Anna dai capelli rossi

Page 1

Lucy Maud Montgomery Allegato omaggio a Tempo d’estate Non vendibile separatamente 3a
capelli rossi
Anna dai

IL MULINO A VENTO IL MULINO A VENTO

Per volare con la fantasia

IL MULINO A VENTO

Collana di narrativa per ragazzi

A VENTO

Editor: Paola Valente

Coordinamento di redazione: Emanuele Ramini

Team grafico: Enzo Bocchini

Raffaello Libri S.p.A. Via dell’Industria, 21 60037 - Monte San Vito (AN) www.grupporaffaello.it - info@grupporaffaello.it www.ilmulinoavento.it - info@ilmulinoavento.it

Printed in Italy

I Edizione 2019

Ristampa:

www.facebook.com/GruppoRaffaello

È assolutamente vietata la riproduzione totale o parziale di questo libro senza il permesso scritto dei titolari del copyright.

1 2023 2022 2021 2020 2019
5 4 3 2
© 2019

Anna dai capelli rossi

Narrazione di Paola Valente

Illustrazione di copertina

Lucy Maud Montgomery

La signora Rachel Lynde abitava ad Avonlea, poco lontano dalla casa dei Cuthbert. Era molto interessata agli affari dei vicini e, seduta alla finestra, controllava tutto ciò che passava davanti a casa sua.

Un giorno la signora Lynde vide Mattew Cuthbert passare con il suo calesse. Era vestito a festa e incitava la sua cavalla. La signora Lynde stupita si chiese dove stesse andando.

Mattew era un uomo timido e schivo, di circa sessant’anni, che si occupava della fattoria di Green Gables insieme a sua sorella Marilla. Arrivò nella stazione di Bright River e chiese al capostazione se fosse arrivato il treno delle diciassette e trenta.

– È arrivato da un pezzo, ma ha portato una cosa per lei.

Mattew vide una bambina magra, poveramente vestita che aspettava ansiosamente stringendo il manico di una sacca.

4
Uno

L’uomo rimase molto perplesso. Lui e sua sorella avevano deciso di adottare un orfanello che li aiutasse nei lavori della fattoria. La signora Spencer si era impegnata a portarlo fino alla stazione. Invece era arrivata una bambina. Quella ragazzina non sarebbe stata accettata da Marilla. Che peccato! Gli sembrava così piccina, indifesa e fiduciosa.

Intanto la piccola corse verso di lui, gli prese la mano e gliela strinse poi gli chiese:

Immagino che lei sia il signor Cuthbert di Green Gables. Sono felice di vedervi perché cominciavo a pensare che non sareste venuto. Tuttavia, in quel caso, mi sarei arrampicata su quel ciliegio selvatico e ci avrei passato la notte. Sarebbe stato piacevole dormire tra quei fiori bianchi immaginando di abitare in un castello di marmo.

Mattew non aveva una grande immaginazione e non se la sentiva di dire a quella bambina fiduciosa che c’era stato un errore. Perciò la fece salire sul calesse e si diresse verso la fattoria decidendo di lasciare a sua sorella la patata bollente.

5

Il calesse iniziò il percorso verso la fattoria dei Cuthbert, Green Gables.

Mentre viaggiavano, la bambina cominciò a parlare e l’uomo, che era un ottimo ascoltatore, si godeva quel cicaleccio. Tutto ciò che vedeva era per lei fonte di meraviglia: la strada che si snodava fra le colline e poi costeggiava il mare, un laghetto circondato da alberi con una casa vicino, i prati punteggiati di fiori.

A un certo punto, il calesse imboccò un viale fiancheggiato da una parte e dall’altra da meli fioriti che intrecciavano i loro rami formando un candido baldacchino. La bambina, estasiata, chiese come si chiamava quel viale, ma Mattew non lo sapeva.

– Io adoro dare un nome alle cose perciò lo chiamerò “la Candida Via Della Gioia”. Questa passeggiata è davvero piacevole, vorrei che non finisse, ma, nello stesso tempo, non vedo l’ora di arrivare a casa. Sapete, io non ho mai avuto una casa e il pensiero di arrivare in quella che sarà mia mi fa provare una grande emozione.

Mattew era molto imbarazzato e non sapeva

6

cosa dire. La bambina sarebbe stata rimandata da dove veniva e, ben presto, avrebbe provato una enorme delusione.

– Parlo troppo? – gli chiese la bambina.

– No, parla pure quanto vuoi.

La bambina si tolse il cappello, afferrò una delle sue trecce e la mostrò all’uomo.

– Senti, Mattew, a tuo parere, di che colore sono i miei capelli?

– Mi sembrano rossi – rispose lui incerto.

La bambina sospirò e scosse la testa.

– Vedi, sarei assolutamente estasiata se non avessi questi capelli. Il loro colore è la mia più grande preoccupazione. Tu hai delle preoccupazioni?

Mattew scosse la testa perché, in quel momento, aveva proprio una grande preoccupazione. Erano arrivati infatti nei pressi di una casa costruita sulla riva di un fiumiciattolo. Intorno, c’erano dei bellissimi alberi tra i quali spuntava il tetto verde.

– Fammi indovinare! – gridò la bambina entusiasta. – Quella è Green Gables.

7

Era proprio così. Entrarono nella cucina dove Marilla stava preparando la cena.

– E questa chi è? – chiese la donna.

La sorella di Matthew era una signora di mezza età, alta e magra, dai capelli scuri con qualche filo grigio. Abituata alla disciplina e a non esprimere i propri sentimenti, aveva tuttavia una vena ironica che si indovinava dalla curva delle labbra. Quando aveva raccontato alla signora Lynde l’intenzione di adottare un orfanello, quest’ultima si era molto premurata di sconsigliarla di intraprendere un’avventura così rischiosa. La aveva ammonita: gli orfani sono pericolosi, ne combinano di tutti i colori. Marilla era stata ferma nella propria decisione ma ora, trovandosi davanti una femminuccia magra e rossa di capelli, chiese a suo fratello:

Dov’è l’orfano?

Non c’è nessun orfano – rispose lui, – ma solo questa bambina. La signora Spencer si è sbagliata di sicuro.

Eppure le avevo raccomandato di scegliere un maschietto all’orfanotrofio – borbottò Marilla

8

con una smorfia di disappunto.

La piccola ascoltò il dialogo rabbuiandosi in viso poi, allargando le braccia, gridò:

Dovevo immaginarlo! Non volete tenermi perché non sono un maschio! Mi riporterete in orfanotrofio. Ah, ho solo undici anni e la mia vita è finita!

Così dicendo, si mise a singhiozzare e si gettò a terra coprendosi la testa con le mani. Marilla la osservava con severità. Non le piacevano le scenate.

– Finiscila di piangere! Non mi fai pena.

– Piango perché sono disperata!

– Calmati e dicci il tuo nome.

La bambina sollevò il capo e si mise seduta.

Mi piacerebbe essere chiamata Cordelia.

Ti chiami così? – chiese Marilla.

No, ma sarebbe un nome molto più adatto a me.

Senti, bambina, non abbiamo tempo per le tue fantasticherie. Di’ il tuo nome immediatamente.

– Be’, il mio nome è Anne Shirley, ma vorrei

9

almeno essere chiamata Anna, con la a finale. È molto più bello, non trovi?

Marilla non era abituata a quei capricci e quasi quasi stava per perdere la pazienza. Si trattenne e invitò Anna a seguirla per mostrarle la sua camera.

Se fosse stato un maschio, la donna lo avrebbe messo a dormire nella stanza della dispensa, ma una femminuccia doveva avere una cameretta diversa perciò la condusse in mansarda. La stanza che le mostrò era molto semplice e pulita, con le pareti bianche, un letto antiquato e un catino per lavarsi. Non era certo una cameretta molto accogliente, ma c’erano un tavolino sotto la finestra e un meraviglioso ciliegio appena fuori i cui rami sfioravano i vetri.

Anna si spogliò, gettò i poveri abiti sul pavimento e si infilò sotto le coperte.

– Non vuoi mangiare qualcosa? – le chiese Marilla.

– No, il cibo è una cosa troppo banale rispetto alla mia disperazione.

– Dormi bene, bambina. Domani mattina ti

10

porterò dalla signora Spencer. Temo che dovrai tornare in orfanotrofio.

Anna la guardò tristemente e poi rispose: – Come pensi che io possa dormire bene? La notte sarà orrenda e dolorosa per me al pensiero che questa non è casa mia.

Marilla spense la lampada e uscì dalla camera. Le dispiaceva molto per la bambina, per le illusioni che si era fatta, ma la fattoria aveva bisogno di un ragazzo, non di una piccola magra creatura di sesso femminile.

La bambina si spogliò, gettò tutti i vestiti per terra alla rinfusa e poi si infilò nel letto. Raggomitolata sotto alle coperte, pensò a quanto le sarebbe piaciuto rimanere a Green Gables, in una casa che sarebbe stata anche un po’ sua, in mezzo ai prati, circondata dai ciliegi in fiore.

11

La mattina seguente, Marilla entrò nella camera di Anna e le disse:

– Su, alzati, lavati la faccia e vestiti.

Poi vide gli abiti di Anna sparsi sul pavimento e si arrabbiò.

– Desidero che tu sia più ordinata. Guarda che disastro! Hai abbandonato i tuoi vestiti dove capitava.

– È vero. Perdonami, ma ero così infelice ieri sera. Sai, al pensiero di lasciare questa casa che già amo e di ritornare all’orfanotrofio, non ho considerato che cosa facevo. Ti prometto che piegherò con cura i miei vestiti la prossima volta.

– Non ci sarà una prossima volta!

Marilla attaccò la cavalla al calesse, ci fece salire Anna e lo guidò verso l’abitazione della signora Spencer. La giornata era calda e soleggiata, l’erba brillava nei prati, si sentiva il profumo dei fiori, gli uccelli cinguettavano gioiosi.

– È impossibile disperarsi in una mattina come questa – disse Anna. – È meglio invece che io osservi tutto per bene in modo da ricordare ogni

12
Due

cosa quando sarò tornata in orfanotrofio. Laggiù c’erano solo muri e un tetro cortile con dei poveri alberelli che non avevano abbastanza luce e terra per svilupparsi come si deve.

Marilla ascoltava la bambina e le sembrava che il sole, con i suoi raggi gioiosi, la scaldasse fin nel profondo del cuore.

– Sai – continuò Anna, – i miei genitori erano due insegnanti molto poveri, ma si volevano bene. Sono morti quando io avevo pochi mesi perciò prima si è occupata di me una vicina di casa, poi sono stata accolta da una signora che aveva molti figli fra cui dei gemelli. Io dovevo badare a loro. C’era tanto da lavorare. È stata dura.

Marilla provò un senso di compassione per quella povera creatura che le sembrava intelligente e abbastanza bene educata.

– Non era colpa di quella signora se dovevo lavorare tanto – continuò Anna. – In fondo, non era facile per lei allevare così tanti bambini.

La signora Spencer era sull’uscio di casa quando le vide arrivare. Stava in compagnia di un’altra donna dal viso serio e duro. Marilla le chiese

13

come mai, invece di un maschio le era stata consegnata un’orfanella. La signora Spencer rispose che così le avevano riferito e di sicuro c’era stato un malinteso.

– Ero convinta – disse – che desideraste una bambina. Così mi aveva riferito mio fratello. Mi dispiace per l’equivoco.

Vorrei riportare Anna all’orfanotrofio. Pensate che la riprendano? – le chiese Marilla.

La signora Spencer rispose che non c’era bisogno di riportare la bambina all’orfanotrofio e le presentò la donna che era con lei. – Questa è la signora Blewett. Sta cercando una ragazzina che l’aiuti nei mestieri di casa perché ha molti bambini piccoli che le danno tanto lavoro.

Anna, che non aveva ancora detto niente, balbettò:

Prima di andare all’orfanotrofio, stavo dalla signora Hammond che aveva tre coppie di gemelli. Preferirei andare all’inferno piuttosto di occuparmi di gemelli! Ho faticato tanto! Lei non ha dei gemelli, vero?

14

La signora Blewett arricciò le labbra in segno di disapprovazione ed esclamò: – Brutta maleducata! Tieni la lingua a posto. Se verrai a lavorare da me, dovrai moderare il tono e ubbidire senza discutere. A casa mia si lavora e si tace. Se ti prenderò, dovrai ubbidirmi senza discutere e sarai costretta a tenere la lingua a posto.

Anna si aggrappò al braccio di Marilla e lei disse:

Prima di prendere una decisione devo chiedere il parere di mio fratello. Grazie e buona giornata.

Così dicendo tirò le redini della cavalla, girò il calesse e si rimise in viaggio verso casa.

Oh Marilla! Non so come ringraziarti. Credo che, se tu mi avessi lasciato dalla signora Blewett, sarei morta in breve tempo per la malinconia –disse Anna.

Marilla le rispose che non aveva ancora deciso quale sarebbe stato il suo destino, ma che aveva l’impressione di andare incontro a grossi guai se l’avesse tenuta con sé. E non si sbagliava perché,

15

una volta tornate a casa, trovarono ad aspettarle la signora Lynde. La donna era molto curiosa di vedere la nuova arrivata, infatti le voci correvano in fretta nel villaggio di Avonlea. Quando Anna entrò in cucina, la donna la guardò fissamente e poi, rivolta a Marilla, disse:

Mia cara, se terrai con te questa bambina commetterai lo sbaglio più grande della tua vita. Gli orfani sono pericolosi! Hai sentito di quell’orfanella che ha versato veleno per topi nel pozzo dell’acqua potabile? O di quella che ha incendiato la casa? E poi, guardala! È piccola, smunta e ha degli orrendi capelli color carota.

I capelli erano il punto debole di Anna. Nel sentire quell’apprezzamento, la bambina andò su tutte le furie.

– Lei è molto cattiva! Come si permette di dire che i miei capelli sono color carota? Come si sentirebbe se io affermassi che lei è grassissima e che cammina come una papera?

