RIVISTA MILITARE 2002 N.5

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RECENSIONI

era materia di insegnamento scolastico e ne venivano pubblicate belle raccolte. Tra queste il Canzoniere del soldato. La lodevole prassi, seppure in confini «alpini», è stata ripresa dall’Associazione Nazionale Alpini (ANA), con i volumi Canti degli Alpini, ANA 1997, e Canzoniere ANA, sezione di Genova 2002. Presso l’Associazione opera infatti una Commissione per la difesa del canto alpino che svolge opera benemerita e qualificata. Forse anche troppo rigidamente selettiva. Infatti, nell’edizione del 1967, sono stati considerati «genuinamente alpini»... «perché nati quasi per germinazione spontanea tra le truppe alpine, e ne recano una specifica impronta» e compresi nei veri canti degli alpini solo 30 titoli: A la matin bonura; Aprite le porte; Bandiera nera; Bersagliere ha cento penne; Bombardano Cortina; Dì quà, dì là del Piave; Dove sei stato mio bell’alpino; E Cadorna manda a dire; E c’erano tre alpin; E la nave s’accosta pian piano; Era una notte che pioveva; Eravamo in ventinove; E sul Cervino; E tu Austria; Il testamento del Capitano; Il ventinove luglio; La Linda la va al fosso; Mamma mia vienimi incontro; Monte Canino; Monte Cauriol; Montenero; Motorizzati a pie’; Nui suma alpin; Oi barcarol del Brenta; Oi cara mama; Sul cappello; Sul ponte di Bassano; Ti ricordi la sera dei baci; Tranta sold; Va l’alpin. Sperandio aggiungerebbe Signore delle cime e la bellissima friulana Stelutis alpinis , mentre sembra opportuno ricordare ai lettori l’antichissima origine rinascimentale della canzone in onore dell’eroico, giovanissimo, marchese del Monferrato che ha dato poi origine all’attuale Il testamento del Capitano. Nella Postfazione l’Autore teme di «avere forse esagerato nell’accogliere l’invito dell’ANA» rivolto «a tutti coloro che vorranno colmare l’eventuali lacune e, soprattutto, vorranno continuare nel tempo la raccolta dei testi». Spiega poi il suo intento di «raccogliere in un unico volume non solo le canzoni squisitamente alpine ma anche quelle che tendono a tramandare la tradizione corale della cultura popolare delle nostre regioni e vengono cantate degli alpini nelle loro adunate», incluse quelle che, «per com-

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prensibili e svariati motivi, molti hanno dimenticato o non hanno mai conosciuto». L’intento sembra riuscito e il volume raccoglie 404 testi alpini della montagna, classici, popolari, militari, storici più o meno nobili e che «il comune sentire» ritiene parte della tradizione popolare così da essere stati comunque tramandati. Parte del ricavato del libro verrà donato a «Emergency», l’organizzazione medico-umanitaria di Gino Strada, impegnata in Afghanistan a curare i danni della guerra infinita, che si combatte in quel Paese. Saggiamente è stato rispettato il testo originale non solo delle canzoni in lingua o toscane ma anche di quelle in francese, friulano, ligure, piemontese, lombardo, sardo, abruzzese, trentino, ecc.. L’estensione della raccolta dei testi è un omaggio reso alla memoria di quei giovani che sul patrio suolo o in lontane contrade africane, nelle steppe russe, nei Balcani e quasi ovunque hanno dato la vita o pagato un duro tributo di sofferenze nei campi di prigionia. Il libro è articolato in Prefazione; Canti degli alpini e della montagna; Canti e villotte del Friuli; Canzoniere del soldato; Elenco dei testi; Le adunate alpine; Bibliografia; Postfazione. La ricchezza della raccolta dà l’idea di trovarsi a fronte di un patrimonio grande e ancor vivo. Versi e note (da Mameli a Puccini) talora segnati dal genio e dalla testimonianza di Goethe: poni mente, ove scorgi la favilla del genio vicina e sovente è la stilla di sangue del martire. Il canto corale educa e rafforza gli animi. Lo sapevano già i greci e l’oracolo di Delfo, quando in ottemperanza ironica gli Ateniesi inviarono come condottiero a Sparta il poetaciabattino e storpio Tirteo. Naturalmente vittorioso. Il canto è formativo specie quando è vissuto nella forma probabilmente più antica: il coro. Per questo ancora commuove quando ricorda la bellezza della montagna e il sacrificio dei soldati e dei nostri padri o nonni che hanno portato l’Italia ai suoi naturali confini di nord est. Ancora oggi il canto corale può essere un buon antidoto per una società che i media hanno contribuito a rendere passiva in tutti i campi: dallo sport allo spettacolo, alla musica, alla politica, all’economia instaurando

insieme il conformismo e istigando l’aggressività del singolo. P. F. Q.

Matteo Labati, Silla Giusti: «Quasi Trenta», coll. «Il Blanco e Il Nero», ed. Contatto, Lerici, 2000, pp. 222, euro 10,32. Tema principale di «Quasi Trenta» – un romanzo autobiografico – è l'amicizia di Cardo e Stefano, dietro le cui figure si celano i due autori Matteo Labati e Silla Giusti, ex paracadutisti della «Folgore». Proprio la loro amicizia, unica costante in un mondo pieno di variabili, induce i due personaggi a condividere importanti esperienze: l'alpinismo, l'esame d'ammissione all'Accademia Militare, il paracadutismo, la Legione Straniera, la tragica morte di un amico, i viaggi (Dachau, Auchwitz, Islanda), le ragazze e le allegre bevute. Accomunati dall'ardente desiderio di sfuggire alla noia della grigia quotidianità cittadina, entrambi anelano vivere un'esperienza sconvolgente che possa finalmente saziare la loro fame di grandezza. Ma nulla riesce ad appagare questo incontenibile desiderio dell'anima: noi proviamo tutto – commenta Cardo – senza mai diventare specialisti. La nostra ambizione è verso esperienze assolute, ma ci frega la fretta, il timore. Gli anni passano e le loro strade si dividono: Cardo, abbandonata l'Università, lavora in una birreria e vive in un monolocale; Stefano


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