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3. San Pietro e Paolo di Vetria: una nuova parrocchia

La piccola comunità di Vetria trae origine, come abbiamo visto, da una cella benedettina di San Pietro di Varatella, come estrema propaggine del monastero rivierasco verso il confi ne con l’area di infl uenza del monastero di San Giusto di Susa, che aveva una delle sue dipendenze a Priola, sul versante della val Tanaro; quindi l’origine di questa chiesa (certamente già dedicata a San Pietro) è coeva a quella di Santa Maria, chiesa–madre del territorio calizzanese.1 La logica delle origini di questo piccolo insediamento è chiara: una “cella” monastica benedettina in un’area di transito verso la val Tanaro, che accanto alle strutture ricettive per i monaci ed i contadini che vivevano in quel luogo aveva la sua piccola chiesa per il culto; la sua espansione successiva la portò sotto la giurisdizione comunale di Calizzano, pur restando sempre legata all’antica giurisdizione ecclesiastica che ne determinò la nascita.

Infatti, passata agli agostiniani di San Pietro di Ferrania ai primi del secolo XII, la sua dipendenza – assieme a Santa Maria – dagli abati ferraniesi (dapprima del casato dei Del Carretto, poi, dopo il 1400, di casa Scarampi) continuò nel tempo con vicende travagliate, risolte in maniera più o meno felice sino alla metà del ‘600, quando fu eretta in parrocchia autonoma. La piccola comunità di Vetria aveva – sino a quel momento – frequentato la chiesa parrocchiale di Calizzano, con tutte le diffi coltà che le distanze da questa generavano, specie nella stagione invernale, quando l’isolamento poteva essere totale per lungo tempo.

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Era quindi un’area in cui la pratica religiosa non poteva essere esercitata in maniera regolare, come prescrivevano i sacri canoni della Controriforma avviata dal Concilio di Trento con le regole che lo stesso sanciva, e le tensioni e le differenze antiche vennero a galla ai primi del Seicento, in un momento in cui l’intera comunità calizzanese era travagliata dalle guerre e dalla peste. Le cause di contrasto erano molte: vi erano quelle di natura religiosa (la diffi coltà, per la gente di Vetria, Maritani e Barbassiria, di assistere alle funzioni religiose in San Lorenzo), ma pesavano soprattutto quelle di natura economica: qui si complicava l’antica condizione di dipendenza religiosa da Ferrania, a cui si pagavano le decime, in contraddizione con la dipendenza amministrativa dalla Comunità di Calizzano, che a sua volta imponeva diritti e doveri di carattere civile (sanciti dagli Statuti ed ovviamente applicati anche alla gente della valle di Vetria), con un importante peso economico sul versante religioso, sia con i lavori in atto sulla chiesa di San Lorenzo – che funzionava da chiesa parrocchiale a tutti gli effetti – sia con la designazione del “predicatore” (che comportava un esborso economico gravante su tutta la Comunità, compresa quindi la gente di Vetria, che si sentiva ormai estranea a queste vicende).

Si rendeva necessaria una soluzione che desse alla gente di Vetria e contrade circostanti un’autonomia religiosa tale da poter gestire in proprio il culto e quindi il vescovo di Alba accolse la proposta per la nascita di una nuova parrocchia, indipendente dalla chiesa-madre di Santa Maria. Questa fondazione prese il via nel febbraio del 1637, quando la gente di Vetria si impegnò a versare una quota annua di crosoni vinti d’argento

1 Per questa origine vedi Calizzano e il suo passato. Momenti di storia e di cultura, vol. 1. Dalle origini all’epoca carrettesca (a cura di GIANNINO BALBIS), Claudio Zaccagnino Editore, Genova, 2012, pp. 85 e sgg.

per il sostentamento di un parroco in loco; subito dopo – il 22 marzo del 1637 – monsignor Francesco Gandolfo vescovo di Alba eresse formalmente la nuova parrocchia dei SS. Pietro e Paolo di Vetria.