La signora Lynde, scandalizzata, se ne andò dichiarando che non avrebbe più messo piede a Green Gables se Anna non le avesse chiesto perdono.

16

È assolutamente necessario che tu chieda perdono alla signora Lynde. È una brava persona e non vorrei mai rompere i miei rapporti con lei a causa della tua ostinazione – la rimproverò Marilla.

Anna fu irremovibile e rifiutò di dire anche la più piccola parola di scusa.

Più tardi, quando Matthew tornò dai campi, Marilla si sfogò con lui dicendo che Anna era una gran maleducata e che si era rifiutata di scusarsi con la signora Lynde.

– Dobbiamo rimandarla immediatamente all’orfanotrofio perché con lei non avremo altro che disastri! – concluse irata.

Il fratello si era ripromesso si non intromettersi mai e poi mai nelle faccende di Marilla, ma la situazione richiedeva il suo intervento. Anna si era rifugiata in camera sua e lui la raggiunse. La bambina era seduta sul letto e, quando lui entrò, alzò il viso rigato dalle lacrime.

– Senti, è meglio che tu lasci da parte il tuo orgoglio se vuoi restare a Green Gables con noi –le disse. – Devi chiedere scusa alla signora Lynde.

17 –

– Ha detto delle cose orribili sui miei capelli –protestò la bambina.

– Devi sopportare, Anna. La signora Lynde merita il nostro rispetto, credimi. E poi… io vorrei che tu rimanessi qui… con me.

– Be’, se me o chiedi tu, lo farò perché sento che io e te siamo spiriti affini – rispose Anna con un sorriso.

Matthew era un uomo semplice e si sentì intenerire.

La sera stessa, Marilla condusse Anna dalla signora Lynde. Aveva indossato i suoi abiti più eleganti e si era perfino appuntata sul petto una spilla di ametiste. La bambina era cupa, appariva magra, brutta e indifesa nel suo abitino troppo corto e da poco prezzo.

Quando Rachel Lynde aprì la porta di casa, Anna si gettò in ginocchio di fronte a lei e congiunse le mani. Aveva un’espressione di pentimento sul visino acceso.

– Mi perdoni signora – la implorò. – Perdoni una povera orfanella abbandonata. Lei ha ragione, sono bruttina e ho i capelli di un colore

18

spaventoso. Ciò che ho detto di lei, anche se era vero, non avrei dovuto dirlo. Sono imperdonabile, ma lei mi conceda la sua compassione.

A quella recita, così ben fatta, Marilla provò una sensazione di ilarità e fu costretta a soffocare una risata. Invece la signora Lynde si commosse. Fece alzare Anna e la perdonò. Poi disse:

– Cara Marilla, forse la piccola è un po’ rozza, ma il suo cuore è buono. Se deciderai di tenerla, ti consiglio di portarla al picnic dei Barry la prossima settimana. Si divertirà e conoscerà dei bambini ben educati che le serviranno da esempio.

Eh sì, la signora Lynde amava molto dare consigli non richiesti. Marilla non era però molto convinta che un picnic potesse migliorare il carattere della bambina, anzi. Era, secondo la donna, un’attività troppo fatua che le avrebbe fatto solo perdere tempo.

Mentre ritornavano a casa, Anna le chiese: – Ti prego, lascia che io partecipi al picnic! Non mi è mai successo, in tutta la mia vita, di fare una cosa così entusiasmante. Cercherò di migliorare il brutto carattere che mi ritrovo, anche se non

19

sarà facile, visto che ho i capelli rossi. Pensi che, quando sarò grande, saranno ancora di questo colore?

– Non ho mai conosciuto nessuno con i capelli rossi da piccolo che se li fosse ritrovati di un altro colore da grande. Perciò smettila di fantasticare e ritorna con i piedi per terra – rispose Marilla con durezza.

Il calesse intanto proseguiva verso casa nel silenzio della sera. L’aria era tiepida e profumata. Arrivate che furono sul ponte che attraversava il fiumiciattolo, videro le lucciole librarsi fra gli alberi come in una danza silenziosa e udirono il dolce suono dell’acqua corrente.

– Oh, le onde ci stanno dando la buonanotte, Marilla! Le senti anche tu?

La donna rimase impassibile ma sentì come un calore scioglierle il ghiaccio che le ricopriva il cuore. Non voleva affezionarsi troppo a quella piccola strega, ma non poteva fare a meno di volerle bene. Temeva che, se Anna l’avesse delusa, ne sarebbe rimasta ferita per sempre nel profondo del cuore.

20

Finalmente apparve la loro casa. Grenn Gables era circondata dai ciliegi in fiore e, sul tetto verde, palpitavano le stelle.

– Guada com’è bella la nostra casa. Io la amo! – disse Anna stringendo forte la mano di Marilla e poi continuò chiedendole:

Tu hai avuto un’amica del cuore? Sai, vorrei avere un’amica alla quale confidare tutto di me, i miei desideri, i miei sogni. Pensi che ci sia, qui intorno, una ragazzina buona e gentile con cui io potrò fare amicizia?

– I Barry hanno una figlia molto educata e graziosa.

– Come si chiama? – Be’ – disse Marilla con un tono di disapprovazione, – il giorno in cui nacque arrivò un certo professore che consigliò ai suoi genitori di darle un nome inconsueto. Così la chiamarono Diana.

– Ma è un nome bellissimo! Come vorrei che, quando nacqui io, ci fosse stato quel professore nei paraggi!

Marilla rispose con tono severo, ma senza abbandonare la manina che stringeva la sua:

21

Devi smetterla di volteggiare fra le nuvole. Hai troppa immaginazione e questa porterà un guaio dopo l’altro. Tieni presente che sei solo in prova e che potremmo rimandarti all’orfanotrofio in qualunque momento.

Anna smontò dal calesse e corse verso casa dicendo:

Amo questo posto. E, se non potrò starci, lo amerò lo stesso. È così bella Green Gables!

22 –

Marilla si rese conto che la povera Anna non poteva rimanere vestita con l’unico abitino striminzito che indossava dai tempi dell’orfanotrofio.

Decise allora di cucirle tre vestiti e comprò un taglio di semplice stoffa a quadretti bianchi e neri e del percalle a righine marroni. La bambina era davvero magra e non ci volle molta stoffa per prepararle tre abiti molto semplici con le maniche diritte, due tasche e nessun fronzolo, nastro o balza. Per la donna, gli abiti dovevano essere pratici e puliti. Altro non occorreva.

Quando Anna li vide, storse il naso.

Come ti sembrano? – le chiese Marilla.

Uhm, immagino che mi piacciano.

Questo significa che non ti piacciono davvero. Eppure sono vestiti comodi e caldi, adatti a una bambina della tua età.

Però… potrebbero essere più graziosi. Potrebbero avere le maniche a sbuffo. Come mi piacerebbe indossare al picnic un vestito tutto bianco, con tanti pizzi.

23
Tre

Marilla scosse la testa. Non avrebbe certo accontentato i capricci di quella bambina vanitosa. Balze e maniche a sbuffo, oltre a essere uno spreco di stoffa, significavano vanità e superbia. E lei voleva che Anna crescesse semplice e modesta.

– Mettitela via! Indosserai uno di questi vestiti che sono proprio adatti a te – rispose spietata.

Cosi Anna si accontentò di indossare l’abito a quadretti bianchi e neri. L’idea di partecipare al picnic e di conoscere Diana la rendeva così felice che nessun cruccio, nessuna manica a sbuffo mancante avrebbero potuto offuscare la sua gioia. Quella sera, si affacciò alla finestra della mansarda e guardò il ciliegio che stava sfiorendo, quello che aveva chiamato “Regina delle Nevi”, quindi spinse lo sguardo verso i prati, il bosco e poi lontano, laggiù, dove si poteva ammirare una striscia di mare. Tutto era così luminoso, calmo e bello! Diana sarebbe diventata la sua migliore amica e le sembrava già di conoscerla e di amarla. La immaginava bellissima, vestita di rosa (un colore che una bambina con i capelli rossi non si sarebbe mai potuta permettere) e con le fossette

24

sulle guance. Lei era troppo magra per avere le fossette ma forse un giorno …

Il mattino seguente, Marilla doveva recarsi in visita dalla signora Lynde perciò si era messa l’abito buono e poi aveva deciso di appuntarsi sul petto la sua preziosa spilla di ametiste. La cercò sul cassettone, dove c’era un cuscinetto portagioie, ma non la trovò. Spostò il cassettone, guardò nell’armadio, sotto il letto, dappertutto e niente.

– Anna, hai visto la mia spilla di ametiste?

La bambina, che come al solito stava fantasticando accanto alla finestra, rispose:

– Ieri l’ho presa e me la sono provata. Spero non ti dispiaccia, ma è così bella! Poi l’ho rimessa subito a posto.

– Non è che l’hai portata fuori di casa e l’hai perduta in giro per il bosco?

– Oh no, Marilla. Te lo giuro. Puoi condannarmi a morte e io affermerò sempre che ho rimesso la spilla al suo posto.

Marilla diventò rossa di rabbia. Se c’era qualcosa che non sopportava, erano le bugie. E, ancora

25

peggio, le bugie condite da giuramenti. Aveva cercato il gioiello dappertutto e non voleva passare per stupida.

– Sei una bambina bugiarda e ostinata! – disse perentoria. – Resterai chiusa in camera tua finché non mi avrai raccontato la verità. Capito?

Ma così non potrò partecipare al picnic! –disse Anna disperata.

Va’ subito in camera tua. Quando mi racconterai la verità, potrai uscire.

Anna ubbidì. Entrò in camera, si gettò sul letto e cominciò a piangere con la testa nel cuscino. Se non avesse potuto partecipare al picnic, non avrebbe conosciuto Diana. Il sogno di avere un’amica del cuore sfumava ancora prima di cominciare.

Marilla ricominciò a cercare la spilla di ametista. Guardò in tutta la casa, spostò i mobili, cercò anche dove aveva già guardato, ma la spilla era scomparsa. Allora ritornò da Anna e le chiese:

– Sei disposta a raccontarmi la verità adesso?

La bambina si mise a sedere sul letto, si asciugò le lacrime e poi proclamò con enfasi:

26

Sì, voglio dirti tutto. Mi sono appuntata la spilla sul petto e poi sono uscita a passeggiare immaginando di essere la contessa Cordelia. Sono arrivata al fiume e mi sono specchiata nell’acqua. Mi sono sporta troppo, la spilla si è staccata ed è caduta fra le onde. È perduta per sempre. Mi spiace, Marilla, mi spiace tanto. Ora dammi la punizione che merito e poi lasciami andare al picnic, ti prego.

Marilla si infuriò. Com’era bugiarda e forse anche cattiva quella bambina.

– Non andrai al picnic. Ficca le tue cose nella sacca e preparati perché ti riporterò all’orfanotrofio. Non ti voglio più a casa mia.

Anna impallidì. Abbassò la testa e ricominciò a piangere. Marilla uscì dalla camera. Decise di fare una passeggiata per calmarsi, così prese lo scialle. Mentre lo indossava, qualcosa luccicò fra le fibre di lana. Era la spilla di ametista. Marilla aveva posato lo scialle sul cassetto e il gioiello doveva essersi impigliato nei fili. La donna rimase pentita di avere accusato ingiustamente Anna. Prese la spilla, ritornò dalla bambina e gliela mostrò.

27 –

L’ho ritrovata. Era impigliata nello scialle. E tu mi hai raccontato una storia inventata.

Anna rispose tra i singhiozzi:

Non volevo rimanere prigioniera in camera per sempre. E desideravo tanto partecipare al picnic e conoscere la mia amica, quella che ho sempre sognato di avere.

Marilla non riuscì a trattenere una risata.

Perché ridi? Sei contenta che io sia infelice e sventurata? – le domandò Anna offesa. – No, rido perché sei davvero una buffa creatura. Va be’, adesso siamo pari: io non ho creduto a te e tu mi hai mentito. Perdoniamoci a vicenda e che questa storia finisca qui. D’accordo?

La bambina si aggrappò al collo della donna e cominciò a baciarla. Marilla provò una grande tenerezza, ma respinse la bambina dicendole:

Smettila con le smancerie e va’ a lavarti la faccia. Potrei anche cambiare idea e rimandarti all’orfanotrofio.

Anna però lesse nei suoi occhi che di certo non correva quel rischio. Marilla raccontò tutto a Matthew che le chiese se non avesse esagerato

28 –

con le minacce. La donna gli rispose che era lei a occuparsi dell’educazione di Anna. Il fratello non doveva intromettersi.

E finalmente la bambina si recò al picnic. Qui conobbe molte bambine, fra cui Diana. Era questa una bambina dai folti capelli scuri, più bassa e grassoccia di Anna. Aveva un carattere dolce e le fossette sulle guance. Dopo una magnifica merenda, andarono a fare un giro in barca sul lago. La sera, quando tornò a Green Gables, Anna non smetteva di raccontare e di affermare in tutte le salse quanto si fosse divertita e come era felice di essere viva.

– Come ti è sembrata Diana? È l’amica che sognavi? – le chiese Marilla.

– Certo! È bella, buona e gentile. Mi piacerebbe assomigliarle specialmente nei capelli e nelle fossette. Sai, mi ha accompagnato fino al ponte sul fiume tenendomi per mano. Se guardi laggiù, Marilla, vedrai una piccola luce vicino al laghetto. Proviene dalla camera di Diana, lei abita proprio lì. Anna prese la lampada e la posò sul davanzale della finestra. Poi la coprì con la mano per tre

29

volte e la luce nella casa di Diana lampeggiò nello stesso modo.

– È così che abbiamo deciso di augurarci la buonanotte – disse Anna.

– È ora che tu vada a letto. Da’ la buonanotte a Matthew e fila via! – le ordinò Marilla con la solita durezza.

La bambina si infilò sotto le coperte, ma stentava ad addormentarsi perché le impressioni di quella giornata erano ancora molto forti.

