18 / PRIMO PIANO / VIAGGI RAVENNA&DINTORNI 9-15 gennaio 2020
L’AVVENTURA
Una pedalata collettiva chiude il Magio Bike Tour «Un viaggio alla scoperta anche di noi stessi» Il 14 marzo con il ritorno a Ravenna si conclude il giro del mondo in bicicletta partito sette anni fa «Tra paure, serenità, amore, deserti, cambiamenti climatici: le domande che ci hanno fatto riflettere»
Torneranno nella loro Ravenna sabato 14 marzo i due fratelli impegnati nel giro del mondo in bicicletta. Uno in particolare, Giovanni Gondolini, era partito nel febbraio del 2013 con l’amico Marco Meini per portare a compimento l’impresa, da queste parti di certo senza precedenti. Il MaGio Bike Tour – come ribattezzato, sfruttando l’acronimo dei loro nomi – ha avuto una prima svolta nel 2016, quando Meini ha abbandonato l’avventura dopo aver conosciuto ed essersi innamorato di una ragazza, con cui è poi andato a vivere (facendo due figli) in Canada. Gondolini ha invece continuato a pedalare da solo (alternando compagni di viaggio incontrati per strada), raggiunto poi l’anno successivo dal fratello Francesco in Sudamerica. Dove però Giovanni ha subìto un grave infortunio, rompendosi il tendine d’Achille in Cile mentre stava giocando insieme ad alcuni bambini del posto. A fine 2017 quindi il ritorno obbligato (in aereo) a Ravenna, dove si è sottoposto a un intervento chirurgico, per raggiungere comunque di nuovo il fratello dopo una breve riabilitazione, a inizio 2018, e concludere così insieme il giro del Sudamerica. Lo scorso è stato invece l’anno dell’Africa, prima del ritorno in Europa per Natale (a Lisbona) e Capodanno (a Porto). Mentre ci scrivono, a inizio gennaio, i due stanno puntando Madrid, poi sarà la volta di Valencia, Barcellona e la costa sud della Francia. Il 14 marzo, come detto, il ritorno a Ravenna, con un ultimo tratto di pedalata collettiva, per chi vorrà accompagnarli, da Imola e poi anche da Russi, con l’arrivo in piazza a Ravenna verso metà pomeriggio per una piccola festa, a cui collaboreremo anche noi di R&D, che abbiamo ospitato i loro reportage in questi sette anni. Qui di seguito pubblichiamo l’ultimo di Giovanni, a cui abbiamo chiesto di sintetizzare le emozioni di sette anni di viaggio. Ragazzi siete pronti al rientro a casa? Siete pronti a raccontare il viaggio? Ci viene da dire che ci stiamo preparando da anni al ritorno, ma a raccontarlo forse ancora no. Per esternare questo pieno di emozioni ci servirebbero forse delle domande interessanti, ma spesso ci viene solo chiesto quale sia stato il paese piú bello oppure come ce la siamo cavata con i soldi. Sono domande lecite ma forse riduttive, sono le domande veloci per una società che ha fretta. Il nostro andare è invece lentissimo, estremamente economico e il paese più bello del mondo non esiste, ma ne esistono tanti quanti gli stati d'animo di chi li attraversa. Qua e là però abbiamo incontrato persone molte sagge e le loro domande le portiamo con noi. Persone speciali che ci hanno fatto riflettere, conducendoci garbatamente dinanzi allo specchio. Renato in Tailandia mi chiese se in bicicletta riuscissi a piangere. I suoi occhi erano colmi di una maliconia che non trovava
150mila km macinati in due Il 14 marzo, quando farà ritorno a Ravenna, Giovanni Gondolini avrà percorso in sette anni, dalla partenza del febbraio 2013, oltre 90mila chilometri sui pedali, attraversando 70 Paesi. Il fratello Francesco invece in tre anni di “giro del mondo” il 14 marzo avrà percorso più di 40mila chilometri e attraversato 33 Paesi.
