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Le Storie di LPP | CESARE LEONARDI

le storie di lpp

Nell’illustrazione, Roberto Malfatti immagina Leonardi mentre ragiona con il suo Sistema Reticolare Acentrato.

CESARE LEONARDI il metodo e l’osservazione

di Luigi Prestinenza Puglisi illustrazione di Roberto Malfatti

Cesare Leonardi proviene da una famiglia artigiana della provincia di Modena. Si iscrive tardi, nel 1956, a ventuno anni, alla facoltà di architettura di Firenze e si laurea solo nel 1970 perché nel frattempo ha bisogno di lavorare: nel 1963 apre infatti a Modena uno studio con Franca Stagi, sua compagna di liceo laureatasi al Politecnico di Milano, con la quale opereranno insieme sino al 1983 condividendo tutti i progetti. Leonardi mostra un approccio sistemico portato alle strutture più che le singole forme. A convincerlo di muoversi in questa direzione contribuisce l’incontro con uno dei personaggi più carismatici dell’architettura italiana di quegli anni, Marcello D’Olivo, dal quale svolge un periodo di apprendistato tra il 1959 e il 1960. D’Olivo, che è un bravo pittore e divoratore di ogni genere di libri, oltre a insegnargli i segreti delle strutture, lo consolida nel convincimento che l’architetto debba essere artista e scienziato. Vi è, infi ne, la fotografi a, una passione che porta Leonardi a ritrarre in continuazione il mondo producendo immagini che poi sviluppa da solo, con strumenti da lui stesso realizzati. Le sue campagne fotografi che non perseguono la magia del singolo scatto ma sono serie che raccontano l’oggetto visto da differenti prospettive durante le ore della giornata. Potremmo parlare di un approccio impressionista, o forse cubista, consistente nel bisogno di restituirci tutta la complessità dell’oggetto. Leonardi è un appassionato della natura. Sono particolarmente belli i progetti all’aria aperta: del Parco Amendola, del Parco della Resistenza a Modena e del centro nuoto a Vignola. Partono da un presupposto oggi più che mai attuale: gli alberi non sono, come la chiama lui, “verdura” da mettere dove capita per esigenze di abbellimento. Sono organismi che hanno proprie leggi di crescita e qualità cromatiche. Debbono essere quindi ben conosciuti dal progettista. Da qui un lavoro immenso di catalogazione che Leonardi compie con la Stagi e con gli assistenti dello studio per fotografarli e disegnarli uno per uno, nelle diverse stagioni. L’operazione si avvale di quel metodo strutturale, un po’ impressionista e un po’ cubista, che ha messo a punto attraverso la passione per la fotografi a. Il problema che lo intriga di più è come trasferire nel campo della progettazione l’approccio strutturale, che tanto funziona nel rilievo, senza cadere in semplifi cazioni geometriche e formali che ingabbierebbero gli alberi, e quindi la natura, privandoli della libertà. Inventa la Struttura Reticolare Acentrata (RSA): un sistema di nodi ed aste che delimitano poligoni irregolari i quali a loro volta permettono di distanziare gli alberi ordinandoli secondo un disegno informale. La struttura, allo stesso tempo, è una maglia rispetto alla quale organizzare le attività degli utenti del parco, permettendo così la coesistenza equilibrata di uomo e natura. La strada quindi è diversa da quella del mondo dell’industrial e del fashion design. Passa per l’artigianato. Per il fai da te, per la sapienza di chi lavora con l’intelligenza delle mani. Ad ossessionarlo è una idea che ha sempre a che fare con la sua passione per le strutture: quante forme possibili di sedie si possono ricavare se si utilizzano solo tavole di 150x50 centimetri e non più di una per sedia? La risposta è: infi nite. Leonardi comincia così, molto prima che vengano utilizzate le macchine a controllo numerico, a realizzare sedie dalle forme più fantasiose: tutte diverse tra loro ma tutte caratterizzate dallo stesso imperativo progettuale dell’assenza di spreco. Tutte generate da una stessa tavola di poco costo. Pensateci bene. Le sequenze di fotografi e che ritraggono alberi, le permutazioni della struttura reticolare acentrata, le infi nite sedie ricavabili da una tavola di 150x50 centimetri condividono la medesima ossessione: osservare il mondo attraverso le sue imprevedibili consonanze ■