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OBESITÀ E SOVRAPPESO IN ITALIA

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BIBLIOGRAFIA

BIBLIOGRAFIA

Laura Iannucci, Emanuela Bologna, Lidia Gargiulo, Alessandra Burgio,

ISTAT

Obesità e sovrappeso nella popolazione in Italia

L’Italia presenta livelli di obesità e sovrappeso meno allarmanti rispetto agli altri paesi europei per la popolazione adulta, ma nell’età evolutiva la diffusione dell’eccesso di peso raggiunge proporzioni ancora troppo elevate, nonostante negli ultimi anni si sia registrata una lieve riduzione. Le azioni intraprese dall’Organizzazione Mondiale della Sanità per arginare gli effetti dell’ambiente obesogeno e promuovere la riduzione dell’obesità, soprattutto a partire dall’età infantile, hanno da tempo prodotto anche in Italia l’avvio di azioni coordinate che coinvolgono diversi attori della comunità scientifica, delle agenzie educative e della sanità pubblica. La riduzione dei costi sociali dell’obesità, che è ormai classificata dall’OMS come vera e propria patologia, in termini di contenimento di anni di vita persi, o di anni vissuti con disabilità, ma anche in termini economici di perdita di produttività e di maggior ricorso ai servizi sanitari, rappresenta una sfida per il nuovo decennio per raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile (Sustainable Development Goals – SDGs) fissati dalle Nazioni Unite per il 2030. Secondo le stime Istat più recenti1 , nel 2018 in Italia un minore su quattro è in eccesso di peso (in sovrappeso o obeso) e tra gli adulti la quota quasi raddoppia (46,1% tra le persone di 18 anni e oltre). La figura 1 riporta l’andamento dell’indicatore di eccesso di peso per classi di età a partire dai 3 anni: le prevalenze più basse si riscontrano nei ragazzi di 14-17 anni (14,6%), crescono poi al crescere dell’età raggiungendo un massimo nella classe 65-74 anni (61,1%). Lo svantaggio del genere maschile è presente a tutte le età, ma è minimo dai 3 ai 10 anni: risulta in eccesso di peso

Figura 1. Persone di 3 anni e più per eccesso di peso, classe di età e genere. Anno 2018 (per 100 persone)

quasi un bambino su 3, sia maschio che femmina. La maggioranza degli uomini presenta un eccesso ponderale a partire dai 45 anni, mentre per le donne ciò si verifica dopo i 65 anni. Tra gli anziani di 65-74 anni la prevalenza raggiunge il 54,9% per le donne e il 68,2% per gli uomini (Figura 1).

3-5 6-10 11-13 14-17 18-24 25-34 35-44 45-54 55-64 65-74 75+ 3-5 6-10 11-13 14-17 18-24 25-34 35-44 45-54 55-64 65-74 75+

Fonte: ISTAT indagine aspetti della vita quotidiana, anno 2018

1 Per gli adulti di 18 anni e oltre le stime prodotte dall’Istat sono calcolate con i dati antropometrici di peso e statura, riferiti dagli intervistati appartenenti ad un campione rappresentativo della popolazione di circa 37.500 individui e tengono conto della classificazione dell’Oms dell’Indice di massa corporea (BMI – Body Mass Index). Per i bambini dai 3 ai 17 anni l’ISTAT fa riferimento ai cut-off di Cole e Lobstein, utilizzati dall’IOTF (5).

