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Street Art: tra diritto e anarchia
Avv. Gaia Fusai
Milano, Viale Bianca Maria 5 gaia.fusai@studiolegalefusai.it
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Quando Bansky dichiarava che “i graffiti sono stati utilizzati per dare inizio a rivoluzioni, fermare le guerre, e in generale sono la voce delle persone che non vengono ascoltate ” forse davvero non immaginava quanto stimolante dal punto di vista giuridico e delle sue evoluzioni, potesse diventare quella corrente artistica che prende il nome di Street Art. Il fascino dei cosiddetti Street Artists deriva proprio dalla difficile catalogazione di questa forma espressiva, tanto in termini di specifica categoria nel panorama artistico contemporaneo, quanto dalla difficilissima utilizzazione dei tradizionali strumenti giuridici posti a sua tutela. Certamente, tra i riferimenti normativi cui si è fatto più agevole ricorso, anche in recenti pronunce delle nostre corti giurisdizionali, possono riassumersi quelli relativi alla disciplina del diritto d’ autore, laddove il legislatore prevede un elenco non esaustivo di opere meritevoli di protezione, tra cui certo, pur senza uno specifico riferimento, possono ritenersi ricomprese anche quelle di cui qui si discute. Tuttavia, il primo problema che si pone, ai fini dell’ applicazione di detta normativa, sorge proprio con specifico riferimento al tema dell’ autorialità. Per la vocazione ribelle e antisistemica che li distingue, non è raro che gli Street Artists ricorrano proprio all’ amato uso dell’ anonimato, utilizzando spesso uno pseudonimo “di battaglia ” a firma delle proprie creazioni. È evidente come in tali ipotesi risulti impossibile identificare il soggetto meritevole di tutela, con connotati ancor più complessi qualora si ponga la necessità non solo di accertare il diritto morale d’ autore, ma per esempio l’ opportunità di utilizzare economicamente l’ opera (non la sua riproduzione che segue paradigmi normativi differenti), creando oggettive difficoltà nell’ applicazione della normativa di riferimento. Con maggior evidenza si pone poi la questione giuridica relativa all’istituto della proprietà. La Street Art nasce, come noto, principalmente come strumento per riprendersi spazi sociali, in una prospettiva di riappropriazione politica ancor prima che artistica. Spazi che per loro natura divengono parte essenziale del messaggio veicolato e che non possono essere ridotti e irreggimentati in luoghi assegnati o concessi dall’ autorità, rispetto alla quale si ribadisce invece estraneità e dissenso. È questo, di tutti, il profilo più intrigante. Ha senso ribadire l’ ancestrale dicotomia tra cosa pubblica e cosa privata? Non ha davvero più significato considerare tali opere, cose comuni? Con il corollario che già oggi potrebbe essere facilmente utilizzato a loro tutela per esempio mutuando, con gli opportuni adattamenti, la normativa già esistente in tema di tutela delle opere di interesse storico e artistico nazionale al fine di preservare un patrimonio espressivo, quando meritevole, che in assenza di strumenti dedicati, rischia di non trovare non solo tutela giuridica ma proprio originario riconoscimento.