terno e dall'esterno e con protezione accresciuta da piastre aggiuntive di acciaio balistico. A quello per le squadre di assaltatori, destinate ad opera re volta a volta da bordo e a terra, si aggiunsero mezzi cingolati e protetti per i collegamenti di comando, per l'azione di fuoco di accompagnamento e controcarri (ad esempio: mortai da 120 montati su VCC « M106 » e missili filoguidati « TOW » su VTC) . l reparti di bersaglieri acquisirono quindi quelle caratteristiche che erano state da tempo ipotizzate dall'inglese Liddell • Hardt, «una lancia avente non solo la punta ma tutta l'asta corazzata », e si posero in sintonia con la dottrina che s'andava formando. Questa , infatti, prevedeva per i reparti di bersaglieri una alternanza di azione « montati » e « a terra » ed una mobilità e flessibilità su tutti i terreni accessibili ai carri allo scopo di for- sopra. mare con essi un binomio insc in- Bersaglieri In attività ginnica. dibile. Ne derivava la opportunità di condurre alcuni atti tattici Sotto. con il personale « montato » a un VTT << M 113 ».
vantaggio dell'aderenza tra le due componenti fondamentali delle unità corazzate. Dall'iniziale articolazione delle forze in gruppi e raggruppamenti tattici pluriarma costituiti volta a volta con prevalenza di reparti bersaglieri oppure di reparti carristi, si passò nel 1962 e fino al 1968 a quella in Brigate corazzate e meccanizzate permanentemente organiche. Nelle Brigate meccanizzate i bersaglieri rappresentarono l'elemento principale della manovra, mentre in quelle corazzate furono destinati ad integrare ed incrementare la capacità operativa carrista. Peraltro, la successiva evoluzione della dottrina tattica del nostro Esercito comportò, nel frattempo, la necessità di apportare adeguate modifiche allo « strumento >> destinato a realizzarla. Intendendo per « strumento >> quel complesso di Grandi Unità e di unità di supporto che debbono essere tenute in vita per rendere possibili i predisposti piani operativi. A tale scopo, le unità di fan-
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