ATTUALITÀ
re sfilava la storia delle nostre truppe africane, iniziata nel 1885, quando furono arruolati i primi ascari eritrei, diventati leggendari per valore, dedizione e fedeltà all’Italia. Erano inquadrati in Reggimenti detti Ortu, composti da compagnie e plotoni buluk, comandati da Sciumbashi, Sottufficiali. Erano presenti i Meharisti sahariani, i Dubat somali, gli ascari della Fanteria, della Marina, dell’Aeronautica, dei Carabinieri, delle Cavallerie eritrea e libica, ad eccezione di quelli paracadutisti e della Polizia, perché costituiti l’anno successivo. È interessante ricordare che con gli «ascari del cielo» è nato anche l’iniziale nucleo del paracadutismo militare italiano. Costituirono certo uno spettacolo inedito e affascinante i cammelli dal portamento solenne e maestoso e quei misteriosi uomini del deserto avvolti nei veli bianchi delle loro uniformi! Questo Corpo militare molto speciale era stato costituito in Somalia nel 1910 e impiegato nelle zone dertiche libiche. Era capace di percorrere fino
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a 200 chilometri al giorno. Molto ammirati anche i Dubat somali, snelli e scattanti, dal passo lungo, nerissimi di pelle ma bianchissimi nei turbanti e nell’abbigliamento, gli Zaptiè, i Carabinieri indigeni, gli ascari della Marina. Molto applauditi quelli di fanteria, che sfilarono in allegro disordine cantando, ballando e agitando in aria i moschetti. Suscitarono interesse anche gli ascari a cavallo in due versioni: i Savari, equipaggiati come la cavalleria nazionale, e gli Spahis, secondo la tradizione indigena, armati di lancia o sciabola, fucile e pistola. Mentre in Libia le truppe coloniali erano costituite da Reparti nazionali e indigeni, in Eritrea e Somalia, in tempo di pace, operavano soltanto ascari, comandati da Ufficiali e Sottufficiali nazionali. L’inquadramento prevedeva il Muntaz, equivalente del nostro Caporal Maggiore, il Bulukbasci, comandante di squadra, e lo Sciumbasci, Maresciallo intermediario tra il comandante e la truppa, per la padronanza della lingua italiana. Queste truppe operarono soltanto in Africa, suddivise in reparti regolari e bande irregolari. I primi formati da militari e graduati indigeni, le seconde, quasi indipendenti, comandate da Ufficiali italiani o notabili arabi. La sfilata di Roma si concluse in un clima di festa, con i romani che testimoniavano agli ospiti il loro entusiasmo. Negli anni successivi, gli infausti eventi bellici deluderanno le aspettative. La mostra, dal titolo «Epopea degli Ascari eritrei», ha raccontato attraverso testimonianze dirette le battaglie del periodo coloniale, con ricostruzioni in scala delle fortificazioni dell’epoca, armi, uniformi, fotografie, disegni, manifesti, copertine della «Domenica del Corriere», simboli dei battaglioni, quaderni di scuola e giocattoli con
disegni degli ascari. Nelle vecchie immagini posano orgogliosi della loro uniforme bianca di cotone, col tarbusc in testa e la fascia rossa alla vita. A volte calzavano scarpe, preferendo di regola combattere scalzi. Al Vittoriano si sono viste anche le quattro storiche bocche da fuoco perdute durante la sconfitta di Adua del 1896, un’uniforme originale di ascaro della Guardia di Finanza, cimeli provenienti da musei militari e privati, proiezioni di pellicole e immagini dell’Istituto Luce.