Anche l’obesità è maggiormente diffusa tra gli uomini, sebbene i differenziali di genere siano meno marcati e si annullino tra i più anziani. Nella popolazione adulta, a fronte di una prevalenza media dell’11,7% tra gli uomini e del 9,8% tra le donne, per gli uomini si passa da un minimo di 2,7% a 18-24 anni a un massimo di 16,1% a 5564 anni, tra le donne da 2,2% a 18-24 anni a 14,5% tra le anziane di 65-74 anni. Com’è noto le persone con obesità versano generalmente in peggiori condizioni di salute. Essendo maggiormente affette da comorbilità riportano più frequentemente dei normopeso una cattiva percezione della propria salute. Tale divario si osserva a tutte le età, anche nelle età lavorative con un conseguente impatto, non solo sul sistema sanitario, ma anche sul sistema produttivo e occupazionale. Tra le persone di 25-64 anni, la quota di chi dichiara di stare male o molto male tra i normopeso si attesta al 3,2%, triplica (9,6%) tra quelle affette da obesità e quintuplica (14,8%) tra le persone con grave obesità (con Indice di Massa Corporea >=35). Tra le donne gravemente obese di 25-64 anni la percentuale aumenta al 16,4%. Le persone con problemi di obesità si assentano maggiormente dal lavoro per motivi di salute rispetto ai normopeso: tra gli occupati di 25-64 anni che hanno dichiarato almeno un’assenza dal lavoro nei 12 mesi precedenti l’intervista (stimati in circa un terzo degli occupati), le persone normopeso in media hanno fatto 18 giorni di assenza annue per malattia, gli occupati affetti da obesità 22 giorni, quanti hanno gravi problemi di obesità 27 giorni. Il fenomeno si acuisce per le donne che, in condizione di obesità, si assentano per malattia in media 34 giorni, in presenza di una grave obesità 43 giorni, rispetto ai 21 giorni delle donne occupate normopeso. Come nella maggioranza dei paesi europei, la popolazione con eccesso ponderale è aumentata nel tempo. Nel nostro paese negli ultimi 30 anni l’incremento dell’eccesso di peso nella popolazione adulta è di circa il 30% e solo un terzo dell’aumento può essere attribuito all’invecchiamento della popolazione. Infatti confrontando i tassi controllati per età tra il 1991 e il 2018 l’aumento dell’eccesso di peso è pari a +18%, ma per l’obesità supera il 60% (dal 6,4% nel 1991 al 10,3% nel 2018). Complessivamente gli incrementi nel tempo sono nettamente superiori tra gli uomini sia per l’eccesso di peso che per l’obesità. Le variazioni nel tempo sono crescenti fino al 2009 in entrambi i generi e tendono a consolidarsi ai livelli più elevati sia per gli uomini, sia per le donne (Figura 2).

Figura 2. Persone di 18 anni e più per obesità e sovrappeso. Anni 1991-2018 (tassi standardizzati per 100 persone)

Le curve dell’indice di massa corporea (Figura 3) mostrano andamenti nettamente differenziati per genere, con una maggiore concentrazione delle prevalenze del normopeso per le donne e del sovrappeso per gli uomini. Nel tempo per entrambi i generi è aumentato il sovrappeso a scapito del normopeso, in modo più accentuato per gli uomini e soprattutto nel primo decennio considerato (dal 1991 al 2001).

I confronti temporali, analizzati per genere e classe di età tra gli adulti nell’arco degli ultimi 20 anni (Figura 4), consentono di evidenziare incrementi specifici che il dato medio appiattisce. L’eccesso di peso mostra differenze nel tempo per classe di età evidenti per le donne, con un aumento tra le giovani dai 18 ai 45 anni (in media +15%) e una lieve riduzione dai 50 ai 75 anni. Dopo i 75 anni l’eccesso di peso aumenta in modo evidente per le donne e ancor più per gli uomini (+ 20%). Per l’obesità le differenze di genere si sono leggermente acuite nel tempo, in quanto l’aumento ha riguardato in misura maggiore gli uomini, soprattutto a partire dai 55 anni.

Figura 3. Persone di 18 anni e più per indice di massa corporea. Anni 1991, 2001, 2018 (tassi standardizzati per 100 persone).

Fonte: ISTAT, Indagine aspetti della vita quotidiana, anni 2001, 2018 (a) Indagine condizione di salute, 1991.

