZANO

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Capitolo Primo

Gli IMI (Internati Militari Italiani), 1943-1945

Per comprendere le vicende che comportarono l’internamento di centinaia di migliaia di soldati italiani nei Lager tedeschi nel periodo 1943-1945, è necessario fare una breve premessa storica, a partire dallo stato dei rapporti intercorsi tra le due potenze dell’Asse fino a tutta l’estate del 1943. La scommessa più grande dell’alleanza militare fra Italia e Germania venne riposta nella speranza di sconfiggere l’Unione Sovietica. Nel giugno del 1941 Hitler aveva lanciato le sue divisioni contro l’Armata Rossa: in poco tempo esse travolsero tutte le linee difensive nemiche e giunsero poco prima di Natale alle porte di Leningrado e di Mosca. Ai tedeschi si era nel frattempo unito anche il CSIR (Corpo di Spedizione Italiano in Russia), poi diventato ARMIR (Armata italiana in Russia). Nella primavera del 1942 l’avanzata tedesca puntò tutte le sue energie verso il Caucaso e raggiunse, in agosto, il centro industriale di Stalingrado. La battaglia per la conquista della città, condotta dalla 6ª armata del generale Paulus, infuriò a partire dal mese di settembre. Le truppe dell’Asse non riuscirono mai a superare il fiume Volga: dopo un’impressionante tempesta di fuoco delle artiglierie sovietiche, durata per settimane, nel febbraio del 1943 i tedeschi e i loro alleati dovettero capitolare. Anche il fronte africano avrebbe serbato amare sorprese per Hitler e Mussolini: nel novembre del 1942 gli americani sbarcarono in Marocco e Algeria, mentre gli inglesi, dopo la vittoria di El Alamein, avevano conquistato tutto il territorio libico. Nel luglio del 1943 gli Alleati, con la 7ª armata americana di Patton e l’8ª armata britannica di Montgomery, sbarcarono in Sicilia, completando la conquista dell’isola entro il 17 agosto. Mentre le città italiane erano sempre più martellate dai bombardamenti anglo-americani, con danni impressionanti per le popolazioni civili, nel marzo del 1943 le fabbriche di Torino e Milano proclamarono uno sciopero generale che coinvolse non meno di 300.000 operai. Il regime fascista – piegato dalle allarmanti notizie che provenivano dai fronti di guerra ma anche dalla contrapposizione fra le diverse anime interne al Partito Nazionale Fascista (PNF) – fu costretto a rivedere il significato dell’alleanza con i tedeschi. Due importanti ministri come Dino Grandi e Galeazzo Ciano propendevano per un abbandono dell’alleanza con Hitler, per l’apertura di un tavolo di pace con gli anglo-americani e per una sostanziale riforma delle istituzioni dello Stato, per favorire il ritorno alle istituzioni rappresentative che la dittatura aveva cancellato. Questo piano comportava la

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