in volo sulla Lomellina

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In volo sulla Lomellina Flavio Chiesa Nando Groppo Le comunitĂ lomelline A cura di Ernesto Prevedoni-Gorone

pime EDITRICE P A V I A

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Realizzazione editoriale PI.ME Srl Pavia 2012 Proprietà artistica e letteraria riservata per tutti i Paesi Le riproduzioni per uso differente da quello personale potranno avvenire solo a seguito di specifica autorizzazione rilasciata dall’Amministrazione comunale di Sartirana Lomellina che si riserva tutti i diritti

ISBN 978-88-7963-281-2


“Dieu est dans les détails” “A che ti serve possedere le stelle?” chiese il Piccolo Principe all’uomo “Mi serve ad essere ricco” “E a che serve essere ricco?” “A comperare delle altre stelle, se qualcuno ne trova” “Io” disse il Piccolo Principe “possiedo un fiore che innaffio tutti i giorni e possiedo tre vulcani dei quali spazzo il camino tutte le settimane. È utile ai miei vulcani e al mio fiore che li possegga. Ma tu non sei utile alle stelle...” Da: Il Piccolo Principe di Antoine Jean Baptiste Marie Roger de Saint-Exupéry Penso che un sogno cosi Non ritorni mai più Mi dipingevo le mani e la faccia di blu Poi d’improvviso venivo dal vento rapito E incominciavo a volare nel cielo infinito Volare oh oh Cantare oh oh oh oh Nel blu dipinto di blu Felice di stare lassù E volavo volavo felice Più in alto del sole ed ancora più su Mentre il mondo pian piano Spariva lontano laggiù Una musica dolce suonava soltanto per me... Da: Nel blu dipinto di blu di Domenico Modugno


Quando il Signore ebbe creato il Mondo, provò tanta soddisfazione d’averlo ben congegnato che, stropicciandosi le mani, abbozzò perfino un sorriso. E, proprio mentre sorrideva, posò lo sguardo sulla Lomellina, cosicché questa parte del mondo divenne straordinariamente incantevole. Spuntava la primavera, e la terra si stava coprendo tutta di verde. E, allora, al Signore balenò l’idea di scegliere, vicino al Po, un luogo senza uguali, per vedere se sarebbe riuscito ad imitare in esso un cantuccio del Paradiso. La terra brulicava di vita, e la gente l’ordinò in modo che vi risultarono campi e boschi spartiti da molte rogge e fossi, grandi e piccioli, nelle cui acque limpide si vedevano guizzare frotte di pesci. Dal folto degli alberi giungeva il canto degli uccelli in amore; e ce n’erano altri che si aggiravano lassù, nel cielo. E, in mezzo a tutto quel verde, sorse anche il mio paese. Da: Com’era bella la mia Lomellina di Francesco Moro

Honny soit qui mal y pense PROGETTO EDITORIALE Ernesto Prevedoni-Gorone


CON IL PATROCINIO

PROVINCIA DI PAVIA

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CASA D’AUTRICHE-ESTE

S.A.O.M.S. SOCIETÀ AGRICOLA OPERAIA DI MUTUO SOCCORSO - SARTIRANA LOMELLINA

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MUSEO DEL CONTADINO ASSOCIAZIONE AMICI DEL MUSEO IN LOMELLINA ONLUS A.M.L.OM. - FRASCAROLO - PV

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CON IL CONTRIBUTO

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ASSOCIAZIONE IRRIGUA EST SESIA

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COMUNI ADERENTI

COMUNE DI BREME

COMUNE DI CANDIA LOMELLINA

COMUNE DI FERRERA ERBOGNONE

COMUNE DI FRASCAROLO

COMUNE DI GAMBARANA

COMUNE DI LOMELLO

COMUNE DI MEDE

COMUNE DI OLEVANO LOMELLINA

COMUNE DI ROBBIO

COMUNE DI ROSASCO

COMUNE DI SANNAZZARO DE’ BURGONDI

COMUNE DI TORRE BERETTI E CASTELLARO

COMUNE DI VALEGGIO

COMUNE DI VILLA BISCOSSI

COMUNE DI PIEVE DEL CAIRO

COMUNE DI SARTIRANA LOMELLINA

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In volo sulla Lomellina

Flying on Lomellina

Dopo il successo suscitato da “In volo sull’Oltrepò”, stavolta l’occhio della macchina fotografica di Flavio Chiesa, a bordo del velivolo comandato da Nando Groppo, si è posato sulla Lomellina. Eccola, la terra del riso, ma anche dei castelli, i fontanili, le abbazie, i pioppeti, i boschi, i sentieri, i grandi centri con storiche piazze ed i piccoli borghi dal fascino incontaminato. Una terra descritta secondo le declinazioni delle quattro stagioni che merita di essere sempre più conosciuta, visitata e amata. La Fondazione Comunitaria Pavese, sempre attenta a scegliere di finanziare quei progetti che siano al contempo innovativi e di reale interesse per il loro carattere divulgativo, ha accolto la proposta dell’Amministrazione comunale di Sartirana Lomellina di sostenere la pubblicazione della presente opera, proprio perché parla del nostro territorio e non lo fa mai in modo banale, anzi, è capace di suscitare la curiosità e di spingere il lettore – così come l’attento osservatore delle bellissime immagini – a percorrere, da terra, itinerari che non lo lasceranno certamente indifferente. Anche “In volo sulla Lomellina” si pone, dunque, nel solco della nostra mission che ha tra i suoi obbiettivi la crescita della società attraverso la valorizzazione e la custodia del nostro patrimonio culturale. Un compito che non possiamo portare avanti da soli: la Fondazione, infatti, ha bisogno della vostra condivisione per continuare ad operare. Ed è per questo che, invitandovi alla lettura della presente opera, vi invito anche a conoscere più da vicino ciò che facciamo e a diventare nostri “soci co-fondatori”, per realizzare insieme quei progetti che siano di particolare interesse per tutto il nostro territorio.

After the success generated by editing the volume “Flying on Oltrepò”, this time the eye of Flavio Chiesa’s camera, on board the aircraft operated by Nando Groppo, has settled it on Lomellina’s territory. Here it is: the land of rice, but also of castles, springs, abbeys, poplar groves, woods, trails, historic towns, with the unspoiled charm of its large squares and small villages. A land described in accordance with variations of the four seasons which deserves to be increasingly popular, visited and loved. The Community Foundation of the Pavia Province is always careful to choose and fund those projects that are both innovative and of real interest in their popular character, and for this reason has so promptly accepted the proposal of the Municipality of Sartirana Lomellina to support the publication of this book because it speaks of our territory and never does it so prosy, indeed, but on the contrary is able to arouse the curiosity and encourage the reader – as well as the careful observer of those extraordinary images – to travel by land and routes which shall never leave him indifferent.

Giancarlo Vitali Presidente Fondazione Comunitaria della provincia di Pavia - Onlus

Giancarlo Vitali President Community Foundation of the Pavia Province NPO

Even a “Flying on Lomellina” arises, therefore, in the wake of our mission, which has among its objectives the growth of the civil society through the enhancement of its cultural heritage. A task that we cannot afford alone. For this reason our Foundation needs your sharing to continue operating in favor of our common territory, and that’s why I’ll invite you to read this book and know more about what we are usually doing in order to become our “co-founders”, building together those projects which must be of great interest for our entire territory.

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Io volo...

I fly...

Drinnn! ... pronto? “Buongiorno, sono Ernesto Prevedoni Gorone, Sindaco di Sartirana Lomellina, ho in mano un suo libro fotografico sull’Oltrepò Pavese, le piacerebbe realizzarne uno con le stesse caratteristiche anche per la Lomellina?”.

Drinnn ... Hallo? “Good morning, I’m Ernesto Prevedoni Gorone, Mayor of Sartirana Lomellina, I saw your photo book on Oltrepò Pavese and I would you like to make another one with you, with the same characteristics, on Lomellina region”.

Così è iniziata questa nuova avventura. So began this new adventure. Il primo incontro era stato condizionato dall’indicazione di alcuni amici “fai questo libro con il Sindaco di Sartirana?! Fai attenzione, guarda che vuole decidere sempre tutto lui! ”. Non avevano del tutto torto, è vero, ha un carattere molto forte ma, chiariti alcuni punti fondamentali sul progetto (... la prima mezz’ora facevamo scintille!), tutto si è svolto con le più piacevoli condivisioni: luoghi, tragitti, pranzi di lavoro in simpatiche osterie di paese, il tutto finalizzato alla realizzazione di un volume che, per le sue caratteristiche uniche, potrà senza dubbio segnare un passaggio importante nel racconto di un territorio, la Lomellina, apparentemente piatto ma, in realtà, come le immagini dimostrano, terra ricca di colori, di suggestioni e di luoghi romantici.

I should admit that our first meeting had been influenced by the previous indication of some friends of mine “You will share this book with the Mayor of Sartirana?! Be careful because he ever wants to decide alone!”. They were not just wrong: it is true, he has a very strong character but, after having both clarified some key points of this project (... but the first half hour we really did sparks! ...), everything was done with the most pleasant shares: places, routes, images, lunches in country inns, with the specific intent to create a volume which its unique features will mark an important step in the story of a territory, the Lomellina, apparently flat but in reality, as my pictures show, a region rich in colors, charm and romantic places.

Faccio un passo indietro per menzionare in questa mia introduzione l’ideatore di questi progetti, Nando, l’ing. Groppo. Egli, pochi anni, fa durante un volo di prova per verificare le mie possibilità di fotografare da un aeroplano, mi aveva detto: “volando ho visto spettacoli meravigliosi ma non ho mai avuto al mio fianco un fotografo che potesse raccontarli. Il mio desiderio è di realizzare un libro fotografico con solo foto aeree, ma non trovo un fotografo che condivida con me questo progetto”. Secondo voi com’è andata a finire?! ... Giornata limpida ... l’aereo vola sopra l’Oltrepò, Robbio, mi guardo intorno, vedo chiaramente Valenza, Vercelli, Novara, Milano, Pavia, ... sono stupito, meravigliato, emozionato: tutto è lì, davanti ai miei occhi! E così è nato “In volo sull’Oltrepò”.

I step back just to mention in this my introduction the creator of this initial project, Eng. Nando Groppo. He, a few years ago, during a test flight with him to verify the possibility to photograph the earth from his light airplane, told me: “I have seen wonderful spectacles of nature while flying alone, but I’ve never had a photographer at my side who could describe them. My desire is to create a photo book with only aerial photos, but I cannot find a photographer to share this project”. In your opinion what was the end? ... A clear day ... the plane flies over the Oltrepò, Robbio, I look around, I clearly see Valenza, Vercelli, Novara, Milan, Pavia, ... I’m amazed, surprised, excited, everything is there, just in front of my eyes! In this way we realized “In volo sull’Oltrepò”.

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Per questa nuova fatica quest’anno ho aggiunto un nuovo strumento, per colmare un vuoto tecnico nelle riprese fotografiche aeree. Per i limiti imposti dalla legge e dal buon senso (ci sono luoghi e altitudini che non si possono raggiungere con un velivolo di grandi dimensioni, aeroplano o elicottero che sia), ho acquistato un Multi rotore radiocomandato, un drone, anche se non è il termine più appropriato, e l’ho chiamato Exa (Exacopter). Un nome femminile ... era troppo allettante chiamarla così. Finalmente una femmina che fa quello che le dico io ... anche se, perbacco, che fatica imparare a domarla! Con Exa posso volare a quote molto basse o in aree interdette al volo privato (spazi aerei chiusi per le rotte di avvicinamento ad aeroporti civili o in centri abitati). In questo libro ci sono alcune immagini realizzate con Exa, che potrete facilmente riconoscere.

For this second and exciting opportunity, I added a new tool to fill a technical void in aerial photography. In fact, the limits imposed by law and common sense (there are places and altitudes that cannot be achieved with a large aircraft, light airplane or helicopter); so I bought a Multi rotor radiocontrolled device, a drone, though it is not its more appropriate term, and I called Exa (Exacopter). A female name ... it was for me too tempting to call it that way: for the first time a female that obeys my commands ... even if, gosh, what an effort to learn how to tame it! With this extraordinary device I can now fly at very low altitudes or in off-limits areas (airspace closed for approach routes to civil airports or close to the cities). In this book there are some easily recognizable images taken with Exa.

Io sono nato a Pavia e mi sento pavese, pavese per la ricchezza della terra che mi circonda, il Pavese, l’Oltrepò, la Lomellina ... sono sempre a casa mia, e averla sorvolata, averla vista da un’angolazione inusuale è stata una bella emozione e le mie fotografie sono lo strumento perfetto per condividere con voi questa visione.

I was born in Pavia and I am fully pavese. Pavese because of the richness of the land that surrounds me: the Oltrepò, the Pavese, the Lomellina region ... I feel always at home while flying over, seeing it from an unusual angle, and it is always a great excitement to utilize photographs as the perfect tool to share with you this vision.

