SALUTE& BENESSERE
giovedì 4 luglio 2013 | RAVENNA& DINTORNI
UROLOGIA
Con la brachiterapia, il tumore della prostata oggi fa meno paura Il tumore della prostata è una delle più frequenti neoplasie che colpisce il sesso maschile. In Italia ogni anno vengono diagnosticati 113 casi di tumore della prostata ogni 100.000 uomini. Molto utilizzato a livello diagnostico è la ricerca del valore PSA nel sangue. «Il dosaggio di questa proteina prodotta quasi esclusivamente dalla prostata – spiega il dottor Calogero di Stefano dell’Unità operativa di Urologia dell’ospedale di Ravenna, diretta dal dottor Salvatore Voce – è uno strumento molto efficace, se associato alla visita urologica, per individuare le persone interessate da tumore. Il giusto timore di una malattia così importante porta spesso molti uomini che non hanno nessuna sintomatologia ad eseguirlo. Se il valore del PSA supera quello di normalità riportato sul foglio del referto la persona inizia a preoccuparsi, ma bisogna innanzitutto sgombrare il campo dalla certezza che ogni paziente con PSA elevato abbia un cancro. Nulla di più falso. Il PSA aumenta anche per infiammazione prostatica, per ingrossamenti dell’organo o per semplici predisposizioni fisiologiche. Certo l’indurimento di una ghiandola prostatica deve
far sempre porre il sospetto di tumore e va quindi ampiamente indagato. L’esecuzione di una biopsia prostatica è la sola indagine strumentale che può fugare ogni dubbio». Se l’esame dovesse risultare positivo importante è valutare tutte le possibili soluzioni con l’urologo. Le opzioni sono numerose ed è difficile scegliere la più appropriata: rimo-
Ravenna tra i primi 3 centri in Italia
zione chirurgica di tutta la prostata, trattamento con radiazioni, terapie farmacologiche, cercando, quando è possibile, di preservare la vita sessuale del paziente e un controllo urinario corretto. Già oggi le tecniche operatorie in laparoscopia e con l’utilizzo di una telecamera permettono di ri-
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Nella foto, da sinistra, Calogero di Stefano, Salvatore Voce e Fabiano Palmieri.
Un trattamento veloce, sicuro ed efficace
durre le complicanze, ma resta il fatto che ci si deve sottoporre ad anestesia totale e non sono azzerati i rischi di emorragia. Però, una soluzione adeguata per poter mantenere, dopo il trattamento del tumore della prostata, tutte le funzioni fisiologiche possedute prima dal paziente c’è. «Sì – spiega il dottor di Stefano – è
la brachiterapia interstiziale prostatica permanente con semi di Iodio 125. Il paziente viene sottoposto ad un intervento in anestesia parziale (anestesia spinale), senza alcuna incisione chirurgica e si viene dimessi dopo 12 ore. Il principio sul quale si basa la tecnica è molto semplice. Attraverso lo spazio tra ano e testicoli
(perineo) vengono inseriti all’interno di determinate zone della prostata, calcolate da un computer, dei semi di circa 0,5 cm carichi di radioattività. A portare i semi nei punti desiderati provvede un ago che dall’esterno, attraversando il perineo, raggiunge la prostata e le zone con il tumore. La radioattività distruggerà sia le cellule sane che quelle cancerogene a contatto con le radiazioni, ma le radiazioni non raggiungeranno l’intestino o la vescica perché possiedono un raggio di azione distruttivo molto corto. Solo l’uretra può avere qualche disturbo, un po’ di bruciore che in genere si attenua nel tempo. Un trattamento quindi veloce, sicuro senza effetti collaterali permanenti e soprattutto efficace. A ricordo della brachiterapia il paziente porterà all’interno della prostata tutta la vita i semi ormai scarichi e inoffensivi». Nell’U.O. di Urologia i medici Voce, di Stefano e Fabiano Palmieri praticano questa metodologia da ormai 13 anni. Oggi, assieme ai collaboratori di radioterapia e fisica sanitaria, si è vicini a festeggiare il paziente numero 500. «Nel frattempo – conclude di Stefano – tutto il mondo urologico ha riconosciuto ufficialmente la validità terapeutica della brachiterapia prostatica e siamo veramente orgogliosi di essere fra i primi tre centri in Italia ad avere la casistica più ampia con risultati di guarigione simili ai pazienti operati chirurgicamente. Se la brachiterapia manterrà nel tempo i risultati che oggi ha dimostrato di raggiungere potremo sicuramente affermare che il tumore della prostata farà sempre meno paura”. Claudia Graziani