– Sai, Marilla, Diana ha detto di non aver mai conosciuto una bambina come me.

– Ci credo. Neppure a me è capitato. Ma adesso cerca di dormire – rispose la donna spegnendo la lampada.

“Io e Diana siamo spiriti affini e lei è la mia amica del cuore” pensò Anna e si addormentò dolcemente.

30

Quattro

Durante

l’estate, Anna e Diana consolidarono la loro amicizia. Si incontravano ogni giorno, passeggiavano insieme e si confidavano tutti i loro piccoli segreti. Immaginavano di essere le principesse di un regno segreto e, ogni sera, si salutavano con i messaggi della lampada alla finestra.

A settembre, Anna cominciò ad andare a scuola.

Diana la aspettava all’inizio di una stradina molto piacevole e, costeggiando i vari luoghi lungo il sentiero, le bambine davano loro un nome: Sentiero degli Innamorati, Stagno dei Salici, Valle delle Violette, Viottolo delle Betulle.

Il primo giorno, Anna era emozionatissima.

– Mi sento come se mi avessero infilato in un cannone pronto a spararmi fuori – disse rivolta alla sua amica. Diana scoppiò in una risata. Lei, più che altro, pensava alle tre tortine ai lamponi che aveva nel cestino della merenda. Le bambine di Avonlea dividevano sempre le loro merende e lei rifletteva su quanti bocconi le sarebbero toccati di quelle delizie.

Mentre attraversavano il fiume camminando

31

sul ponticello, Anna disse tragicamente:

– Sono così disperata che potrei buttarmi giù da questo ponte. Temo che gli altri bambini non mi trovino abbastanza simpatica.

– Be’, c’è così poca acqua qui sotto che non correresti nessun pericolo – rispose Diana. – Pensi che mi accetteranno? Io sono così… brutta! Mi piacerebbe avere delle amiche, ma tu resterai sempre la mia amica del cuore.

Diana le afferrò una mano e la rassicurò:

– Di sicuro piacerai a tutti.

– Ma non ho le fossette come te! Devo ingrassare ancora un po’. Se le avessi, tutti mi troverebbero bellissima e mi vorrebbero bene. E mi amerebbero anche se diventassi la prima della classe. Visto che non sarò mai bella, forse devo impegnarmi per questo.

– Il primo della classe è Gilbert Blythe. È bravissimo ed è anche un bel ragazzo – affermò Diana. Quando furono a scuola sistemate nel banco una accanto all’altra, Diana lo indicò. Era davvero un bel ragazzo dall’espressione intelligente, con folti riccioli bruni.

32

– Gli piace molto canzonare le bambine e alle bambine piace molto essere canzonate da lui –sussurrò Diana. – Inoltre, sul muro del cortile è inciso un cuore e mi piacerebbe tanto che dentro ci fossero scritti il mio nome e quello di Gilbert!

A un tratto, il ragazzo si voltò e, accorgendosi che Anna lo stava osservando, le fece l’occhiolino.

– Sarà anche bello ma è uno sfacciato di prima categoria! – disse Anna sottovoce.

Il maestro non convinse molto Anna. Le sembrava che avesse delle preferenze per una ragazza di sedici anni cui dedicava quasi tutte le sue attenzioni ma, quando lui la invitò a presentarsi alla classe, si alzò in piedi, scandì forte il proprio nome e precisò che doveva essere pronunciato con la a finale.

Marilla aveva aspettato con apprensione il ritorno di Anna da scuola chiedendosi come si sarebbe trovata con i compagni. Avrebbe saputo tenere a freno la lingua? Quando la piccola tornò, si sentì sollevata perché fu subito avvolta dal suo entusiasmo.

33

– La scuola mi piace – le disse Anna – anche se il maestro fa delle preferenze.

– Non permetterti di criticare il tuo insegnante – la ammonì Marilla, ma era contenta sentendo la bambina raccontare della sua giornata e dei suoi compagni.

La scuola era un edificio bianco con alle spalle un boschetto di abeti e un ruscello dove i bambini mettevano le bottiglie di latte per la merenda in modo che stessero al fresco. L’aula aveva grandi finestre ed era arredata con vecchi banchi abbastanza comodi i cui ripiani erano incisi da scritte e disegnini.

Durante la ricreazione, i bambini andavano nel boschetto e giocavano a nascondino arrampicandosi sugli alberi.

Un giorno, durante una lezione, Anna cominciò a fantasticare guardando fuori dalla finestra.

Vedeva il lago, le colline, gli alberi accesi di bei colori autunnali. Gilbert, che voleva attirare la sua attenzione, la chiamò sottovoce, poi le tirò una pallina di carta. Anna fece finta di non accorgersene.

34

Quando si alzarono in piedi, il ragazzo le si avvicinò, le afferrò una treccia e le disse:

– Ciao, Pel di Carota!

Non l’avesse mai detto! Toccata nel suo punto debole, Anna non riuscì a trattenere la rabbia.

Agguantò la lavagnetta su cui Gilbert scriveva le lezioni e gliela ruppe in testa. Si udì uno schianto e la lavagna cadde a terra spezzata in due. Il maestro accorse.

– Che cosa ti salta in mente, piccola selvaggia? – gridò.

– Non è stata colpa sua. Io l’ho provocata –tentò di giustificarla Gilbert.

– Questi comportamenti non possono essere ammessi nella mia scuola. Anna! Resterai in punizione e non potai uscire dall’aula fino alla fine delle lezioni. Salterai la ricreazione.

Così dicendo, il maestro andò alla lavagna e scrisse a lettere maiuscole la seguente frase: “Anne Shirley ha un carattere esecrabile”.

La bambina accettò la punizione senza piangere. Rimase in silenzio, seduta al suo banco per tutto il pomeriggio. All’uscita da scuola, Gilbert si

35

avvicinò e, porgendole la mano, le disse:

– Ti chiedo scusa. Dai, facciamo la pace.

Lei non ne volle sapere. Girò la testa e si rifiutò sia di rispondergli che di guardarlo. Non gli avrebbe mai e poi mai perdonato quell’affronto. Prese Diana a braccetto e se ne andò con lei.

– Guarda che Gilbert adora canzonare le bambine. Lo fa con tutte, anche con me. Una volta mi ha chiamato “cornacchia”. È il suo modo di scherzare.

– Non sopporto che mi chiamino Pel di Carota. Gilbert mi ha profondamente ferita. E poi, non so se hai notato, ma il maestro ha scritto Anne sulla lavagna. Capisci? Anne con la e! Come posso far finta di niente? È stata una sofferenza troppo grande per me.

Così dicendo, prese in mano una delle sue grosse trecce rosse e la mise sotto al naso dell’amica.

– Guarda qui! Non ti sembra orribile questo colore? Sai, Diana, devo per forza fare qualcosa. Nessuno dovrà più chiamarmi Pel di Carota!

Il giorno dopo, Anna si rifiutò decisamente di tornare a scuola. Marilla fece di tutto per dis-

36

suaderla da quel proposito, ma la bambina fu irremovibile.

– Lo capisci, Marilla? Sono stata insultata!

– Insultata un corno! Domani andrai a scuola.

Anna fu irremovibile, allora la donna andò a chiedere consiglio a Rachel Lynde. Questa le disse di non preoccuparsi troppo e di assecondare la bambina. Prima o poi le sarebbe passata e, annoiandosi, sarebbe tornata a scuola.

Qualche giorno dopo, Anna ebbe il permesso di invitare Diana a Green Gables per il tè. Le due bambine si incontravano spesso a casa dell’una o dell’altra, ma questa volta si trattava di un’occasione speciale. Diana si presentò vestita a festa e chiese il permesso di entrare. Anna la fece accomodare e le offrì il tè.

– Marilla ci ha anche lasciato una bottiglia di sciroppo ai lamponi nella credenza – le disse Anna, – ne vuoi un po’?

– Sì, molte grazie – rispose Diana compita.

Anna versò lo sciroppo per la sua amica.

– E tu non ne bevi?

– No, grazie, non ne ho voglia. Il tè mi basta

rispose Anna.

37

Diana bevve lo sciroppo. Com’era buono. Ne chiese ancora e poi ancora e ne tracannò ben tre bicchieri. Dopo cominciò a girarle la testa.

– Non mi sento bene. Voglio tornare a casa – si lamentò.

– Che cosa ti succede, Diana? – le chiese l’amica preoccupata perché la bambina era molto rossa e faceva fatica a camminare.

– Voglio tornare a casa mia – ripeté Diana.

Quella sera, la mamma di Diana si presentò furiosa da Marilla:

– La tua perfida Anna ha fatto ubriacare mia figlia – urlò.

Marilla si rese conto di aver commesso un errore: invece di lasciare una bottiglia di sciroppo ai lamponi nella credenza, vi aveva messo una bottiglia di liquore alla ciliegia. Cercò di spiegare l’equivoco, ma la mamma di Diana non volle sentire ragioni e dichiarò:

– Da ora in poi, proibisco a mia figlia di giocare con Anna. Anzi neppure parlarle potrà. È inutile che cerchi di giustificarla.

Più tardi, Marilla si sfogò con suo fratello:

38

– Quella donna ostinata! Come può credere che Anna abbia potuto ubriacare sua figlia volontariamente?

– Forse non la conosce come la conosciamo noi – rispose Matthew.

– Già. Invece di rimproverare quella golosona di Diana che si è scolata tre bicchieri di liquore, se l’è presa con Anna che non ne aveva nessuna colpa. Ho fatto di tutto per convincerla e lei non ha creduto neppure a me.

Quando Anna venne a sapere della proibizione si disperò. Corse dalla mamma di Diana per scusarsi, per spiegare che non era stata colpa sua, ma la donna la cacciò via. Fu così che, per rivedere la sua amica del cuore, Anna tornò a scuola.

39

Ascuola, Anna e Diana si guardavano da lontano senza potersi parlare. Un giorno, Diana inviò un biglietto alla sua amica. C’era scritto:

Cara Anna, perdonami, non è colpa mia se la mamma mi proibisce di giocare e di parlare con te.Iotivogliosempremoltobene.

La tua addolorata Diana.

Anna le rispose con un altro biglietto:

Mia cara amica, non sono arrabbiata con te. So che devi ubidire a tua madre. Siamo sempre spiritiafini.Tusarailamiaamicadelquoreanche se adesso gioco con le altre. Scusa per i errori, manonsonoancoramoltobravainortograffia.

Ti volio bene Anna

Un pomeriggio, Marilla tornò a casa e si accorse che la bambina si era chiusa in camera. Bussò.

– Anna, sei lì dentro?

Una vocina desolata rispose:

40
Cinque

– Lasciami stare, Marilla, ti prego. Sto disperandomi.

La donna pensò che le bizze della bambina dovevano finire e spalancò la porta. Anna aveva la testa sotto le coperte.

– Vieni fuori da lì, forza e dimmi che cosa hai combinato.

Lentamente, la bambina sbucò da sotto le coltri e Marilla fece un salto. I lunghi capelli sciolti di Anna erano diventati … verdi! La donna rimase scovolta. Non riusciva a capire che cosa fosse successo.

– Come… come hai fatto?

– Oh, Marilla! I capelli rossi mi creano un mucchio di problemi. Tutti mi chiamano Pel di Carota, un soprannome insopportabile. E quell’uomo mi ha assicurato che, con la sua tintura, avrei avuto una splendida chioma bruna.

– Quale uomo?

Anna raccontò che si era presentato alla porta un venditore ambulante. Le aveva offerto una boccetta di tintura per i capelli e lei non aveva resistito. L’aveva acquistata e si era tinta la chioma.

41

– Non sgridarmi, Marilla. Sono già stata punita abbastanza. Come farò ad andare a scuola o perfino fuori di casa conciata così? Maledetta la mia vanità!

La donna esaminò i capelli della bambina: erano un autentico disastro con ciocche rosse e verdastre. Provò a lavarglieli più e più volte, ma, nonostante la gran quantità di shampoo usata, la tintura resistette e i capelli restavano orribili. Anna piangeva così disperatamente che Matthew la sentì e corse a vedere.

– Be’ – disse imbarazzato, – questa è una cosa ben strana.

– Mi spiace, Anna, ma dobbiamo tagliarli – affermò Marilla.

Matthew aiutò Anna ad affrontare quella terribile prova. Mentre Marilla le tagliava i capelli, lui teneva stretta la mano della bambina e la consolava dicendo:

Coraggio. I capelli ricrescono in fretta.

Alla fine, Anna gli chiese di passarle lo specchio. Marilla non era andata certo per il sottile e aveva fatto un lavoro drastico. I capelli erano cor-

42

tissimi e la bambina assomigliava a un monello.

– Non voglio più guardarmi allo specchio finché non saranno ricresciuti! – esclamò Anna. E poi continuò: – Invece mi specchierò tutti i giorni per penitenza. E vi prometto che, d’ora in poi, sarò buona come un angelo e mi dedicherò a migliorare il mio brutto carattere.

Marilla e Matthew si guardarono e si capirono con quel solo sguardo: Anna aveva reso la loro vita molto meno noiosa e più interessante. Quella bambina, capitata a Green Gables per errore, in fondo era una benedizione.

La sera seguente, mentre Marilla si trovava fuori casa, si udì un forte bussare alla porta. Anna andò ad aprire e, con sua enorme sorpresa, si ritrovò di fronte la piccola Diana. Era visibilmente alterata, con i capelli scompigliati e il respiro affannoso.

– Che cosa succede?

– Oh, Anna! Sono disperata. I miei genitori sono andati via e mi hanno affidato mia sorella Minnie. Sono da sola in casa con la domestica che, come tu sai, non capisce un bel niente.

43

– E allora? Calmati e spiegati bene.

– Allora… – sospirò Diana, – allora a Minnie è venuto un attacco di tracheite difterica. Sono andata a cercare la signora Lynde, ma neppure lei è in casa. Mia sorella ha la febbre altissima e non so che cosa fare. Chiama Marilla, per piacere.

