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promosso sul campo a Maggiore e decorato della Croce di Ferro di 1a classe, quella d’Argento al Tenente Lodovico Artusi, al Sottotenente Cesare Andreolli e al Sottotenente Cesare Cristoforetti. Solo 50 militari rimasero illesi e ottennero l’Onore delle Armi. Il nemico, dal canto suo, perse 536 uomini (23). Seppure in una campagna dalla conclusione ormai scontata, Takrouna fu comunque per i neozelandesi una vittoria di Pirro, a causa delle forti perdite sofferte, che impedirono al XXVIII battaglione di schierarsi di nuovo in linea, fino a quando non fosse stato riorganizzato e fossero stati rimpiazzati i Caduti (24). Se il Caposaldo di Takrouma era stato conquistato a caro prezzo, contro quello del Gebel Garci, tenuto dalla Divisione “Pistoia”, si erano invece infranti gli attacchi della 51a Divisione britannica, che aveva accusato gravi perdite in uomini e mezzi corazzati, mentre un ulteriore attacco rimaneva circoscritto nel settore a nord di Takrouna, venendo respinto dalle Divisioni “Trieste” e “Giovani Fascisti”: l’8a Armata era quindi costretta a segnare il passo e il 30 aprile la prima battaglia di Enfidaville poteva dirsi conclusa a favore dell’Asse (25). Radio Londra tentò di giustificare il parziale insuccesso, giungendo ad affermare: “...sul Takrouna l’Italia ha fatto affluire i suoi migliori soldati”. Dal canto suo il Bollettino di Guerra Italiano del 22 aprile 1943 recitava così: “Nella tenacissima difesa di un elemento avanzato della nostra linea, si è particolarmente distinto il I/66 ‘Trieste’, al comando del Capitano Mario Politi da Sulmona, che ha inflitto ingenti perdite alle unità neozelandesi attaccanti” (26). L’offensiva americana però si era sviluppata dal 23 aprile su Medjez el Bab e a Bou Arada, riuscendo a penetrare in profondità nel dispositivo della 5a Armata corazzata tedesca e la fine del fronte tunisino era così iniziata: gli accaniti contrattacchi poterono contenere la fortissima pressione avversaria per un’altra diecina di giorni, ma mancando i mezzi e le munizioni, l’epilogo era segnato. La resistenza si protrasse fino al 13 maggio, giorno in cui le nostre forze, stremate e carenti di tutto, dovettero cedere le armi (27). Messe era stato nominato Maresciallo d’Italia il giorno prima (28). L’eroismo dei difensori di Takrouna fu riconosciuto anche dai Maori del XXVIII battaglione, come recita l’”Official History of the New Zeland in the Second World War”: “Takrouna ha costituito una pagina di valore eccezionale dei nostri soldati ... gli eroi di questa epica resistenza rimarranno sempre nei cuori degli italiani, dal Capitano Politi, Comandante del battaglione, che col suo Aiutante, Capitano Lirer, portò personalmente al contrattacco i pochi superstiti, al Capitano Giacomini.... Questa è la tempra con cui i difensori di Takrouna erano forgiati, la stessa tempra che i soldati d’Italia mostrarono quotidianamente nelle violente battaglie in Tunisia” (29). Forse le più belle parole su questo episodio le pronunciò il Colonnello Francesco Randaccio, Comandante del 66° reggimento aeromobile “Trieste”, erede e custode delle tradizioni del 66° reggimento motorizzato (30), in occasione dell’anniversario della battaglia:
“La memoria storica di un popolo non si può e non si deve cancellare: essa deve servire a noi stessi e alle generazioni future quale monito e insegnamento di sacrificio, dedizione e altruismo”.
*Primario Medico, Cultore di Storia Militare n. 4/2016
NOTE
(1) Giovani Messe, “Come finì la guerra in Africa”, Rizzoli, 1946, pag. 37. (2) op.cit., pag. 38. (3) op.cit., pag. 46. (4) op.cit., pagg. 92-93. (5) D. Fraser, “Rommel”, Mondadori, pag. 397. (6) Laghi salati. (7) Torrenti in secca. (8) Designa un bacino paludoso, che occupa il fondo d’una depressione a forte salinità. (9) Giovanni Messe, “La prima Armata italiana in Tunisia”, SME Ufficio Storico, Roma, 1950, pag. 233. (10) Mario Montanari, “Le operazioni in Africa Settentrionale, SME - Ufficio Storico, Roma, vol. IV”, pag. 488 Enfidaville. (11) Salvatore Loi, “Aggredisci e vincerai”, Mursia, 1983, pag. 1. (12) Mario Montanari, op.cit., pag. 454. (13) Stevens W.G., “Bardia to Enfidaville”, Historical Publication Branch, Wellington, 1962, pagg. 277-341. (14) Salvatore Loi, op.cit., pag. 92. (15) W.G. Stevens, op.cit. pagg. 277-341. (16) Salvatore Loi, op.cit., pag. 92. (17) Ivi, pag. 93. (18) Ivi, pag. 93. (19) Ivi, pag. 94. (20) Cesare Andreolli, “Da El Alamein a Takrouna”, pag. 85, ANPI, Sez. di Monza. (21) J.F. Cody, “Official History of N e w Z e a l a n d i n t he S e c ond W.W.”, Wellington, 1966, capitolo 11. (22) Salvatore Loi, op.cit., pag. 98. (23) W.G. Stevens, op.cit., pagg. 277-341. (24) J.F Cody, op.cit., capitolo 11. (25) Giovanni Messe, “Come finì...”, op.cit., pagg. 192-194. (26) Salvatore Loi, op.cit., pag. 196. (27) Mario Montanari, op.cit., pag. 301. (28) Ivi, pag. 299. (29) J.F. Cody, op.cit., capitolo 11. (30) Decorato di Medaglia d’Oro al Valor Militare per l’episodio di Takrouna.
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