ziali, un grado inferiore. Uomini come Spurio Ligustino: «Ho servito per 22 anni nell’Esercito e ho più di 50 anni», scrive Livio, riportandone il discorso. «L’anziano Centurione era l’uomo che ci voleva: veterano delle dure campagne contro le tribù celtibere in Spagna, aveva soprattutto già avuto a che fare con le falangi macedoni, combattendo a Cinocefale e a Magnesia, collezionando una quarantina di decorazioni al valore e almeno tre promozioni sul campo». Le disposizioni prese per risolvere la guerra contro Perseo, risultata più difficile del previsto, non potevano non riguardare anche i vertici. Per farla finita, fu eletto Console per l’anno 168 un veterano sessantenne, Lucio Emilio Paolo, figlio del Generale caduto a Canne mezzo secolo prima. Paolo, che era un veterano della guerra Annibalica, si era distinto contro i Lusitani (191-189 a.C.) e, già Console, aveva sconfitto i Liguri - che ora arruolò come ausiliari contro Perseo - nel 182, grazie a un brillante espediente tattico. Arrivato in Macedonia, il nuovo Console ripristinò rapidamente l’efficienza e la disciplina dell’Ar-
Sopra. Un busto di Lucio Emilio Paolo (229-160 a.C.), il Console romano vincitore di Pidna. A destra. Una moneta raffigurante Perseo, re di Macedonia, sconfitto a Pidna.
unità mercenarie (come i Traci), grazie a una florida situazione finanziaria. Perseo non attese troppo tempo e ben presto sfidò Roma insidiandone uno dei principali alleati in Oriente, Pergamo. Il Senato reagì scatenando la Terza Guerra Macedonica (171-168 a.C.), che tuttavia sembrò all’inizio mettersi molto male per i Romani e i propri alleati, sconfitti in alcuni scontri terrestri e navali. Già in vista della campagna del 170, il Senato prese una serie di severe misure per ripristinare la disciplina nell’Esercito, che non aveva più la qualità di quello che aveva battuto, una generazione prima, Annibale, Antioco il Grande e il padre di Perseo. Tra le misure prese ci fu il richiamo, su base volontaria, di numerosi veterani cinquantenni, compresi 23 Centurioni Primipili che, pur di servire l’Armata, accettarono, dopo proteste ini-
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mata che, dopo tre giorni di aspre schermaglie (che dimostrarono la superiorità dei velites sulla fanteria leggera greca), guidò oltre il fiume Elpeo, ricacciando i Macedoni nella città di Pidna. Paolo non aveva però avuto mai modo di vedere schierata in battaglia, tra la polvere sollevata da una sorta di istrice millepiedi e i barbagli degli «scudi d’argento» e delle armature dei Compagni del Re a cavallo, una falange macedone. Ecco perché a questo coriaceo e arrogante guerriero (eletto Console non aveva ringraziato, secondo la tradizione, il popolo, affermando che era lui in realtà a far loro un favore riprendendo le armi) «un brivido