Anna scosse la testa:

– Mi spiace, non c’è neppure lei, ma io ho già affrontato dei casi di tracheite quando mi occupavo dei gemelli. Vengo con te.

– Sei sicura?

– Sì – rispose Anna. Mandò Matthew a chiamare il dottore, prese una bottiglia di sciroppo contro il catarro e, afferrata la mano dell’amica, la trascinò con sé.

Arrivate a casa di Diana, Anna si rese subito conto della situazione. La sorellina di tre anni giaceva sul divano ed era febbricitante. La domestica non riusciva a decidere sul da farsi e rimaneva lì sbigottita.

– Presto, mettete a scaldare dell’acqua. E tu, Diana, recupera qualche pezza di lana – disse con piglio sicuro.

44

Anna spogliò la bambina e la mise a letto, poi face accendere un bel fuoco nella camera e somministrò lo sciroppo che Minnie inghiottì a fatica. L’acqua calda, tutto sommato, servì a ben poco, ma la bottiglia di sciroppo fu svuotata fino in fondo.

Trascorse così una lunga notte durante la quale Minnie fu tenuta al caldo, vegliata dalle due amiche e le fu somministrato ancora più volte dello sciroppo.

Alle tre di notte, quando arrivò il dottore, Minnie era fuori pericolo. La bambina dormiva tranquillamente e respirava senza difficoltà.

– Pensavo proprio che non ce l’avrebbe fatta. Ho continuato a somministrarle lo sciroppo e, a un certo punto, Minnie ha espettorato tutto il catarro e si è addormentata. Sono così felice, così sollevata adesso! – gli disse Anna.

Il dottore rimase stupito da quella bambina magra e vivace che era riuscita ad affrontare una situazione difficile.

In seguito, quando i genitori di Diana tornarono a casa, il medico disse loro:

45

– Quella ragazzina con i capelli rossi adottata dai Cuthbert è davvero in gamba. Ha salvato la vita di vostra figlia dimostrando una presenza di spirito eccezionale per la sua età. Se non ci fosse stata lei, io non sarei arrivato in tempo.

Il giorno seguente, dopo la scuola, Marilla disse ad Anna:

– Oggi è venuta qui la mamma di Diana. Era mortificata per come ti ha trattata e mi ha chiesto di porgerti le sue scuse e di ringraziarti con tutto il cuore per ciò che hai fatto per Minnie. Ha detto che Diana potrà giocare ancora con te.

Alla bambina sembrò di toccare il cielo con un dito.

– Come sono felice, Marilla. Questa è davvero una splendida giornata.

E fu ancora più bella quando arrivò Diana a dirle:

– Anna! La mamma mi ha dato il permesso di farti dormire a casa mia. Sai, è arrivata zia Josephine. È anziana e molto severa, ma ha un sacco di soldi.

Anna chiese il permesso a Marilla che glielo concesse. Quella sera si presentò a casa di Diana.

46

La mamma della sua amica si scusò con lei per non averle creduto a proposito del liquore e la ringraziò per essersi occupata di Minnie.

Poi Anna e Diana salirono insieme al piano superiore e si prepararono per andare a letto.

– Dove dormiremo? Oh, Diana, come vorrei stare nella stanza degli ospiti! In vita mia, non ho mai avuto un tale onore. Dimmi che il mio desiderio si può realizzare.

– Credo che mamma non avrà niente in contrario – approvò Diana.

Perciò decisero di dormire nella stanza degli ospiti e Diana propose:

– Facciamo la gara a chi si infila prima nel letto? Io conto fino a tre e poi corriamo sotto le coperte. Che ne dici?

Figuriamoci se Anna non era d’accordo!

Non appena ebbero indossato il pigiama, si lanciarono nella camera e saltarono sul letto, una da una parte e una dall’altra.

– Gesummaria! – qualcuno esclamò.

Le due bambine si accorsero che c’era un corpo disteso sotto le coperte. Si spaventarono moltissimo e scapparono via con il cuore in gola,

47

correndo in camera di Diana e nascondendosi tra le lenzuola.

– Di chi era quel corpo? – chiese sottovoce Anna.

– Temo che si tratti della zia Josephine. Doveva arrivare domani dalla città, ma evidentemente ha anticipato la partenza. Ho paura che ci daranno una bella lavata di capo. La zia è una vecchia scorbutica piena di soldi e i miei genitori vogliono tenersela buona.

Il giorno seguente, la mamma di Diana rimproverò le due bambine. Anna difese la sua amica affermando che non sapeva che la zia era arrivata.

– Ebbene, ora le chiederete scusa e spero che vi perdoni, anche se ne dubito. Si è così spaventata che per poco non ha avuto un infarto.

Così le due amiche si ritrovarono di fronte all’anziana signora per chiederle scusa. La zia era così arrabbiata che aveva fatto le valigie e voleva andarsene con grande dispiacere dei genitori di Diana.

Era davvero anziana, magra e austera, con due

48

rughe dritte ai lati della bocca e una gran collana d’oro appesa al collo.

– Stavamo solo divertendoci un po’, signorina – spiegò Anna. – Non sapevamo che lei era nel letto. Era un tale onore per me dormire nella stanza degli ospiti. Sa, sono una povera orfanella che non ha mai goduto di questi privilegi.

– Siete due maleducate e mi avete spaventato a morte.

– Ma lei non è morta – rispose Anna. – E poi, anche noi ci siamo spaventate quando abbiamo sentito il suo corpo sotto le coperte.

La donna sentì un sussultò di ilarità attraversarle il petto.

– Be’, posso capirti – disse incuriosita da quella buffa bambina, – ma vorrei che ti sedessi accanto a me per parlare un po’. In effetti, tutto ciò che è accaduto dipende anche dai punti di vista e il mio è diverso dal tuo.

– Mi spiace, lo vorrei anch’io ma adesso devo andare da Marilla e da Matthew che mi stanno aspettando. Tornerò volentieri più tardi a parlare con lei. Noi siamo spiriti affini.

49

La zia rise e poi disfece le valigie con grande sollievo dei genitori di Diana. Regalò anche alla nipote un bracciale d’argento.

Quella bambina dai capelli rossi mi diverte un sacco – affermò, – ed è raro alla mia età trovare qualcuno che mi rallegri. Spero di rivederla presto.

Fu così che Anna e zia Josephine diventarono grandi amiche.

50

Icapelli cortissimi di Anna avevano suscitato un grande interesse a scuola. Tutti i compagni ne parlavano e lei era diventata molto popolare anche perché stava diventando davvero brava ed era una piacevole compagna. Per un po’ di tempo, la bambina rispettò i buoni propositi che si era imposta. Cercò cioè di essere angelicamente buona e brava. L’amicizia con Diana si rafforzò e la compagna le regalò un nastro di velluto verde, da mettere al collo, che le donava moltissimo.

Anna andava a scuola volentieri specialmente perché, quando c’era la ricreazione, poteva fare merenda nel boschetto dietro all’edificio, giocare con i compagni e inventare un mucchio di avventure straordinarie delle quali lei era la protagonista. Anche Gilbert subiva il fascino di Anna, ma lei lo ignorava ostentatamente. Si capiva benissimo che il ragazzo avrebbe voluto fare la pace ed esserle amico perché cercava di attirare la sua attenzione.

Quando Gilbert le mise sul banco una rossa mela succosa, lei la tenne con due dita e, schifata, la fece volare fuori dalla finestra.

51
Sei

Gilbert ne fu talmente offeso che cominciò a sua volta a ignorare Anna e fra i due nacque una rivalità che si concretizzava in una continua gara di bravura. Anna studiava con impegno e meritava bei voti in tutte le materie meno in geometria che capiva poco e male. Gilbert invece in geometria se la cavava alla grande. In poco tempo, i due si contendevano la palma di primi della classe.

C’era un’altra persona con cui Anna non si trovava bene. Si chiamava Josie Pye ed era una ragazzina intrigante che continuava a provocarla. In realtà, Josie faceva così con tutti e Marilla diceva che i Pye stavano al mondo così come ci stanno i cardi: ci sono, ma non si sa a che cosa servano. Josie era una bambina grassoccia, ma robusta, con un carattere polemico e sgradevole, che poco accettava il primato scolastico di Anna. Quando partecipava ai giochi, voleva sempre vincere e si arrabbiava se questo non succedeva. Ogni tanto, sparava qualche frecciatina sul colore dei capelli di Anna perché era gelosa della compagna.

Josie era forte e agile. Un giorno si mise a camminare in equilibrio sullo steccato della scuola.

52

Compì tutto il percorso con sicurezza, senza cadere e poi, una volta scesa, cominciò a darsi un sacco di arie.

– Nessuno saprebbe farlo! Io sono bravissima in queste cose – si vantò.

Questo atteggiamento irritò molto Anna che non riuscì a tenere la bocca chiusa:

– Anche un bambino di due anni saprebbe camminare su uno steccato così basso – disse sprezzante.

– Perché tu sapresti fare di meglio? Con quelle gambette secche, non riusciresti a camminare in equilibrio nemmeno per mezzo metro – ribatté Josie.

Anna avrebbe voluto mordersi la lingua. Non era certo brava come la compagna, ma ormai ne andava del proprio onore. Quella sbruffona l’aveva sfidata, perciò avrebbe trovato pane per i suoi denti. Si guardò intorno e, notata una scala appoggiata al muro della scuola, decise di fare una passeggiata sul tetto.

– Ti farò vedere io – disse e cominciò ad arrampicarsi.

– Non farlo, ti prego – la implorò Diana, ma

53

Anna, impulsiva e orgogliosa com’era, perseverò in quell’idea molto pericolosa.

I compagni atterriti la osservarono nel silenzio più totale mentre, raggiunto il bordo del tetto, metteva avanti un piede allargando le braccia.

Piano piano, Anna raggiunse il colmo e si fermò un attimo indecisa. C’era un cordolo stretto e sdrucciolevole sul quale camminare le sembrava impossibile. Tuttavia non si arrese.

– Ti scongiuro, sta’ attenta! – sussurrava Diana.

La bambina fece un altro passo e perse l’equilibrio. Vacillò, tentò invano di rimanere dritta, ma si inclinò pericolosamente e poi… precipitò.

I compagni la videro sparire e immediatamente udirono uno schianto e un urlo terribile. Allora si misero a correre e, fatto il giro dell’edificio, la trovarono aggrappata a dei cespugli che avevano attutito la caduta. Era tutta coperta di graffi e stava in una posizione che dire scomodissima è dir poco.

– Oh Dio, Anna! Come stai? – strillò Diana.

– Non sono morta, per fortuna, ma ho una caviglia slogata. Che male!

Così dicendo, Anna svenne per il dolore. Furo -

54

no chiamati Matthew e Marilla che, senza sapere quanto fosse grave la situazione, si precipitarono a scuola. Mentre correvano agitati, si resero conto di quanto fosse diventata loro cara quella bambina. Era la cosa più importante al mondo.

Giunti nel cortile della scuola, Matthew la prese in braccio e Anna sussurrò:

– Non abbiate paura, sto abbastanza bene. Ho solo camminato sul tetto e sono caduta.

Guardate il lato positivo: avrei potuto rompermi l’osso del collo e, invece, mi sono solo storta una caviglia.

– Non passa un giorno senza che tu combini qualche guaio! – gridò Marilla e poi aggiunse con voce lamentosa:

Santo cielo! È svenuta di nuovo. Portiamola a casa e chiamiamo il dottore.

Il medico scoprì che la caviglia di Anna era fratturata.

– La faccenda è più grave del previsto – disse, – e la bambina dovrà rimanere a letto per un bel po’. – Spero che le serva da lezione, ma ne dubito. Non passa giorno che non combini un guaio.

55

Non so proprio perché me la sono presa in casa

– brontolò Marilla esasperata.

La sera, Anna si rivolse a Marilla con voce flebile:

– Ti dispiace molto per me?

– È stata tutta colpa tua. Te lo sei meritata –sentenziò brusca la donna.

– Mi avevano sfidato! Cosa avresti fatto tu al posto mio? Ne andava del mio onore. Josie Pye

è una vipera e mi avrebbe canzonata vita natural durante se non avessi fatto ciò che ho fatto!

– Io sarei rimasta sul terreno solido e non l’avrei badata.

– Eh, tu sei una persona con i piedi per terra!

– Proprio così! – rispose Marilla sorridendo.

– Sai, non è piacevole quando gli altri ti sfidano. Se non avessi reagito, mi avrebbe preso in giro per sempre. E poi, è stato davvero brutto svenire due volte. Sei molto arrabbiata?

– No, ma ricordati che si pagano sempre le conseguenze delle nostre azioni. Adesso cerca di dormire e, se non ci riesci subito, ti conviene riflettere sul tuo comportamento invece di fantasticare come al solito.

56

Anna rimase distesa per alcune settimane, ma non si annoiò affatto. Riceveva continuamente le visite delle compagne che le portavano mazzi di fiori, notizie sulla scuola e sul paese e libri da leggere. Non era piacevole rimanere sempre a letto, ma per Anna fu un’occasione per scoprire di avere moltissimi amici. Le fece visita perfino Josie

Pye che fu ricevuta con gentilezza.

Un giorno Diana le portò l’entusiasmante notizia che era arrivata una nuova maestra.

– Diana dice che è assolutamente deliziosa.

Ha uno sguardo affascinante e bei capelli biondi e ricci. Porta le maniche a sbuffo più grosse di Avonlea! Inoltre insegna recitazione e tutti devono declamare un brano o interpretare una parte in un dialogo. Il solo pensiero è meraviglioso! – si confidò Anna con Marilla.

Sì, l’ho saputo. È la signorina Stacy. Speriamo che sia più brava del maestro e che non faccia troppe preferenze come lui – rispose la donna.

