te. Giunto a un certo punto si arresterà in attesa di ricevere ordini. Errore decisivo di smisurata ampiezza. In quel momento della battaglia se Dabormida fosse penetrato nella valle, passando a rullo compressore sui pochi campi scioani, avrebbe aggirato l’Armata imperiale impedendogli di triturare la Brigata “Albertone” prima e le altre nostre unità dopo. L’assenza di unitarietà d’azione, la scarsa conoscenza del terreno, il deludente coordinamento e la totale ignoranza della situazione avversaria causarono il maggiore dei disastri militari registrati dalle potenze europee in epoca coloniale, facendo assurgere il Negus Menelik quale esempio di primo Sovrano dei Paesi in via di sviluppo ad aver opposto una strenua resistenza al tentativo d’invasione di una potenza straniera. Pezzo da 75 mm custodito presso il Reggimento “Peloritani”
OMAGGIO FINALE Il legame affettivo personale derivante dall’aver avuto il privilegio di servire per anni al Peloritani, erede spirituale delle batterie siciliane, mi spinge a riportare testualmente le parole scritte da uno dei superstiti delle predette batterie immolatesi nella battaglia di Adua, il Capitano Ernesto Cordella (13), “Spedito dal Generale Albertone comparve il Tenente Molteno latore dell’ordine seguente – la III e IV batteria sparino sino all’ultimo colpo e si sacrifichino sul posto.... Ordine sublime! Per esso tra l’infuriare della strage, in mezzo al trionfo della morte veniva all’artiglieria italiana assegnata una missione di salvezza: il sacrificio proprio a scudo degli altri. Divinizzata nel suo sudario di gloria essa apparve la vegliante e la tutelare. E se questo poema in azione avesse avuto il proprio cantore, egli avrebbe narrato il fiammeggiare delle ambe spettatrici, orgogliose che la loro cintura di rocce incorniciasse il quadro memorando...”. *Colonnello NOTE (1) “Immagini di storia”, La battaglia di Adua, Ed. 1996. I basci-buzuc erano stati al servizio degli egiziani e quando questi si ritirarono si diedero disponibili al comando del loro Capo, il Sangiac Agà Osman, albanese di nascita. Quasi tutti erano di origine sudanese, yemenita o 74
somala, cioè musulmani. Erano instancabili e veloci camminatori e venivano inizialmente impiegati in operazioni di esplorazione e di polizia. La loro gerarchia aveva origine da quella dell’Esercito turco cioè: Ascari - soldato, Muntaz - Caporale, Buluc Basci - Sergente, Jusbasci - Sottotenente, Bimbasci - Capitano, Sangiac - Maggiore o Capo Halai (battaglione). (2) Il 7 dicembre 1895 circa settantamila guerrieri del Ras Makonnen, re di Harrar, attaccarono, sul valico di Amba Alagi, i circa 2.300 uomini (tra italiani e indigeni) del Maggiore Toselli, che nonostante l’eroica resistenza durata circa sei ore di cruenti e interminabili combattimenti furono sopraffatti dagli avversari etiopi che per il loro valore li appelleranno gli “ambesà” (i leoni). (3) Domenico Quirico, “Adua la battaglia che cambiò la storia d’Italia”. (4) Emilio Bellavita (Aiutante di Campo del Generale Dabormida), “La battaglia di Adua”, 1931. (5) In maniera deplorevole, per essere più leggere nella loro puntata offensiva contro un nemico considerato operativamente inferiore, le Brigate non portarono il suddetto materiale cosicché nessuna comunicazione ottica fu realizzata. (6) Così denominate perché costituite da personale isolano del 22° reggimento artiglieria la cui batteria da montagna era di stanza nella città di Messina dalla fine del 1895. (7) Ottemperando all’ordine del Generale Albertone, “si facciano uccidere accanto ai cannoni”. (8) Ernesto Cordella (Capitano del 24° artiglieria), “L’artiglieria della Brigata Albertone ad Adua”. (9) In tale scontro i Dervisci, seguaci del Mahadi che qualche anno prima aveva distrutto la capitale del Sudan, Khartoum, uccidendo il suo difensore Gordon Pascià, erano stati battuti dal Colonnello Arimondi e dal Tenente Colonnello Cortese lasciando sul terreno più di mille morti, altrettanti tra feriti e prigionieri e nelle nostre mani 72 bandiere, una mitragliatrice e 700 fucili. Le nostre perdite ammontavano a 3 Ufficiali e 1 sottufficiale morti e 230 indigeni tra morti e feriti. Rivista Militare