SOMMARIO DELL’ARTE DELLA GUERRA : HENRY JOMINI VOL I

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CAPITOLO III - Della strategia

formato da quattro o cinque valli o itinerari convergenti verso un nodo centrale a due o tre piccole marce di distanza dalla catena principale, senza dubbio tale difesa sarebbe più facile, perché sarebbe sufficiente raccomandare la costruzione di un buon forte su ciascuna di tali diramazioni, nel punto della valle più stretto e più difficile da aggirare. Poi si schiererebbe sotto la protezione del forte qualche brigata di fanteria allo scopo di contendere il passaggio al nemico, mentre una riserva composta dalla metà dell’esercito, disposta sul nodo centrale della riunione delle valli, si terrebbe in misura o di sostenere le avanguardie più fortemente minacciate o di contrattaccare in massa l’invasore nel momento che tenta di sboccare dalle valli, e quando si saranno riunite tutte le colonne per affrontarlo. Se poi si aggiungessero a queste disposizioni delle buone istruzioni ai generali delle avanguardie, sia per assegnare loro la maggiore quantità di forze possibile nel caso che il fatale cordone venisse perforato, sia per prescrivere loro di continuare a operare nelle montagne sui fianchi del nemico, allora la difesa si potrebbe ritenere invincibile, grazie alle mille difficoltà che il terreno presenta all’assalitore. Ma quando a fianco di un tale fronte d’operazioni se ne trova ancora un altro pressappoco parallelo sulla destra, poi un terzo sulla sinistra; quando si tratta di difendere tutti insieme questi fronti, sotto pena di veder cadere al primo approccio del nemico quello che venisse trascurato; allora la tesi cambia, l’imbarazzo del difensore raddoppia nella stessa misura in cui la linea di difesa aumenta e il tipo di difesa a cordone rivela tutti i suoi pericoli, senza che sia facile adottarne un altro. Non ci si può convincere di questa verità meglio che se si considera la posizione di Massena in Svizzera nel 1799. Dopo la sconfitta di Jourdan nella battaglia di Stockach, egli teneva un fronte da Basilea per Schiaffusa e Rheineck fino al San Gottardo, e di là per la Furca fino a Montblanc. Aveva dei nemici di fronte a Basilea, ne aveva a Waldshut, a Schiaffusa, a Feldkirch, a Coira; il corpo austriaco di Bellegarde minacciava il San Gottardo, mentre l’armata austriaca d’Italia puntava sul Sempione e sul San Bernardo. Come difendere la periferia di una simile circonferenza, come lasciare una delle grandi valli allo scoperto, correndo il rischio di perdere tutto? Da Rhinfeld al Giura, verso Soleure, vi sono solo due facili marce, e là era la chiusura della trappola nella quale l’armata francese si era cacciata. Era dunque là il perno della difesa: ma come lasciare Schiaffusa allo scoperto, come abbandonare Rheineck e il San Gottardo, come aprire il Vallese e l’accesso di Berna, senza lasciare l’intera Svizzera al nemico? E se si voleva tutto coprire anche con delle semplici brigate, dove sarebbe stata schierata l’armata quando si sarebbe dovuta impegnare una battaglia decisiva contro una massa nemica che si fosse presentata? Concentrare le proprie forze in pianura è un sistema naturale, ma in un Paese montano con strette difficili significa lasciarne le chiavi in mano al nemico, e allora non si sa più su quale punto si potrebbe riunire un’armata inferiore senza comprometterla. Nella situazione di Massena dopo l’evacuazione forzata della linea del 213


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