Ho volato, ho osservato, ho raccontato ciò che ho visto ... buona lettura, dunque!

I flew, I observed, I described my impressions ... good view, then!

Flavio Chiesa

Flavio Chiesa

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Vista dall’alto questa Terra di Lomellina esprime sensazioni ed emozioni.

If it is seen from the top, the Lomellina region expresses countless feelings and emotions.

Per anni ho volato su queste terre: ogni volta una sensazione diversa, un’emozione nuova, difficile da descrivere ma coinvolgente ed eccitante. Per anni ho volato ad un palmo da terra su risaie, coltivazioni di mais, su pioppi, cascinali e sempre si è rinnovato l’intenso entusiasmo del primo volo. L’idea di raccogliere fotografie uniche, viste dall’occhio esperto di Flavio e volute dal Sindaco di Sartirana dott. Prevedoni-Gorone per promuovere un territorio unico nelle sue diversità, mi ha subito affascinato.

I flew on these lands for years: every time I had a different feeling, a new emotion, so difficult to describe but always intriguing and exciting. I flew for years on any inch of ground, on rice, corn, crop, poplars, farms, and I always renewed the intense excitement of the first flight. The idea of collecting unique photographs, shut by Flavio, our expert photographer, and commissioned by the Mayor of Sartirana, dr. Prevedoni-Gorone, with the aim to promote an area which is unique in its diversity, immediately fascinated me.

Giorno dopo giorno, volo dopo volo le immagini raccolte nel susseguirsi delle stagioni mostrano una realtà estremamente coinvolgente. Dall’alto la pianura si esalta e il grande fiume Po appare il padrone assoluto di queste terre piatte e umide, in continua trasformazione, solo a volte minaccioso ed impetuoso, ma quasi sempre calmo nel suo lento incedere.

Day after day, flight after flight, the images collected in the succession of the seasons, had shown a personal, intense and emotional involvement. From the top the Padana plain is exalted, the great Po river is the absolute master of these flat, wet lands in a continuous transformation; it is sometimes threatening and violent, but usually almost calm in its slow flow.

Poi l’occhio scorre sui paesi, ricchi di storia e di tradizione, dove l’eccellenza è gelosamente nascosta fra le spesse nebbie autunnali e raggiunge un profondo appagamento.

Then the eye runs on these villages, rich in history and traditions, where their excellence is jealously hidden in the deep mists of autumn, and reaches an intimate satisfaction.

Nando Groppo

Nando Groppo

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La terra di Lomellina

A Land called Lomellina

Anche se oggi la Lomellina appare come una regione abbastanza omogenea e ben identificata, la sua formazione come precisa entità storico-amministrativa fu il frutto di un processo lungo e complesso, che si poteva dire concluso solo verso la fine del Medioevo. Indubbiamente la Lomellina, nell’ambito della Pianura Padana, ebbe alcune caratteristiche peculiari: qui più che altrove la fitta coltre boscosa che ricopriva la pianura in epoca preistorica si conservò a lungo. Ancora in epoca rinascimentale, infatti, questa zona possedeva ampie foreste assai rinomate per la caccia, che facevano della Lomellina il luogo prediletto per gli svaghi dei Signori di Milano. Questa situazione probabilmente non era venuta meno neppure in epoca romana poiché non si trova traccia in Lomellina della centuriazione che caratterizza gran parte della Pianura Padana, se non attorno a Vigevano, che costituiva un lembo della campagna centuriata di Novara. La zona non subì una particolare colonizzazione e le popolazioni locali, di origine pre-romana, videro pertanto nel corso del I secolo a.C. un lento e pacifico processo di romanizzazione. Un vero cambiamento si ebbe solo nella tarda antichità e nel primo Medioevo a seguito dello straordinario aumento di importanza di Pavia, divenuta capitale dei Goti, dei Longobardi e dei Franchi in Italia. Come vedremo, il rapporto con Pavia fu decisivo per la Lomellina, anche se fu contraddittorio e spesso conflittuale. Indubbiamente il primo effetto fu l’aumento di importanza di Lomello, che divenne, in epoca franca, sede di contea. D’altra parte la Lomellina assoggettata assunse i connotati odierni, poiché Pavia diede il nome di Lomellina a tutti i suoi domini a occidente della città, comprendenti sia l’antica contea di Lomello, sia le terre adiacenti già pavesi, sia infine lembi del territorio vercellese e novarese che il potente comune pavese aveva conquistato. Dopo la conquista viscontea del territorio pavese, la Lomellina veniva confermata alla Contea di Pavia, poi elevata a

Even though today Lomellina appears as a relatively homogeneous and well identified region, its formation, as an accurate historical and administrative entity, is the result of a long and complex process, which could be considered as concluded only in the late Middle Ages. Undoubtedly Lomellina, in the Po Valley, had some peculiar features: here more than elsewhere the thick blanket of woods that covered the wooden plains in prehistoric times was preserved for a long time. In fact, even during the Renaissance, this area had very large forests famous for hunting, and for this reason Lomellina was the favorite place for the entertainment of the Lords of Milan. This situation was probably similar even in Roman times because there is no trace in Lomellina of land division that characterizes much of the Po Valley, but not around the city of Vigevano. Thus the area did not suffer a particular colonization of settlers and indigenous people, of pre-Roman origin, but in the first century B.C. it saw a slow but peaceful process of Romanization. The real change came only in the early Middle Ages as a result of the extraordinary increase in the importance of Pavia, which became the capital of the Goths, the Lombard and the Franks in Italy. As we shall see, the relationship with Pavia was decisive for the Lomellina, although it was often contradictory and conflicting. Undoubtedly, the first effect was the increase in the importance of Lomello, which became the County seat during the Frankish period. Otherwise, Lomellina took the current shape as the result of the name that Pavia gave to all its dominions placed west of the city, including the former county of Lomello, and finally the edges of the territory of Vercelli and Novara, which were conquered by this mighty town.

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Principato. Ma nel XVII secolo, sempre nell’ambito dello Stato di Milano, la Lomellina cominciò ad avere una maggiore autonomia amministrativa e, nel 1707, conquistata dai Savoia durante la Guerra di successione spagnola, divenne una provincia autonoma. Il territorio pianeggiante come quello lomellino non mostra, a un visitatore occasionale, evidenti segni di eterogeneità ambientale. La maggior parte del territorio è occupata dalle coltivazioni e sembra aver sottratto ogni spazio alle formazioni vegetali spontanee. Il terreno così piatto e uniforme sembrerebbe essere una condizione originaria e non, come in realtà è, il risultato di una plurisecolare azione dell’uomo, che ha trasformato un territorio originariamente costituito da piccole ma percettibili ondulazioni – i dossi –, occupate da una fitta e variegata vegetazione, al fine di ricavarne terreni coltivabili. In estrema sintesi, il territorio originario era costituito quindi da piccole ondulazioni sulla cui sommità si sviluppava una vegetazione caratteristica delle zone aride, alle quali si alternavano avvallamenti nei quali l’umidità del terreno era, talvolta, molto pronunciata e consentiva lo sviluppo di una rigogliosa vegetazione palustre. Le aree intermedie, che costituivano la maggior parte del piano fondamentale della pianura, erano occupate da formazioni di foreste, dominate da farnie, quercus robur e da altre specie arboree più o meno esigenti per quanto riguarda l’umidità del suolo. La bonifica dei terreni ha consistito nella rimozione delle parti più elevate delle ondulazioni e nella collocazione del terreno rimosso nelle zone più ribassate. Questo fu realizzato anticamente con mezzi molto semplici, ossia con pale e carriole. Sopravvivono, tuttavia, lembi di territorio molto ridotti ma di grande interesse naturalistico, storico e documentario, che ci mostrano come doveva essere l’aspetto della Lomellina in epoche passate. Queste aree residue ospitano ancora delle testimonianze naturalistiche di enorme pregio, quali formazioni vegetali, esempi di flora e di fauna di grande importanza anche a livello europeo. Basti pensare che in alcuni dei boschi umidi residui sono localizzate le cosiddette “garzaie”,

After the conquest of the territory of Pavia by the Visconti dinasty, Lomellina was confirmed to the County of Pavia, then elevated to Principality. In the Seventeenth century, still within the State of Milan, Lomellina began to have greater administrative autonomy, and in 1707, it was conquered by the Savoy during the Spanish Succession War, becoming an autonomous province. To a casual visitor a flat land like Lomellina does not show clear signs of environmental heterogeneity. Most of the territory is occupied by crops, and seems to have removed any room for spontaneous vegetation formations. The land, so flat and uniform, seems to be an original condition and not, as it is presently, the result of centuries of human action which has transformed an area, originally consisting of small but perceptible hummocks occupied by a dense and varied vegetation, in cultivable land. In a nutshell, the original territory was made of small undulations, on top of which the characteristic vegetation of dry lands developed, which alternated depressions where soil moisture was sometimes very prominent, and allowed the development of a lush marsh vegetation. The intermediate areas, which constituted most of the fundamental feature of the plain, were occupied by groups of forests dominated by oaks and other tree species more or less exigent as regards soil moisture. The reclamation of the land consisted in the removal of the highest points of the undulations of the soil and the placement of the removed ground in the lower areas. This was originally made with very simple means, i.e. with shovels and wheelbarrows. However still survive very small patches of territory of great natural, historical and documentary importance. They show us how it should have been Lomellina in past eras. These remaining areas are still home of testimonies of great natural value, such as vegetation formations, examples of flora and

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ossia le colonie di aironi gregari, fra le più importanti d’Europa. Molto interessanti sono le golene dei fiumi Po, Ticino, Sesia e Agogna che in alcuni tratti hanno conservato caratteristiche naturali di grande valore. Nel corso degli anni ’80 ci si rese conto della rilevanza delle popolazioni di aironi coloniali della Pianura padana centrooccidentale tra le popolazioni del Paleartico occidentale, avente al suo centro la Lomellina. Oggi, in un quadro di conoscenze più completo, questa regione si conferma come una delle più ricche e interessanti d’Europa dal punto di vista ornitologico. È questa una delle poche zone, forse l’unica, in cui si incontrano tutte e nove le specie europee di Ardeidi, sette delle quali coloniali – Airone cenerino, Airone rosso, Airone bianco maggiore, Garzetta, Sgarza ciuffetto, Airone guardabuoi, Nitticora – e due, Tarabuso e Tarabusino, che nidificano in modo solitario. Accanto ad esse nidificano specie di assoluto interesse quali la Spatola, il Mignattaio e il Falco di palude. Grazie all’interesse ornitologico, le zone umide più importanti furono identificate dai ricercatori dell’Ateneo di Pavia come prioritarie e in seguito protette grazie all’applicazione delle nuove leggi regionali. Solo diversi anni più tardi, con il recepimento da parte dell’Italia della Direttiva Habitat, promulgata dalla Comunità Europea nel 1992, ci si rese conto che le scelte già effettuate avevano anticipato gran parte degli intendimenti della Direttiva stessa. In particolare, il sistema di aree protette della pianura pavese comprendeva i migliori esempi di formazioni boschive di Ontano nero. Mai come in questo caso l’uso di un gruppo faunistico quale indicatore di valore naturalistico ha prodotto risultati concreti e interessanti su più vasta scala. I dossi della Lomellina hanno attirato l’attenzione di illustri studiosi di scienze naturali fin dal XIX secolo. Già nel 1882 il geologo Taramelli si era occupato di queste aree, approfondendone lo studio negli anni successivi in alcune pubblicazioni. Minori interruzioni alla piatta uniformità ed al succedersi delle ricche colture a campi, a marcite, a risaie, sono costituite da minuscoli rilievi che, isolati od a gruppi, si staccano

fauna of great importance at European level. Just think that in some of the remaining wetland forests are located the so-called “heronries”, or gregarious colonies of herons among the largest ones in Europe. Very interesting are the floodplains of the rivers Po, Ticino, Sesia and Agogna which in some places have preserved natural features of great value. During the 80s it was recognized the importance of the colonial populations of herons in the Po Valley in centralwestern populations of the Western Palearctic, with Lomellina as the center. Today, in a more complete framework of knowledge, this region is confirmed as one of the richest and most interesting in Europe from the ornithological point of view. This is one of the few areas, perhaps the only one, where we can find all nine European species of Herons, seven of which are colonial – Grey Heron, Purple Heron, Great Egret, Little Egret, Squacco Heron, Cattle Egret, Night Heron – and two, Bittern and Little Bittern, solitary nesting. Alongside these there are rare species of absolute interest: Spatula, Mignattaio and marsh Harrier. Thanks to this ornithological interest, the most important wetlands were identified by the researchers of the University of Pavia as a priority and further protected by applying the new regional laws. Only several years later, with the adoption by Italy of the Habitat’s Directive, promulgated in 1992, by the European Community, it was realized that the choices already made had anticipated most of the intentions of the Directive itself. In particular, the system of protected areas in the plains of Pavia included the best examples of black alder woodlands. Never as in this case the use of a wildlife group as an indicator of natural value has yielded tangible results and interest on a larger scale. The “dossi” (hummocks) have also drawn the attention of famous researchers of Natural Science since the XIXth century. The geologist Taramelli has already been interested in these areas, studying them in depth the following years in some publications.