57

Sette

Finalmente Anna fu in grado di tornare a scuola. Era di nuovo ottobre, un mese rosso e oro, con l’aria tiepida e la rugiada che luccicava nei campi come una coperta d’argento. La nuova maestra, signorina Stacy, era una giovane donna che sapeva guadagnarsi l’affetto e il rispetto dei suoi allievi. Anna l’adorava. Intanto continuava la gara di bravura fra lei e Gilbert. I due ragazzi facevano finta di non vedersi, ma si tenevano d’occhio di nascosto. Anna ce la metteva tutta per ottenere ottimi voti e, quando portò a casa la pagella del primo quadrimestre, Marilla e Matthew furono orgogliosi di lei.

– Oggi pomeriggio abbiamo fatto recitazione, – disse Anna – e la signorina Stacy mi ha fatto declamare Maria regina di Scozia. Diana mi ha detto che il modo con cui ho recitato le ha fatto gelare il sangue nelle vene.

– Magari… un giorno potresti recitare qualcosa anche per me, laggiù nel fienile – disse Matthew un po’ imbarazzato.

Oh, sì. Lo farò volentieri ma non sarà come

58

quando sono di fronte a un’intera classe che pende dalle mie labbra.

Anna si era davvero appassionata alla recitazione. Imparava molti brani a memoria e li ripeteva con la giusta intonazione mettendoci un grande sentimento. Nonostante i timori di Marilla, quell’attività non era fine a se stessa. La maestra infatti invitò gli allievi a preparare uno spettacolo natalizio per acquistare, con il ricavato dei biglietti, una bandiera per la scuola. La proposta suscitò l’entusiasmo di tutti, specialmente di Anna.

– Decoreremo la sala con rami d’abete tempestati di roselline fatte con la carta velina. Io reciterò ne “La regina delle Fate”. Sarò la damigella d’onore della regina. Josie Pye dice che una fata con i capelli rossi è ridicola, ma lei è grassa. Una fata grassa è molto più ridicola, vero Marilla? Ci saranno poi i canti del coro e i bambini vestiti da angeli. Inoltre prepareremo un rinfresco con delle torte impastate e cotte da noi.

– Che Dio ci aiuti – commentò perfidamente Marilla

La donna disapprovava quel progetto nel quale gli allievi mettevano tanto impegno. Le sem-

59

brava che fosse tempo sottratto allo studio e ai compiti.

– Vi metterete in testa un sacco di stupidaggini. Invece di studiare e di imparare, darete forma a un mucchio di idee pazze che vi frulleranno tutto il giorno per la testa – protestò.

– Ma compreremo la bandiera che ci aiuterà a sviluppare l’amore per la patria – replicò Anna.

– Tutte sciocchezze. Non è una bandiera a suscitare l’amore per la propria terra, ma sono i fatti, le opere che si compiono per essa. Spero solo che tu ti comporti bene e che questa faccenda finisca presto.

Un pomeriggio, le compagne di Anna arrivarono a Green Gables per fare le prove di recitazione. Matthew osservò le bambine e rimase molto colpito da qualcosa che dapprima non seppe spiegarsi. Anna stava in mezzo al gruppo e parlava con gli occhi che le brillavano per la passione, ma in lei c’era qualcosa di diverso dalle altre.

Quando le ragazze furono andate via, l’uomo rimase accanto al fuoco e, aiutandosi con la pipa, si mise a riflettere. Che cosa rendeva Anna così

60

distinguibile, oltre ovviamente al fatto che era molto graziosa e vivace?

A un tratto comprese. Anna era la più carina di tutte, aveva i lineamenti fini e delicati, una bellissima voce, ma… i suoi vestiti erano scuri e troppo semplici, tagliati tutti nello stesso modo, senza un abbellimento. Le altre bambine indossavano vestitini vaporosi, adorni di perline luccicanti e avevano delle maniche speciali che sembravano ali di farfalla. Marilla non avrebbe approvato, ma lui meditò un piano e decise, per una volta, di non seguire l’opinione della sorella. Matthew non se ne intendeva affatto di abiti femminili perciò, preso il coraggio a due mani, scese in paese con la scusa di acquistare delle sementi. Entrò invece in un negozio di vestiti e, arrossendo, balbettò:

Ehm… ecco. Se potesse aiutarmi… mi piacerebbe comprare un vestito con le maniche… quelle maniche che fanno adesso per le bambine. Sa… quelle che oggigiorno…

Ma certo! Le maniche a sbuffo – rispose la commessa.

61

Sì, quelle… – disse l’uomo arrossendo. La commessa non era affatto stupita che quell’orso di un Cuthbert chiedesse un abito da bambina e gli mostrò tutto l’assortimento guidandolo nell’acquisto. Lui rimase stupito dalla quantità e dalla varietà della merce, ma volle che la commessa lo rassicurasse sul fatto che il colore dell’abito scelto andava bene per una bambina dai capelli rossi.

Fu così che Matthew tornò a casa con un vestito color nocciola con le balze e con le maniche a sbuffo. Era un abito all’ultima moda. Anna, quando lo ricevette, si commosse.

– Oh, Matthew! È bellissimo! In tutta la mia vita non ho mai indossato niente di così meraviglioso. E ha le maniche a sbuffo come quelle delle mie compagne – gridò e si aggrappò al collo dell’uomo baciandolo sul volto.

– È il tuo regalo di Natale, Anna – sussurrò lui. – Ti piace?

– Se mi piace? È magnifico. Ti voglio bene.

L’uomo arrossì per il piacere che quelle parole gli procuravano e, per non mostrare il suo imbarazzo, andò a lavarsi le mani.

62 –

Marilla intervenne: – È ora di pranzo. Non mi sembra che tu avessi bisogno di questo vestito, ma visto che ti è stato donato dovrai averne cura. La signora Lynde ti ha regalato un nastro dello stesso colore, intonato all’abito. Ora vieni a mangiare.

Oh, Marilla, mi sembra così banale mangiare in un momento simile – rispose Anna estasiata.

La donna borbottò qualcosa fra sé. Non era molto contenta dell’iniziativa del fratello, ma ormai la frittata era fatta. Sperando che Anna non si montasse la testa e non accampasse altre pretese.

Le sorprese, quel giorno, non erano finite. Quando Anna si incontrò con la sua amica del cuore sul ponticello, Diana le tese una scatola.

È un regalo per te da parte di zia Josephine – disse.

Dentro la scatola c’erano un biglietto con su scritto “Buon Natale alla piccola Anna” e un paio di deliziose scarpette di capretto, ricamate di perline e con i nastri di seta frusciante.

63

– Oh, Diana, questo è troppo. Sto sognando di sicuro!

La sera dello spettacolo, la piccola sala era affollata e tutti gli studenti fecero egregiamente la loro parte. Il coro intonò alcune commoventi canzoni natalizie e i bambini, vestiti da angeli, annunciarono la Buona Novella. Diana cantò un assolo con la sua voce ben impostata e Anna recitò la sua parte dimostrando di essere un’attrice provetta.

Erano presenti anche Matthew e Marilla che rimasero stupiti dalla bravura di Anna. Fu lei la stella dello spettacolo e perfino Josie Pye fu costretta a riconoscerlo.

– Abbiamo incassato almeno dieci dollari! –gridò Diana entusiasta tornando a casa con l’amica del cuore.

– E vedremo i nostri nomi stampati su giornale. Ti rendi conto? Tu sei stata eccezionale quando hai cantato da sola. Ti hanno chiesto il bis.

– Dopo la tua recitazione, la sala è crollata per gli applausi, Anna! C’era gente che si asciugava le lacrime.

64

Prima di andare a letto, Matthew disse a Marilla:

– La nostra Anna se l’è cavata molto bene.

– Sì – ammise lei, – è una bambina intelligente e molto graziosa. Ormai sta crescendo e bisognerà pensare al suo futuro anche se sembra ancora presto.

Sì, Anna stava crescendo, ma aveva ancora comportamenti da bambina e sognava spesso a occhi aperti facendo sbrigliare l’immaginazione.

La piccola mansarda che faceva da cameretta ad Anna non era cambiata nei tratti essenziali.

Le pareti erano sempre bianche, il tavolino stava ancora sotto alla finestra e il letto era un po’ antiquato. Tuttavia sul tavolino c’era una brocca piena di fiori, i libri della ragazzina erano appoggiati su una mensola, c’erano dei disegni e dei fogli scritti sparsi ovunque e i vestiti nuovi, che Matthew le regalava, nell’armadio.

Anna guardava fuori dalla finestra quando Marilla entrò e posò su una sedia un abito appena stirato. La donna aveva mal di testa e, in quei momenti, diventava molto sarcastica.

65

– Ti sei occupata dei lavori di casa facendo il tuo dovere, – le disse – ma non occorreva inamidare i fazzoletti. Inoltre lo sformato bisogna tirarlo fuori dal forno quando è cotto, non quando è carbonizzato.

Chiedo scusa, Marilla, ma me n’ero proprio dimenticata. Non ho ancora imparato a controllare i miei sogni a occhi aperti e mi sono immaginata come una principessa tenuta prigioniera per un incantesimo in un’alta torre solitaria. Ecco perché mi sono scordata lo sformato! Da ora in poi, mi comporterò benissimo. Sai, vorrei avere l’emicrania al posto tuo perché mi spiace molto che tu stia male.

– Hai finito di studiare la lezione? Perché vorrei che tu andassi a casa di Diana e chiedessi a sua madre se può prestarmi il modello per il grembiule che ha fatto a sua figlia.

Anna fece una faccia preoccupata e rispose:

– Preferisco andarci domattina. Adesso è troppo buio!

– Ho bisogno stasera stessa di quel modello.

Allora ci andrò passando per la strada principale.

66

– Anna Shirley! Che cosa hai nella testa? Così perderesti mezzora! – esclamò Marilla irritata.

– Non ho il coraggio di attraversare la… Foresta Stregata. Cerca di capirmi.

– Che storia è mai questa? – gridò la donna ancora più arrabbiata.

Anna le spiego che lei e Diana avevano immaginato che il bosco tra Green Gables e la casa dell’amica fosse infestato da streghe e da fantasmi. Aveva paura di incontrare gli spiriti se lo avesse attraversato di sera. Marilla fu irremovibile.

– Attraverserai il bosco adesso così ti toglierai dalla testa tutte queste sciocchezze. Gli spiriti non esistono, Anna.

Così la ragazzina uscì di casa e si avviò per il sentiero. Quando fu sotto gli alberi cominciò a correre. Ogni piccolo rumore, un ramo che scricchiolava, le foglie che frusciavano, un animaletto che fuggiva la facevano sussultare per lo spavento. Più che correre, Anna volava. Le pareva di essere inseguita da una torma di fantasmi che l’avrebbero risucchiata in un mondo grigio e desolato o da una ridda di streghe sdentate coperte da veli grigi e stracciati come ragnatele.

67

Quando uscì dal bosco, attraversò il campo come un fulmine e arrivò tutta affannata a casa di Diana. Si fece consegnare il modello e poi ritornò indietro sempre correndo e con l’impressione di avere centinaia di spiriti alle calcagna.

Arrivata a casa, chiuse d’un colpo la porta dietro di sé e si appoggiò al battente con il cuore in gola.

– E allora? – le chiese Marilla impassibile. – Sei stata rapita da una strega oppure un fantasma ti è apparso all’improvviso?

– Oh, Marilla! Non avevo mai fatto una passeggiata simile in tutta la mia vita. Che paura! D’ora in poi mi accontenterò di immaginare solo posti… normali.

– Che questo ti serva da lezione. La brutta abitudine che hai di fantasticare è molto dannosa. Hai la testa piena di sciocchezze e per questo non fai altro che combinare pasticci.

68

Nei

mesi che seguirono, Anna cercò di impegnarsi in tutti i modi per non combinare pasticci. Nonostante l’impegno, qualche guaio le scappò.

Un giorno Marilla la incaricò di impastare una torta per il tè. Aveva invitato a Green Gables il pastore e sua moglie. Anna ubbidì con entusiasmo perché si trattava di un compito molto importante. Impastò, infornò e il dolce, quando fu cotto e tirato fuori dal forno, le sembrò perfetto. Quando la moglie del pastore assaggiò la fetta di torta, fece una faccia molto strana.

Com’è? – le domandò Anna timidamente.

La donna non rispose, si limitò a masticare con lentezza. Anche Marilla assaggiò la torta e poi

gridò:

Anna Shirley! Con che cosa hai aromatizzato questo dolce?

– Con la vaniglia…

– Fammi vedere il flaconcino che hai usato.

La ragazzina ubbidì. Andò in dispensa e tornò con il flacone.

Questo è il mio balsamo contro l’emicrania!

69
Otto

Santo cielo, Anna. Non ne fai mai una di giusta! – strillò la donna mentre il pastore e sua moglie trattenevano una risata.

– Scusatemi, sono piena di raffreddore e non riuscivo a sentire l’odore del prodotto – piagnucolò Anna mortificata.

– Me ne capitano di cotte e di crude con questa ragazzina – disse Marilla portando la torta ai maiali.

E non era finita. Ci fu un budino con un topo morto dentro e una punizione collettiva a scuola perché la classe era rientrata tardi dalla ricreazione. Nonostante questo, l’inverno terminò e arrivò la primavera. Anche Marilla si sentiva più lieta e leggera alla rinascita della natura. I vetri di Green

Gables luccicavano sotto il tiepido sole, i ciliegi si rivestivano di nuvole bianche, nei prati l’erba tenera scintillava umida di rugiada e gli uccelli cantavano costruendosi il nido.

Anna e Diana andavano a scuola insieme tenendosi per mano e, al ritorno, rallentavano il più possibile per godersi la natura. I salici erano pieni di foglioline, i conigli saltellavano nel prato scap -

70

pando quando loro arrivavano, si udiva il ronzio delle api dorate e, dalle bignonie, si levavano decine di farfalle come fiori volanti.

Tutto era fresco e vivo.

– Com’è bella la vita, vero Diana? Vale la pena di essere vivi per vedere tutto questo – affermava Anna con enfasi.

– Sì, è bellissimo. Peccato però…

– Peccato che cosa? Sono diventata la migliore della classe.

– Insieme a Gilbert.

