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Il cerchio di fuoco
– Salta, Tatù! Che aspetti? Salta!
Il rullo dei tamburi era incalzante. Il pubblico, intorno, guardava la pantera e teneva il fiato sospeso.
L’aria sapeva di fieno, di popcorn e di cacca di cavallo. Le luci di scena le davano fastidio più del solito e quel pomeriggio non si sentiva bene.
Le girava la testa, aveva la nausea.
Nergis, il suo domatore, infilato a forza dentro una divisa nera di velluto con grandi bottoni dorati, fece schioccare la frusta davanti a un cerchio avvolto dalle fiamme. Il tono della voce tradiva la sua irritazione:
Forza, andiamo, salta!
La pantera Tatù radunò tutte le sue forze. Si piegò per darsi lo slancio, mentre il pubblico la incitava con un lungo ooohhh.
E saltò. Ma non fu un salto perfetto come le altre volte, perché toccò il cerchio con l’addome.
Il cerchio si rovesciò sulla pedana di legno, che prese fuoco. Il pubblico urlò, qualcuno si alzò dal posto per fuggire dal tendone, ma due pagliacci vestiti da pompieri, muniti di estintori, spensero subito le fiamme, facendo persino ridere gli spettatori.
Intanto la pantera nera, a terra, si lamentava con qualche debolissimo ruggito. Era ancora viva ma aveva vistose tracce di bruciature sul manto.
Si riprenderà presto. Chiamate il veterinario! – ordinò Nergis agli inservienti. Poi schioccò di nuovo un colpo di frusta e si rivolse al pubblico. – Gentili signore, gentili signori, al Circo Tombolini non manca mai il brivido.
Gli incidenti fanno parte del nostro mestiere, ma… tutto è bene quel che finisce bene!
Il domatore, con i suoi stivaloni neri, fece un inchino tra gli applausi e prima di uscire dalla pista sussurrò, in direzione di Tatù:
– Con te facciamo i conti dopo!
Quella notte, all’interno della sua gabbia, la pantera ferita e ancora intontita dall’anestesia sentì una vocina e aprì i suoi magnetici occhi gialli.
– Ehi, Tatù, come ti senti? ... Guarda, sono qui! Qui, in basso!
Tatù si voltò verso il pavimento della sua prigione, all’attaccatura delle sbarre, e cercò di mettere a fuoco l’immagine. Inclinò la testa, perplessa. Quello davanti a lei era proprio un… topo?














– Piacere, sono Goa, il topo ballerino. Beh, forse non mi hai mai notato, faccio un noioso numero di danza classica prima di te.
– No, infatti, non ti ho mai notato – borbottò lei, stanca. Non aveva voglia di parlare, voleva restare sola.
Un’altra piccola voce le strillò nelle orecchie, ma questa arrivava dall’alto. La pantera alzò lo sguardo.
– Devi ascoltarci Tatù, è una questione di vita o di morte. Sono Hadaf, ti ricordi di me?
– Sì, di te mi ricordo.
Quel volatile maldestro una volta le aveva lasciato un ricordino alquanto sgradevole sul dorso: il colombo bianco, che in uno show eseguiva certi esercizi come girare su una ruota o dondolare a comando su una piccola altalena, in quell’occasione si era lasciato scappare un bisognino proprio mentre Tatù, sotto di lui, stava per entrare in pista.
Il topolino continuò a insistere:
– Tatù, non puoi restare qui. Sei in pericolo! Credici!
– Abbiamo sentito Nergis parlare con gli organizzatori. Devi fuggire! E subito! – ribatté Hadaf.
“Questi due sono pazzi” pensò Tatù. E poi cosa avrebbe fatto là fuori? Chissà com’era il mondo! Lei aveva conosciuto solo il circo, da quando era cucciola. Non avrebbe saputo cavarsela senza qualcuno che le portasse da mangiare e si occupasse di lei.
– Sei ferita e ormai il tuo manto è rovinato. Nergis ti sacrificherà per uno spettacolo… che per te potrebbe essere davvero l’ultimo, Tatù.
Mentre lo diceva, Goa si era avvicinato al suo muso.
– Ma io… non saprei dove andare – confessò la pantera, confusa.