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dal piano generale. Profondamente colpito resta colui che, abbandonata la strada maestra che da Tromello conduce a San Giorgio Lomellina, s’avvia per i campi, e poi, superati i filari di pioppi che limitano l’orizzonte, s’avventura nei boschi verso Cergnago. Uno spettacolo del tutto insospettato gli si presenta: la superficie, decisamente sabbiosa, arida, ricoperta da magre erbe, da qualche ginestra e da una bosco di querce e robinie, è tutta ondulata da minuscole collinette, fra le quali stanno delle piccole depressioni, dove il terreno appare più umido. Tutti questi rilievi vengono genericamente indicati sul posto col nome di “dossi”, e, in qualche caso, per indicare la loro natura sabbiosa, con quello di “sabbioni”. Questi dossi sono l’unica concessione che la Lomellina offre all’occhio del visitatore, altrimenti colpito solo dalla la piattezza del territorio. Visto dall’alto tuttavia, abbiamo potuto rilevare come questa monotonia sia straordinariamente infranta dall’armonia dei campi coltivati, dagli argini che interrompono l’ordinata serie di campi irrigati, dai pioppeti e dai cespugli di robinia che intercalano il melange dei marroni marezzati, dei gialli e dei verdi in estate; dei marroni e gli ocra dei campi e dei dossi in autunno; del grigio e del bianco in inverno, del verde brillante e sfacciato in primavera. Ed è con grande stupore che, per me che sono un maniaco dell’ordine – una vera e propria ipocondria! –, scoprire – attraverso le stupende fotografie che Flavio ha scattato mentre il cavalier Groppo teneva saldamente ferma la cloche dell’ultraleggero che ha percorso in lungo ed in largo la nostra amata terra – che tutto nella mia Lomellina è già perfettamente ordinato: le risaie, come soldatini ubbidienti, sono tutte allineate, divise solo dagli argini di contenimento dell’acqua. I filari di robinie e saliconi montano la guardia ai canali che, derivando l’acqua dalla Sesia, alimentano il nostro mare a quadretti. Anche il divagare del Po, dell’Agogna e dell’Erbognone risponde ad un preciso disegno che fa di questa terra un lembo straordinario di territorio unico nel suo genere ed, ancora, miracolosamente intatto. Già ne ero follemente innamorato. Adesso penso che da questa malattia non ne guarirò mai più.

Reduced disruption to the dull uniformity and to the succession of rich crops in fields, meadows, rice paddies, consist of tiny hills that, isolated or in groups, are detached from the general plan. Deeply struck is the traveler who leaves the high road that leads from Tromello to San Giorgio Lomellina, and goes off to the fields. And then, past the rows of poplars which limit the horizon, ventures into the woods towards Cergnago. A completely unexpected show occurs: the surface, very sandy, barren, covered with thin grass, some broom and a forest of oaks and locust trees, is all wavy with tiny mounds, among which there are small depressions, where the soil is more moist. All these reliefs are generally indicated on the spot by the name of “dossi”, and, in some cases, to suggest their sandy nature, with that of “sabbioni”. These “dossi” are the only franchise that Lomellina offers to the visitor’s eye, or impressed only by the flatness of the land. Seen from above, however, we could observe that this monotony is broken by the harmony of the exceptionally cultivated fields, from the banks that interrupt the orderly series of irrigated fields, the poplar and acacia bushes situated among the mixture of browns, yellows and green in summer, the browns and ochre of the fields and hills in autumn; of gray and white, speckled brown in winter, the bright green of spring. It was with great surprise that, I (a maniac of tidiness – a real hypochondriac) – to discover that – through the wonderful photographs taken by Flavio along with Sir Groppo who held firmly the cloche of his ultra light aircraft, soaring over far and wide – everything is already perfectly ordered (!): the rice fields, like obedient soldiers, are all lined up, separated only by dikes containing water. The rows of locust trees guard the channels which feed our checkered sea with springing water from the Sesia river. Even the wandering of Po, Agogna and Erbognone rivers responds to a precise design that makes this land a flap territory, extraordinary and unique, and still miraculously intact. I was already madly in love with my Lomellina.

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Ed ora i doverosi ringraziamenti. Infiniti e tutti di elevata intensità e spessore. Gli sponsor, primo fra tutti il Prof. Vitali che, anno dopo anno, contribuisce ad aggiungere mattone su mattone per costruire la grande casa dei pavesi, il cui cemento sono la cultura, le tradizioni, le radici comuni. E la dottoressa Renata Crotti, il mio angelo custode nei tempi difficili ed anche quando lo sono un pò meno. E poi tutti gli altri attori, i Sindaci, che calcano la scena della promozione del nostro territorio, il suo intelligente sfruttamento e l’ordinata gestione della sua quotidianità. Le Associazioni preposte alla valorizzazione del territorio meritano un commento a parte per la costante aderenza alla loro mission istituzionale, mai priva di contenuti e di passione. E poi gli operatori economici e gli imprenditori che sono vicini a noi amministratori e che, sempre, rispondono al mio accorato appello di sostegno economico ed istituzionale. Ed infine Anna Pasini, mia inseparabile e rigorosa supervisor dei testi in inglese, mia moglie Luisa che ha condiviso le notti insonni per predisporre le bozze del libro e Piero Ghiselli che ha disposto le immagini come solo un agricoltore innamorato della sua terra può fare, ordinando le foto secondo le fasi operative ed il susseguirsi delle stagioni. Il volume, che abbiamo voluto produrre con la partecipazione di una grande “orchestra” in cui tutti i suoi componenti si distinguono per le loro straordinarie capacità, si commenta da solo e le didascalie e le prefazioni sono state volutamente ridotte al minimo per lasciar parlare solo le immagini. Quelle immagini che, anche per un lomellino doc come me, non mancano mai di suscitare profonde emozioni ogniqualvolta le ammiro. Sono immagini senza tempo, spesso senza una puntuale collocazione toponomastica: solo l’essenza dell’acqua, del cielo, della terra. Immagini che rimandano ad una pace esteriore che predispone ad una profonda e serena pace interiore.

Now I think that from this disease I will not heal anymore.

Abbiamo così voluto documentare il passare delle stagioni per riconfermare quanto sia ormai per noi ovvio: la Lomel-

So we wanted to document the passing by of the seasons in Lomellina to reconfirm what is already obvious to us: it is

And now the acknowledgements, that are infinite and all of them of high intensity and thickness. The sponsors, first of all Prof. Vitali, who year after year, adds brick by brick to build the great house of Pavia Province which its cement is our culture, our traditions and our common roots. And Renata Crotti, my guardian angel in the hardest times and also in the best times. And then all the other actors, the Mayors, who tread the daily scene of promoting our Territory, its intelligent exploitation or even the smooth conduct of its everyday life. The Associations, responsible for the development of our area deserve a special comment for the meticulous closeness to their institutional mission, never devoid of contents and passion, And traders and entrepreneurs who are close to my administration and constantly respond to my frequent appeals for their financial and institutional support. And finally, Anna Pasini, my inseparable and rigorous supervisor who oversaw the drafts in English, my wife Luisa who shared my sleepless nights to correct the drafts of the book and Piero Ghiselli who placed the images as only a farmer can do, pointing out the operational details while emphasizing the succession of the seasons. This volume speaks for itself, and so any captions, comments and introductions were deliberately kept to a minimum, to let only the images speak. Those images, which for a lomellino doc like me, never fail to arouse deep emotions every time that I admire them. Timeless images, often without a precise location: only the essence of water, sky, earth. Images that refer to an external peace that predisposes to a deeper and inner peace.

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lina è bella sempre: sia con il sole che con la nebbia, con la neve o con il caldo afoso di agosto, basta saperla guardare con gli occhi giusti. Ci ha aiutato nello scandire il passaggio delle stagioni un amico e grande innamorato, anche lui, della nostra terra, Giovanni Rossi, giornalista ma anche naturalista, storico e disincantato cantore dei tempi passati. A lui un grazie particolare. Con lui Franco Fasulo, Maestro d’arte siculo-lomellino, che ha aggiunto un tocco di suggestione alle poetiche premesse di Giovanni, illustrando con i suoi pastosi pastelli l’incedere delle stagioni da un punto di vista che solo il Piccolo Principe potrebbe apprezzare: dall’alto, là sulla linea dell’orizzonte. Se posso usare un ossimoro ardito direi che mi ha convinto che la piatta terra di Lomellina diventa rotonda quando viene vista con gli occhi magici dell’artista. Affidiamo dunque queste immagini così intense ai nostri giovani, ai nostri vecchi, ai nostri uomini ed alle nostre donne, a tutta la nostra gente lomellina insomma, affinché vivano orgogliosamente la consapevolezza di abitare in un luogo straordinario, contaminando con questa certezza e con il loro entusiasmo ogni visitatore curioso che, come il Piccolo Principe, dia valore alle sensazioni, ai colori, alle meraviglie del creato, superando per un attimo la prosaicità di quanto spesso lo circonda.

always beautiful. In the sun, through the fog, with the snow or the sweltering heat of August: you just need how to look through the right eyes. A great friend of mine and a great lover, too, of our region, helped me in marking the seasons passing by: Giovanni Rossi, a journalist but also a naturalist, historian and disenchanted singer of yesterday, as of today. To him goes my special thank. With him, Franco Fasulo, a Sicilian-Lomellino Maestro painter, who added a touch of charm to Giovanni’s poetic premises, explaining with his pasty pastels the passing by of the seasons from a special point of view that only the Little Prince might appreciate: from ‘high, there on the horizon ‘. If I can use a bold oxymoron, I would say that I was finally convinced by him that the flat land of Lomellina it is actually round, if seen through the magical eyes of the artist.

Ernesto Prevedoni-Gorone Sindaco di Sartirana Lomellina

Ernesto Prevedoni-Gorone Mayor of Sartirana Lomellina

Finally, I want to entrust these so intense images to our young, to our old, to our men and to our women, in short, to all our people of Lomellina, to let them proudly perceive the awareness of living in an extraordinary place, contaminating with this certainty and this enthusiasm every curious visitor who, like the little prince, gives value to the sensations, colors and wonders of creation ignoring, for a moment, how often prosaic his surroundings are.

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Lomellina … dall’alto

Lomellina … from the top

Questo è il terzo volume di una trilogia che l’Amministrazione di Sartirana ha voluto proporre ai suoi cittadini e, come si è già avuto modo di constatare nelle precedenti edizioni, la ricerca fotografica la fa da padrona. Essa, infatti, rappresenta il comune denominatore a tutti e tre i volumi.

This is the third volume of a trilogy that, in these very recent years, the Municipality of Sartirana has decided to offer to its citizens and, as we have already noted in the previous editions, photographic research is always the host. It, in fact, represents the common denominator in all the three volumes.

È noto come l’aspetto iconografico abbia la caratteristica della immediatezza poiché coinvolge subito i nostri sensi; ma gli si attribuisce anche, a ragione, la capacità di evocare non solo luoghi o persone, ma sensazioni, atmosfere intrinsecamente ed indissolubilmente legate ad essi. Infatti, spesso, l’immagine è associata a ciò che riesce a far trasparire dalle pieghe più intime e recondite dell’animo dell’osservatore attento.

And it is known that the iconographic aspect has the feature of immediacy, because it involves our senses at once, but it is also assumed to have credited rightly, the ability to evoke not just places or people, but also feelings, atmospheres, intrinsically and indissolubly linked to them. In fact, often, the image is associated with what it can reveal coming out from the most intimate and hidden folds of an attentive observer’s mind.

In questo volume la scelta è andata verso la fotografia aerea, una scelta un po’ inusuale dal momento che l’aereofotogramma non rappresenta una semplice fotografia, ma un documento tecnico, abbastanza complesso da interpretare e, forse, apparentemente, un po’ sterile ... ma proprio per questo permette di catturare immagini straordinarie e assolutamente non convenzionali.

In this volume, the choice fell on the aerial photograph, a little unusual since the aircraft frame is not only a simple photograph, but it is a technical document, quite complex to interpret and, perhaps, it seems a bit’ barren but just for this reason ... it can capture great and totally unconventional images.

È tutta un’altra prospettiva, dunque, ma non meno suggestiva, anzi ... Questo particolare punto di vista è affascinante e intrigante perché, spesso, difficile da raggiungere ...

It’s an entirely different perspective, then, but no less impressive. This particular point of view is fascinating and intriguing because, often, it is difficult to achieve.

I luoghi immortalati, però, rappresentano la nostra Lomellina e allora, anche se la fotografia aerea richiede una interpretazione tecnica, ciascuno di noi lo interpreta ... con il cuore, attraverso la ricerca attenta dei luoghi conosciuti e vissuti e con l’orgoglio di appartenere ad essi.