Figura 4. Persone di 18 anni e più per eccesso di peso, classe di età e genere. Anni 2001, 2018 (per 100 persone)

18-24 25-34 35-44 45-54 55-64 65-74 75+

Eccesso di peso 2001 Obesità 2001

Eccesso di peso 2018 Obesità 2018

Fonte: ISTAT, Indagine aspetti della vita quotidiana, anni 2001, 2018

Eccesso di peso: non si modifica la geografia nel tempo

La quota di popolazione in eccesso di peso sul territorio nel 2018 evidenzia il persistere del gradiente Nord-Sud: al Nord la prevalenza si attesta al 43,6%, nel Centro è pari al 44,8% e nel Mezzogiorno raggiunge il 50,2%. Il dettaglio regionale consente di apprezzare nette differenze anche tra regioni della stessa macroarea: nel Nord ad esempio le Province Autonome di Bolzano e Trento presentano la più bassa prevalenza di eccesso ponderale in Italia (rispettivamente 40,5% e 40,9%), a fronte del dato dell’Emilia Romagna che invece raggiunge livelli simili alla media nazionale (46,3%). Di contro nel Mezzogiorno in 6 regioni su 8 (Molise, Basilicata, Campania, Sicilia, Calabria, Puglia e Abruzzo) la maggioranza della popolazione adulta risulta essere in eccesso di peso: la prevalenza infatti si attesta al 52,6% in Molise, 51,4% in Campania, 50,9% in Sicilia e 50,7% in Puglia. Nella stessa area geografica la Sardegna invece presenta livelli decisamente più bassi, simili a quelli della PA di Trento (40,9%), seconda solo a Bolzano per la più bassa prevalenza di eccesso di peso in Italia. Sebbene Molise, Basilicata e Abruzzo si confermino nelle posizioni più alte in graduatoria anche per il tasso di obesità più elevato (rispettivamente 14,7%, 13,6% e 12,4%), sono seguite da due regioni del Nord: l’Emilia Romagna (12,4%) e il Friuli Venezia Giulia (12,1%). Analogamente agli adulti, anche tra i minori la quota di ragazzi in eccesso di peso aumenta significativamente passando da Nord a Sud: 18,8% Nord-ovest, 22,5% Nord-est, 24,2% Centro, 29,9% Isole e 32,7% Sud. Nel 2018 la percentuale più elevata si registra in Campania con il 35,4%, e supera il 30% in Calabria, Sicilia e Molise (rispettivamente 33,8%, 32,5% e 31,8%) (Fi-

18-24 25-34 35-44 45-54 55-64 65-74 75+

Eccesso di peso 2001 Obesità 2001

Eccesso di peso 2018 Obesità 2018

gura 5). Per i minori in quasi tutte le regioni si assiste comunque ad una lieve flessione delle prevalenze dell’eccesso di peso nel tempo, pur restando sostanzialmente invariata la geografia, con tassi più elevati nelle regioni del Mezzogiorno. I dati relativi agli adulti, analizzati per genere, non modificano la distribuzione territoriale dell’eccesso di peso confermando il gradiente Nord-Sud (Figura 6). In tutte le regioni le donne adulte presentano tassi molto più bassi rispetto agli uomini, il valore minimo dell’eccesso di peso si registra nella PA di Bolzano (30,5%) e il valore massimo nel Molise (46,2%); anche per l’obesità nelle stesse regioni si osservano il valore minimo (7,2%) e il valore massimo (14,8%). Per gli uomini adulti, invece il valore più basso si registra in Valle d’Aosta (50,1%) e il più elevato in Basilicata (62,7%).

Figura 5. Bambini e adolescenti di 3-17 anni in eccesso ponderale per regione. Anni 2017-2018 (per 100 persone) Figura 6. Persone di 18 anni e più in sovrappeso e obesità per genere e regione. Anno 2018 (ordinamento rispetto al totale per 100 persone)

Maschi Femmine

Fonte: ISTAT, Indagine aspetti della vita quotidiana, anno 2018

L’analisi temporale per regione dell’eccesso di peso evidenzia che la geografia è rimasta inalterata con lo svantaggio dell’area meridionale, pur aumentando in misura maggiore in alcune regioni del Nord (Figura 7): in Liguria e Valle d’Aosta si è registrato un aumento dell’eccesso di peso superiore al 10%, in Lombardia e in Piemonte l’incremento è stato doppio rispetto a quello della media italiana pari al 4%. Per l’obesità aumenta la prevalenza di oltre il 30% nelle regioni Liguria, Valle d’Aosta, Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna nel Nord, Umbria e Calabria nel Centro-Sud, a fronte di un incremento medio a livello Italia del 17%.

