Documento politico LINK - Coordinamento Universitario

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1 – VINCERE DENTRO LA CRISI, GLI SPAZI DEL POSSIBILE. All'apice della crisi economica, politica, democratica, ambientale e sociale non si può non ripensare il ruolo dei soggetti di opposizione sociale e ridefinire orizzonti, obiettivi e senso delle battaglie che conduciamo. Siamo cittadini di un mondo in declino, che per sopravvivere prova a comprimere diritti, demolire speranze, consumare bisogni. Tutto ciò avviene mentre le forze politiche e sociali di alternativa non sono mai state così deboli, non solo in Italia, ma in tutto l'opulento Occidente. Quel che di vivo alcune soggettività sociali, nelle proprie forme organizzate e di movimento, riescono a mettere in campo viene costantemente sottoposto a processi di assorbimento, normalizzazione, repressione. In questa fase non si può quindi non chiedersi cosa voglia dire “resistere”, “ribellarsi”, “costruire l'alternativa”, “produrre cambiamento”, ma soprattutto cosa voglia dire “vincere”. Prima ancora dei rapporti di forza pesa l'analisi del campo su cui si gioca la partita. La democrazia italiana è senza dubbio l'espressione avanzata di un processo transnazionale che vede il superamento delle forme classiche della democrazia rappresentativa tipica degli stati nazionali, una forma di governo evidentemente più espressione di un potere oligarchico che della sovranità popolare, ma che fino a ieri quantomeno garantiva forme di mediazione tra le istituzioni e le istanze sociali e le lotte che ne derivavano. Oggi, seppur in forme differenti, in tutto il mondo occidentale, si è chiuso questo spazio. Le post-democrazie non modificano solo il grado di relazione tra singolo e rappresentanza politico-istituzionale, ma incidono profondamente sui processi collettivi e la loro possibilità di produrre cambiamento. La delocalizzazione delle imprese da un lato, dall'altro la delocalizzazione della democrazia, intesa come trasferimento dei processi decisionali dalle istituzioni rappresentative alle élite economiche globali e come crisi della governance, mostrano quanto la globalizzazione e i processi da essa innestati portino povertà, ricattabilità, rabbia e frustrazione. Il ruolo dei soggetti sociali organizzati, in questo quadro, deve tener conto dell'indeterminatezza degli interlocutori. Se il Parlamento è svuotato di funzioni, il Governo è succube dei flussi internazionali del capitale, dell'economia finanziaria e degli organismi sovranazionali, chi è la nostra controparte? Chi può rispondere alle nostre istanze? Chi dobbiamo costringere ad ascoltarci? Governi appariscenti e impotenti o organismi inafferrabili e potentissimi? La crisi economica, a partire dal 2008, ha impresso un'accelerazione ai processi di dismissione del settore pubblico già in atto, che limitano i margini per la contrattazione sociale. Se le Regioni, gli enti locali e gli atenei son sempre più privi di risorse a causa dei tagli del Governo centrale, quale spazio rimane per microvertenzialità e lotte territoriali? Dentro questa crisi democratica ed economica, dentro le sue conseguenze sociali, serve ridefinire obiettivi e percorsi, consapevoli che la trasformazione radicale della società, oggi più che mai necessaria, passa da una lotta di lungo periodo capace di intessere alleanze sociali vere. Per questo in tutte le contraddizioni delle crisi dobbiamo saperci inserire per riaprire spazi di possibilità per il cambiamento. Spazi reali per cambiamenti reali. Sono proprio questi cambiamenti reali che rappresentano la nostra idea di vittoria. Rifiutiamo ogni logica strumentale che relega il cambiamento dell'esistente nello spazio dell'immaginario, in cui ci si può permettere di essere radicali fino all'estremo per incitare alla mobilitazione senza mai dover fare i conti con i suoi risultati reali, con il solo risultato di creare nuova frustrazione. L'autunno 2010, grazie a una determinazione straordinaria e a una capacità strategica del movimento studentesco, inseritosi nella crisi di Governo, ha sentito la vittoria come possibile. Dobbiamo però sapere che ci siamo inseriti in una crisi di Governo tutta interna al campo del centrodestra, lanciandoo la sfida “governo precario, generazione precaria: vediamo chi cade”, e ora, a mesi di distanza, dobbiamo prendere atto che siamo ancora qui, entrambi, più precari che mai. Berlusconi mantiene saldo il proprio ruolo proprio grazie al meccanismo ormai puramente formale della fiducia parlamentare, garantita da un radicato fenomeno di corruzione: la maggioranza a sostegno del Governo si amplia di settimana in settimana. Questo avviene nonostante gli scandali, la


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