Rivista Militare n. 5/2006
e di studi umanistici. Il singolare evento formativo presieduto e aperto dal Generale Federico Marmo, Vice Ispettore Logistico dell’Esercito e Capo Dipartimento di Sanità dell’Esercito, è stato diretto dal prof. Ermanno Ancona, Direttore della Terza Clinica Chirurgica dell’Università di Padova e dal Generale Mario Martinelli Comandante e Direttore di Sanità della Regione Militare Nord. Protrattosi per tre giorni, il corso ha visto confrontarsi operatori sanitari e civili per verificare adeguatezza, efficacia ed attualità di procedure, tecniche e professionalità quando impiegate in condizioni estreme, in ambienti ostili o in grandi emergenze anche nazionali. Scopo dell’iniziativa scientifica, – ha sottolineato il Colonnello Mammana – implementare ed aggiornare le capacità tecnico professionali degli operatori sanitari fornendo risposte pronte e adeguate nelle più frequenti urgenze o emergenze sanitarie. In particolare nel primo giorno di lavoro l’attenzione è stata centrata sulle emergenze posttraumatiche neurocraniche ed oculistiche con moderatori e relatori, tra gli altri, i professori Piero Steindler, Primario della Clinica Oculistica di Camposampiero (PD) e Renato Scienza, Primario dell’Unità Operativa di Neurochirurgia dell’Azienda Ospedaliera di Padova. Alle relazioni del secondo giorno sulle problematiche legate alle lesioni vascolari, toraciche e addominali hanno contribuito i professori Stefano Merigliano, Responsabile dell’Unità di Chirurgia Colo-Proctologica della Terza Clinica Chirurgica dell’Ospedale S. Antonio di Padova, Gianfranco Picchi, Dirigente Medico presso la Seconda Clinica Chirurgica dell’Università di Padova e Federico Rea, Direttore della Scuola di Specialità di Chirurgia Toracica all’Università di Padova. Nel terzo ed ultimo giorno si è dibattuto sulle maxi emergenze traumatologiche con il Generale medico Samuele Valentino, Direttore dell’Ospedale Militare di Milano, il prof. Roberto Aldegheri, Direttore della Clinica Ortopedica e della Scuola di Specializzazione in Ortopedia e Traumatologia dell’Università di Padova e il Tenente Colonnello medico Michele Laviano, Responsabile del Servizio di Chirurgia della mano al Policlinico Militare «Celio»; per concludere sulla responsabilità professionale dei sanitari impiegati nelle emergenze fuoriarea a cura del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale Militare di Padova dott. Sergio Dini. Tra i partecipanti anche una delegazione statunitense di Ufficiali medici della SETAF (Forza Tat-
tica Alleata del Sud Europa) di Vicenza, che ha presentato statistiche di estremo interesse per l’emergenza sul «campo di battaglia». Circa il 90% delle vittime in combattimento – hanno spiegato i Colonnelli Bradley N. Harper e Ronald Place – muoiono prima di arrivare in un posto medico avanzato, la metà muore di emorragia. Il primo soccorritore ha quindi il più grosso impatto sul destino della sopravvivenza del militare ferito. Particolare attenzione deve essere prestata alle emorragie ed ai traumi di penetrazione al torace, intervenendo anche sotto il fuoco fino a quando sarà possibile spostare il paziente in luogo sicuro. Da un rapporto statunitense sulle operazioni in Somalia nel 1993, risulta che se l’attesa di evacuazione è superiore alle quattordici ore, molte ferite importanti diventano infette, tenendo presente che tutte le ferite in battaglia sono, per definizione, considerate «sporche» in quanto ampiamente contaminate da batteri. Da un rapporto dell’Esercito israeliano del 2003, si osserva che se il tempo di evacuazione è maggiore di un’ora, viene consigliata la fleboterapia già sul luogo del ferimento. In conclusione sono cinque i comandamenti suggeriti dai medici statunitensi per le emergenze: prevenzione della ipotermia, controllo emorragico, trattamento pneumotorace soffiante, fleboterapia e uso rapido di antibiotici e analgesici. Il punto chiave, secondo l’esperienza maturata dai medici americani, è rappresentato dal fatto che la rapida applicazione del laccio per arrestare l’emorragia, l’uso di nuovi bendaggi, la decompressione del pneumotorace con ago e la fleboterapia devono essere effettuati sulla scena del trauma da parte degli stessi soldati tutti appositamente addestrati. Questa è la tendenza più attuale indicata dagli statunitensi in tema di soccorso sul campo di battaglia. Per quanto attiene alla somministrazione di antibiotici, la loro più recente esperienza indica che la situazione clinica, secondo studi più recenti, non cambia se avviene dopo lo sgombero del ferito, per cui nell’immediato se ne può fare a meno. Il convegno ha riscosso il più vivo apprezzamento testimoniato dalla massiccia partecipazione di medici, infermieri, psicologi e sorelle della Croce Rossa Italiana, grazie all’impegno motivato, disponibile ed entusiasta del comitato organizzatore. Apprezzata, tra l’altro, anche una cornice, non secondaria, di un interessante programma sociale per i congressisti e gli accompagnatori. Mario Garano Giornalista
127- RUBRICHE