Filippo Maria, il terribile

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parole LEGGERE

storie ad alta leggibilitĂ

Filippo Maria, il terribile Giuseppe Caliceti



parole LEGGERE storie ad alta leggibilitĂ


Editor: Paola Valente Consulente Scientifica: Raffaela Maggi Coordinamento redazionale: Emanuele Ramini Progetto grafico e impaginazione: AtosCrea, Raffaella De Luca Copertina: Mauro Aquilanti Ufficio stampa: Francesca Vici

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Giuseppe Caliceti

FILIPPO MARIA, IL TERRIBILE

Illustrazioni di

Chiara Bordoni



Cara lettrice e caro lettore, in questi racconti abbiamo cercato di ricordare come eravamo da bambini, qual era il nostro immaginario, cosa ci piaceva leggere. Per qualche bambino, allora come adesso, leggere è faticoso. La collana parole LEGGERE nasce da una ricerca fatta con alcuni vostri coetanei che hanno delle difficoltà di lettura e che ci hanno dato suggerimenti per rendervi il tutto più scorrevole e piacevole. Per facilitare la comprensione del lessico, è stato strutturato un apposito spazio nel quale troverete semplici ed efficaci spiegazioni di sostantivi , aggettivi , verbi e delle espressioni idiomatiche . Inoltre, potrete utilizzare questo spazio per prendere appunti, scrivere sinonimi, segnare nuovi termini poco conosciuti. Alla fine, sono presenti giochi e attività che stimoleranno la vostra partecipazione e il vostro interesse. Buona lettura!

Raffaela Maggi Consulente Scientifica



Se non ho fatto niente

– Ciao, maestro Giuseppe – dice Filippo Maria entrando in aula. – Ciao, Filippo Maria – risponde il maestro Giuseppe. È un lunedì mattina di fine ottobre. Filippo Maria ha una nuova cresta di capelli rossi sulla testa. Si avvicina alla cattedra senza neppure togliersi lo zaino. – Maestro, se qualcuno non ha fatto niente, tu gli daresti una punizione? – Una punizione? Perché? – chiede il maestro Giuseppe.

cresta: ciuffo punizione: castigo

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– Ma sì, una nota – dice Filippo Maria. – Non ho capito – dice il maestro Giuseppe. – Sì, insomma, se io non ho fatto nulla di male, tu mi metteresti una nota? – No. Perché dovrei mettertela? – Promesso? – chiede Filippo Maria. – Cosa devo promettere? – chiede il maestro Giuseppe. – Che non mi metti una nota. Prometti? – Prometto – dice il maestro Giuseppe. soddisfatto: contento

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Filippo Maria sorride soddisfatto. Indossa un paio di scarpe da ginnastica con le lucine che si accendono mentre cammina e ha un’aria sempre allegra. – Bene, io non ho fatto i compiti. E mia mamma e mio papà non mi hanno fatto la giustificazione sul diario perché non avevano tempo. – E questa quando te la sei preparata? – Ieri a casa. – E non facevi prima a fare i compiti? O a chiedere ai tuoi genitori se... – Gliel’ho chiesto, ma non avevano tempo. Te l’ho già detto. Il maestro Giuseppe resta in silenzio.


– Comunque hai promesso che non mi dai la nota – dice Filippo Maria. – Va bene, nessuna nota – dice il maestro Giuseppe. – Ma se un fine settimana capita che uno di voi non riesca a eseguire i compiti, basta che me lo dica subito, senza bisogno di inventarsi tante storie. Basta che sia solo una volta o due in un anno. Filippo Maria se ne va sorridente al banco con lo zaino sulle spalle, molleggiandosi sulle sue scarpe che si accendono a ogni passo che fa.

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Mal di denti

Filippo Maria si avvicina alla cattedra. – Maestro, mi fa male il dente. Il maestro Giuseppe sospira. – Ancora? – Sì, il solito dente. Non so se riesco a scrivere il testo.