Fonte: ISTAT, Indagine aspetti della vita quotidiana, anni 2017, 2018

Figura 7. Persone di 18 anni e più per sovrappeso e obesità per regione. Ordinamento decrescente delle regioni secondo l’eccesso di peso nel 2018. Anni 2001, 2018 (tassi standardizzati per 100 persone)

Fonte: ISTAT, Indagine aspetti della vita quotidiana, anni 2001, 2018

Inoltre, per quanto riguarda l’eccesso di peso è interessante rilevare che gli incrementi significativi per gli uomini sono distribuiti in almeno la metà delle regioni, sia del Nord che del Sud, invece per le donne si osservano prevalentemente nelle regioni del Nord-ovest. Per l’obesità tra gli uomini gli incrementi si concentrano sempre nel Nord, nonché nelle Marche e in Calabria, per le donne risultano significativi soprattutto nel Veneto.

Quali fattori sono associati alle differenze territoriali dell’eccesso ponderale?

Per dare una possibile interpretazione della geografia italiana dell’eccesso di peso, caratterizzata da molti anni dal gradiente Nord-Sud, è opportuno far riferimento ai diversi studi che attribuiscono un ruolo rilevante a quei fattori socio-culturali, che favoriscono l’adozione di comportamenti di prevenzione primaria. Il livello di istruzione è sicuramente tra questi. L’analisi dell’eccesso di peso in relazione al livello di istruzione e all’area territoriale di residenza consente di spiegare una parte delle differenze osservate. Il Relative Index of Inequality (RII)2, calcolato per ciascuna regione, mostra che il rischio di essere in eccesso di peso triplica mediamente passando da un titolo di studio alto (almeno la laurea) ad un titolo di studio basso (licenza media inferiore). In Campania, Molise, Valle d’Aosta, Emilia-Romagna tale rischio diventa quadruplo, mentre si dimezza nelle Marche, in Abruzzo, in Lombardia e nelle Province Autonome di Bolzano e Trento. In Lombardia e nelle Province Autonome di Bolzano e Trento, che presentano le più basse prevalenze di eccesso di peso, si rilevano anche minori disuguaglianze sociali, dovute soprattutto al comportamento più virtuoso delle persone con basso titolo di studio (54,5% media nazionale, 46,8% Lombardia, 49,6% Bolzano, 50,9% Trento). Nelle Marche e in Abruzzo, le ridotte disuguaglianze sociali si accompagnano a prevalenze di eccesso di peso superiori alla media nazionale anche tra

2 Il relative index of inequality (RII) è un indice sintetico che permette di riassumere in un solo valore – e quindi di confrontare – tutto il differenziale di rischio espresso dalla scala sociale (in questo caso è misurata attraverso il titolo di studio conseguito), nel manifestarsi di un evento avverso (morte, malattia, determinate di salute, ecc.). In questo caso l’indice RII, stimato mediane regressione logistica, sintetizza il rischio dell’eccesso di peso tra le persone con al massimo licenza media comparato alle persone che hanno conseguito la laurea. Ad esempio RII=2 indica che le persone con la licenza media hanno un rischio doppio di sperimentare l’eccesso di peso rispetto alle persone con la laurea. .

le persone con alto titolo di studio (43,9% nelle Marche, 42,4% in Abruzzo, 36% in Italia). La Figura 8 sintetizza queste dinamiche nelle regioni rappresentando sull’asse delle ascisse le prevalenze di eccesso ponderale e sull’asse delle ordinate la misura delle disuguaglianze sociali nell’eccesso di peso stimate mediante il titolo di studio conseguito.