The places etched in the photos, however, represent our Lomellina and then, although aerial photography requires an expert interpretation, each of us interprets it ... simply with her/his heart, through careful research of places, known and lived with the pride of belonging to them.

Non molto tempo fa, infatti, chi scrive ha avuto modo di parlare della nostra terra lomellina e allora venne citato un

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personaggio, Cesare Angelini, che nel lontano 17 febbraio 1960 sul “Corriere della Sera” scrisse un articolo dal titolo “Questa Lomellina” decantandone il suo fascino in particolari momenti dell’anno.

Not long ago I had the occasion to speak of our land quoting Cesare Angelini, a well known writer who, back in 1960 wrote an article titled “This Lomellina” on “Il Corriere della Sera” newspaper, praising its charm at special periods of the year.

Non è nell’intenzione ripetere quanto già detto altrove, ma è importante sottolineare come questa terra, già allora, sia riuscita ad ammaliare per le sue bellezze.

It is not now the intention of this project to repeat what has already been said elsewhere, but it is important to emphasize that this land, even then, has always managed to enchant us for its beauty.

La Lomellina è uno scrigno ancora tutto da scoprire e forse, per mezzo di vari e diversificati percorsi, in questo caso anche fotografici, si sta trovando la chiave per aprirlo …

Lomellina is a jewel box still to be discovered and perhaps, by means of various and diverse paths, in this case aerial photos, we are now ready to find the key to open it …

Paola Camussoni Berti Presidente Civica Biblioteca “Francesco Moro”

Paola Camussoni Berti President Civic Library “Francesco Moro”

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Il volo

The flight

Magico sogno dell’Uomo, che da sempre ci ha affascinati: vincere la gravità, librarsi in una dimensione non nostra, per consentirci di “vedere” da un punto d’osservazione diverso, unico. Questa aspirazione, nel tempo, e soprattutto oggi, ci lascia davvero godere delle bellezze del creato come mai ci eravamo potuto permettere. E le immagini prese dall’alto, spesso, non solo ci lasciano senza fiato per la loro straordinaria bellezza, ma sono anche strumento scientifico, tecnico ed artistico cui molti hanno attinto per esprimere, attraverso l’immagine fotografica, il loro “sentire”, la loro arte. L’idea di mappare il nostro stupendo territorio lomellino con questi fotogrammi dal cielo è, di per sé, una nuova meraviglia. Vedere, poi, quanto ancora non conoscevamo, da questa altezza, ci rende oltremodo orgogliosi del nostro appartenere a questa terra. Terra che racchiude nella sua sobrietà e semplicità, nei suoi colori tenui di suolo, d’acqua, delle piante, nelle sue costruzioni minimali, sempre prioritarie alle necessità del lavoro dei campi, la sua vera essenza; racconta di noi, del nostro essere stati e della volontà di non dimenticarsene, pur camminando al passo del tempo. Bello guardare, guardarsi, attraverso questo magnifico lavoro, e fissare per sempre, fotogramma per fotogramma, la Lomellina dal cielo. Rendere il giusto tributo a chi ha immaginato di realizzare quest’opera, e a chi l’ha poi materializzata e reso possibile la sua divulgazione, è atto di giusta riconoscenza che tutti noi dobbiamo fare, consapevoli di aggiungere, oggi, un altro mirabile strumento di conoscenza della Lomellina, che testimonia il nostro amore per questo luogo bellissimo, idealmente legato dai già pubblicati “Percorsi ipogei”, alle altezze di un velivolo che lo “scatta” dall’alto, con l’impegno e nella speranza di poterlo preservare ancora per lungo tempo, nel rispetto del lavoro dei nostri vecchi, che così ce l’hanno consegnato.

The magic wonderful word which has always fascinated mankind: to overcome gravity, soaring in a dimension which is not ours, so we can “see” the world from a different, unique vantage view point. This aspiration, in time, and especially today, lets us really enjoy the beauty of creation as we had never been able to afford. And images taken from above, often, not only leave us breathless with their extraordinary beauty, but are also a scientific, technical and artistic instrument from which many people drew to express, through the photographic image, their “feelings and their art”. The idea of mapping our beloved territory of Lomellina with these frames taken from the sky is, in itself, a new wonder. To see, then, what we did not know yet from this height, makes us very proud of our belonging to this land. A land that reveals its essence in its restraint and simplicity, in its soft colors of soil, water, plants, in its minimal buildings which dedicate more priority to the needs of the farm work, through this wonderful project it tells about us, our past and our desire not to forget, though walking in line with times. It is wonderful to see and feel the urgent need to fix forever, frame by frame, the Lomellina seen from the sky. Making a fitting tribute to those who have dreamed of achieving this project, and have also materialized and made possible its disclosure, is an act of gratitude that we all just have to do, knowing that they add, today, another wonderful tool for the knowledge of Lomellina. They demonstrate their love for this beautiful place, and I also want to ideally link this project to the book “Subterranean paths of Lomellina” already published by the “Ecomuseo del paesaggio lomellino”, passing through the height of an aircraft that “clicks” from above our land to the commitment and hope of being able to maintain it even for a long time, respecting the work of our ancestors so that we can deliver it to our future generations.

Giorgio Guardamagna Presidente G.A.L. Lomellina

Giorgio Guardamagna President of “G.A.L. Lomellina”

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La Lomellina e l’Ecomuseo

Lomellina and its Eco Museum

Nella mia qualità di Presidente dell’Ecomuseo del paesaggio lomellino non posso che applaudire a questa iniziativa che, oltre ad essere del tutto innovativa per il nostro territorio, stimola e promuove con indubbio coraggio “visivo” la sua valorizzazione partendo dal “tetto” e non, come siamo abituati, dalle sue “fondamenta”. Ci viene così data la possibilità di scoprire visuali ed angolature straordinarie, mai prima d’ora catalogate ed allineate secondo il passare delle stagioni secondo una visuale che piace ricordare, accumuna l’ingenua purezza del Piccolo Principe con il rigore e l’ordine dei nostri campi, dei nostri boschi, dei nostri fiumi.

Acting as President of the Eco Museum of Lomellina Landscape I can only applaud this initiative that, apart from being quite innovative for our area, stimulates and promotes, due to its undoubted visual courage, the enhancement of our territory, starting from the “roof ” and not, as we are accustomed to see, from its “foundations”.

Come soggetto istituzionalmente impegnato nella valorizzazione del territorio lomellino, del suo paesaggio e delle sue straordinarie peculiarità non posso che impegnarmi a diffondere questo progetto nell’ambito provinciale e regionale avendo come target i milioni di visitatori che approderanno nel corso del 2015 alla prestigiosa fiera universale di Milano, l’Expo.

As a subject institutionally committed to promote the Lomellina region, its landscape and its unique characteristics, I cannot avoid to commit myself to the spreading of this project at the provincial and regional levels, also considering it as a special target for the millions of visitors who will land in Milan at the 2015 World Expo.

È dunque questo un altro importante tassello per sottolineare che questa parte di Lombardia, la Lomellina, ha un ruolo orgogliosamente decisivo nella tutela della natura e dei suoi prodotti, nella valorizzazione e nella promozione di uno stile di vita che in altre realtà è già, purtroppo, definitivamente scomparso.

I can therefore say that this photographic book represents another important piece of a puzzle which tries to emphasize this part of Lombardy, the Lomellina, proudly showing its decisive role in the protection of nature and its products, in the enhancement and protection of a lifestyle that in other contexts is unfortunately already and, definitely, disappeared.

Giovanni Fassina Presidente Ecomuseo del Paesaggio Lomellino

Giovanni Fassina President Eco Museum of Lomellina Landscape

There is thus offered us the opportunity to explore extraordinary visual angles, never seen before, cataloged and aligned according to the passage of the seasons which, l’d like to stress, unites the naive purity of the Little Prince to the order and simplicity of our fields, our forests, our rivers.

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COMUNE DI SARTIRANA LOMELLINA Oltre al Castello ed alla Pila, possiamo ammirare la chiesa parrocchiale dedicata a Santa Maria Assunta (1486). Vi sono conservate splendide opere lignee di grande pregio: una statua raffigurante la Madonna del Socco del XVI secolo, il Crocefisso del Quattrocento, il coro e i confessionali entrambi di notevole interesse.

Tra acqua, cielo e terra Le origini di Sartirana risalgono ai tempi dell’antica Roma. La tradizione vuole che una famiglia romana, la “gens Satria”, abbia per prima costruito una “villa” dotandola di armenti e di schiavi e rendendo il territorio circostante sicuro e per la prima volta coltivabile. Si succedettero, poi, il periodo longobardo e quello carolingio, a cui fecero seguito le lotte tra Milano e Pavia, dando luogo al ducato di Milano, che comprendeva la Marca di Lomellina e, con essa, Sartirana. Fu in quest’ultimo periodo che si manifestò l’attuale assetto architettonico di Sartirana, che tuttora la contraddistingue. Già alla fine del XIV secolo, Sartirana era chiamata “terra forte” per quel castello dotato di cinta e di fossati e che molto richiama il Castello Sforzesco di Milano. La tradizione vuole che l’architetto Bartolomeo Fioravanti abbia partecipato alla redazione del progetto e, di conseguenza, per i sartiranesi è motivo di vanto sapere che tale ingegno, oltreché aver contribuito alla realizzazione del Cremlino di Mosca e del Castello Sforzesco di Milano, abbia dato corpo alla rocca medioevale che tuttora li rappresenta. Oggi il castello ospita il Centro studi e documentazione della Lomellina e la Fondazione Sartirana Arte, con i musei delle collezioni di argenti, gioielli, tappeti antichi, oggetti di cultura contadina, grafica d’arte. Vicino al castello si trova la cosiddetta Pila, o gli antichi magazzini del riso. Nato come un magazzino per lo stoccaggio e la lavorazione del riso, contiene numerose testimonianze che documentano i processi relativi alla produzione di riso. La maggior parte degli antichi edifici sono risalenti al XVII secolo, e si compongono di ampie camere, con volta a botte e crociera, in tipici mattoni di argilla rossa, utilizzate nel passato per lo stoccaggio dei cereali, dopo il raccolto. Spettacolari soffitti nelle sale al primo piano rivelano affascinanti travi di legno e pareti che, in molti punti, portano ancora, dipinti a tempera, i livelli ed i pesi del riso. La parte centrale, risalente al XIX secolo, contiene ancora un mulino ad acqua con rotore orizzontale che veniva azionato dall’acqua deviata dal Roggione di Sartirana, che forniva l’energia necessaria per l’impianto di sgusciatura, realizzato con attrezzature ancora presenti e potenzialmente funzionali.

Accanto al castello si può ammirare la chiesa dedicata a San Rocco di proprietà della duchessa Maria Cristina di Savoia Aosta. Il pregevolissimo manufatto barocco è stato recentemente restaurato in tutte le sue parti: conserva al suo interno preziosi affreschi del Gonin, nonché un coro ligneo di ottima fattura. Di pregevole fattura è il camposanto progettato dall’architetto Carlo Nigra alla fine dell’Ottocento. La casa di riposo per anziani, denominato inizialmente Istituto Adelina Nigra e dal 2004 trasformatosi in Fondazione, fu costruito nel 1889 dall’ingegner Vincenzo Nigra in memoria della figlioletta Adelina, scomparsa prematuramente. Nei pressi dell’istituto vi è il monumento ai Caduti delle due guerre mondiali, corredato di splendidi altorilievi creati nel 1926 dallo scultore casalese Leonardo Bistolfi. Il Comune di Sartirana gestisce anche un’area ecologica che è una delle garzaie più interessanti d’Europa. Questa zona si sviluppa attorno al Lago di Sartirana che in realtà è una lanca originatasi dalla separazione di un’ansa di meandro del fiume Sesia. L’economia del paese da qualche anno ha trovato sbocco grazie all’artigianato orafo. Sono sorti molti laboratori di orafi con vendita diretta al pubblico: prodotti di ottima fattura che stanno riscontrando successo anche oltre i confini italiani. Ogni anno, durante la prima settimana di settembre, si tiene ormai da 40 anni la famosa “Sagra della rana” che attira migliaia di visitatori ed in cui si possono gustare i tipici piatti a base del famoso batrace. Il Sindaco ERNESTO PREVEDONI-GORONE

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COMUNE DI CANDIA LOMELLINA Ceretto, Sant’Angelo, Castelnovetto, Cozzo, Celpenchio, Rosasco, Rivoltella, Langosco, San Paolo, Santa Maria Bagnolo, Terrasa e Villata.

Nel diploma di Federico I dell’8 agosto 1164, fra le terre concesse a Pavia, risulta anche Candia. Nel 1250 la località è citata nell’elenco delle terre del contado di Pavia come Candia nella contea di Lomellina: in questo periodo appartiene ai marchesi di Monferrato.