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– Ah, certo. Se ti fa tanto male, è impossibile! – Mi fa troppo male – precisa Filippo Maria. Il maestro Giuseppe lo guarda. – Però questa cosa è strana, sai? – Quale? – Ma sì, un giorno hai male alla pancia, un altro giorno hai male alla testa, un altro all’orecchio. Scusa, ma tua mamma ogni tanto ti porta dal dottore? – Certo. Posso andare in bagno? – Aspetta, voglio dirti una cosa. Sai cosa ho notato? Che tutte le volte che devi scrivere un testo, ti fa male qualcosa. Possibile? Filippo Maria guarda il maestro un po’ risentito. – Oggi mi fa male solo il dente – precisa. – Mi è venuta un’idea. Seguimi. Il maestro Giuseppe esce dall’aula, bussa a quella della collega di quarta. Filippo Maria lo guarda perplesso. – Scusami, maestra Ivana, tu all’università avevi studiato medicina, vero? – Sì. Non ho finito gli studi ma... – Di denti te ne intendi? – Perché?

risentito: offeso

perplesso: confuso, che dubita

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specialità: capacità principale

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– Perché ho qui un alunno che ha spesso un male tremendo ai denti. Soprattutto quando ci sono dei testi da scrivere. – I denti erano la mia specialità – dice la maestra Ivana. – Insomma, riusciresti a togliergli questo dente? – Lo facciamo subito. Si alza dalla cattedra, si avvicina a un armadio. – Bisogna solo cercare le pinze adatte. – Ma gli farai male? – chiede il maestro Giuseppe. – No, non è niente. I denti dei bimbi sono denti da latte, vengono via subito. La maestra Ivana tira fuori da una scatola un paio di pinze da falegname. – No, queste non vanno bene – dice subito. – Devo trovare quelle più grosse. Più sono grosse e meno ti farà male quanto ti tolgo il dente. Ti fa molto male Filippo Maria, vero? Il bambino guarda le pinze. – Veramente, adesso... ho un po’ meno male. – Vabbè, ma ormai che ci siamo è meglio che lo togliamo ugualmente. Perché magari farà male dopo. Se solo riesco a trovare le pinze grandi... Filippo Maria dice:


– Sto meglio, veramente. Non c’è bisogno, maestra Ivana. – E credi anche di riuscire a scrivere? – gli chiede il maestro Giuseppe. Filippo Maria risponde: – Sì, sì, maestro, il mal di denti mi è passato. Adesso vado a scrivere.

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Parola con la doppia

assembramento: gruppo

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C’è un assembramento sospetto attorno al banco di Filippo Maria, che sta mostrando a tutti i compagni e le compagne il quaderno blu di italiano. – Posso vedere anche io? – chiede il maestro Giuseppe. Filippo Maria arrossisce. È aperto in una pagina dove è incollata la foto di un carciofo e c’è scritto sotto CARCIOFO. – Bravo. Carciofo è una parola difficile – dice il maestro. – Giuseppe, volta pagina – dice Vanessa.


Filippo Maria scappa in bagno. Il maestro Giuseppe volta la pagina. Vede la foto di una fotomodella in reggiseno. E sotto c’è scritto REGGISENO. – Bravo Filippo Maria. Una parola con una doppia! – Maestro, ma hai visto la foto? – chiede Maria. – Certo, è una bella ragazza. – Ma è in reggiseno! – grida Vanessa. – Se sua mamma per ritagliare e incollare le figure gli ha dato un giornale dove c’era anche questa foto e a lui la foto piaceva, Filippo Maria ha fatto bene a incollarla! Il maestro Giuseppe esce dall’aula e chiama Filippo Maria. Lui esce dal bagno a testa bassa. Poco dopo rientrano insieme in aula. – Sei stato bravo a scrivere una parola così difficile – dice il maestro Giuseppe. Filippo Maria sorride. Il resto della classe, soprattutto le bambine, guarda il maestro Giuseppe come se dovesse aggiungere qualcos’altro. Il maestro Giuseppe infatti dice: – Bene, adesso iniziamo con la lezione di questa mattina.