Figura 8. Persone di 18 anni e più per eccesso di peso e Relative Index of Inequality (RII) per regione. Anno 2018

Fonte: ISTAT, Indagine aspetti della vita quotidiana, anno 2018

I fattori socio-culturali che possono influenzare l’eccesso ponderale includono anche altri aspetti, diversi dal livello di istruzione, quali ad esempio il rapporto con il cibo o l’adozione di modelli alimentari e stili di vita acquisiti e radicati nella zona di nascita prima di diventare adulti. Sebbene possano restare latenti altre importanti componenti difficili da misurare con le fonti disponibili, quali ad esempio quelle più strettamente genetiche, è possibile verificare il ruolo della regione di provenienza. In alcune regioni, infatti, il fenomeno migratorio è stato rilevante, basti pensare ad esempio che tra gli adulti residenti nella regione Piemonte oltre il 15% ha dichiarato di essere nato in una regione del Mezzogiorno. L’applicazione di modelli di analisi statistica multivariata3 all’eccesso di peso, confermano che, a parità delle altre variabili considerate, gli uomini hanno un rischio di eccesso ponderale doppio ri-

3 A partire dai dati dell’Indagine sulle condizioni di salute, condotta dall’Istat nel 2013 su un campione di circa 120mila persone distribuito su tutto il territorio nazionale, sono state incluse nel modello logistico come variabili esplicative genere ed età, lo status socio-economico (titolo di studio e giudizio sulle risorse economiche familiari), il territorio di residenza e la regione di nascita.

spetto alle donne, tale rischio aumenta con l’età e si riduce all’aumentare del livello di istruzione conseguito e tra i residenti nel Mezzogiorno il rischio si incrementa di oltre il 30%. Tuttavia l’effetto protettivo di un elevato status socioeco-nomico non annulla affatto le differenze territoriali, a testimoniare che i fattori culturali legati al territorio di origine possono determinare una persistenza nei comportamenti acquisiti. Segmentando la popolazione sul territorio, emerge per i residenti del Centro-Nord che, a parità di altre condizioni, essere nati in una regione del Meridione fa aumentare il rischio di essere in eccesso di peso almeno del 30% (OR=1,3), rispetto a chi è nato nella stessa regione di residenza. Nella Figura 9 per ciascuna regione, oltre al dato medio dell’eccesso di peso, è stato riportato anche il livello della prevalenza delle persone adulte distinte per area di nascita. Nelle regioni del Centro-Nord le prevalenze dell’eccesso di peso delle persone nate nel Mezzogiorno in quasi tutte le regioni sono superiori al dato medio regionale. In Piemonte, ad esempio, l’eccesso ponderale delle persone nate nel Mezzogiorno è più elevato del 30% rispetto al dato medio piemontese. Viceversa, nelle regioni del Mezzogiorno, sebbene le prevalenze siano riferite ad un campione molto più ristretto per la minore consistenza delle migrazioni da Nord a Sud, le prevalenze delle persone nate al Centro-Nord si collocano sempre al di sotto della media regionale.

Figura 9. Persone di 18 anni e più in eccesso di peso per regione di residenza e ripartizione territoriale di nascita. Anni 2012-2013 (per 100 persone)

Fonte: ISTAT, Indagine condizioni di salute e ricorso ai servizi sanitari, anno 2013

Livelli di attività fisica nella popolazione adulta e tempo trascorso in attività sedentarie