I primi passi della nuova parrocchia furono però molto travagliati: mentre la gente di Vetria era ben decisa ad avere una parrocchia propria, gli uomini di Barbassiria e Maritani avevano dichiarato di accettare di pagare le decime alla nuova parrocchia, ma di non volersi addossare le spese per il mantenimento del curato; nell’ ottobre del 1637 era già scoppiata una vertenza tra Vetria e Barbassiria e Maritani su queste condizioni. Infatti, secondo gli uomini di Vetria, anche quelli di Barbassiria e Maritani avrebbero dovuto concorrere al pagamento dei 20 crosoni d’argento al curato di Vetria. Posizione negata con forza da quelli delle due contrade, che sostenevano invece di non aver promesso nulla in tal senso. Nel processo che ne seguì le due parti si rimisero all’arbitrato di don Francesco Povigna di Ceva, vicario del Vescovo, ed ognuna delle parti in causa produsse i propri testimoni. Per inquadrare la vicenda è il caso di lasciare la parola a Bernardino Rinaldo, uno dei testimoni chiamati in causa nella vertenza:

Quando si cominciò a procurare di eleggere in Parrocchia la Chiesa nostra in Vetria et a tale effetto vense (venne) qui il Rev. Vicario Povigna, et io fui dalli huomini di questa Villa in compagnia di Gio Rinaldo d’Antonio eletto procuratore fecimo sapere alli huomini di Barbassilia et Maritani se ancora loro volevano intervenire a tale erettione, quali risposero de si et si trovarono in casa di Lorenzo Revetria dove il Sig. Vicario alloggia, a quali dicendo noi procuratori, dove anco era la maggior parte delli huomini di questa, se volevano sottoporsi a questa parrocchia che bisognava pagassero parte pro rata delle spese si facevano in Alba e in altri lochi (luoghi) quali si contentarono, et al Curato pagare le decime destinate, ma che se faceva bisogno altro per mantenerlo che non volevano pagare cosa alcuna, io col Gio Rinaldo et altri di questa Villa si tirassimo (ritirammo) insieme et dissimo che era meglio prender le decime che niente, et fecimo risposta a detti huomini che se faceva bisogno altro che le decime per il mantenimento del Curato lo pagherebbe la Villa di Vetria, il che anco li dissimo per strada di Alba io et il Gio Rinaldo et questo è quanto io sappia.

Bernardino Rinaldo, pur essendo di Vetria, confermava con questa testimonianza quanto gli uomini delle due contrade sostenevano nella causa: avevano promesso le decime, ma non la partecipazione alle spese dei 20 crosoni annui al curato; in aggiunta, quelli di Barbassiria e Maritani esibirono l’atto di pagamento sottoscritto da don Sforza Andrea Gallo, rettore di Vetria:

Faccio fede io sottoscritto Rettore della Chiesa Parrocchiale di San Pietro Apostolo di Vetria haver domenica prossima passata che fu li 27 settembre ricevuto da M.r Bernardino Rinaldo fu Giacomo et Gio Revetria fu Franceschino crosioni vinti argento che mi sono dovuti ogni anno, quali hanno quest’anno interamente pagati li huomini di Vetria senza le altre Ville habbiano dovuto cosa alcuna se bene l’istromento sia in eguale alli parrocchiani della suddetta Chiesa, perché so che li hanno esseggiti dalli particolari di Vetria conforme il registro di ciascuno, et so anco che li huomini delle altre Ville non sono stati ricercati al detto pagamento anzi averle in presenza mia dinanzi la Chiesa quelli di Vetria che erano allora usciti da messa dove erano la maggior

parte che non li cercavano che loro li pagheranno come hanno fatto et sentii anco che alcuni di Barbassiria et Maritani le domandavano istrumento di ciò et in quel punto io mi partii e me ne andai per li fatti miei et per esser così la verità ad istanza ho fatto la presente scritta et sottoscritta di mia propria mano. Data in Vetria li 2 ottobre 1637. Sforza Andrea Gallo Rettore 2

Anche la testimonianza di don Sforza Andrea Gallo andava a favore degli uomini di Barbassiria e Maritani; la sentenza di don Francesco Povigna, vicario del Vescovo ed arciprete della Parrocchia di Ceva incaricato di giudicare i fatti, fu a loro favore e la spesa annua di venti crosoni rimase a carico dei soli uomini di Vetria. La sentenza però non bastò, visto che ancora nel 1639 infuriava il contrasto tra i contendenti, con ricorso ai giudici.

I contrasti fra le tre contrade della nuova parrocchia non erano gli unici: vi era anche il malumore dell’arciprete di Calizzano che vedeva diminuire le sue decime, le questioni irrisolte delle spese che la Comunità faceva nel restauro di san Lorenzo, a cui la gente di Vetria non si sentiva più in obbligo di partecipare. In questa situazione l’arrivo di monsignor Brizio in visita pastorale fu un altro motivo di contrasto, poiché le spese sarebbero ricadute sulla Comunità, che le avrebbe ripartite secondo il “registro” cioè secondo la tassazione normale.