Attraverso il regio editto del 10 novembre 1818, «portante una nuova circoscrizione generale delle province de’ regi stati di terra ferma», Candia di Lomellina è capo del mandamento della provincia di Lomellina, che riunisce Castelnovetto, Celpenchio, Cozzo, Langosco, Rosasco e Terrasa. Fa parte della diocesi di Vercelli (divisione di Novara) e dipende dal Senato Piemontese; per gli uffici di Intendenza e Posta dipende da Mortara, per quelli di Prefettura e d’Ipoteca da Vigevano e per quelli di Insinuazione da Mede.

Intorno al XV secolo Candia è inclusa nel distretto di Pavia, sotto i Visconti, mentre nel 1454 il duca Francesco Sforza inserisce Candia e le sue terre nel ducato di Milano. Successivamente Carlo V istituisce come feudatario del borgo Lodovico III di Barbiano, conte di Belgioioso. Candia, con la località Nobili (scomparsa nei secoli successivi), è inclusa nell’elenco delle terre del Principato di Pavia, censite per fini fiscali da Ambrogio Opizzone, come appartenente alla Lomellina. Il 1° novembre 1707 l’intendente generale Fontana, incaricato dal duca di Savoia di censire i comuni della Lomellina, scrive che Candia e Nobili contano 800 anime: il feudatario è il marchese Gallarati, residente a Milano.

In seguito all’unione temporanea delle province lombarde al regno di Sardegna, in base al compartimento territoriale stabilito con la legge 23 ottobre 1859, il comune di Candia Lomellina, che conta 2.575 abitanti, è incluso nella provincia di Pavia, nel circondario di Lomellina e nel terzo mandamento di Candia, cui fanno capo Castelnovetto, Celpenchio, Cozzo, Langosco, Rosasco e Terrasa.

Il decreto napoleonico del 1800 sancisce che il dipartimento dell’Agogna è diviso in 17 distretti o circondari comunali: Candia fa parte del terzo distretto, di cui è capoluogo Mede. Con il decreto del 25 fiorile 1801, Candia è inclusa nel secondo distretto di Vigevano, dipartimento dell’Agogna. Nella compartimentazione territoriale del 28 aprile 1806 Candia ricade sotto il dominio napoleonico, nel dipartimento dell’Agogna, primo distretto di Novara, terzo cantone di Robbio. È un Comune di terza classe con 1.095 abitanti.

Alla costituzione del Regno d’Italia nel 1861, il comune ha una popolazione residente di 2.558 abitanti. Sino al 1863 il comune mantiene la denominazione di Candia e, nel 1863, assume la denominazione di Candia Lomellina. In seguito alla riforma dell’ordinamento comunale, disposta nel 1926, il Comune è amministrato da un podestà.

Con la compartimentazione del 7 ottobre 1814 Candia è capo mandamento della provincia di Mortara. Le comunità che riunisce sono

Il Sindaco CARLO BROCCA

Nel 1928 a Candia è aggregato il soppresso Comune di Terrasa. In seguito alla riforma dell’ordinamento comunale disposta nel 1946 il Comune è amministrato da un sindaco, da una giunta e da un consiglio.

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COMUNE DI PIEVE DEL CAIRO Facino Cane, condottiero al soldo dei Visconti, saccheggiò gli abitati di Cairo e di Pieve del Cairo. Nel 1467 Federico III diede in feudo Cairo e Pieve del Cairo ai nobili Isimbardi di Milano.

Pieve del Cairo sorge ai confini della Lomellina, separato dal Piemonte dalle acque del fiume Po. L’antico abitato del Cairo, di origine celto-ligure, sorse alla confluenza del Tanaro nel Po, sulla strada che da Julia Derthona (Tortona) per Tromello e Novara portava all’Elvetia (Svizzera). Questa strada, già abbozzata all’epoca delle guerre puniche, fu proseguita fino al Sempione dall’imperatore Settimio Severo nel 210 dopo Cristo. L’importanza di Cairo Vecchio (“Cajri Veteri Ixolaria”) è documentata dalle copiose suppellettili funebri, utensili, ornamenti e armi ritrovate in tombe gallo-romane. Agli albori del Cristianesimo nacque la “Plebs Cairi” attorno alla prima basilica cristiana, sorta su un tempio pagano dedicato alla dea Cibele. Lì si concentrarono i primi credenti, edificarono le loro case e il nuovo nucleo, che andava crescendo, si differenziò sempre di più da Cairo fino a diventare un centro autonomo che assunse il nome di Pieve del Cairo.

Nel 1512 il cardinale Giovanni de’ Medici, legato pontificio di Giulio II presso l’esercito della Lega Santa, fu fatto prigioniero dai Francesi nella battaglia di Ravenna: mentre era di passaggio a Pieve, fu liberato da un gruppo di coraggiosi pievesi. Eletto papa con il nome di Leone X, de’ Medici, in segno di riconoscenza, concesse due giubilei annui perpetui ai cittadini di Pieve con bolla del 19 settembre 1516. Nel 1599 in occasione del passaggio dell’arciduchessa Margherita d’Austria, che si recava a Madrid per sposare re Filippo III, il marchese Isimbardi fece innalzare un grande arco trionfale. Nei secoli XVII e XVIII Pieve del Cairo subì gravi distruzioni da parte di truppe che si accamparono in paese, sia a causa di rovinose inondazioni del fiume Po (1755 e 1790).

Nell’anno 800 Cairo, Pieve e quasi tutta la Lomellina passarono, per ordine di Carlo Magno, sotto il dominio dei conti Palatini di Lomello. Nel 1155 Federico di Svevia, detto il Barbarossa, scese in Italia per rivendicare i suoi diritti sulla penisola, attraversò la Lomellina per assediare Tortona, e mise a ferro e fuoco la corte del Cairo. Nel 1404

Il Sindaco PAOLO ANSANDRI

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COMUNE DI GAMBARANA Il castello sorge al centro del paese a forma di parallelepipedo e non presenta speciali caratteristiche architettoniche o decorative. Da segnalare una semitorre cilindrica nella parete settentrionale e due ingressi, su uno dei quali era visibile lo stemma dei conti di Gambarana.

La storia del territorio di Gambarana è stata sempre condizionata dalla vicinanza del Po, che un tempo scorreva più a sud, lasciando spazio ad un grosso centro storicamente importante, Sparvara. Anche l’attuale frazione Cambiò era un luogo notevole, come d’altra parte la stessa Gambarana. Infatti, tra i rami in cui si divisero i conti Palatini di Lomello, signori della Lomellina occidentale fino al XII secolo, due tra i principali portavano appunto i nomi di Sparvara e Gambarana. Nel 1311 i conti Palatini erano rappresentati da Federico, Giuliano e Riccardo di Sparvara, e da Alberto, Ruffino, Giannone e Opicino di Gambarana. Nel 1164 tutta la Lomellina fu assoggettata alla città di Pavia; il relativo diploma di Federico I nomina sia Sparvara sia Gambarana. Sotto Pavia continuò la signoria degli conti palatini di Sparvara e di Gambarana sui rispettivi feudi che, salvo brevi interruzioni, continuerà fino al XVIII secolo (gli Sparvara si estinsero nel 1769, i Gambarana esistono tuttora). Già nel secolo precedente, se non prima, era però iniziata la decadenza di Sparvara, devastata dal Po; il suo nome non indicava che qualche sparsa cascina, e anche i conti di Sparvara ormai avevano stabilito la loro sede a Cambiò, che era sede del comune ancora detto di Sparvara e Cambiò.

Nei pressi del castello sorge una dimora signorile, probabilmente eretta nel XVII secolo. La chiesa parrocchiale è dedicata ai Santi Pietro e Biagio e risulta forse l’edificio sacro annesso allo scomparso monastero benedettino di San Pietro, che appare in un documento del 983. Nel 1237 i due luoghi di culto sono citati nel documento di scomunica del conte Enrico di Lomello da parte del vescovo di Pavia, che informava del fatto i sacerdoti e i religiosi della chiesa di Gambarana e delle parrocchie limitrofe. Nel 1460 la chiesa parrocchiale di San Pietro e quella di San Biagio furono unite in un’unica struttura, mentre tredici anni più tardi i beni parrocchiali vennero investiti al Capitolo della cattedrale di Pavia. La chiesa fu rialzata e rimaneggiata in stile barocco nel XVIII secolo, grazie all’interessamento delle famiglie Gambarana e De Curte, mentre il campanile fu abbellito nel 1832. Il coro accoglie una tela del XVII secolo raffigurante la Madonna con il Bambino stretta fra i Santi Pietro e Biagio.

Anche la località di San Martino La Mandria fu un Comune fino al XVIII secolo, appartenente al feudo di Gambarana. Nel 1806 fu aggregato a Suardi e successivamente a Gambarana.

Altro edificio sacro è la chiesa di San Rocco, costruita nel XVI secolo per ringraziare il Signore della fine di una terribile pestilenza e al cui fianco si erge un crocifisso in legno, donato dai missionari che giungono periodicamente a Gambarana per predicare il vangelo. Ingrandita nel 1696 e, nei secoli successivi devastata dall’esercito francese, fu restaurata nell’agosto 1892: da allora, la popolazione celebra una festa, con una processione e uno spettacolo di fuochi artificiali, preceduta da un’asta pubblica, il cui ricavato verrà destinato all’organizzazione delle manifestazioni dell’anno seguente.

Nel XIX secolo anche Cambiò, che era ancora Comune, subì una parziale distruzione da parte del Po, che costrinse a spostare l’abitato più a nord (la cascina Palazzo era in precedenza al limite nord dell’abitato, mentre ora si trova all’estremità meridionale). Il paese prese quindi il nome di Cambiò Nuovo, e nel 1867 il Comune fu soppresso e unito a Gambarana. In precedenza, la zona del comune di Cambiò che era con il tempo rimasta a sud del Po fu staccata e costituì il nuovo Comune di Alluvioni Cambiò, aggregato alla provincia di Alessandria.

Il Sindaco EDOARDO CHIODI

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COMUNE DI FRASCAROLO denza fu inserita nella ricostituita Provincia di Pavia, comprendente anche la Lomellina.

Il primo documento che menziona Frascarolo è del X secolo, ma nel suo territorio erano presenti piccoli insediamenti di epoca romana sin dal periodo augusteo, come attestano i ritrovamenti archeologici. Nel medioevo Frascarolo appartenne al Comitato di Lomello e l’imperatore Federico I, con diploma del 1164, la assoggettò al dominio di Pavia. Durante l’epoca dei Visconti, nel 1404 il condottiero Facino Cane devastò l’antico “castrum” (borgo fortificato) di Frascarolo, distruggendo le fortificazioni e il castello, che venne ricostruito nei primi anni del XVI secolo da nobili famiglie locali, a seguito del permesso accordato nel 1497 dal duca Ludovico il Moro.

In frazione Abbazia, sorge l’abbazia cistercense di S. Maria di Acqualunga, fondata nell’anno 1180 da Ascherio da Rivalta Scrivia. La costituzione autonoma del monastero avvenne – secondo gli storici dell’ordine cistercense – nel febbraio 1204. L’abbazia ebbe privilegi dagli imperatori Federico II e Enrico VII. Nel XV secolo fu abate Francesco Todeschini Piccolomini (nipote del papa Pio II). Nel 1503 il nobile Galeazzo Pietra (segretario del cardinale Ascanio Sforza) divenne abate di Acqualunga e successivamente, nel 1530, fu creato primo vescovo di Vigevano.

Frascarolo fu infeudato nel 1441 ad Antonio Birago di Milano, per poi passare, negli ultimi decenni del XV secolo, alla famiglia Varesini. Costoro lo cedettero ai Bellisomi di Pavia nel 1614, che ottennero nel 1623 da Filippo IV di Spagna il titolo di marchesi di Frascarolo. Il paese e il territorio circostante fu teatro durante i secoli di numerosi episodi di carattere militare, soprattutto nel XVII-XVIII secolo (Guerra dei Trent’Anni, Guerre di Successione Spagnola e Austriaca). Nel 1799, nell’ambito delle guerre napoleoniche, si accampò il granduca Costantino di Russia, figlio dello zar Paolo I.

Da quel momento i destini di Acqualunga furono uniti a quelli della nuova diocesi vigevanese. Acqualunga fu comune autonomo sino al periodo napoleonico, quando fu unito dapprima a Borgofranco nel 1806 (mantenendo tuttavia autonomia per la redazione dei registri di stato civile sino al 1814) e successivamente con il ritorno dei Savoia, al limitrofo paese di Frascarolo. Il Sindaco GIOVANNI ROTA

Dall’anno 1707 passò sotto il dominio dei Savoia e vi rimase sino all’Unità d’Italia. Nel 1859, a seguito della seconda guerra d’indipen-

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COMUNE DI ROBBIO del paramento murario esterno (si riconosce, in qualche punto, la merlatura, tamponata), mentre interamente ricostruita è la snella e alta torre, con apparato a sporgere sommitale. Intatto anche l’ingresso, su cui sono visibili le tracce di un antico ponte levatoio.