Studi recenti evidenziano che svolgere una attività fisica, anche moderata, e ridurre il tempo trascorso in attività sedentarie hanno effetti benefici sulla salute, contrastando il rischio di insorgenza di obesità. I dati delle indagini Istat “Aspetti della vita quotidiana” e “Uso del tempo” consentono di esplorare entrambi gli aspetti. Le raccomandazioni sull’attività fisica da praticare costituiscono una parte centrale delle strategie di salute pubblica per prevenzione e trattamento del sovrappeso e dell’obesità. La combinazione di esercizio fisico aerobico con una dieta adeguata possono essere efficaci nel controllo del peso corporeo. In particolare, l’attività fisica di intensità moderata eseguita per 150–250 minuti alla settimana può prevenire l’aumento di peso, mentre sono necessari oltre 250 minuti a settimana per consentire un percorso di mantenimento dopo una perdita di peso (1). Allo stesso tempo, un comportamento eccessivamente sedentario può avere effetti dannosi sul bilancio energetico complessivo, che è alla base della variazione del peso. L’indicatore utilizzato per misurare il dispendio energetico è il MET (Metabolic Equivalent Time), che è definito come il rapporto dell’energia spesa durante una specifica attività rispetto a quella consumata stando seduti a riposo. Si definiscono sedentarie quelle attività caratterizzate da un dispendio energetico inferiore a 1,6 METs4, che vengono svolte nei diversi contesti di vita: a casa, a lavoro, a scuola e nel tempo libero. Si tratta di attività svolte prevalentemente stando seduti o in posizione reclinata, come guardare la tv, leggere, mangiare, lavorare al computer, andare in macchina, ecc.; tali attività, riducendo il dispendio energetico, possono portare ad un aumento di peso nel tempo. Secondo studi recenti, per ottenere benefici per la salute è sufficiente incrementare anche solo le attività di tipo leggero a scapito di quelle sedentarie (2). Lo svolgimento dell’attività fisica raccomandata, in Italia riguarda una persona adulta (18-64 anni) su cinque, che pratica attività fisica di intensità moderata o vigorosa nel tempo libero per almeno 150 minuti a settimana (20,4%). Tra le donne è

4 Unità di misura utilizzata per stimare il consumo di energia da parte dell’organismo nello svolgimento di attività secondo la seguente relazione: 1 Met esprime il consumo di 3,25 ml di ossigeno per chilogrammo per ora e corrisponde al consumo energetico nella condizione di assoluto riposo. pari a 15,3%, mentre tra gli uomini raggiunge il 25,8%. La quota delle persone fisicamente attive decresce con l’età (da 31,5% tra i giovani di 1829 anni a 16% a 45-64 anni) e cresce all’aumentare del titolo di studio conseguito (da 14,4% tra le persone con basso titolo a 28,8% tra chi ha almeno la laurea). Nel territorio decresce da Nord a Sud la prevalenza di quanti svolgono livelli raccomandati di attività fisica e sono significativamente più bassi della media nelle aree a bassa urbanizzazione. Questi andamenti si confermano in entrambi i generi (Figura 10). Considerando l’arco delle 24 ore della giornata5 , la popolazione adulta di 18-64 anni, escludendo le ore di sonno (in media 8h14’), trascorre il 28% della giornata (6h49’) in attività sedentarie, il 27% in attività di tipo leggero6 (6h27’) e il 9% in attività moderate o vigorose7 (2h8’). Una persona adulta (18-64 anni) su tre (32%) supera le 7 ore al giorno in comportamenti sedentari tenendo conto sia del tempo di lavoro sia del tempo libero. Nei giovani di 18-29 anni tale quota aumenta al 47,6% per i giovani maschi e al 45,2% per le giovani donne (Figura 10). Senza considerare il tempo dedicato allo studio, classificato tra le attività leggere, i giovani trascorrono mediamente oltre 5 ore al giorno davanti a uno schermo (TV, PC, telefono, tablet). La quota di eccesso di sedentarietà è invece sensibilmente più bassa tra le donne adulte di 30-44 anni (23,7%) e 45-64 anni (22,3%) a fronte di livelli più elevati per i coetanei uomini (30,1% per la classe 30-44 anni e 37,5% per la classe 45-64 anni). Le differenze per titolo di studio si osservano solo per il genere femminile, con una quota più elevata di donne laureate con comportamenti sedentari (31,3%) rispetto alle donne che hanno conseguito al massimo la licenza media (20,7%). Ri-

