na telegrafò al Colonnello Montanari scrivendo “perché Vostra Signoria possa insistere su assoluta necessità che alla rottura nostre ostilità Esercito russo pronunci vigorosa offensiva, faccia rilevare che forze rilevanti nemiche sono già raccolte nostra frontiera, che organizzazione difensiva nemica è stata resa potente con recenti lavori, per cui nostro primo sbalzo offensivo sarà lento, difficile e possibile solo se contemporanea energica pressione Esercito russo”. Egli intuì prima di altri che di fronte all’impasse della guerra di posizione e alla massa delle forze in campo che saturavano i fronti di guerra europei, impedendo a ogni offensiva di riportare successi strategici, l’esito finale della lotta sarebbe dipeso dal progressivo logoramento dell’avversario o dal suo sovvertimento politico interno. Essenziali per la vittoria apparivano, perciò, la vasta produzione d’armi e una consistente forza organica dell’Esercito, oltre alla solidità morale delle truppe combattenti e del fronte interno preposto ad alimentare e sostenere lo sforzo bellico della Nazione. Cadorna, così, si preoccupò giustamente del morale della popolazione, che nel 1917 dava preoccupanti segni di cedimento (10), chiedendo al Governo severi provvedimenti contro l’attività sovversiva degli oppositori al conflitto che minacciava la compagine stessa della Forza Armata e il cui crollo determinò l’uscita dal conflitto prima della Russia e poi dell’Austria-Ungheria (11). Le continue offensive italiane sull’Isonzo, insieme alle ingenti perdite subite fin dal 1914 sui fronti russi e serbo, indebolirono a tal punto l’Esercito austro-ungarico, che
nell’autunno 1917, non reputando in grado di contenere un’ulteriore “spallata” di Cadorna, chiese per la terza volta l’aiuto tedesco sul fronte alpino (12). Ha scritto il Capo di Stato Maggiore tedesco Erich von Ludendorff: “[Nel settembre 1917, n.d.r.] si dovette decidere l’azione contro l’Italia per impedire la rovina dell’Austria-Ungheria”. Evidentemente la condotta di Cadorna, anche se estremamente costosa in termini di vite umane, aveva ottenuto i suoi frutti, riducendo a mal partito l’avversario principale dell’Italia che, senza il soccorso tedesco, non resisterà a un altro anno di guerra. Il comportamento accentratore di Cadorna e la sua scarsa predisposizione al confronto con l’autorità politica derivarono non solo dal carattere e dalle idee personali del Capo di Stato Maggiore in carica, ma erano il risultato delle lezioni apprese dei precedenti conflitti combattuti dal Regno d’Italia, che venivano insegnate alla Scuola di Guerra. La bruciante sconfitta patita a Custoza nel 1866, nonostante la netta superiorità numerica sulle forze austriache, era stata imputata essenzialmente alle divergenze dei Comandanti sul campo, Generali Alfonso La Marmora ed Enrico Cialdini che, non concordando un piano d’azione comune, facilitarono la manovra nemica. Il mancato riconoscimento di un’unica autorità direttiva fu causa anche del disastro di Adua, dove i Comandanti di Brigata sottoposti al Generale Oreste Baratieri responsabile del Corpo di spedizione in Etiopia, operando autonomamente, causarono la distruzione delle proprie unità, attaccate una alla volLuigi Cadorna
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