Antichissima, forse di origini preromane, Robbio pare sia stata fondata dai Levi Liguri ivi stanziati, come testimonia il nome, incerto tra “Retovium”, “Rodobium” o “Forum Lebuorum”. Infatti, si ritiene fosse usanza dei romani imporre ai luoghi conquistati un nome derivato dai popoli che precedentemente li avevano posseduti. Ritroviamo “Rodovium” nelle parole di Plinio il Vecchio nella sua “Storia naturale”, dove si sofferma a lodare i tessuti robbiesi classificandoli come quelli che occupano il secondo posto in Europa.

Nel centro storico della cittadina sono riconoscibili altri resti, anche rilevanti, di costruzioni fortificate di varie epoche. Robbio, oltre al suo castello, vanta antiche chiese ricche di preziose opere d’arte. Di grande interesse la chiesa romanica di San Pietro (XIII secolo), con preziosi affreschi cinquecenteschi attribuiti a Tommasino da Mortara. D’epoca quattrocentesca è la chiesa di San Michele, con una tipica facciata tardo-gotica decorata in cotto; più antica è San Valeriano (V-VI secolo), ampliata e ricostruita dai monaci cluniacensi alla fine del secolo XI: dedicata inizialmente a Sant’Andrea, fu intitolata a San Valeriano quando, nel 1236, vi fu trasferito il suo corpo. Ora si presenta con la facciata e il corpo, ornato da elementi romanici, staccati dall’abside maggiore per il crollo di parte della costruzione. Si ricordano, infine, la settecentesca chiesa parrocchiale di Santo Stefano, che sorge sulla piazza detta “dl’urmon” per la presenza, fino al 1985, di un grande olmo, piantato ancora prima della costruzione della chiesa e rimasto per anni simbolo e memoria storica della comunità robbiese.

Nel XII e XIII secoli Vercellesi, Novaresi e Milanesi si combattono sul suolo robbiese che, in quel periodo, è già dotato di una fortezza. Pare accertato che la costruzione del castello risalga al IX secolo, al tempo delle incursioni degli Unni, quando il conte Ottavio da Robbio ottiene la concessione da Berengario I di erigere una rocca di difesa. Un atto notarile di Gian Galeazzo Visconti, datato 1432, fa risalire il primo proprietario “ufficiale” del castello al nobile milanese Antonio de Porro. Il castello sorge su uno spalto naturale del terreno; costituisce uno dei luoghi più interessanti di Robbio e si tratta di un esempio unico in Lomellina. Robbio conserva, insieme al castello e alle chiese romaniche, un intero quartiere di aspetto tipicamente medievale, frutto di una serie di rifacimenti operati nei primi decenni del XX secolo. L’insieme delle costruzioni, peraltro gradevole e di notevole fascino, rappresenta un esempio del gusto in voga negli anni Venti-Trenta per il Medioevo, architettonicamente trasposto anche su edifici niente affatto antichi. Il castello, a impianto quadrangolare aperto sul lato occidentale, circondato da fossato, già più volte rimaneggiato tra basso Medioevo e Rinascimento, ha conservato intatta qualche porzione

A Robbio è nato il famoso centravanti Silvio Piola, campione mondiale nel 1938 con la nazionale di calcio. Il Sindaco MARCELO GASPERINI

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COMUNE DI TORRE BERETTI E CASTELLARO di Castellaro de’ Giorgi, fino al 28 maggio 1928 quando, per volontà del governo, fu unificata a Torre Beretti pur mantenendo il proprio nome nella nuova denominazione comunale, Torre Beretti e Castellaro per l’appunto.

Torre Beretti nasce più di mille anni fa come “posto di ristoro” o “posto di passaggio” per i viandanti in transito dall’Alessandrino alla Lomellina e viceversa. Si componeva di due località: una, Torre de’ Beretta (dal nome dell’antica famiglia nobile), corrispondente a quello che oggi è il tratto centrale di via Roma e alla zona del castello (la torre, appunto) e del municipio. L’altra si chiamava Cassina de’ Bossi e comprendeva le odierne via Stazione e cascina Nuova, ma anche via Cassiera. Nell’ufficio del sindaco si trovano stampe delle mappe catastali dell’epoca napoleonica di entrambe le municipalità, che furono unificate nella prima metà dell’Ottocento. Oggi il Comune è suddiviso fra le località Torre Beretti e Castellaro de’ Giorgi. Quest’ultima fu comune autonomo, con il nome

Tra le famiglie nobili di Torre Beretti si ricordano i Gattinara (provenienti dal Vercellese) e i De Cardenas (di evidenti origini spagnole). Tra le famiglie che, più recentemente, hanno dato lustro alla località spicca quella dei Visconti di Modrone. Il Sindaco MARCO BROVEGLIO

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COMUNE DI MEDE tico-lombardo, è del 1884-85. Nell’interno le volte e l’abside sono ornate da affreschi del medese Ferdinando Bialetti (1929). All’interno della chiesa si alza il campanile, progettato dall’ingegner Crescentino Caselli e costruito nel periodo 1902-1904. Chiesa di San Rocco Non si conosce esattamente la data di fondazione. Venne ricostruita nel XVIII secolo. Ha forma squadrata e sul davanti ha un piccolo atrio. Chiesa della Madonna di Loreto Anticamente consisteva in una piccola cappelletta senza altari. Nel 1868 fu trasformata in una piccola chiesetta. Chiesa della SS. Trinità Risale probabilmente al secolo XVI e fu ampliata nel 1864. Ai lati dell’altare due grandi tele dipinte a olio: una Crocifissione firmata dal pittore veneziano Domenico Buonvicino (XVII secolo) e una Pietà di scuola fiamminga del 1616. La volta dell’abside presenta affreschi del medese Giuseppe Amisani. È conosciuta anche come chiesa “dei Batù” dalla consuetudine penitenziale dei confratelli che si flagellavano prima di partecipare alle funzioni. Chiesa degli Angeli Lo stile della facciata, semplice e lineare, ne rileva l’origine cinquecentesca. La navata è piuttosto ampia e fiancheggiata da tre cappelle per lato. Monumento ai caduti È stato inaugurato nel 1922. La statua raffigurante un milite è opera di Michele Vedani. Il bassorilievo bronzeo che si trova sulla facciata del basamento è opera dello scultore medese Felice Bialetti. Monumento agli alpini Fu inaugurato nel 1998. Castello Sangiuliani Risale al IV secolo e fu sede dei Palatini e in seguito dei Sangiuliani, trasformato in albergo nel Novecento. Nel 1996 il Comune di Mede lo acquista nella prospettiva di trasformarlo nella sede della biblioteca comunale e nella sede dei Musei civici, tra cui il Museo Regina e la Raccolta archeologica e naturalistica “Ugo Fantelli”. A Mede fanno capo le frazioni Goido, Parzano e Tortorolo: in quest’ultima si trova il castello del XIV secolo.

II primi abitanti del territorio medese furono i Levi intorno al 1000 avanti Cristo. In seguito Mede fu stazione di cambio dei cavalli, in un itinerario romano noto come Gerosolimitano o Burdigalense. Dopo la caduta dell’Impero Romano, Mede seguì la sorte di tutta la Lomellina: fu invasa dagli Eruli, dai Franchi, dai Goti e infine, intorno al 570, dai Longobardi. Medioevo: in epoca carolingia Mede appartiene al Comitato di Lomello e intorno all’anno 1000 ci fu l’avvento del conti Palatini. Nel XIV secolo passa sotto il dominio del ducato di Milano. Durante il periodo sforzesco (1450-1535) l’intera Lomellina conosce lo sviluppo di attività agrarie, tra cui lo sviluppo di nuove colture come le marcite e il riso (quest’ultimo in modo diffuso a partire dal Settecento). Età moderna: nel 1535, alla morte di Francesco II Sforza, anche la Lomellina passa sotto la dominazione spagnola. Nel 1713, col trattato di Utrecht, anche Mede è staccata da Milano per essere aggregata al Piemonte. Durante il periodo napoleonico Mede si trova a formare, insieme a Vigevano, Mortara, Garlasco e Sannazzaro de’ Burgondi, il distretto della Lomellina. Età contemporanea: con il ritorno dei Savoia si forma la Provincia di Lomellina, che per la prima volta unisce l’intera regione sul piano amministrativo. Durante il Risorgimento le invasioni austriache costringono la Lomellina a sopportare pesanti sacrifici. Il 1° maggio 1859 uno squadrone di Ussari irrompe a Mede abbandonandosi a saccheggi e violenze. A fine Ottocento Mede si presenta come un paese eminentemente agricolo. L’economia agraria della zona basa il proprio benessere sul mercato risicolo. Terra di bracciantato, Mede e la Lomellina assistono al rapido diffondersi delle idee socialiste e a grandi lotte nelle campagne. Gli scioperi degli anni Venti, e in particolare quelli delle mondariso del 1927 e del 1931, sono tra gli episodi più rilevanti di resistenza della nostra popolazione al fascismo. La Resistenza si esprimerà in episodi di solidarietà verso la popolazione, verso i prigionieri di guerra in contatto con le unità partigiane della montagna. Oggi: dopo la seconda guerra mondiale si assiste a rapidi mutamenti della società, ma anche a una progressiva diminuzione della popolazione a causa di un insufficiente processo di industrializzazione. Tuttavia si è affermata un’agricoltura d’avanguardia. CHIESE E MONUMENTI Chiesa parrocchiale dei Santi Marziano e Martino Risale probabilmente all’XI secolo, ma subì un radicale restauro nella seconda metà del XV secolo. L’attuale struttura della facciata, in go-

Il Sindaco LORENZO DE MARTINI

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COMUNE DI FERRERA ERBOGNONE La presenza di una comunità organizzata nel territorio di Ferrera Erbognone è antichissima. Negli anni scorsi lungo il corso del torrente Erbognone furono ritrovati alcuni reperti della tarda età del bronzo risalenti al XIII-XIV secolo avanti Cristo.

Enrico IV nel 1311. In un atto del 4 marzo 1316 si legge di un Francesco Sannazzaro de Ferraria. Nel 1395 a Praga l’imperatore Venceslao confermava il privilegio del territorio al ramo della famiglia noto come “Sannazzarii da Ferraria”.

La nascita del borgo di Ferrera si fa risalire all’epoca romana. Dal latino deriverebbe il toponimo Ferraria, per via di alcune vene di ferro presenti nel sottosuolo: così pensava lo storico pavese Siro Capsoni.

Nel Catasto pavese del 1250 sono citate anche alcune località del paese come Mellendraria e Domus Marianorum: si può ipotizzare che il primo toponimo sia la cascina Malandrana, abbattuta circa trent’anni fa. Altri sostengono che il secondo nome sia da attribuire alla Confaloniera. Per il resto, Ferrera seguì le sorti della famiglia aristocratica dei Malaspina, di cui rappresentò una parte del feudo dal 1431 fino all’arrivo dei francesi, alla fine del Settecento.

Il secondo toponimo, Erbognone, deriva chiaramente dall’omonimo torrente che attraversa il territorio comunale da nord a sud. Il corso d’acqua assume il nome Erbognone solo nell’ultimo tratto, proprio in territorio di Ferrera: più a nord è noto come Arbogna, dal nome gentilizio latino Albonius. In alcune cartine topografiche del Settecento il borgo è individuato come Ferrera d’Arbogna. Molto spesso il paese è identificato anche come Ferrera Lomellina, come testimoniato ancora oggi dalla stazione ferroviaria della linea Pavia-Torre Beretti-Valenza-Alessandria, inaugurata nel 1862.

Alla metà dell’Ottocento i cittadini di Ferrera assistettero in prima persona alle vicende risorgimentali. In particolare, una leggenda vuole che il fantasma di un soldato austriaco ucciso in paese aleggi ancora sulle acque del cavo Quintone. Alle guerre d’Indipendenza partecipò anche il generale di cavalleria Enrico Strada, nato a Ferrera nel 1820 e morto a Torino nel 1888. Nella prima guerra d’Indipendenza del 1848-49 ricevette due medaglie d’argento: prese parte anche alla seconda guerra del 1859. Nel 1866, durante la terza guerra d’Indipendenza, combatté a Villafranca caricando gli austriaci alla testa del Savoia Cavalleria: fu decorato di medaglia d’oro al valor militare. È sepolto a Ferrera nel mausoleo di famiglia.

Notizie particolari dei suoi primi secoli di vita non se ne hanno: è fuori di dubbio, comunque, che il borgo fosse già sviluppato nella tarda età imperiale. A nord dell’abitato correva la via di comunicazione che collegava Ticinum (Pavia) ad Augusta Taurinorum (Torino) nei secoli dell’Impero romano. In Lomellina l’antica strada collegava Duriæ (Dorno) a Laumellum (Lomello). In epoca longobarda Ferrera seguì le sorti di Lomello, vicinissima e influente. Lungo i secoli si arriva alla fine del primo millennio dell’era cristiana. Le prime testimonianze di una comunità organizzata sono rappresentate dalla chiesa di Santa Maria della Fede o di San Giacomo, di cui si è persa ogni traccia. Secondo le carte sorgeva nei pressi della ghiacciaia di via Giovanni da Ferrera. Nel Medioevo il borgo fu quasi sicuramente fortificato: l’unica testimonianza sembra essere la casaforte che sorge nella parte orientale del paese, verso Sannazzaro.

