to in settembre nella capitale devastata del Libano, costituisce il maggior spiegamento di forze all'estero messo in atto dal governo italiano dopo la seconda guerra mondiale. E' stato loro assegnato il settore più delicato di Beirut, dove la ricostruzione degli edifici e delle strutture di base, e soprattutto la riconquista della fiducia, saranno estremamente difficili. La missione dei tre battaglio; ni- paracadutisti, marinai e bersaglieri che compongono il contingente prevede tre obiettivi: aiutare le forze armate libanesi, restaurare la sovranità libanese sul Libano e proteggere la popolazione civile. « Ma proteggerla da chi?» domanda il colonnello Franco Angioni, Comandante delle truppe italiane. Gli israeliani e i falangisti cristiani se ne sono andati, ma la paura c'è ancora. Continuano ad essere messi in atto violenti regolamenti di conti, per ragioni politiche e no. Di tanto in tanto, la zona è ancora scossa da esplosioni. Per lo più si tratta di granate e di bombe rimaste dopo i combattimenti, che vengono disattivate da esperti delle truppe italiane e francesi. A volte si tratta invece di veri attentati. Allora vengono effettuate retate di palestinesi da parte di libanesi non identificati, ma gli italiani rifiutano di ratificarle. . Il col. Angioni dice: « l nostri uomini non sono addestrati per fare il lavoro di polizia. Le posso assicurare che nel settore italiano non sono stati effettuati arresti da persone che non vestissero l'uniforme e che nessuna violenza è stata perpetrata dopo gli arresti ». Piano piano
gli sforzi danno i primi risultati. E' voce comune che il contingente italiano sia il migliore dei tre. Sopra. L'ultimo bersagliere in Libano. Dopo la partenza del Contingente fu creato Il distaccamento dell'Esercito italiano in Libano, comandato dal Ten. Col. Giovanni Deidda, rientrato in Patria dopo circa 3 settimane. A sinistra. Esercitazione a fuoco del bersaglieri del Contingente Italiano della Forza Multinazionale di Pace.
94