5 Negli ultimi anni si sta considerando la possibilità di utilizzare i dati delle indagini sull’uso del tempo per sorvegliare l’attività fisica e il comportamento sedentario della popolazione (Tudor-Locke et al., 2011). Il Compendio sulle attività fisiche di Ainsworth consente di agganciare le attività fisiche quotidiane, dichiarate nei diari dell’uso del tempo, al loro consumo energetico. Inoltre si fa ricorso ad una procedura ad hoc per associare le spese metaboliche all’attività professionale dichiarata, basandosi sul sistema di classificazione occupazionale standard Isco08 (Deyaert et al., 2017). 6 Esempi di attività leggere (1,6<met<=3): studiare, insegnare, dirigere il traffico, vendere prodotti, ecc. 7 Esempi di attività moderate (3,1<=met<=6 ): pulire casa, giocare con i bambini, fare la spesa, innaffiare il giardino, riparare automobili, tinteggiare i muri, consegnare la posta, fare l’infermiere, camminare a passo sostenuto, andare in bicicletta, fare ginnastica dolce, ballare ecc.. Esempi di attività vigorose (met>6 ): usare utensili elettrici pesanti, lavori di edilizia, trasportare carichi pesanti, lavorare la terra, correre, pedalare velocemente, fare ginnastica aerobica o sport agonistici ecc.

spetto al territorio, l’eccesso di comportamento sedentario riguarda soprattutto gli uomini residenti nel Mezzogiorno, mentre per le donne i valori nelle ripartizioni geografiche si discostano poco rispetto al valore medio nazionale.

Figura 10. Persone di 18-64 anni per eccesso di comportamento sedentario (8 ore è più al giorno) e livello raccomandato di attività fisica nel tempo libero (150 minuti e più a settimana) per sesso, classe di età, ripartizione geografica e grado di urbanizzazione. Anni 2013-2014, 2015 (per 100 persone).

(a) (b)

Fonte: ISTAT, (a) Indagine europea sulla salute, 2015 (b) Indagine uso del tempo, 2013-2014.

L’analisi congiunta dell’indicatore di attività fisica raccomandata e dell’indicatore di eccesso di comportamento sedentario mette in evidenza segmenti di popolazione che, combinando entrambi i fattori di rischio (scarsa attività fisica nel tempo libero ed eccesso di sedentarietà), hanno una maggiore probabilità di sviluppare obesità e contrarre malattie quali il diabete, la sindrome metabolica, le malattie cardiovascolari, il cancro, ecc. (1). Tale segmento è composto soprattutto da persone residenti nel Mezzogiorno dove una persona su sei è fisicamente attiva e una persona su tre ha un comportamento eccessivamente sedentario.

Attività fisico-sportiva e sedentarietà tra i minori

Nel 2017-2018 circa 1 milione 925 mila bambini e ragazzi di 3-17 anni non hanno praticato né sport né attività fisica nel tempo libero (pari al 22,7% della popolazione di 3-17 anni). Tale quota è particolarmente elevata tra i bambini di 3-5 anni (46,1%). Praticano nel tempo libero uno o più sport 6 ragazzi su 10 (circa 5 milioni 30 mila pari al 59,4% della popolazione di riferimento), mentre il 17,1% dei ragazzi (circa 1 milione 450 mila) svolge qualche attività fisica.

Nel tempo si è osservato un aumento della pratica sportiva tra i minori, soprattutto quella di tipo continuativo, passata dal 47,1% nel 2010-1011 al 52,5% nel 2017-2018 (Figura 11). L’aumento ha interessato in modo più marcato le ragazze, specialmente nella fascia 3-10 anni (+7,7 punti percentuali). Tuttavia, considerando alcune tra le attività sedentarie più diffuse tra i giovanissimi, emerge che nei bambini di 3-5 anni più del 60% ha l’abitudine di giocare con i videogiochi almeno qualche volta a settimana; tale quota raggiunge il 78% nella fascia 6-10 anni. Il tempo medio dedicato a questa attività ogni volta che si gioca è di circa 1 ora e mezza a 3-17 anni. Tale tempo è meno elevato tra i bambini fino a 5 anni, per i quali si attesta a circa 1 ora, ma è pari al doppio