Giovanni (a destra) e Francesco Gondolini in una foto scattata all’Equatore, durante l’attraversamento del Kenya
sfogo nelle lacrime, molto simili ai miei di oggi, dopo l'Africa così dura nella corteccia e fragile nell'anima. I miei occhi ora così diversi da quelli di inizio viaggio, così giovani, così vergini. Ora credo che il nostro sguardo debba guardare per un po' qualcosa di familiare per potersi di nuovo inumidire, lasciando trasudare la gioia che teniamo dentro gelosamente custodita. Dario in Mozambico ci chiese se non avessimo paura, del presente, ma soprattutto del futuro, del fatidico dopo. E la verità è no. Io non ho più paura. Così nel bosco in solitaria o nelle periferie vicino a una favelas, io non ho più paura. Sono all'erta come una antilope che protegge la propria vita, ma spensierato come una tartaruga fiduciosa del proprio guscio, del proprio io. Manuela negli States ci chiese se la bici era un mezzo o un fine e io le dissi che era il mio strumento per trovare serenità, era il mezzo senza alcun dubbio per andare da qualche parte, è il vettore che mi permette allo stesso tempo di depurarmi e di sfidarmi. La bici è il tappetino su cui molti fanno yoga, è la mia scarpa da calcio, è la tastiera del mio piano, è la carta su cui scrivo, è il letto su cui faccio l'amore. Marco a Lima mi chiese a proposito se cercassi l'amore o se ne stessi scappando. Allora non gli risposi e quella domanda continuo a pormela ogni giorno. Shin Yu in Mongolia voleva sapere cosa c'era nel mio deserto, me lo chiese lei che viveva nel Gobi. Entrambi sapevamo di amarlo, il deserto, perchè fra i pochi non ci si sente mai soli, perchè nell`apparente vuoto si percepisce una pienezza mistica e totale. Nel deserto ci si ama con uno sguardo. Jhon Bo, un dottore in Guinea, voleva sapere che soluzioni
avessimo pensato per l'Africa. Francy gli disse che le soluzioni sono il risultato di un problema, mentre il grande continente nero non è un problema ma una grande opportunità. L'onda del suo futuro potrà essere cavalcata solo dagli africani, solo loro dovranno trovare la forza di chiedere a noi occidentali di farci da parte. Akiko in Giappone mi chiese se il mondo che si era srotolato sotto le nostre ruote fosse in salute. Lei sapeva meglio di noi quanto non fosse così, siamo tanti e male educati, ma anche grazie alla bici continuo a vedere soluzioni e qui parlare di soluzioni è appropriato, perchè il problema ambientale sussiste. Francy continua a ricordarmi di essere il cambiamento che voglio vedere nel mondo, così con ottimismo proviamo a migliorarci. Amir in Iran mi domandò cosa fosse l'Europa. Dissi semplicemente casa. Non solo spazio geografico, ma comunità che punta ad allargarsi come un giardino che si ampia senza invadere. E io adoro questa casa. Florencia in Uruguay voleva sapere se poi ripartirò, Adur in Cile ci chiese se Ravenna poi non ci sarebbe sembrata piccola e Jasmin in Portogallo era curiosa di capire se mai ci sentissimo stranieri. Domande e domande su cui riflettiamo sempre, continuando a sorprenderci delle nostre stesse risposte che cambiano nel tempo e delle infinite domande che nascono spontanee a ogni giro di ruota. Domande per crescere e risposte da continuare a cercare. Poi finalmente i nostri genitori in Marocco ci chiesero semplicemente se eravamo soddisfatti. Abbiamo detto loro di sì. Giovanni Gondolini
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10 GEN VEN
17 GENNAIO 2020 MUSICA Inizio spettacoli ore 22 TEATRO/EVENTI Inizio spettacoli ore 21
Circolo ARCI - Ingresso Riservato ai Soci
VINCENZO MOLLICA “Prima che mi dimentico di tutto…” Parole e Canzoni compositore Fabio Frizzi
BARBIERE DI SIVIGLIA Dramma comico di Gioachino Rossini
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Esecuzione scenica con voci e orchestra
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MORGAN
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“Piano Solo” Musica cantautorale
Come da tradizione, ad ogni evento i “MITICI” CAPPELLETTI DEL SOCJALE Via Piangipane, 153 - PIANGIPANE (RA) www.teatrosocjale.it - Cell. 327 6719681
Teatro Socjale