in alto Molino del Raso, in località San Donato sul torrente Senatello sulla Strada Provinciale Casteldelci-Balze
in basso, a sinistra Interno Museo Mulino Sapignoli a Poggio Berni
in basso, a destra Particolare del Mulino della polvere da sparo a Novafeltria
condizioni e sono visitabili. Tra questi Mulino Moroni e Mulino Sapignoli ora Museo dell’arte molitoria, a Poggio Berni, Mulino Ronci a Ponte Messa di Pennabilli, dove è attiva la segheria e il mulino ad acqua che produce farine macinate a sasso. Altri sono stati restaurati e risistemati ma non hanno mantenuto la loro destinazione d’uso. Comunque rendono giustizia a ciò che erano un tempo. Tra questi il Molino di Piega nell’omonima località, nel comune di San Leo, ora struttura ricettiva denominata Locanda di San Leone. Sempre nel comune di San Leo, in località Monte Fotogno ma proprio sul Marecchia, nei pressi di Ponte Santa Maria Maddalena, ben visibile dalla Strada Provinciale Marecchiese, il Mulino di Sandaci o Sandaccio. Dalla parte opposta del ponte, in territorio di Novafeltria, un altro antichissimo mulino divenuto ristorante, denominato Spiga d’Oro. Così in Valconca, dove accanto al fiume, correvano numerosi i canali dei mulini, come scriveva lo storico Adimari nel 1616. Sulle sue rive si contavano al tempo settantasei mulini, anzi Mollini, scriveva un altro studioso, il Guerrieri, a cui somministravano il movimento le acque del fiume. Qui l’acqua era abbondante e non necessitava la realizzazione di fosse, bisognava invece svolgere continui lavori di manutenzione sulle prese delle acque e sulle canalizzazioni per via delle frequenti piene. Oggi restano le tracce di ben 63 opifici, tutti censiti, anche se non tutti sono ancora identificabili come mulini. Ben 43 sulla riva sinistra a partire da Misano Adriatico, passando per San Clemente, Monte Colombo, Montescudo, fino a Montecopiolo, e 20 sulla riva destra, partendo da San Giovanni in Marignano, Morciano di Romagna, Montefiore Conca, Gemmano fino a Monte Copiolo. Alcuni mulini nel territorio di Morciano, come il Balzi e il Leardini di Sotto, si sono conservati nel tempo, nonostante i restauri. Molti mulini subirono alla fine del 1700 ampliamenti con l’aggiunta di ulteriori macine: per le ghiande, la cui farina veniva utilizzata come alimento animale, per lo zolfo usato per produrre la polvere da sparo detta “polvere nera”, e anche il guado. Diversificando la produzione si rendevano più proficui i guadagni. I mulini del guado Il territorio delle alte valli del Marecchia e del Conca offre l’occasione di un viaggio nel passato alla scoperta di quella che fino alle soglie del ’700 è stata una delle più importanti attività produttive locali: la coltivazio68