Figura 11. Bambini e adolescenti di 3-17 anni per pratica sportiva, genere e classe di età. Media 2010-2011 e 2017-2018 (per 100 persone)

Fonte: ISTAT, Indagine aspetti della vita quotidiana, anni 2010, 2011, 2017, 2018

tra gli adolescenti di 15-17 anni. Anche il tempo trascorso davanti la televisione caratterizza fortemente le giornate dei più giovani. Nel 2018 più del 90% dei bambini tra 3 e 10 anni e circa il 75% dei ragazzi di 11-17 anni ha dichiarato di guardare la tv tutti i giorni, con un tempo medio dedicato pari a circa 2 ore e 20 minuti tra i bambini di 3-10 anni e di circa 2 ore e 40 minuti tra i ragazzi di 11-17 anni. La TV e i videogiochi rappresentano solo una parte del tempo trascorso dai ragazzi in attività sedentarie: se si considera un giorno medio, escludendo il tempo trascorso a scuola o dormendo, si osserva che più del 40% del tempo (10h18’) è trascorso in attività del tutto sedentarie o con attività fisica a bassa intensità (light), con il valore massimo registrato tra le ragazze di 11-17 anni (45,3%, 10h51’) e il minimo le bambine di 3-5 anni (40,5%, 9h37’) (Figura 12). Le attività che presuppongono sforzo fisico mo-

Figura 12, Bambini e adolescenti di 3-17 anni per tempo speso in attività sedentarie, in attività a bassa, media e vigorosa intensità fisica per sesso, classi di età e ripartizioni geografiche. Anni 2013-2014 (per 100 pesone)

derato o vigoroso rappresentano il 3,2% del tempo medio giornaliero dei ragazzi (46’), quota che è leggermente più elevata tra gli adolescenti di 11-17 anni (4%, 58’) e raggiunge il valore minimo tra i bambini di 3-5 anni (1,7%, 25’). Nel Mezzogiorno il tempo medio giornaliero trascorso in attività sedentarie o a bassa intensità di dispendio energetico è più elevato rispetto a chi vive nelle regioni del Nord: 44,2% (10h36’) contro 42,1% (10h5’).

Le differenze rilevate nell’eccesso di peso e negli stili di vita non salutari dipendono anche dal contesto familiare in cui crescono i ragazzi. I bambini e gli adolescenti che vivono in famiglie in cui almeno uno dei genitori è in eccesso di peso tendono a essere più frequentemente in sovrappeso o obesi. Se entrambi i genitori sono in sovrappeso o obesi anche i figli lo sono nel 37,6% dei casi contro il 18,8% di chi ha entrambi i genitori normopeso. Analizzando il fenomeno in relazione ad altre informazioni del contesto familiare, si osserva che tendono a essere maggiormente in sovrappeso o obesi i bambini e ragazzi che vivono in famiglie con risorse economiche scarse o insufficienti, ma soprattutto in quelle in cui il livello di istruzione dei genitori è più basso. La quota di bambini in eccesso di peso è infatti pari al 19% tra quanti vivono in famiglie con almeno un genitore laureato, ma raggiunge il 30,1% quando i genitori hanno al massimo completato la scuola dell'obbligo. Differenze significative in base alle caratteristiche della famiglia si osservano anche per la pratica sportiva: i ragazzi che vivono in famiglie con genitori con un basso titolo di studio, non praticano sport né attività fisica nel 32,1% dei casi, contro il 12,9% di chi vive in famiglie in cui almeno un genitore è laureato. Inoltre, si riscontra un’associazione tra l’inattività fisica dei figli e quella dei genitori: non pratica sport né attività fisica il 47,9% dei giovani con genitori sedentari, contro il 9,8% quando nessuno dei genitori ha comportamenti sedentari.

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