CA' FOSCARI E L'IMPERIALISMO ADRIATICO

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INTRODUZIONE

Quando si parla di Dalmazia oggi solitamente ci si riferisce a quella regione della Repubblica di Croazia ogni anno oggetto d’interesse delle vacanze di molti italiani, specialmente per la vocazione culturale, balneare e da diporto della regione. Se oggi la costa orientale dell’Adriatico ha quindi per l’Italia un significato per lo più turistico e di svago estivo, in passato essa ebbe un ruolo ben più significativo e centrale nel discorso culturale e politico nazionale, condizionando non solo i dibattiti interni allo Stato ma anche la sua politica interna ed estera. Terra anticamente parte della Repubblica di Venezia, dall’unità fino ai primi del XX secolo la Dalmazia non aveva goduto di molto interesse presso le alte sfere dello Stato e dell’opinione pubblica, superata in tal senso dalle più importanti Trento e Trieste, già rivendicate da chi, come Mazzini e Garibaldi, era stato attivo partecipe del Risorgimento. L’idea di una costa orientale italiana sull’Adriatico infatti non era stata ancora veramente considerata in quanto priva di qualunque interesse strategico, venendo elaborata soltanto sul finire del XIX secolo con contenuti simili a quelli che caratterizzavano il sentimento italiano per il Trentino e la Venezia Giulia. Il nazionalismo italiano in particolare fu artefice indiscusso dell’interesse verso questa questione: prevaricando e superando il patriottismo tipicamente risorgimentale, esso rielaborò la rivendicazione dalmata nei termini di un autentico mito nazionale, supportandolo con una strutturata impalcatura propagandistica in grado di modificare e monopolizzare per lungo tempo la stessa idea che si poteva avere della regione. Da una posizione di interesse marginale, quale era negli anni ’80 del XIX secolo, la Dalmazia nel giro di breve tempo venne così equiparata per valore a Trento e Trieste, inserita nell’alveo delle principali terre irredente sia per motivazioni storiche che cultural-nazionali, che geografiche. Una tesi che, diversamente da queste ultime, si scontrava con una realtà contraddistinta dalla presenza di una maggioranza serbocroata autoctona, considerata dai nazionalisti alla pari di un corpo estraneo, nemico dell’italianità e usurpatore di quel contesto che per secoli, tramite Venezia, era appartenuto alla vita e alle vicende della penisola. Il discorso antislavo traeva vigore soprattutto dalle politiche del secolare nemico dell’Italia unita, l’Austria, le quali, votate a mantenere una certa stabilità entro i confini imperiali, penalizzavano la minoranza italiana a favore della maggioranza slava, erano viste dai nazionalisti ed irredentisti come volte ad eliminare ogni traccia di italianità della regione. 1


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