Due gli eventi del Novecento assurti alla cronaca nazionale. Nel 1902 il celebre brigante monferrino Francesco De Michelis, detto il “Biundén”, e Luigi Fiandi (“Murät”) uccidono il carabiniere Andrea Capoani e la guardia campestre Teodoro Baldi vicino alla linea ferroviaria. Nel 1912 un imponente sciopero di mondine porta all’arresto della “pasionaria” Maria Provera: questo fatto diede spunto alla nascita del famoso canto popolare “Il ventiquattro di maggio a Ferrera”, noto anche come “La canzone di Maria Provera”. Il Sindaco GIOVANNI FASSINA

Per un certo periodo, Ferrera fu feudo dei Sannazzarii: il borgo era già citato in documenti firmati da Federico I Barbarossa nel 1164 e da

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COMUNE DI BREME DeCo, organizzata dalla Polisportiva Bremese, in concomitanza con la festa patronale di San Barnaba. Da alcuni anni, grazie alla grande richiesta della “dolcissima”, i produttori locali si sono moltiplicati proprio per soddisfare le richieste di mercato, anche se la produzione di circa 400 quintali l’anno rimane una produzione di nicchia. La cipolla rossa bremese, oltre al tradizionale consumo, è utilizzata proprio per il sapore unico e irripetibile in interessanti accostamenti culinari, quali confetture di marmellata e di mostarda, gelato, pizze, torte.

Breme è un ridente borgo di circa 900 abitanti situato su un’altura nella bassa Lomellina, in provincia di Pavia, posto alla confluenza tra i fiumi Po e Sesia. Breme vanta un illustre passato: nel 906 il Marchese Adalberto d’Ivrea donò ai Monaci benedettini di Novalesa, cacciati dalle incursioni Saracene, le “corti” di Breme e di Pollicino. Qui i monaci fondarono l’abbazia di San Pietro, una delle più potenti d’Italia e dell’impero franco-tedesco, le cui vicende intrise di santità e di intrighi politici ci sono state tramandate dalla Cronaca Novalicense, scritta a partire dal 1050 da un monaco anonimo. Per secoli, Breme fu un centro di vita civile e religiosa, ma nel 1306, quando fu assediato dalle milizie di Galeazzo Visconti, fu trasformato in un presidio militare, segnando così l’inizio della lenta decadenza dell’abbazia stessa.

Altro suggestivo evento è la Sagra dell’Anguilla, organizzata dalla Pro loco nell’Abbazia, che propone varie specialità culinarie a base di anguilla e non solo. Da segnalare inoltre la pluridecennale Mostra dell’Artigianato, commercio e agricoltura organizzata dall’Amministrazione comunale, che si svolge nella millenaria abbazia. Da alcuni anni partecipano oltre 100 espositori, artigiani e hobbisti provenienti da ogni dove, garantendo un successo sempre più crescente di visitatori.

Nel 1542 i Benedettini si trasferirono a Sant’Alberto di Butrio e furono rimpiazzati dagli Olivetani, cui si deve la costruzione dell’attuale abbazia e dell’artistico campanile, avvenuta nella metà del XVI secolo. Il monastero fu radicalmente restaurato intorno al 1650, dopo la distruzione della fortezza da parte degli spagnoli e lungamente conteso nella Guerra dei Trent’anni. Oltre alle peculiarità dell’abbazia e dell’antica Cripta del X secolo, merita una visita tutto l’antico centro storico, con i minuscoli vicoli che si sviluppano attorno alla chiesa parrocchiale della Beata Vergine Assunta (secoli X-XIII) e all’antico battistero romanico (secoli VIII-X). Da segnalare, inoltre, che la “cucina dei frati” (XVI secolo) è ancora molto ben conservata. Poco distante da Breme è visitabile su richiesta la chiesetta di Santa Maria di Pollicino.

La visita a Breme si può concludere con la ristorazione a base di ricette tipiche lomelline nei ristoranti locali, per poi proseguire sia per interessanti passeggiate o gite in bicicletta a contatto con la natura incontaminata. In alternativa si può proseguire alla scoperta di altre località e borghi della terra di Lomellina. Molto interessante la proposta turistica “Itinerario romanico in Lomellina”, che, grazie alla collaborazione con la Pro loco di Lomello e i Comuni di Lomello, di Velezzo e di Breme, offre la possibilità di visitare i tesori storici ancora poco conosciuti. Sono previste visite guidate ogni ultima domenica da aprile a ottobre.

Oggi Breme è un paese essenzialmente agricolo, la cui antica vocazione orticola ha lasciato il posto alla coltivazione del riso e del mais. Il prodotto tipico locale è la Cipolla Rossa DeCo di Breme, celebrato ogni seconda domenica di giugno con la Sagra della Cipolla Rossa

Il Sindaco FRANCESCO BERZERO

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COMUNE DI ROSASCO L’etimologia del nome è incerta: secondo alcuni deriva da “rosager” (rugiada-campo) ad indicare una campagna ricca di acque; secondo altri da “rosarium”, per la presenza di roseti; per altri ancora, e questa è la versione più accreditata, da “roccasso” o “castellazzo” per la presenza di una antica rocca o castello. Il primo documento che riguarda Rosasco col suo castello è la concessione fatta da Ottone I nel 977 al vescovo di Pavia, donazione confermata poi dal re Arduino nel 1011. Il castello viene costruito verso la fine del secolo XV sulle rovine di una antica fortezza le cui origini si fanno risalire a epoche anteriori al secolo X, subisce distruzioni, nel 1636, ad opera delle truppe francesi comandate dal maresciallo De Crequì ed è quasi interamente distrutto nel 1643 ad opera di milizie savoiarde durante la guerra per la conquista del Monferrato. Dell’antico Castello, un tempo cinto di mura e di fossato, sopravvivono alcune torri, disposte in modo da ipotizzare un ben fortificato ricetto, la cui planimetria può essere identificata con l’intero quartiere ancora oggi chiamato “castello”. Una delle torri è posta nel settore nord-occidentale del recinto, probabilmente a difesa dell’angolo rivolto verso le campagne lomelline; da essa, tramite strette vie di aspetto tipicamente medievale, ci si può portare nella piazza principale, ove sorge la parrocchiale. Per accedervi occorre transitare attraverso l’antico ingresso al recinto fortificato, aperto in un robusto rivellino, probabilmente la torre centrale del lato meridionale del ricetto. La torre nord-occidentale ha conservato la merlatura ghibellina, una fascia decorativa seghettata alla sommità e tutte le finestre originarie, la più alta delle quali, sul lato est, è strombata e modanata. Il rivellino, che ha numerose aperture a sesto ribassato e l’arco di accesso a tutto sesto, è invece completato, alla sommità (coperta da un tetto moderno), da una balconata che ha mantenuto l’antica balaustra in legno. Una terza torre, delle quattro probabili di un tempo, anch’essa in mattoni a vista, è visibile nella parte absidale della chiesa parrocchiale. Della quarta torre non è rimasta alcuna traccia. All’interno del quartiere sono ulteriormente osservabili edifici che possono con sicurezza essere riconosciuti, nonostante le ristrutturazioni, come sopravvivenze degli antichi edifici del ricetto. Si è qui, con tutta probabilità, in presenza delle più antiche strutture castrensi della Lomellina.

La Chiesa parrocchiale di San Valentino è sorta nel recinto del castello, sfruttando le strutture del castello stesso. L’epoca di costruzione è incerta, ma la data 8 maggio 1496, che si legge sull’architrave della porta laterale, è senz’altro da ritenersi indicativa. La facciata ottocentesca, in stile gotico romantico, non ha interesse artistico ed ha purtroppo cancellato l’originaria romanica. L’interno è a tre navate, con archi a sesto acuto e volte a vela che poggiano su sei possenti colonne di mattoni a vista. Lungo la navata di destra si possono ammirare una splendida tavola raffigurante la Strage degli Innocenti attribuita alla scuola laniniana; una grossa tela secentesca rappresentante la Madonna col Bambino tra San Carlo e Sant’Antonio; uno splendido confessionale di legno intagliato del 1748, al di sopra del quale è appesa una grande tela con San Valentino che raccomanda il paese alla Vergine, qui affiancata da San Vincenzo Ferrari e Sant’Antonio Abate. Nella navata di sinistra si apre la cappella del Santo Rosario (1641), ornata di stucchi ed intagli, con statue della Madonna, di San Domenico e di San Francesco. L’altare maggiore risale al 1730 e presenta una decorazione a tasselli neri e rosa. Nel coro meritano una segnalazione di rilievo l’importante Crocifisso ligneo del XV secolo e la splendida tela raffigurante San Francesco in estasi, del 1605, attribuita al Moncalvo. La “Cappella Castri”, che attualmente figura come sacrestia della chiesa di San Valentino, conserva, in una lunetta, un bell’affresco del tardo quattrocento lombardo, raffigurante la Crocifissione. Sullo sfondo è rappresentato il castello, con torri cilindriche a merlatura guelfa, per libera interpretazione anonima dell’artista. Adiacente alla chiesa è l’Ossario secentesco. Nella chiesa della confraternita di San Giuseppe, situata vicino alla parrocchiale, si può ammirare una bella Via Crucis, in acquerelli di ottima fattura, del settecento francese. Meritano ancora una citazione le sei tavole anonime del XIV e XV secolo, già appartenute ai Visconti, raffiguranti tre Santi Martiri, San Tommaso, San Domenico, San Benedetto, Santa Caterina di Alessandria e Santa Chiara. Restaurate nel 1968, sono ora conservate nella sala consiliare del Comune. Il Sindaco ROBERTO SCHEDA

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COMUNE DI OLEVANO DI LOMELLINA palestro, dominando ininterrottamente dal poderoso fortilizio olevanese, che più volte ricostruirono ed ampliarono. Nella famiglia si annoverano numerosi personaggi illustri come Antonio (ricordato in documenti del 1387 e del 1421), governatore di Alessandria e capitano dei Militi Catafratti; Bartolomeo II (citato nel 1494) ambasciatore presso Luigi XII di Francia; Bartolomeo III, prefetto di Mortara e Novara durante la dominazione di Carlo V, maestro dei militi ed ambasciatore di Filippo II; Paolo Alessandro (secolo XVII) Console dei conti Palatini investito più volte da Ferdinando III; Bartolomeo IV, senatore di Milano, che, verso la fine del ’600, meritò per la famiglia il titolo marchionale. Fu nel Settecento e con il marchese Gerolamo III che la presenza della famiglia Olevano si fece ancor più significativa nelle vicende pavesi, non solo in relazione alla vita politica, ma anche alla fiorente attività artistica a Pavia (Palazzo Olevano) e nel contado (Olevano di Lomellina, Cava Manara e Borgo San Siro). Con l’avvento della signoria Sforzesca il feudo fu affidato agli Attendolo Bolognini, parenti dei duchi milanesi, e nel corso dei secoli XVI e XVII, durante la dominazione spagnola, fu al centro di una lunga contesa giudiziaria che vide alternarsi gli Attendolo, i Beccaria e quindi i Taverna con turnazioni pluriennali che si ripetevano ogni 7 anni. Il console e gli organi del governo comunale che si erano definiti nel XVI secolo, rappresentano Olevano alla congregazione del principato di Pavia tenutasi a Pieve del Cairo nel 1566 in cui vengono definiti e distribuiti gli organi del potere esecutivo, e nella congregazione si svolge a Pavia tra il 4 e il 6 gennaio 1567, i rappresentanti di Olevano risultano avere il diritto di voto. Sul finire del XVII il borgo ha una popolazione di circa 500 unità e nel 1707, quando con il resto della Lomellina, entrò a far parte della provincia di Lomellina del Regno Sabaudo, i feudatari risultano essere i Taverna. Nel corso del Settecento Olevano cambiò volto: i marchesi Olevano trasformarono l’antico castello in una comoda villa, ricostruirono con l’aiuto di tutta la popolazione una nuova chiesa ed intrapresero importanti opere di bonifica e canalizzazione, estendendo la coltivazione del riso. Fu però dopo l’unità d’Italia che la risicoltura fece un grande balzo in avanti: la popolazione di Olevano crebbe e sul finire del secolo scorso raggiunse quasi le 2000 unità. In prevalenza erano salariati o giornalieri che vivevano in condizioni molto povere. Per questo, all’inizio del secolo, si registrarono pesanti lotte sociali con lunghi e sofferti scioperi, con i quali si ottennero miglioramenti salariali ma non servirono a contenere l’imponente emigrazione oltreoceano, ed in special modo verso l’Argentina.