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Adesso

piazzando: passando con decisione

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Sono le nove e un quarto della mattina. Filippo Maria arriva sorridente alla cattedra, piazzando il suo quaderno di italiano sotto il naso del maestro Giuseppe. – Hai già finito, Fillo? – gli chiede il maestro Giuseppe. Lo chiama proprio Fillo, come fanno tutti suoi compagni di classe.


– Sì – esclama Filippo Maria. Il maestro Giuseppe dà un’occhiata al quaderno. – Peccato che non c’erano solo da trovare gli errori delle frasi sulla scheda, bisognava anche ricopiare tutte le parole corrette sul quaderno. – Le ricopio a casa – dice Filippo Maria. – No, le ricopi adesso – dice il maestro Giuseppe. – Ma sono stanco, maestro. Le ricopio a casa con mia mamma. – E adesso cosa fai? – Mi riposo. – No, le ricopi adesso. – Perché? – Perché dopo tua mamma si arrabbia con me e mi dice che hai troppi compiti per casa. Hai tutto il tempo per ricopiarle a scuola. – Va bene – sbuffa Filippo Maria.

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E adesso cosa facciamo?

Non sono neppure rientrati in aula dopo la ricreazione in cortile e Simone parte subito alla carica. – Adesso cosa facciamo, maestro? – Aspetta e lo scoprirai – risponde il maestro Giuseppe.

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Simone ha sempre bisogno di sapere cosa si fa dopo. – Ma dopo andiamo in palestra? – Forse – risponde il maestro Giuseppe. – E se andiamo in palestra, dopo la palestra cosa facciamo? Il maestro Giuseppe sospira. – Basta Simone, mi stai stressando. Dopo la palestra suona la campanella e tu torni a casa tua: non lo so cosa farai a casa tua, chiedilo ai tuoi genitori. – Scusa, maestro – dice Simone a bassa voce. – Di niente – risponde il maestro Giuseppe. – Mi dispiace averti risposto male, Simone. Ma con te, ogni tanto, bisogna fare così. Non è cattiveria. Simone non dice più niente. Antonio e Filippo Maria lo guardano e ridono.

stressando: affaticando

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Punizione

Ricreazione in cortile. Filippo Maria dà una spinta a Simone. Lo fa cadere sul prato. Il maestro Giuseppe osserva la scena. – Filippo Maria, vieni qui e siediti di fianco a me. – Cosa ho fatto? – Hai spinto Simone e adesso stai qui fermo in punizione. Filippo Maria si siede sulla panchina di legno accanto al maestro. Non passano neppure dieci secondi e... – Adesso posso alzarmi? – No.

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– Perché? – Perché no. – Perché? – Perché il maestro sono io e comando io. Filippo Maria resta in silenzio. – Forse non ci siamo capiti, Fillo. Lo sai cosa è una punizione? Possibile che a casa tua, quando fai qualcosa di sbagliato, nessuno ti dia mai una punizione? – Me le danno anche a casa – risponde il bambino. – Ma dopo un po’ che sono fermo, mi posso alzare. – Eh, lo so, ma qui siamo a scuola e le punizioni durano di più di venti secondi. Se no non sono vere punizioni. Le punizioni devono essere una bella scocciatura, non una cosa che passa e via. Perciò adesso stai qui seduto di fianco a me a guardare i tuoi compagni e le tue compagne che giocano fino alla fine della ricreazione. Tu, per oggi, non giochi più. – Ma non è giusto! – protesta il bambino. – Non è neppure giusto dare spintoni ai propri amici e farli cadere a terra. – Lo so già – dice Filippo Maria.

scocciatura: fastidio, seccatura

spintoni: urti violenti

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– No, non lo sai. Dici di saperlo, ma invece non lo sai. Perché tutte le volte mi dici che lo sai e poi, appena riprendi a giocare, cominci subito a spingere. Perciò questa volta voglio essere sicuro che tu capisca bene. E fino alla fine della ricreazione non giocherai più.

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