In questo modo la gente di Vetria sarebbe stata tassata anche per la parte della parrocchia di Calizzano, quindi i “procuratori” delle tre contrade dipendenti dalla parrocchia di Vetria presentarono, nel 1645, una supplica al vescovo:

…li procuratori di dette Ville rappresentano a V. S. Ill.ma e Rev.ma esser gravate nelle cose infrascritte et hanno besogno di provvisione di quelle cose che in appresso si dirà, che perciò supplicano V. S.a Ill.ma e Rev. Ma degnarsi di provvederli di quel consiglio e rimedio di giustizia che alla sua somma prudenza parerà…

E qui vennero al punto di una questione molto concreta:

per quella (chiesa di San Lorenzo) di Calizzano fa le spese la Comunità nelle quali fanno concorrere dette Ville, et all’incontro non vogliono concorrere alle spese della Visita della Parrocchiale di dette Ville, sicchè è di ragione: o chè la Comunità di Calizzano tutte insieme paghi le spese di ambedue le Visite, o che almeno dette Ville siano liberate dalle spese che si fanno per la Parrocchiale di Calizzano. Quelli di Calizzano pretendono far ristorare la chiesa di San Lorenzo posta in detto Borgo, del quale più non si servono le dette Ville, dopo la separazione ed erettione della nuova Parrocchia e per conseguenza non è ragione che più concorrano alla spesa che perciò doveranno esser liberati da concorrer in detta ristorazione. E’ stile che ogni anno si faccia spesa d’elemosina per il Padre Predicatore et altre spese per la Parrocchia di Calizzano quali si pagano dalla Comunità ed essendo dette Ville separate et approvando di mantener la propria Parrocchia non è ragione che più concorrano nelle spese della Parrocchia di San Lorenzo quando per il Predicatore dovessero concorrere sarebbe anco ragionevole che andasse due volta le settimana a predicare in detta Parrocchiale di dette Ville e perché concorrendo nelle spese devono anco aver la comodità…3

2 AVA, Vertenza per l’erezione della Parrocchia di Vetria. 3 Archivio Vescovile Mondovì, Carte Parrocchia di Vetria.

La posizione della gente di Vetria era sostenuta anche da una testimonianza non datata, che però appare certamente coeva con la vicenda, in cui un certo Augusto Badelini, presumibilmente un esperto incaricato dai parrocchiani di Vetria, dichiara che:

Attendendo alla verità, com’è mio costume, sopra li quesiti espostimi risponderò come in appresso: al Primo assolutamente dico, che li huomini di Vetria, Barbassilia e Maritano, per le spese che si fanno della procuratione nella Visita di Mons. Ill.mo Rev.simo Vescovo, devono solamente concorrere alla rata toccante alla Parrocchia di San Pietro, propria Parrocchia, et detti huomini, benché del resto siano della università di Calizzano, non devono essere cotizzati dal Sindaco di Calisano, perché come di diversa Parrocchia, non è giusto che siino gravati dalle spese che si faranno fuori di detta loro Parrocchia. Al 2° rispondo, il carico di fabbricare e riparare la detta Parrocchiale di san Lorenzo, restringersi alli soli e proprii parrocchiani, e quelli di Vetria non devono essere concorrenti. Al Terzo si farà supplica a Mons. Ill.mo, quale, come cosa giusta, e che farà accrescere l’opera Pia, son di parere che la concederà, perché li Monti di Pietà sono leciti, così dice il canone e li Dottori tutti. Al 4° si farà altra supplica Al 5° si farà anco supplica Augusto Badelini

La soluzione di una parte di queste contraddizioni giunse – probabilmente dopo una complessa trattativa diplomatica – nel 1648, quando monsignor Brizio compose i dissidi tra le parti con una sentenza che avrebbe dovuto chiudere le liti in atto, sentenziando:

… per comporre la controversia e lite tra il molto Ill.mo et Rev.mo D. Pietro Francesco Scarampi, dei Signori di Cairo, ed Abate dell’Abbazia di Ferrania, in diocesi di Alba, e il molto Rev.do Dom.no Arciprete del luogo di Calizzano da una parte, ed il Rev. Dom. Curato e uomini della Villa di Vetria, Maritani e Barbasilia, distretto del detto luogo di Calizzano dall’altra, sopra l’erezione della nuova Parrocchia in detta Villa di Vetria, Maritani e Barbasilia ed a dismembratione di uomini e decime di detta Villa dalla Parrocchia e Chiesa Parrocchiale del detto luogo di Calizzano, entrambe sotto il Patronato di detto Domino Abate di Ferrania a cui spetta il jus di nominare il Rettore suo in assenza pro tempore dell’Arciprete sopraddetto…uditi il detto Ill.mo Abate, l’Arciprete di Calizzano ed il Rev. D. Curato di Vetria, con il loro consenso, decide di.. il Curato di Vetria, Maritani e Barbasilia come percepta nella Chiesa di Calizzano, debba essere de jure di patronato dell’Abate di Ferrania, ed a lui spetti la nomina del Rettore, ed in caso di vacanza possa esso Ill.mo Abate e Patrono nominare e presentare un Rettore idoneo, né altri possano interferire. In forza di questa dichiarazione l’Ill.mo Abate nomina e presenta il Rettore già deputato in detta Chiesa e cura di Vetria il Rev. Don Sforza Andrea Gallo, …sia il Rettore pro tempore tenuto e debba riconoscere la chiesa parrocchiale e l’arcipresbiterato del predetto luogo di Calizzano come sua matrice da cui fu concepita e per riconoscimento in ujus modi sia tenuto ogni singolo anno nella festa di san Lorenzo che è titolare di Calizzano, accedere a detta chiesa Parrocchiale ed Arcipresbiterato di Calizzano, ed ivi servire nei Divini uffi zi detto Arciprete donando un cero di due libbre…4 .

4 Arch. dell’Abbazia di S. Pietro e Paolo di Ferrania, Mazzo VII, doc. 263, pag. 1983.

Secondo la sentenza, anche la nuova parrocchia continuava a dipendere dall’abate Scarampi di Ferrania, che ne nominava il parroco (e soprattutto ne riceveva le decime) proponendone il nome al vescovo di Alba, mentre l’arciprete di Calizzano era risarcito dalla perdita ricevendo soltanto un omaggio ed un atto formale di sottomissione con il dono del cero ed il servizio alle cerimonie solenni, mentre il Comune continuava a riscuotere le tasse e gabelle che gli erano proprie. L’atto in questione era accompagnato da un accordo sottoscritto dall’arciprete di Calizzano e dal curato di Vetria che defi nivano con precisione i confi ni della nuova parrocchia:

Per obbedire all’ordine di Mons. Ill.mo e Rev.o circa la divisione e limiti della Parrocchia di S. Maria di Calizzano con la nuova parrocchia eretta nella Villa di Vetria sotto il titolo di San Pietro noi sottosignati avemo diviso, separato, e così comunemente aggiustato come in approvazione. Primo dal monte di Roncofreddo dove arriva le fi ni e territorio di Periola, di dove si scuopre Calizzano e Vetria si divide sempre per costera come piove aqua sino alla torre che è sopra la Villa di Caragna, che si chiama la Torre dell’Arame, e da ivi si cala per retta linea nel fi ume di Vetria, e si monta dritto al tetto o sia casa dove secca le castagne My Giorgio Bianco di questo luogo, e da ivi si va dritto alla strada pubblica che và di Caragna alli giovetti di Massimino, dividendo poi essa strada sempre sino alli giovetti dove arriva le fi ni, e territorio di Murialdo, deliberando che se per qualsivoglia tempo si trovasse qualche corpo morto in essa strada delli giovetti, o che occorresse far qualche atto di giustizia, o giurisdizione per la cura, in ogni caso spetti e tochi all’Arciprete, e non al Curato o sia Rettore di Vetria non dovendosi esso Curato ingerire in cosa alcuna solo dentro delli suddetti limiti verso la Villa di Vetria, che così tra noi si è aggiustato e pattuito ed in perpetuo da osservarsi da noi e nostri successori in perpetuo per quiete e pace universale di ambe le parti. Datta in Calizzano li 25 settembre 1648. Giacomo Demicheli Arciprete Sforza Andrea Gallo Rettore

La precisazione sul “corpo morto” sulla strada dei Giovetti rendeva chiara la situazione dell’epoca: non si trattava di casi eccezionali o rari – vista la pericolosità delle strade dell’epoca infestate da malviventi – per cui era opportuno riconoscere la giurisdizione dell’arciprete in tal senso.

