GARIBALDI DUECENTO ANNI DI STORIA PATRIA

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Rivista Militare, n. 4/1982

Le campagne di Garibaldi: le operazioni in Sicilia di Ezio Cecchini

L

’anno 1859 si era chiuso con il primo passo verso l’indipendenza italiana: il trattato di Zurigo del 10 novembre aveva sancito l’unione della Lombardia al regno di Sardegna. Ma il 1860 era iniziato con il triste avvenimento della cessione alla Francia della Savoia e di Nizza (24 marzo), ratificato dal parlamento piemontese nonostante il disperato intervento di Garibaldi (12 aprile). I sentimenti di quest’uomo, che il parlamento aveva reso straniero, emergono da una lettera che egli scrisse ad un parente di Nizza in quei giorni: Tutto mi schiaccia ed atterra, l’anima mia è piena di lutto. Che debbo fare? Abbandonare questo ambiente che mi soffoca e mi ripugna fino alla nausea? Lo farò presto, assai presto, per respirare più libero, come un prigioniero che rivede alfine la luce di Dio. Ma gli onesti patrioti potranno sempre contare su di me. Io non chiederò se un’impresa sia possibile o no, per acquistar col successo, come tant’altri, della fama a buon mercato. A me basta che si tratti d’impresa italiana: vi fossero pure centomila pericoli. D’altronde non ho più che un desiderio: morire per l’Italia; e questo destino, questi pericoli tenterò più presto che non si pensi (1). Queste parole dimostravano, oltre alla sua grande amarezza, che il suo pensiero era rivolto sempre alle rimanenti regioni d’Italia non ancora liberate: Venezia, Roma, Napoli, Palermo. Questa idea l’aveva manifestata anche nel settembre 1859 quando, con il motto “un milione di fucili. Un milione d’uomini” aveva lanciato la sottoscrizione nazionale per creare ed armare l’esercito dell’unificazione d’Italia; sottoscrizione che aveva ottenuto un’entusiastica adesione nelle popolazioni dell’Italia settentrionale e centrale. Garibaldi era ancora incerto sulla direzione da prendere, ed i maggiori dubbi riguardavano il meridione. Nonostante la sua audacia, la sua temerarietà, si rendeva conto dei pericoli e delle difficoltà che comportava una spedizione in Sicilia: conosceva la consistenza dell’esercito borbonico di campagna, che ammontava a circa 60.000 uomini e della marina, che contava su un centinaio di navi da guerra di diverso ton-

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