– Diana! Io ti voglio un bene dell’anima e tu sei la mia amica del cuore, ma non permetto neppure a te di nominare quel… figuro – gridò Anna indignata.

– È un peccato che tu non faccia pace con lui. Mi sembra che l’inimicizia che provi renda meno bello il mondo – sussurrò Diana insistendo.

Anna tenne il muso per tutta la strada del ritorno e quasi non salutò la sua amica quando si separarono per tornare nelle rispettive case. Però in seguito, Anna se ne pentì.

– Marilla, ho litigato con Diana. Sono disperata!

71

– Se è colpa tua, devi chiederle scusa – rispose la donna.

– Non solo le chiederò scusa, ma le domanderò umilmente di poterle tagliare una ciocca di capelli con le forbicine. La metterò in un medaglione e la porterò sempre al collo. E tu promettimi che, quando sarò morta, mi seppellirai con questa ciocca. Sai, credo che morirò presto. Marilla sentì la risata che le saliva lungo la gola e a stento riuscì a rimanere seria.

– Come vuoi essere vestita quando ti infilerò nella bara? – chiese.

– Be’, con un vestito bianco di mussola leggera che abbia delle grosse maniche a sbuffo e un nastro verde come cintura – rispose Anna e, immaginandosi così abbigliata, ne ricavò un po’ di conforto.

In effetti, la rivalità con Gilbert non accennava a diminuire. Anna era la più brava a scrivere e a recitare, Gilbert era il migliore in scienze e in geometria. Nelle altre materie erano alla pari. Quasi sempre, con grande cruccio di Anna, meritavano gli stessi voti. Nonostante fossero a scuola insie -

72

me per tutto il giorno, non si scambiavano una sola parola.

– La geometria non fa per me. Non ci capisco molto. È una materia che non mi permette di immaginare nulla – così si sfogò una sera Anna con Matthew.

– Anch’io non ci capivo niente quando andavo a scuola – rispose lui per consolarla.

Alla fine dell’anno, i ragazzi dovevano affrontare un esame per passare a una scuola superiore e ottenere il diploma di insegnanti. Le lezioni della signorina Stacy erano entusiasmanti e Anna imparò da lei ad amare la letteratura e la poesia. Un giorno, la maestra assegnò il compito di scrivere una storia inventata.

– Come le è venuto in mente di chiederci una cosa simile? – si lamentò Diana mentre tornava a casa da scuola insieme alla sua amica del cuore.

– Perché? È un tema facilissimo. Scriverlo sarà come bere un bicchiere d’acqua – ribatté Anna.

– Tu hai molta fantasia, sai inventare tante storie e scrivi bene. Per te è un compito facile. Ma io sono nata con pochissima immaginazione.

73

Scommetto che stasera avrai già terminato di scrivere la storia.

– Be’ – rispose Anna con falsa modestia, – in realtà ne ho già scritta una. Si intitola “Il rivale geloso”. L’ho fatta leggere a Marilla e lei ha affermato che si tratta di un mucchio di stupidaggini. Matthew invece ha detto che è una bella storia.

Lui sì che capisce! Sai, siamo spiriti affini. Mentre scrivevo, piangevo come un vitello tanto era commovente.

– Di che cosa parla?

– Di due bellissime ragazze, Cordelia e Geraldina. Cordelia è bruna, Geraldina è bionda e ha gli occhi viola.

– Non ho mai visto nessuno con gli occhi viola – disse Diana perplessa.

– Li ho inventati perché dovevo trovare qualcosa di davvero speciale. E Cordelia ha la fronte di alabastro. Sai, ho scoperto che cos’è l’alabastro. Le due ragazze si vogliono bene finché non arriva il conte Bertrm che si innamora di Geraldina. Le salva la vita quando un cavallo imbizzarrito sta per trascinarla via con tutta la carrozza.

74

Geraldine e Bertram si fidanzano, ma Cordelia diventa gelosissima. Continua a fingersi amica di Geraldina, ma una sera, mentre tornano a casa insieme, la spinge giù dal parapetto del ponte. Per fortuna, Bertram vede tutto e si tuffa nei flutti per salvare il suo grande amore. Poi annegano tutti e due e vengono seppelliti nella stessa tomba. Cordelia impazzisce e finisce in manicomio. Ecco. Ti piace?

– Che storia meravigliosa Anna. Vorrei avere la tua fantasia – rispose Diana ammirata.

– E se fondassimo un club letterario? La fantasia bisogna coltivarla.

E fu così che il club fu fondato. Dapprima aveva due soli membri, Anna e Diana, ma poi si unirono altri ragazzi.

Tutti dovevano scrivere una storia alla settimana e leggerla al gruppo per discuterne insieme. Ogni membro aveva scelto uno pseudonimo per firmare i propri racconti. Quello di Anna era

Rosamund Montmorency. Il club, fondato con tanto entusiasmo, iniziò alla grande, ma ebbe vita breve.

75

Un po’ alla volta, i membri lo abbandonarono, stanchi di doversi impegnare ogni settimana per inventare un racconto. Solo Anna continuò a scriverne perché facendolo provava una grande gioia.

76

Ormai Matthew aveva rotto il ghiaccio e non si vergognava più a entrare nel negozio per acquistare degli abiti per Anna. Marilla brontolava un po’, ma il fratello era irremovibile e, senza troppe parole, faceva ciò che desiderava.

– Stai viziando quella ragazzina. Si metterà in testa altre stupidaggini, come se non ne avesse abbastanza – gli diceva Marilla.

L’uomo però adorava vedere gli occhi di Anna quando tornava a casa con un abito nuovo.

– Oh, Matthew, ha le più grosse maniche a sbuffo che io abbia mai visto! Grazie! – e, così dicendo, gli schioccava un bacio sulla guancia. Matthew si era molto affaticato nei campi ultimamente. Era diventato pallido e aveva due macchie rosse sulle guance. Spesso gli mancava il respiro. Un giorno ebbe un attacco di cuore e fu costretto a rimanere a letto.

– Devi lavorare meno – lo rimproverò Marilla.

– Il lavoro è la mia vita – rispose lui, ma la donna era davvero molto preoccupata.

Un po’ alla volta, Matthew si riprese e tornò

77
Nove

alle occupazioni abituali e l’episodio fu quasi dimenticato.

Un giorno, dopo la scuola, Anna si ritrovò con Diana e con altre due compagne di scuola ai bordi del laghetto dove riposava, legata a un palo, una barca utilizzata dai cacciatori di anatre e dai pescatori. C’era una protuberanza di terra ornata da betulle che si protendeva sull’acqua e lì era stato costruito un piccolo molo dove appunto era attaccata la barca. Le ragazzine trascorrevano molto del loro tempo libero nei luoghi intorno al laghetto perché erano assai romantici e si prestavano per confidenze e fantasticherie. In quel momento, stavano studiando le vicende di re Artù ed erano tutte molto appassionate di cavalieri, di castelli, di Camelot, del mago Merlino e della fata Morgana, della regina Ginevra e del suo amore per Lancillotto.

Un giorno decisero di mettere in scena le vicende di Elaine di Astolat, morta di dolore per il suo amore non corrisposto verso Lancillotto. Quell’epoca era molto più romantica di adesso, pensavano le ragazzine.

78

Esse avevano scoperto che, se la barchetta fosse stata spinta via, sarebbe stata trasportata dalla corrente fino a una piccola spiaggia che stava dall’altra parte del lago. Avevano fatto spesso quel gioco lasciandosi trasportare in quel modo e ciò avrebbe rappresentato un’ottima occasione per inscenare la triste storia di Elaine.

Anna accettò un po’ a malincuore di assumere il ruolo principale. Da un lato, ne era orgogliosa ma, dall’altro, riteneva che i suoi capelli rossi non fossero adatti al personaggio di Elaine. Comunque accettò che drappeggiassero nella barca il vecchio scialle nero della mamma di Diana e poi si distese lì sopra con le mani incrociate sul petto.

– Mio Dio! – esclamò Diana. – Guardatela. Sembra proprio morta.

In effetti, il visetto pallido di Anna, ombreggiato dalle foglie delle betulle, era così immobile che la ragazzina sembrava aver esalato l’ultimo respiro.

La bambina che rappresentava re Artù baciò in fronte Anna e disse:

Sorella, addio per sempre.

79

Quindi la barchetta fu spinta al largo. Mentre si staccava dalla riva, lo scafo strisciò malamente contro un ramo appuntito nel fondale, ma nessuno se ne accorse.

Per un po’, Anna si lasciò trasportare con le mani incrociate sul petto e con gli occhi chiusi godendosi quei momenti così romantici. A un tratto però la barca cominciò e sbandare e a imbarcare acqua perché il palo appuntito aveva strappato la striscia incatramata che univa le assi. Nel sentirsi tutta bagnata, Anna lanciò uno strillo disperato, ma nessuno la sentì.

La barchetta, trascinata oltre il ponte, divenne sempre più pesante e a un tratto sparì inghiottita dall’acqua. Le ragazzine, che la videro affondare, non ebbero alcun dubbio che anche Anna fosse colata a picco.

Per fortuna invece, la barca era affondata in prossimità del ponte e lei era riuscita ad aggrapparsi a un pilone. E là, stretta a quel tronco vecchio, marcio e scivoloso, senza potersi muovere, scendere o salire, gridava aiuto con voce flebile. Le sue compagne, pallide come cenci, le vide

80

passare di corsa sulla riva. Gridavano anch’esse disperate e non la sentirono.

Anna si trovava in una brutta situazione. Non sapeva quanto sarebbe resistita aggrappata in quel modo. Avrebbe fatto la fine della povera

Elaine morta giovanissima? Con le braccia indolenzite e la testa confusa, si sentiva prossima alla morte quando vide un’altra barca che scendeva lentamente verso il ponte.

Gilbert Blythe stava remando verso di lei. Lui alzò la testa e vide una faccina grigia che lo guardava con gli occhi dilatati dalla paura e dalla fatica.

– Anna! Che cosa diavolo fai attaccata a quel tronco? Come sei finita lì? – le domandò stupito.

Senza attendere risposta, il ragazzo allungò il braccio e, volente o nolente, lei fu costretta ad afferrare la mano del nemico. Con l’aiuto di Gilbert, entrò a bordo e si sedette a poppa. Era tutta bagnata e teneva tra le mani lo scialle zuppo. Provava una grande rabbia per essere stata salvata proprio da lui e per l’impossibilità di mantenere un aspetto dignitoso.

81

– Che cosa ti è successo, Anna?

– Stavamo recitando la morte di Elaine. Sono salita sulla barca, ma è affondata. Saresti così gentile da portarmi fino alla spiaggetta? Le ragazze saranno disperate – rispose lei altezzosa.

– Senti, Anna, è un pezzo che volevo dirtelo. Non sarebbe meglio fare la pace? Quando ti dissi… ehm… quella cosa era solo uno scherzo. Non volevo offenderti. Mi piacerebbe che diventassimo amici.

Anna, a quelle parole, sentì che il cuore le batteva in un modo insolito. Gilbert era così piacevole a vedersi, con quell’espressione amichevole e contrita sul bel viso. Quell’offesa però, che aveva subito di fronte a tutti, rappresentava ancora una ferita aperta dentro di lei. Odiava Gilbert e non lo avrebbe mai perdonato.

– No! Non sarò mai tua amica. Puoi scordartelo, Gilbert – rispose con freddezza.

Il ragazzo arrossì e, remando con foga, rispose:

– Va bene. Non ti chiederò mai più l’amicizia, Anna Shirley. E sai… della tua amicizia non m’importa niente!

82

La lasciò sulla spiaggetta e Anna, scesa dalla barca senza salutare, risalì il sentiero provando uno strano rimpianto. Qui incontrò le compagne che correvano verso lo stagno prese dal panico. Erano andate a cercare aiuto, ma non avevano trovato nessuno.

– Oh, Anna! – gridò Diana senza fiato gettandole le braccia al collo. – Come hai fatto a salvarti?

– Mi sono arrampicata su uno dei piloni del ponte. Poi è arrivato Gilbert Blythe con una barca e mi ha riportata a riva.

– Temo che non ci lasceranno più giocare vicino al lago – sospirò Diana.

E fu proprio così. Quando a casa di Anna e delle sue compagne si venne a sapere dell’accaduto, ci fu una grande agitazione.

Quando acquisterai un po’ di buon senso, Anna? – le domandò Marilla.

La ragazzina si era sfogata con un gran pianto e ora si sentiva più tranquilla.

– Sai, ho imparato qualcosa di nuovo facendo queste brutte esperienze – rispose. La faccenda

83

della spilla mi ha insegnato a non toccare le cose altrui. La Foresta Stregata mi ha insegnato a non lasciarmi trasportare dalla fantasia. E la tinta verde dei miei capelli a non essere troppo vanitosa.

– E da questa storia che cosa hai imparato?

– A non essere romantica. Era più facile fare i romantici al tempo dei castelli. Ora questo spirito non è più apprezzato.

Quando Marilla uscì, Matthew posò leggermente una mano sulla spalla di Anna e le disse: – Conserva un po’ del tuo spirito romantico. Non devi averne troppo, naturalmente. Un pochino però conservalo.

84

Dieci

Una mattina, Anna stava riportando le mucche nella stalla conducendole per il Sentiero degli Innamorati. Come al solito, era presa dall’immaginazione. Pensava al poema che la signorina Stacey le aveva chiesto di mandare a memoria e si compiaceva dei versi che dicevano:

Ed ecco che i lancieri ostinati ancora una volta crearonolapropriaforestabuiaeimpenetrabile.

Chiuse gli occhi per meglio assaporarli e, quando li riaprì, vide Diana che usciva dal cancello di casa. L’amica aveva una certa aria di importanza, ma lei non voleva mostrarsi curiosa e le disse:

– Che meravigliosa serata. Penso sempre che il mattino sia il momento migliore del giorno, ma, quando arriva la sera, mi sembra ancora più incantevole.

