106
Rivista Militare
1968: L’ALLUVIONE DI VALLE MOSSO Abbiamo trovato fra i ricordi di vecchi cassetti sgangherati del nostro cuore un episodio rimasto indelebile per più di quarant’anni: i soccorsi nell’alluvione di Valle Mosso e di tutto il Biellese e Vercellese nel novembre del 1968, sotto le insegne del 131° reggimento artiglieria corazzata «Centauro». Il fatto ricordato in questo articolo ebbe poi risvolti pratici inaspettati: fu il primo vero episodio di protezione civile organizzato «dentro» la calamità, fu uno schema ripetuto e collaudato anni dopo da molti dei protagonisti di Valle Mosso (trasferiti al 132° «Ariete», in Friuli) nel terremoto del 1976, fu lo schema operativo dal quale, attraverso Zamberletti, nacque poi la Protezione Civile in Italia con integrazione fra civili e militari.
Il 12 novembre 1968 vi fu un’alluvione devastante in tutta la Valle Strona ed, in particolare, nel paese di Valle Mosso, oggi in provincia di Biella, ma all’epoca in quella di Vercelli. La vallata ospitava ed ospita tuttora numerosi lanifici prestigiosi che avevano avuto origine da emigranti tornati al paese dopo esperienze negli stabilimenti tessili dell’Inghilterra, proprio all’alba della successiva ed imminente «rivoluzione industriale». Dai primi piccoli insediamenti, poco più che artigianali, si passò ai primi del 1900 a veri e propri stabilimenti industriali, che, per portare a termine il lavoro di tessitura, necessitavano di abbondanza di acqua. Tanto che molti stabilimenti furono costruiti proprio sopra il pelo d’acqua del torrente Strona, quasi fossero ponti a più piani in cui il reparto «finissaggio» (quello che tesse e lava fili e tessuti) veniva posto a contatto con gli argini del fiume…. Da una parte lo scorrere vorticoso dell’acqua, come nei mulini a ruota, forniva la forza per attivare i telai (quando ancora non c’era l’energia elettrica), dall’altra consentiva il risciacquo e la preparazione delle fibre da tessere, principalmente di lana. Ma proprio questa vicinanza a fiumi o torrenti costituiva da sempre un grave rischio in caso di piene
Lo stemma del 131° reggimento artiglieria corazzata «Centauro».
abbondanti ed improvvise. Nella Valle Strona l’intera popolazione scendeva quotidianamente verso le fabbriche dai paesini in quota. Facile, inoltre, comprendere come fossero migliaia gli operai alla mercé dei capricci di un torrente bizzarro e violento… ma fortunatamente (si fa per dire) quella notte del 2 novembre 1968 cadeva di sabato e nelle fabbriche non c’era quasi nessuno. Fu così che, un po’ per l’ora tarda, un po’ per la giornata prefestiva, i morti in quella zona furono «soltanto» (si fa per dire) 57. Ingentissimi, invece, i
danni che portarono a distruzione i reparti più strategici dei lanifici, affollati di tessuti e macchinari pregiati. Insieme alla Valle Strona anche tutto il percorso del fiume Sesia fu invaso da straripamenti incontenibili. Ed anche la città di Vercelli, alla cui periferia si trovava la Caserma «Scalise», sede allora del 131° reggimento di artiglieria corazzata «Centauro», si trovò immersa nell’alluvione. La caserma rimase isolata alla mercé delle acque che provenivano sia dal cielo sotto forma di «quasi diluvio universale» sia dagli argini del Sesia ormai straripato. Unica possibilità per gli artiglieri del 131° era tentare una «sortita» a bordo dei loro mezzi cingolati per mettere in salvo uomini e mezzi sulle alture circostanti, verso Gattinara. Fu così che quella notte del 2 novembre 1968 si scatenò l’inferno (come direbbero nei film) per le popolazioni e per gli artiglieri del 131°. Un po’ per caso, un po’ per incoscienza, un po’ per eroismo, alcune decine di artiglieri, che si stavano ponendo in salvo, divennero invece «soccorritori» essi stessi con uno slancio di gioventù che fu forse il primo atto reale e codificato di «pronto intervento di Protezione Civile», laddove l’ordine di muovere a soccorso della Valle