Ravenna e Dintorni 477 01 03 12

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ECONOMIA& IMPRESE

giovedì 1 marzo 2012 | RAVENNA& DINTORNI

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C O O P E R AT I V A F A C C H I N I R I U N I T I

CONFCOOPERATIVE

VERTENZA SINDACALE/1

Il 24º Congresso rinnova il Consiglio e riconferma Gordini

Ex lavoratore Rafar contro la cooperativa

Il nuovo consiglio provinciale ha riconfermato Raffaele Gordini alla guida di Confcooperative Ravenna. La nomina si è tenuta all’hotel Holiday Inn di Ravenna dove l’associazione venerdì 24 febbraio si è riunita alla presenza di oltre 200 delegati per la ventiquattresima assemblea congressuale provinciale. «Ci aspettano altri anni molto difficili ma abbiamo davanti anche nuove sfide e nuove opportunità – ha commentato il presidente a pochi minuti dalla rielezione –: l’obiettivo più urgente è quello di uscire dalla crisi per riportarci su un percorso sicuro di crescita. La nostra organizzazione si impegnerà in questo, sia con le aderenti che nei Tavoli territoriali, proprio perché non intende la rappresentatività in modo virtuale ma quale frutto di un lavoro organizzativo serio, costante e leale verso le cooperative e la comunità». Nel corso della giornata sono stati eletti anche i 43 nuovi componenti del consiglio provinciale di Confcooperative che, per 4 anni, affiancheranno Gordini nel lavoro di indirizzo dell’organizzazione. Questi i nomi: Massimo Amaducci, Cesare Bagnari, Marco Balducci, Gialuca Bandini, Elena Bartolotti, Silvia Bertoni, Gianfranco Bessi, Sauro Bettoli, Rossano Bezzi, Emanuela Boschi, Antonio Buzzi, Stefania Ciani, Valentina Cimatti, Giovanni Dallara, Carlo Dalmonte, Emiliano Dolcini, Cesarino Dradi, Raffaele Drei, Costante Emaldi, Domenico Frega, Roberta Ganzerla, Claudia Gatta, Giuseppe Gatti, Cinzia Ghirardelli, Romeo Giacomoni, Chiara Laghi, Paolo Manetti, Francesco Melandri, Cristina Orsi, Marco Passardi, Maria Cristina Pezzi, Giovanni Pirazzini, Domenico Poletti, Mirella Pozzi, Raffaella Rambelli, Maurizio Ravaioli, Giampiero Reggidori, Raimondo Ricci Bitti, Mauro Ricci, Secondo Ricci, Paolo Rinaldini, Pio Serritelli, Doriana Togni, Davide Vernocchi, Dino Vignutelli. Collegio revisori dei conti: Giuseppe Gambi (presidente), Alessandra Baroni, Ivo Guerra, Enrico Montanari (supplente), Elena Fusconi (supplente).

Ha lavorato per un anno circa e poi, a pochi giorni dallo scadere del suo contratto a termine, il 31 dicembre, la doccia fredda: non ci sarà rinnovo. E lui adesso apre una vertenza per riavere almeno quello che, secondo la legge, pare gli sia dovuto. Che sono un po’ di soldi, di lavoro non se ne parla ovviamente. Enrico Caravita, 38 anni, era un lavoratore a termine, per lui non c’è bisogno di licenziamento. Alla Rafar, la cooperativa multiservice per cui lavorava, basta non richiamarlo al lavoro. «Mi sono stupito perché tutti i miei colleghi sono stati richiamati e durante tutti i mesi in cui ho lavorato ero stato promosso e mi sono state affidate molte persone da formare per un lavoro che può essere anche molto pericoloso». Caravita e colleghi infatti si occupavano di imballaggio e trasporto dentro la Marcegaglia. A un certo punto però, dopo l’estate, il lavoro cala e, con esso, le giornate di impiego. «Ci facevano sapere alle sei di sera se il giorno dopo avremmo lavorato, e se non lavoravamo, non venivamo pagati». Ed è questo che oggi Caravita, insieme al segretario provinciale della Uil Trasporti, Roberto Billi, contesta a Rafar. «In realtà – spiega il sindacalista – il contratto prevede che le ore siano pagate tutte e per questo stiamo chiedendo che vengano liquidate. Un’azienda non può ridurre le ore e i compensi così, arbitrariamente. Sappiamo che è stato fatto per ragioni di crisi e mancanza di lavoro, ma a questo punto non si capisce per quale ragione, come da noi più volte sollecitato, la cooperativa non abbia chiesto la cassa integrazione straordinaria, come hanno fatto altre coop». E questa della cassa integrazione era una richiesta che anche Caravita stesso aveva suggerito all’azienda per poter garantire lo stipendio e una retribuzione a se stesso e ai suoi colleghi anche nel periodo di crisi. E, ci racconta, in precedenza aveva fatto richieste anche in termini di formazione e sicurezza, chiedendo accorgimenti nell’organizzazione del lavoro. Il tutto in un’azienda dove la manovalanza (che guadagna, se a termine, non più di 950 euro al mese se lavora tutti i giorni) è prevalentemente immigrata, spesso straniera, e dove non esistono rsu sindcali e tavoli di trattativa. «Non vorrei – chiosa Billi – che nella decisione di non riassumere Caravita abbia pesato anche il fatto che durante il periodo di lavoro ha avanzato richieste di tipo “sindacale”». Federica Angelini


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