Naturalmente la divisione concordata tra i due parroci non riuscì ad eliminare le diffi coltà di attuazione degli accordi: nel 1659 toccò al Vicario del vescovo, don Domenico Bonelli, emettere una nuova sentenza che ordinava a tutti i parrocchiani di rispettare gli accordi sulle decime.5

La sistemazione di queste vicende ebbe comunque uno strascico di lungo periodo, se nel 1692 il vescovo Provana, in visita pastorale a Vetria, usava la defi nizione ambigua di Vetrie membri Calizzani senza chiarire se con questa dizione alludeva allo stato giuridico di parte della Comunità di Calizzano, che era indubbia, oppure ad un contesto religioso (in cui invece Vetria era autonoma).

Il vescovo trova che la chiesa ha tre altari: il maggiore dedicato al Santo titolare, suffi cientemente ornato, in cornu evangelii l’altare della Vergine del Rosario, con annessa

5 AVA, 1659: Sentenza Vetria – Barbassiria.

la Compagnia del SS. Rosario, mentre l’altro altare, in cornu epistole era dedicato a Sant’Antonio da Padova. Il fonte battesimale richiedeva restauri; ai confessionali ordinò si apponesse qualche immagine sacra; per il cimitero prescrisse la chiusura delle porte; per la cappella dei santi Cosma e Damiano ordinò una tela bianca sull’altare; per la cappella di Sant’Anna ordinò di procurare un calice nuovo; per San Simone non ebbe prescrizioni da fare. Infi ne verifi cò che la popolazione era in quel momento di 406 anime. Poi, il 22 di agosto, riprese la via verso Murialdo6 .

La chiesa visitata da mons. Provana era ancora quella antica: la sua, dunque, è l’ultima descrizione della stessa prima della costruzione della nuova chiesa, che fu terminata nel 1706. In seguito a ciò la vecchia parrocchiale divenne sede della Confraternita dei Disciplinanti. In un momento imprecisato, ma probabilmente posteriore al 1740, il rettore di Vetria fece una relazione al Vescovo, che illustrava le caratteristiche della chiesa:

Relazione della parrocchia di Vetria governata da me Guido Gio Batta Rettore nativo della Pievetta diocesi di Mondovì d’anni 32. Capo 1° Della Chiesa 1° La struttura della chiesa parrocchiale è bellissima, essa è adatta a capire il popolo. I muri della medesima sono sani e ben riparati. Non vi sono sculture né dipinture sconcie, il pavimento è sano e uguale e fi nora non abbisogna di riparazioni, il tetto è a volto e riparato, sopra di esso non vi abita alcuno, il coperto superiore è di legno, non abbisogna riparazione, 2° La chiesa ha tre fi nestre, e il fi nestrone ben campito e spazioso nella facciata della medesima e tutte si trovano ben riparate, perché hanno la loro vetriata, da dove può derivarne suffi ciente luce e riparazione. 3° Non vi sono nella chiesa parrocchiale né tribune né coretti. 4° Vi sono due porte per entrare nella chiesa, e tutte e due danno adito direttamente alla chiesa, chiamata una la porta grande, e l’altra laterale all’altare delle anime. Non avvi alcuna porta al di fuori. 5° Non avvi né atrio, né portico, dai muri però della chiesa si procura di tener lontana ogni immondezza e indecenza. 6° La casa attigua alla chiesa vi è la Canonica dalla parte di mezzogiorno, la quale si abita dal parroco, il sito che circonda la chiesa è la strada pubblica. 7° La chiesa parrocchiale di Vetria è stata eretta sotto il titolo dei SS Apostoli Pietro e Paolo anno 1637 li 22 di marzo da Monsignor Gandolfo vescovo della Diocesi di Alba. Non è consacrata. Essa è di patronato laicale come quella di S. Maria di Calizzano, da cui questa è stata smembrata. Il patrono ha diritto della nomina del parroco. Le spese di manutenzione e riparazione sono a carico della chiesa. 8° Gli altari che si trovano nella chiesa sono cinque con l’Altar maggiore, Hanno questi altari il suo volto distinto da quello della chiesa colla medesima struttura della chiesa. Questi altari sono di pietra e calce stuccati non sono circondati dai balaustri tranne l’altar maggiore, il quale ha i suoi balaustri distanti dal medesimo altare sei passi circa, sono muniti di croce con crocifi sso, candelieri tabelle colle segrete, guanciali, tovaglioli e tutto in uno stato ancor decente. Hanno tutti la pietra consacrata riposta in mezzo e ben conservata. Tutti questi altari hanno un quadro. Uno rappresenta il quadro della B. V. del Rosario dalla parte diritta dell’altar maggiore, e la rappresenta decentemente eretto dal popolo nel tempo poco più poco meno che è stata edifi cata

6 AVA, Visita Pastorale di mons. Provana.

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