Rapporto Confidenziale - n°34 - estate 2011

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numero34 . estate 2011

e la lettura psicologica dell’ambiente. Victor Sjöström costruisce un “naturefilm” carico di emotività, rigoroso e maestoso, incentrato sull’allegoria del precipizio come condizione ultima e terminale dei personaggi. Le riprese cominciano nella tarda primavera del 1917 e si svolgono prevalentemente ad Abisko, nella parte norvegese della Lapponia, dove il regista utilizza autentici pastori locali come figuranti. Il periodo delle riprese è duro e irto di insidie: il freddo rigido della primavera scandinava, i luoghi impervi e scoscesi, l’assenza di luce, al punto che spesso la lavorazione viene interrotta ed il regista è costretto a terminare alcune riprese negli studi della Svenska Bio, all’interno dei quali vengono ricostruite intere porzioni di paesaggi ed utilizzati fondali dipinti compresi di neve finta. Il film esce nelle sale svedesi nel gennaio del 1918 divenendo subito un successo importante; successo che spinge molti paesi europei ad acquistare la pellicola e che in Francia porta il critico e regista Luis Delluc ad affermare: «È senza dubbio il film più bello del mondo». Karl (Victor Sjöström) è un vagabondo in cammino sugli altopiani islandesi. Durante il suo errare incontra Arnes (John Ekman), un lavoratore occasionale che gli indica la casa di una ricca vedova come luogo per trovare lavoro. La fattoria è gestita da Halla (Edith Erastoff), la quale dopo aver respinto la proposta di matrimonio di Bjorn (Nils Arehn), il borgomastro suo cognato, si invaghisce di Karl e lo assume come suo dipendente. All’uscita della messa domenicale, Bjorn scopre attraverso le confidenze di un suo conoscente che Karl non è quello che dice di essere: il suo vero nome è Berg-Ejvind, condannato per furto ed evaso dal carcere, rifugiatosi sotto falsa identità sulle vette dell’altopiano. Insidiato dalle pressioni di Bjorn, Karl rivela ad Halla la sua vera identità, per poi fuggire nuovamente per evitare la cattura. Halla, nonostante le proteste di Ejvind, decide di unirsi a lui, abbandona la fattoria e la vita agiata e sale con l’uomo sull’altopiano alla ricerca di un rifugio. Passano cinque anni durante i quali i due hanno condotto una vita difficile ma serena, dando alla luce una bambina. Un giorno incontrano nuovamente Arnes, il quale si unisce a loro, ma è profondamente turbato dalla presenza di Halla. La seduzione incarnata dal corpo della donna porta Arnes ad un comportamento scorretto nei confronti dell’amico e addirittura a cercare di provocarne la morte al fine di possedere la donna. Resosi conto della sua malignità, Arnes abbandona l’altopiano, ma scendendo dal dirupo si accorge che Bjorn, con altri uomini a cavallo, è diretto verso il rifugio di Ejvind e Halla per catturare l’uomo. In seguito alla colluttazione, la donna sacrifica inopinatamente la vita della figlia, ed Ejvind uccide Bjorn. Ejvind e Halla salgono verso la vetta della montagna dove trovano un nuovo rifugio e un clima più rigido: invecchiano insieme mentre la felicità svanisce con il trascorrere del tempo. Una sera durante una tempesta di neve, dopo un crudele alterco, la donna si allontana e va a morire nella tormenta. Quando l’uomo la ritrova è ormai troppo tardi e così decide di abbracciarla e di morirgli accanto. Con la fine della tempesta, insieme alla luce dell’alba arriva la redenzione per una vita vissuta nella colpa. In Terje Vigen (1917), Victor Sjöström perfeziona quella che è la cifra stilistico-tecnica peculiare del suo cinema: “la lentezza dell’inquadratura”, che diventerà patrimonio comune di tutto il cinema svedese del periodo aureo. All’interno di ogni singola inquadratura si stratificano una sere di messaggi simbolici, che attraverso la “sospensione” della ripresa vengono veicolati attraverso l’indugiare sull’essere umano, al fine di penetrarne gli strati più oscuri della sua psiche e delle sue emozioni. Le inquadrature dei film di Sjöström contengono quel “ritmo interno” di cui più tardi si approprierà Andrej Tarkovskij, e determinano attraverso il montaggio e la costruzione delle scene prima, e delle sequenze poi, una successione di strati narrativi, emotivi e psicologici. Testimonianza “plastica” della “lentezza dell’inquadratura” è l’immagine di Ejvind sull’altopiano, contenuta nel flashback del racconto che l’uomo fa ad Halla per spiegare il suo passato. A figura intera sulla destra è posizionato Ejvind intento a scaldare una vivanda nei vapori del geyser, mentre sullo sfondo, in profondità di campo, si staglia un paesaggio maestoso in cui si vedono altopiani, cascate e ghiacciai. Rapporto Confidenziale. rivista digitale di cultura cinematografica. www.rapportoconfidenziale.org

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