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3.3 La dittatura di Stalin

La vita politica del Reich era inoltre scandita dai discorsi di Hitler davanti alla folla esultante, dalle parate militari e dalle cerimonie pubbliche. Lo storico Andreas Hillgruber sottolinea come la «rivoluzione biologica» per Hitler sia rimasta comunque assolutamente prioritaria rispetto agli obiettivi militari e geopolitici12. Più nello specifico, per quanto riguarda la concezione che Hitler aveva del comunismo, possiamo dire che il marxismo cui il Führer si riferiva, proclamava, a suo dire, l’uguaglianza delle razze partendo dalle idee «dell’ebreo Carlo Marx13 […], che mira a mettere metodicamente il mondo nelle mani del giudaismo». Tuttavia, «l’ebreo internazionale» non riuscì a portare la rivoluzione nel territorio tedesco, grazie all’unità razziale degli operai e degli intellettuali tedeschi e grazie alla presenza di elementi colti, cosa che non avvenne in Russia14 .

3.3 La dittatura di Stalin

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Stalin prese il potere dopo la scomparsa di Lenin nel 1924 e puntò subito a controllare totalmente il partito e l’intero sistema sovietico15. Come si è già visto, egli ricorse all’eliminazione fisica dei potenziali e presunti antagonisti del regime pur di raggiungere gli scopi che si era prefissato. La costruzione della società ideale staliniana era ostacolata dagli scienziati, dagli uomini di cultura e dell’arte invisi al regime. Per rafforzare il proprio concetto governativo, Stalin intervenne sull’organizzazione del Partito, sulle forme della propaganda, sull’amministrazione sovietica16; da non dimenticare i suoi interventi in ambito culturale e l’istituzione di un servizio segreto

17 .

La propaganda utilizzava slogan tanto ripetitivi da diventare quasi dei dogmi. Come avvenne anche a Hitler, Stalin interpretava la propria figura in maniera esaltata e amplificata, quasi come fosse un messo delegato a compiere una determinata missione. Il regime totalitario stalinista utilizzava l’intimidazione e le pressioni fisiche sui detenuti e non solo (come successo con i kulaki). Le resistenze borghesi all’avanzata del

12 Cfr. Andreas Hillgruber, Il duplice tramonto. La frantumazione del Reich Tedesco e la fine dell’ebraismo europeo, Bologna, Il Mulino, 1990, pp. 91-102. 13 Cfr. Adolf Hitler, La mia battaglia, op. cit., p. 8. 14 Cfr. Adolf Hitler, La mia battaglia, op. cit., 114-115. 15 Cfr. il capitolo primo di questa tesi. 16 Cfr. Antonio Ghirelli, Tiranni, Milano, Mondadori, 2001, p. 22. 17 Vedere il capitolo primo della presente tesi.

proletariato dovevano essere represse in qualunque modo, pur di portare la Russia a raggiungere i livelli di una superpotenza. I piani quinquennali permisero infatti all’URSS di diventare una potenza industriale e non più solamente agricola. Lo stalinismo si basava quindi sulla repressione, spesso con mezzi militari, dei kulaki, dei gruppi sociali o nazionali ostili (o solo potenzialmente tali) al potere sovietico e sulla loro deportazione nei Gulag, raggiunti poi anche da numerosi prigionieri di guerra. La stessa Armata Rossa venne decimata dalle repressioni, dovute in questi casi a fenomeni di mancata o insufficiente fedeltà al regime e al suo dittatore. L’Unione Sovietica doveva diventare uno «Stato-Partito» e assumere il controllo

completo sulla vita del Paese. Alcuni tratti dello stalinismo si trovano anche in quelli del Terzo Reich tedesco: il culto di Stalin diede vita ad un’idolatria delle immagini del dittatore, accompagnata da processioni e parate che osannavano il tiranno georgiano18 . Si arrivò ad un conformismo politico, culturale e sociale19; seppur non numerose, ci sono pervenute delle testimonianze di sopravvissuti alle repressioni e alle deportazioni sovietiche, la più famosa delle quali è sicuramente quella di Aleksandr Solženicyn20 . L’opera è allo stesso tempo autobiografica e storiografica, in assoluto contrasto con il regime sovietico; essa riporta le testimonianze dei superstiti dei campi di lavoro sovietici, non certo più piacevoli di quelle vissute dalle persone internate nei lager nazisti21 .

Se lo scopo dei lager tedeschi era proprio lo sterminio, quello dei campi di lavoro in URSS era la rieducazione, che però spesso sfociava nell’eliminazione fisica degli «avversari»22. I prigionieri entravano nel sistema carcerario attraverso sentenze politiche oppure criminali. Pubblicazioni del Memoriale di Mosca riportano stime di questa entità: l’OGPU condannò a morte 18.966 persone nel 1930 e 9.170 nel 1931; l’NKVD proclamò la condanna a morte di oltre 400.000 persone tra l’agosto del 1937 e il novembre del

18 (Fonte: http://www.pbmstoria.it/dizionari/storia_mod/s/s161.htm) 19 (Fonte: http://www.treccani.it/vocabolario/stalinismo/) 20 L’opera, divisa in tre volumi, è intitolata Arcipelago Gulag, edita da Mondadori nel 1974. 21 Vsevolod Mejerchold inviò a Molotov una lettera intitolata «La morte è meglio di tutto questo», in cui descrisse brevemente la propria esperienza nei campi, gli interrogatori e le sofferenze fisiche. (Fonte: http://documentazione.altervista.org/meierchold.htm) 22 Vedere anche Adriano Dell’Asta e Ľubomir Žak (a cura di), Nulla va perduto. L’esperienza di Pavel Florenskij, Seriate (BG), Fondazione Russia Cristiana, 2009.

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