– Anna. Ho una notizia strabiliante. Indovina!

– Be’… dobbiamo preparare le decorazioni per il matrimonio di Carlotta Gillis?

85

– No!

– La madre di Jane le ha dato il permesso di fare una festa per il suo compleanno?

Diana scosse il capo e i suoi occhi scuri brillarono di gioia.

– Non ci siamo, Anna.

– Non saprei a cosa altro pensare. A meno che quel tale… quell’odiato Moody MacPherson, non ti abbia chiesto di accompagnarti a casa.

– Macché, Anna! Ci mancherebbe altro. No. La zia Josephine ha scritto una lettera alla mamma per invitarci tutte e due da lei, in città, per visitare la Grande Esposizione!

Anna quasi cadde seduta per terra dall’emozione.

Marilla non mi darà mai il permesso di venire.

Non preoccuparti. Sarà mia mamma a chiederglielo e lei non oserà rifiutare qualcosa a mia madre. Ci divertiremo un mondo. Non sono mai stata a una Grande Esposizione.

Oltre a un bel vestito, Matthew comprò per Anna una pezza di panno blu e le fece confezionare un cappotto nuovo. Non contento, le regalò anche un cappellino di velluto blu con la

86

passamaneria dorata e i fiocchi di seta. Marilla concesse ad Anna il permesso di andare in città il martedì seguente.

Indossati gli abiti nuovi e il cappellino all’ultima moda, Anna salì sul calesse del papà di Diana e, insieme all’amica, partì verso la città.

Il viaggio fu lungo, ma c’erano così tante belle cose da vedere lungo il percorso che alle ragazze sembrò durare solo pochi minuti. Era quasi mezzogiorno quando giunsero in città. La zia Josephine abitava in una bella casa lungo un viale bordato da faggi e olmi verdeggianti.

– Finalmente sei venuta a trovarmi, Anna – le disse accogliendo le ragazzine sulla porta. Come sei cresciuta! Sei diventata più alta e anche molto graziosa.

– Be’, non mi sono venute le fossette, ma alcune lentiggini sono sparite, signora.

– Dai, venite dentro. Sono contenta di poter godere della vostra fresca compagnia.

Entrate che furono, ammirarono la magnifica casa della zia, arredata con mobili lussuosi, tappeti morbidi e tende di mussola.

87

Ad Anna sembrava di stare in un palazzo.

Ogni sera, facevano il giro del parco con la bella carrozza della zia. Andarono anche ad ascoltare un concerto dove si esibiva una cantante famosa che indossava un abito di satin bianco e una collana di diamanti.

Il soggiorno in quella casa fu delizioso. Ogni giorno si recavano in città facendo sempre nuove scoperte. La cosa più bella fu la Grande Esposizione. Ci rimasero una giornata intera. Ammirarono i cavalli i fiori, le stoffe, i pizzi e perfino i grassi porcelli. Quello del signor Bell, sovraintendente della Scuola Domenicale, aveva vinto il Primo Premio per il miglior suino di Anvolea.

All’esposizione c’erano migliaia di persone compresa la signora Lynde che salutò le due ragazzine con simpatia. La cosa più bella però fu una visita in una gelateria.

– Oh, Marilla. Il gelato era delizioso. Pensa, erano le undici di sera e noi, invece di dormire, eravamo sedute a gustarlo in un locale di lusso –raccontò Anna in seguito.

Il venerdì giunse il momento di tornare ad Anvolea.

88

– Spero che vi siate divertite – disse zia Josephine salutandole.

– Moltissimo – rispose Diana.

– E tu, Anna?

Sono stati i più bei momenti della mia vita – rispose la ragazzina abbracciando l’anziana signora e baciandola sulle guance rugose.

– Oh, tu sai come scaldare il freddo cuore di una vecchia signora – disse la zia ridendo.

Al ritorno, Matthew confidò ad Anna che la sua assenza gli era sembrata lunghissima. Anche Marilla confessò che quei giorni le erano sembrati “un deserto”.

– Sai, ho trascorso dei giorni stupendi, indimenticabili, ma il momento più bello è stato ritornare a Green Gables – affermò Anna.

89

Undici

Una sera, Anna stava accoccolata accanto al fuoco. Il libro che stava leggendo era scivolato a terra e lei era ancora una volta persa nelle proprie fantasticherie. Sognava avventure entusiasmanti che finivano sempre bene e non comportavano mai i disastri che combinava nella vita reale.

Marilla posò il lavoro a maglia che stava facendo, per osservarla con tenerezza. La donna non sapeva esprimere a parole l’affetto che provava, ma l’amore che provava per quella ragazzina esile dagli occhi verdi era tanto più profondo quanto più nascosto. E le sembrava che non fosse una buona cosa affezionarsi così tanto a una persona come lei aveva fatto con Anna. Questo pensiero rendeva Marilla più critica e inflessibile.

Da parte sua, Anna non sospettava quali fossero i sentimenti di Marilla e, pur facendo di tutto per farla contenta, a volte credeva che la donna dimostrasse poca comprensione. Quel pensiero però la addolorava perché subito rammentava che le doveva tutto.

90

– Anna, oggi è venuta a trovarmi la tua maestra – disse a un tratto Marilla.

– Mi spiace di non essere stata in casa – rispose Anna sussultando. Aveva paura che la signorina Stacey fosse andata a Green Gables per lamentarsi di lei.

In effetti, la maestra l’aveva scoperta mentre, invece di studiare la storia del Canada, era immersa nella lettura di “Ben Hur”. Infatti, quando era ritornata in classe dopo la ricreazione, era arrivata a leggere della famosa corsa delle bighe e desiderava tanto sapere come sarebbe finita. – Mercoledì scorso, la signorina Stacey ci ha portate al ruscello e ci ha parlato di cose molto serie e importanti. Ha detto che ora noi stiamo formandoci il carattere, che sarà ormai definito quando avremo vent’anni, e che è importante stare attente alle abitudini che acquisiremo. E poi … – balbettò Anna imbarazzata.

– Se tu mi lasciassi parlare, potrei spiegarti che cosa è venuta a fare la tua maestra a casa nostra. – Be’, veramente… se è perché leggevo “Ben Hur”… sai, il libro è così appassionante! Me l’ha prestato Diana.

91

Non voleva dirmi questo. È la tua cattiva coscienza che te lo fa pensare. Comunque non devi leggere romanzi a scuola.

Ma io leggevo “Ben Hur” perché la maestra, una volta che mi ha sorpreso a leggere “La casa stregata”, mi ha fatto promettere che non avrei mai più letto libri simili ma solo…

– Va bene, Anna. Se sei più interessata al suono della tua voce che a ciò che voleva dirmi la signorina Stacey, mi rimetterò a lavorare a maglia.

Anna promise che non avrebbe pronunciato più nemmeno una parola.

La signorina Stacey sta organizzando un gruppo di allievi per prepararli all’ammissione alla Scuola Superiore. Ti piacerebbe frequentarla e dare gli esami per diventare insegnante?

Anna saltò in piedi e, con le mani giunte, urlò:

Oh, Marilla! Mi piacerebbe moltissimo. Ma non costerà troppo? – Non preoccuparti di questo. Io e Matthew abbiamo stabilito che faremo di tutto per darti un’ottima istruzione e, finché ci saremo, questa rimarrà sempre casa tua.

92 –

Anna abbracciò la donna e le promise che si sarebbe impegnata duramente per farsi onore. Avrebbe studiato molto anche se mancava quasi un anno per dare l’esame.

Fra tanta gioia, ci fu anche un motivo di malinconia. Diana non avrebbe studiato con il gruppo che avrebbe tentato l’esame perché i suoi genitori non avevano intenzione di mandarla alla Scuola Superiore. Quando Diana uscì da scuola per tornarsene a casa con le altre ragazze, Anna fu costretta a dominare l’impulso di seguirla. Rimase così a scuola con la maestra e con gli allievi che avrebbero studiato per l’ammissione. Fra questi, c’era anche Gilbert Blythe.

Dal giorno in cui Gilbert aveva salvato Anna e si era visto rifiutare un’altra volta l’amicizia, era diventato con lei ancora più freddo. La ignorava del tutto e la loro rivalità divenne aperta e palese a tutti.

Gilbert scherzava con tutte le ragazze, studiava con loro, ne accompagnava qualcuna a casa, ma faceva finta che Anna non esistesse. E lei, all’improvviso, si rese conto di non essere più ar-

93

rabbiata con lui. Il rancore che aveva provato così a lungo era scomparso del tutto. Gilbert era stato perdonato, ma ormai era troppo tardi. Quanto le dispiaceva adesso di essere stata così orribilmente orgogliosa!

A parte questo cruccio, i giorni trascorrevano felici, scivolavano come perle dorate lungo il filo dell’anno. Anna era molto impegnata fra lo studio, i lavori di casa, le amiche, i libri appassionanti da leggere, i canti nel coro domenicale. La primavera tornò quasi senza che lei se ne accorgesse e la voglia di studiare non fu più così tanta come la voglia di correre e di passeggiare.

E poi, arrivò anche il fatidico giorno dell’esame. Anna lo affrontò con enorme emozione, convinta di non riuscire a passarlo.

– Tra due settimane si sapranno i risultati – disse a Matthew.

– Sarai promossa di sicuro.

– Meglio pensare di essere bocciata. Così non avrò una delusione troppo grande se lo fossi davvero – rispose la ragazzina.

Passarono tre settimane e ancora la lista dei

94

risultati non era stata pubblicata. Anna si recava tutti i giorni all’ufficio postale e ne ritornava delusa. Quell’attesa la sfiniva e le era perfino passata la fame. Una sera però, mentre guardava fuori dalla finestra una volta tanto senza pensare all’esame, arrivò la notizia. Gliela portò Diana correndo veloce verso Green Gables.

– Anna! L’hai passato. Sei la prima! Anche Gilbert è alla pari con te, ma il tuo nome è scritto prima del suo. Come sono orgogliosa!

Anna era sopraffatta dall’emozione. Le sembrava impossibile che il suo nome fosse in cima alla lista. Insieme a Diana corse dietro al fienile dove Matthew stava lavorando.

Sono la prima della lista. Ce l’ho fatta! – gli disse la ragazzina sventolando il foglio con i risultati dell’esame.

– Io lo sapevo. L’ho sempre detto che… avresti battuto tutti come se niente fosse. Tu sei la migliore – borbottò l’uomo con gli occhi umidi per la commozione.

– Oh, Matthew, è anche merito tuo. Noi siamo spiriti affini e tu hai sempre creduto in me.

95

Anche Marilla fece i complimenti ad Anna perché, affermò, si era comportata bene e si era impegnata. Erano tutti orgogliosi di lei, aggiunse e ad Anna quel complimento andò dritto nel cuore. Sembrava che i giorni felici e i trionfi di Anna non dovessero finire mai. Era stato infatti organizzato un concerto per ricavare dei fondi da impegare per l’ospedale della città e i promotori dell’evento avevano dato la caccia a tutti coloro che avevano del talento per farli esibire nel palco del teatro. C’era chi avrebbe suonato il violino, chi avrebbe cantato un duetto e chi avrebbe recitato. Anna Shirley era stata invitata ad esibirsi nella recitazione di un brano teatrale.

Lei si preparò mettendoci tutto il suo entusiasmo. La sera dello spettacolo, si recò a teatro con Diana viaggiando nel calesse guidato dal fratello dell’amica. Indossava un abito di mussola blu a fiorellini mentre Diana si era messa un vestito rosa pallido che lei, rossa di capelli, non avrebbe mai potuto indossare. I suoi capelli erano acconciati in due grosse trecce rosse e Diana le aveva infilato una rosellina bianca dietro l’orecchio.

96

Vedendo Anna partire, Marilla aveva pensato a quanto si sentiva orgogliosa della “sua” ragazza che era diventata così bella e buona. Disapprovava che Matthew fosse così indulgente con lei, ma era anche contenta che lui le comprasse i vestiti. Quella sera il fratello non stava molto bene ed erano tutti e due dispiaciuti di non poter assistere allo spettacolo. Nonostante questo, Anna riuscì a godersi il viaggio fino al teatro che era tutto un tripudio di luci.

Furono accolte delle signore che avevano organizzato l’evento e condotte nei camerini degli artisti dove regnava una gran confusione. Anna, nel vedere quelle persone vestite di seta e di pizzi, si vergognò perché le sembrava che il suo abito fosse troppo umile e modesto. Si sedette, ad aspettare il proprio turno di recitazione, vicino a una donna vestita di pizzo bianco che aveva al collo una splendida collana di diamanti e che, ogni tanto, la squadrava altezzosa attraverso un monocolo.

A un certo punto, Anna sentì chiamare il suo nome. Si diresse allora al centro del palcoscenico.

97

Era pallidissima e guardava con un senso di panico il pubblico sotto di lei, le signore abbigliate lussuosamente, i signori in abito da sera, tutti i visi rivolti verso di lei. Per un momento, pensò di fuggire via a nascondersi. Ma, in mezzo al pubblico, c’era Gilbert Blythe! No, non gli avrebbe mai e poi mai dato il pretesto di ridere di lei.

Fece perciò un gran respiro e declamò il brano con voce chiara e limpida, senza alcuna esitazione, recitando come mai aveva fatto prima.

La sala fu scossa da un applauso fortissimo quando Anna terminò. La donna in pizzo bianco le fece i complimenti e fu molto gentile con lei.

Tornando a casa in calesse insieme a Diana, Anna scrutò il cielo rischiarato dallo splendore lunare. Era tutto così grandioso e puro!

È stato tutto assolutamente fantastico – sospirò Diana. – Hai visto che vestiti? E quanti diamanti! Vorrei essere ricca come quelle signore.

Ma noi siamo ricche – protestò Anna. – Siamo ricche d’amore e di immaginazione. Siamo ricche di giovinezza e di vita. Che cosa vuoi di più?

98

– Sai, ho sentito un uomo che parlava di te nel foyer del teatro. È, mi sembra, un artista famoso. Diceva che gli sarebbe piaciuto farti il ritratto perché ha dei bellissimi capelli “color tiziano”. Che cosa vuol dire “color tiziano”?

– Tiziano era un pittore famoso cui piaceva dipingere donne con i capelli rossi.

– Però… è vero che abbiamo tante belle cose, ma penso che i diamanti riescano a consolare una persona di quasi tutte le sue mancanze – affermò Diana.

– Per me, tutti i diamanti del mondo non valgono la collanina di perle che mi ha regalato Matthew – rispose Anna stirandosi come una gatta mentre il calesse attraversava la Candida Via della Gioia.

99

Dodici

L’estate era ormai arrivata in tutto il suo splendore. Nei campi fervevano i lavori, si mieteva il frumento e si raccoglievano i frutti di stagione. Dopo le vacanze, Anna sarebbe andata ad abitare in città dove avrebbe frequentato la scuola superiore. Da un lato, la ragazzina non vedeva l’ora di partire, dall’altro era triste di lasciare Green Gables per cinque giorni alla settimana, di allontanasi da Marilla, da Matthew e dalla sua amica del cuore. Aveva inoltre saputo che Gilbert non sarebbe andato a scuola con lei e questo la preoccupava. La rivalità con lui la aveva spronata a dare il meglio di sé.

La preoccupazione più grande però era la salute di Mattehw. L’uomo si era molto affaticato e aveva avuto altri piccoli attacchi di cuore. Il medico gli aveva raccomandato di riposare, ma lui non ne voleva sapere di abbandonare il lavoro nemmeno per poco tempo. Anna si era accorta che l’uomo non aveva un bell’aspetto. Il suo colorito era spento, aveva le labbra bluastre e respirava in modo affannoso.

100

– Marilla – chiese una mattina quando lui fu uscito, – Matthew sta bene?

– No. Il suo cuore non funziona più come un tempo e lui non si risparmia neanche un po’. Adesso abbiamo assunto un altro bracciante che lo aiuta nei lavori più pesanti, perciò mi auguro che si riposi e si riprenda.

Anna si avvicinò a Marilla a le prese il viso fra le mani dicendo:

– Non mi sembra che neanche tu stia molto bene. Finché sarò a casa, dovrai solo riposarti. Penserò io a tutto. Tocca a te oziare mentre io lavorerò.

Marilla sorrise con malinconia. – Non è il lavoro che mi stanca. Il problema sta negli occhi. Sono andata da un oculista e…

E… ti prego, dimmi che diagnosi ha fatto.

Ha detto che, se non starò attenta e non smetterò qualsiasi lavoro di cucito e qualsiasi lettura, rischio di diventare cieca. Ti immagini, Anna, che cosa possa volere dire non vedere più? Non vedere più gli alberi, i fiori, il viso delle persone care?

101

Anna si sentì morire. Guardò con affetto la donna e si accorse che era diventata più magra e aveva ormai quasi tutti i capelli grigi.

– Conta su di me – sussurrò abbracciandola. Prima di accollarsi tutte le faccende di Green Gables, Anna si prese un’intera giornata libera e la trascorse in mezzo alla natura. Non dimenticò mai quei momenti passati immersa in una luce sfolgorante e dorata a camminare nella Valle delle Violette e sul Sentiero dei Salici. Tornando a casa incontrò Matthew e camminò con lui nel fresco del tramonto.

– Hai lavorato troppo negli ultimi tempi e dovresti riposare – gli disse.

– Il problema è che non ci riesco e sto invecchiando. Vedi, non desidero finire seduto su una poltrona con le mani in mano. Se devo morire, preferisco farlo così, lavorando.

– Se tu avessi adottato un ragazzo, adesso potrebbe aiutarti nei campi – gli disse.

– Be’, Anna… ecco… preferisco avere te che dieci forti ragazzi – rispose l’uomo e sorrise con timidezza.

102

La ragazza non avrebbe mai dimenticato quel sorriso.

Ad Anvolea correvano voci preoccupate. La gente sussurrava che la banca del paese era in gravissime difficoltà. Qualcuno rinforzava quella diceria, qualcun altro la smentiva. I Cuthbert, come molti altri abitanti del luogo, avevano messo in quella banca tutti i loro risparmi.

Matthew prese in considerazione la possibilità di prelevare i suoi soldi.

– Non vorrei perdere il frutto del lavoro di una vita – si confidò con un altro agricoltore che era nella sua stessa situazione.

– La banca è sicura, non può fallire. Conosco bene il direttore, è una persona onestissima. Se ci fosse qualche pericolo mi avvertirebbe – lo tranquillizzò il collega.

– Sì, ma il direttore è diventato anziano e ha lasciato molte responsabilità in mano ai figli.

– Finché lui sarà vivo, la banca non correrà alcun rischio. Puoi credermi sulla parola.

Matthew rinunciò così al suo proposito. Un giorno, il postino gli consegnò una lettera. Mat-

103

thew si trovava sotto il portico quando l’aprì. La lesse e sbiancò. Poi si portò una mano al petto e si accasciò a terra. Marilla accorse, cercò di rianimarlo, ma il fratello rimase immobile senza reagire.

– Corri a chiamare il dottore! – gridò la donna ad Anna che era uscita dalla porta della cucina.

La ragazza salì sul calesse e ritornò poco dopo a tutta velocità conducendo il medico con sé. Matthew era ancora sdraiato esanime sotto il portico con Marilla vicino. Il dottore gli posò lo stetoscopio sul petto, gli tasto il polso, poi scosse la testa. Non c’era più niente da fare.

Anna e Marilla scoppiarono a piangere. La ragazza rivedeva il sorriso con cui l’aveva congedata qualche sera prima e si disperava.

Nella lettera ricevuta da Matthew era scritto che la banca era fallita. I risparmi erano sfumati e le due donne, oltre che sole, si ritrovavano senza un soldo.

Dopo il funerale di Matthew, Anna andò a letto spossata dal dolore, ma non riuscì ad addormentarsi. Finora non aveva versato nemmeno

104

una lacrima, ma all’improvviso fu squassata dai singhiozzi.

Marilla entrò in camera e la prese fra le braccia.

– Non piangere così, Anna. Non saprei che cosa fare se tu non fossi qui. A volte sono stata troppo rigida e severa con te, ma ti voglio tanto bene quanto te ne ha voluto mio fratello. Ti amo come se tu fossi mia figlia.

– Marilla, come faremo adesso?

– Tu andrai in città a studiare e io… io mi arrangerò in qualche modo.

– Sei rimasta senza un soldo. E non potrai tirare avanti la fattoria tutto da sola.

– Be’, sto pensando di… vendere Green Gables.

A quelle parole, Anna sentì una fitta al cuore e pensò che sarebbe morta di dispiacere così come era capitato a Matthew.

Nei giorni seguenti, non appena si liberava dai lavori di casa, Anna andava al cimitero e si fermava a lungo sulla tomba di Matthew. Pensava a quanto bene lui le aveva voluto e a come sentiva dolorosamente la sua mancanza.

105

Tu e Marilla mi avete dato una casa e l’affetto di cui io, povera orfanella, sentivo la mancanza. Mi avete vestito, nutrito e amato. Adesso tocca a me ricambiare, anche se in minima parte, le vostre attenzioni.

Una sera tornò a casa e disse a Marilla:

Siediti qui. Ti devo parlare?

Ne hai combinata una delle tue?

Anna sorrise suo malgrado. Era un bel pezzo che non combinava i suoi soliti guai. Adesso era una ragazza assennata con la testa sulle spalle. Quando la donna si fu accomodata accanto a lei, le prese le mani e disse: – Ho deciso di non frequentare la Scuola Superiore. Rimarrò qui, a Green Gables e ti aiuterò a mandarla avanti. Non potrei sopportare che la casa fosse venduta. Andrò a insegnare nella scuola che ho frequentato e la vita che condurrò mi ripagherà di molto per questa rinuncia.

– Anna Shirley! Suppongo che mi sarà impossibile convincerti a cambiare idea considerata la testa dura che ti ritrovi – affermò Marilla arrendendosi.

106 –

La voce si sparse in tutto il paese: Anna aveva rinunciato a studiare per aiutare Marilla e ovviamente la prima a saperlo fu la signora Lynde che si presentò alla porta di Green Gables. Era tutta affannata e sempre più grassa. Fu ben contenta di sedersi in cucina davanti a una tazza di tè.

Anna, sei stata meravigliosa a rinunciare agli studi per Marilla – le disse sincera.

– Oh, non ho rinunciato a niente. Studierò qui a casa e darò gli esami privatamente.

– Così ti ucciderai di fatica!

– Per niente. Ho fatto domanda per insegnare nella scuola di Anvolea. Spero che…

Anna Shirley hai già avuto il posto. Il Consiglio di Amministrazione ha deciso di assumerti.

La ragazza fece un salto per la sorpresa.

Congratulazioni – le disse Marilla.

Cara Marilla, devo ammettere di essermi sbagliata di grosso quando ti dissi che non dovevi prenderti in casa questa creatura. Se in genere gli orfani sono molto pericolosi, Anna è stata la tua fortuna – ammise la signora Lynde con un sospiro.

107

Anna uscì di casa, corse via come una gazzella lungo il sentiero tra i prati di trifoglio, s’infilò nella Foresta Stregata e sparì sotto agli alberi. Andava a portare la notizia a Diana, la sua amica del cuore. Rimase a lungo con lei, ricordando i momenti più incisivi della loro amicizia a poi la salutò con un abbraccio.

Non tornò subito a casa e s’incamminò verso il lago. Il sole tramontava e la brezza soffiava dolcemente impregnata dai profumi della vegetazione.

Il cielo a ovest sfolgorava come una stoffa di damasco rosso e il lago rifletteva quella tinta addolcendola e restituendola quasi dello stesso colore dei capelli di Anna.

– Caro vecchio mondo – mormorò lei, – sono felice di essere viva dentro di te.

Riprese il cammino e risalì verso Green Gables. Mentre percorreva il sentiero, udì un passo veloce dietro di sé. Si girò e vide Gilbert Blythe che stava percorrendo la sua stessa strada. Il ragazzo sollevò il cappello in segno di educato saluto, ma

108

aveva il viso serio e sarebbe certamente passato oltre se Anna non lo avesse fermato. Gli tese la mano e gli disse arrossendo:

Gilbert, volevo dirti che… mi spiace molto di aver rifiutato la tua amicizia. Ero una ragazzina immatura, incapace di stare allo scherzo. E tu… sei un ragazzo davvero simpatico.

“E bello” avrebbe voluto aggiungere, ma non lo disse.

Gilbert le strinse volentieri la mano, anzi. La trattenne fra le sue e rispose: – E adesso, credi che potemmo diventare amici? Mi hai finalmente perdonato per quel piccolo brutto scherzo che ti feci?

Anna si mise a ridere. Tentò invano di riavere indietro la propria mano, poi si rassegnò a lasciargliela.

Ti ho perdonato da un pezzo. Ti ricordi quando mi salvasti laggiù al laghetto? Da oca testarda, non volli ammetterlo neppure con me stessa. E, se proprio vuoi una confessione completa, allora sappi che ho sempre rimpianto di essermi comportata così.

109

– Allora saremo grandi amici, Anna. Abbiamo già perso un mucchio di tempo ed è ora che ci conosciamo meglio. So che continuerai a studiare e, siccome ho anch’io questa intenzione, lo faremo insieme. Vieni, adesso ti accompagno a casa perché comincia a fare buio.

Sono contenta che mi accompagni, però sappilo: il buio non mi fa paura.

Quando Anna entrò in casa, Marilla le domandò: – Chi ti ha accompagnato per il sentiero?

Era Gilbert Blythe. L’ho incontrato mentre salivo a Green Gables – rispose lei vergognandosi.

Siete restati mezzora a chiacchierare fuori dal cancello. Non sapevo che foste tanto amici. Anzi, avevo sentito dire che non volevi parlargli a causa di un certo scherzetto… – commentò la donna sorridendo. – È vero. Siamo sempre stati ottimi nemici, ma adesso abbiamo fatto la pace. Davvero siamo rimasti a parlare per mezzora? Be’, dovevamo rifarci di tutte le volte che non ci siamo scambiati neanche una parola.

110

Marilla ripensò allora alla sua giovinezza. Ricordò a un tratto che anche lei aveva avuto una certa simpatia per il papà di Gilbert. Una simpatia corrisposta finché, per una sciocchezza, lei non aveva più voluto parlargli. Provò allora una grande malinconia per la gioventù perduta, per Matthew che non sarebbe mai più tornato a casa. Per fortuna che c’era Anna. Guai se quel giorno l’avesse riportata all’orfanotrofio o peggio, l’avesse affidata a quell’orrenda signora Blewett!

Quella sera, Anna rimase a lungo seduta davanti alla finestra della mansarda. Annusò il profumo della menta che il vento, stormendo lievemente fra i rami del ciliegio, portava fino a lei. La luce, nella casa di Diana, brillava fra i varchi tra i rami.

Aveva davanti a sé una strada più difficile di quanto aveva sognato, ma lei sapeva che, lungo il cammino, sarebbero sbocciati i fiori di una quieta gioia.

111
sul sito www.ilmulinoavento.it
Scopri gli altri titoli della collana

I due fratelli Marilla e Matthew Cuthbert abitano a Green Gables. Quando decidono di adottare un ragazzino che li aiuti a mandare avanti la fattoria, si ritrovano invece in stazione una bambina rossa di capelli. Che fare di lei? Vorrebbero riportarla in orfanotrofio, ma la piccola Anna Shirley è così simpatica e dolce che sarebbe davvero triste rimandarla indietro. Così la tengono con loro anche se è una combina guai. Anna cresce in un mondo pieno di alberi e di prati, insieme alla sua amica del cuore, maturando un po’ alla volta e restituendo con gratitudine l’affetto di chi l’ha accolta.

Allegato omaggio a Tempo d’estate 3a

Non vendibile separatamente

Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.