Alcuni storici fanno derivare il nome di Olevano da Aula. Laevorum, cioè Corte dei levi, antiche popolazioni liguri che abitavano le nostre zone un millennio prima di Cristo; altri, forse con maggior ragione, derivano l’etimo dalla voce celtica Ianum, cioè pianura, o meglio dall’espressione Ol Ebam, con la quale i Celti avrebbero indicato la pianura nella valle. I ritrovamenti archeologici effettuati nel 1892 nei pressi della cascina Melegnana ed in località Dosso di Francia e nel 1903 in località Mortizza hanno portato alla luce numerosi sepolcreti con i relativi corredi funebri di epoca gallo-romana, confermando che la zona orientale del territorio comunale era attraversata da un’antica strada romana che dal Sempione portava a Genova, attraversando la Lomellina da nord a sud. Nel corso del XI sec. entrò a far parte della Contea di Lomello, che, sotto la guida di Ottone, conte del Sacro palazzo di Pavia, si andava estendendo su tutto il territorio dell’attuale Lomellina. La potente contea, dominata dai conti Palatini, seguì le sorti della famiglia fino al 1148, anno in cui i pavesi assediarono e distrussero la rocca di Lomello e dispersero i conti nei castelli del loro feudo dando origine a numerosi rami locali. Nel 1164 l’imperatore Federico Barbarossa concesse il feudo di Olevano ad Uberto, uomo di figucia dell’imperatore, capostipite della nobile famiglia Olevano, che pur perdendo i diritti feudali, conservó le numerose proprietà, dominando ininterrottamente dal poderoso fortilizio olevanese fino al XIX secolo. Vari documenti danno vita alla multiforme attività di figura di primo piano di Uberto, sia come uomo politico, sia come giurista, negoziatore, ammiraglio. Fu dei maggiorenti che ebbero la responsabilità delle direttive politiche del forte comune di Pavia e, come tale, strenuo difensore dell’idea imperiale. Quando il siniscalco Marcovaldo, mandato dell’Imperatore Enrico IV, richiese ai genovesi ad intervenire in Sicilia, fu nominato Capitano Generale a capo di un contingente di terra e di una flotta. La spedizione iniziò positivamente con la riconquista di Gaeta e Napoli, ma, giunta la flotta a Messina alla fine d’agosto del 1194 Uberto morì a causa di forti febbri e il 1° di settembre, mentre la salma veniva trasportata per essere tumulata fuori città, i pisani tessero un’imboscata al corteo funebre. Sembra che i principali bersagli degli aggressori siano stati Bonifacio e il siniscalco imperiale, ma per loro fortuna uscirono illesi dall’agguato. Per evitare ulteriori imboscate, i funerali dell’ammiraglio non vennero celebrati. Da Uberto de’ Olevano prese origine la potente famiglia dei nobili Olevano che ebbero gran voce nelle vicende di Pavia e del suo contado fino al secolo XVIII. Feudatari di numerose località del pavese e della Lomellina, persero i loro diritti feudali probabilmente nel corso del XV secolo, mantenendo sempre i loro possedimenti territoriali ad Olevano e in tutte le località circostanti, da Mortara a Ceretto Lomellina, da Cergnago a Cam-

Il Sindaco LUCA MONDIN

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COMUNE DI VILLA BISCOSSI mirono per una notte re Vittorio Emanuele II e il suo stato maggiore. La chiesa parrocchiale, dedicata ai Santi Nazzaro e Celso, è stata riedificata nel 1583 e ristrutturata a metà del XIX secolo dai Pallestrini, che abbelliscono il coro, innalzano le cappelle e dotano la sacrestia di sontuosi paramenti sacri. Altre testimonianze di arte sacra sono la chiesa dei Santi Rocco e Sebastiano, eretta dopo la peste del 1600 all’ingresso del paese, e l’antica parrocchiale dedicata ai Santi Gervasio e Protasio, ristrutturata nel 1906. Di un certo interesse anche la chiesa dell’Addolorata, costruita secondo la tradizione su iniziativa dei padri Serviti di Galliavola.

Quando nel 1219 Federico II definisce i confini della contea lomellina, Villa Biscossi è nota come “Piperatorum” o “Villa Piperis”. L’attuale nome deriva dalla famiglia degli antichi feudatari, i Biscossi, che si stanziano in paese verso la fine del XIII secolo; secondo alcuni, a valorizzare il centro abitato fu poi un certo Francesco Biscossi. Nel 1440 il duca Filippo Maria Visconti concede in feudo a Jacopo de Scrovignis le terre di Gambarana, fra cui sono compresi anche i possedimenti di Villa Biscossi, che un trentennio più tardi sarebbero passati al conte di Mede, Odoardo Ruffino Corte. Alcuni storici propendono però per l’arrivo degli Zaccaria oppure dei Sannazzaro, al posto dei Corte; di certo c’è però che nei secoli successivi subentrano i Bellingeri, gli Olevano e i Provera, che nel 1817 vendono la villa al ramo medese dei Pallestrini.

Un luogo di culto “mancato” è invece quello ideato dalla marchesa Giulia Olevano Provera, che nel 1803 taglia il nastro dei lavori accanto al palazzo. Con il passaggio della proprietà, però, i Pallestrini trasformano invece l’immobile in un fabbricato rurale, preferendo dedicarsi alle cure della parrocchiale.

Il centro abitato deve sorgere sulle rovine di un antico castello, distrutto per consentire la realizzazione dell’augusta dimora dei Biscossi e la cui ultima torre viene rasa al suolo a metà del XVIII secolo. Visibile sul piazzale della chiesa, l’edificio è costituito da un palazzo settecentesco a due piani, che presenta una cancellata su sei piloni di buona fattura, parte della quale viene smantellata alla metà del secolo scorso per donare metallo contro le sanzioni economiche. Alcuni elementi fanno poi pensare all’intervento dell’architetto pavese Veneroni.

Nel 1846, giunto in Lomellina per il Comizio agrario di Mortara, Camillo Benso conte di Cavour si incontra a palazzo Provera con Urbano Rattazzi, Giovanni Lanza e altri dirigenti delle associazioni patriottiche provenienti da Milano, Pavia e dall’Oltrepò Pavese per discutere delle imminenti azioni politico-militari contro l’Austria. Il Sindaco GIUSEPPE FASSARDI

In questo palazzo, che prende il nome dai vari proprietari succedutisi nel corso dei secoli (Pallestrini, Provera, Casale), nel 1859 dor-

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COMUNE DI SANNAZZARO DE BURGONDI molto numerosi (non esistendo il maggiorascato, le proprietà si spezzettarono molto e molto presto), i vari rami presero ad identificarsi o dal nome del patronimico (cioè fondatore del ramo) o dal nome del feudo di riferimento.

“La più bella veduta della Lomellina”: così definiva Sannazzaro Goffredo Casalis nel suo “Dizionario storico geografico degli Stati Sardi” (Torino, 1847). Non è elogio da poco per un paese di questa zona, collocata tra Lombardia e Piemonte e caratterizzata da una pianura uniforme, ritmata dai riquadri delle risaie e interrotta solo dai filari di pioppi. A giustificare la poetica definizione sta però il fatto che l’abitato sorge su un terrazzo alluvionale formato dal Po, quindi in posizione quasi arroccata.

Si crearono quindi i Sannazzaro de Burgondi, perché discendenti da Burgundio (o Burgondo), ramo principale rimasto a Sannazzaro, ma impoveritosi presto; i Sannazzaro de Glaroli, perché proprietari del feudo di Glarolis (attuale Giarole); i Sannazzaro della Ripa nell’Oltrepò pavese, i Sannazzaro de Marazzi e molti altri. Secondo lo studioso, dunque, la diceria che la famiglia Sannazzaro fosse imparentata o discendente dei Salazar è assolutamente non vera. I Sannazzaro erano attestati in zona, come detto, dal X secolo, periodo in cui non c’erano in Italia famiglie di origine spagnola.

Il toponimo è stato oggetto di dibattute controversie fra molti studiosi. Secondo alcuni il borgo si chiamò Sannazzaro in omaggio al martire milanese Nazarius, che nel I secolo fu evangelizzatore dell’Italia del Nord con il discepolo Celsus. La parrocchiale tardomedievale è dedicata a Nazzaro e Celso e custodisce le loro reliquie.

Ma al di là delle diatribe degli studiosi, occorre sottolineare come la tradizione popolare abbia sempre in qualche modo ricollegato quel “de’ Burgundi” all’omonima popolazione germanica che nel VI secolo si insediò nella regione del Giura scendendo poi in Italia. Nessuna prova storica né reperti archeologici confermano l’eroica impresa di Epifanio, ma è certo che essa ha affascinato i sannazzaresi e ancor oggi non manca di suggestionarli: ed ecco il “Burgundo”, maschera popolare che anima ancor oggi il Carnevale locale.

Secondo un’altra ipotesi il toponimo potrebbe arrivare dal nome della nobile famiglia dei “de Sancto Nazario”, che compare in documenti pavesi dal XII al XIV secolo. Alcuni, poi, fanno provenire i Sannazzaro dai Salazar spagnoli, giunti in Italia al seguito degli aragonesi (cui appartenne anche il grande poeta napoletano Jacopo Sannazzaro). Altrettanto controversa è l’origine della denominazione “de’ Burgondi” o “de’ Burgundi”. La dizione completa del toponimo compare molto tardi, nel Cinquecento inoltrato, ed è ufficializzata da un decreto reale del 1863: fino a quel momento su carte, mappe, atti, compare indifferentemente Sancto Nazario, S. Nazaro, San Nazzaro de Lumellina, San Nazaro de Pavia. La specificazione de’ Burgondi si ritrova per la prima volta in un atto notarile con riferimento alla famiglia dei Bergondi (Bergondiis, Bergundiorum), che esisteva già nel XII secolo a Pavia e che a partire dal XIV secolo acquisì possedimenti in Lomellina.

Nel 1466 il borgo divenne feudo dei Malaspina, con le pertinenze di Ferrera, Pieve Albignola e Alagna. I marchesi ne sarebbero rimasti proprietari fino al 1835, a eccezione di una parentesi di pochi decenni in cui il feudo andò ai Campofregoso (1473-1520). L’ultimo erede dei Malaspina sarà Luigi, illustre studioso e appassionato collezionista, sepolto nella chiesa della Fontana. Sannazzaro, come la Lomellina, era nell’orbita dei Visconti e poi degli Sforza, passando nel Cinquecento prima ai francesi e poi agli spagnoli. Da allora diverrà un presidio militare: le soldatesche spagnole erano alloggiate nel castello Incisa, dominante la “costa”, cioè lo strapiombo sulla valle del Po. Il rione attorno al castello è ancor oggi chiamato Quartiere, a ricordo degli acquartieramenti prima spagnoli e poi, via via, della cavalleria piemontese, delle truppe napoleoniche e dei distaccamenti austriaci. L’epoca

Di recente, Giuseppe Sannazzaro, discendente dell’omonima famiglia originaria del paese e appassionato di storia medioevale, ha avuto modo di precisare che la famiglia “di Sannazzaro” (o de Sancto Nazario) originaria di Sannazzaro possedeva ampi beni nel territorio già nel secolo X. Nel medioevo, dato che i Sannazzaro diventarono

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della dominazione spagnola significò anche qui, come in tutta la Lombardia, depressione economica e involuzione civile.

Nell’Ottocento Sannazzaro mantenne le sue caratteristiche di centro agricolo.

Il passaggio ai Savoia, nel 1706, aprì un periodo di relativa prosperità che durò per tutto il Settecento e che è in gran parte attribuibile alle riforme promosse dai nuovi re. Furono costruiti la porta d’ingresso al borgo (il cosiddetto Portone) e il santuario della Madonna della Fontana, entrambi a ricordo della terribile inondazione del Po del 1705. Nel 1723 fu tracciato lo stradone che li collegava, su cui nel 1796 sorse la stazione di posta dei cavalli; sempre nella prima metà del secolo fu eretto Palazzo Pollone. La popolazione raggiunse le 3.000 unità, mentre si svilupparono le attività manifatturiere e artigianali; oltre al mercato del sabato, hanno luogo nel paese due fiere annuali di bestiame. Punto d’accesso all’abitato è pure il piccolo Ponte San Pietro sulla roggia Erbognetta.

Gli anni della formazione del Regno d’Italia coincidono con la costruzione della linea ferroviaria Alessandria-Pavia, inaugurata nel 1862. Poco prima, nel 1860, era stato edificato per volere di Giovanni Antona Traversi, come dono alla moglie, donna Claudia, il tuttora esistente asilo infantile, esemplato su modelli di istituzioni educative d’oltralpe. Nel 1890 sorsero invece le scuole elementari e nel 1939 il palazzo comunale. Il tessuto urbano andò mutando, con un allargamento del centro, la costruzione di opere pubbliche, di fabbriche e attività artigianali. Ma il momento di maggior crescita e trasformazione risale indubbiamente agli anni Sessanta del secolo scorso, a seguito dell’insediamento del grande complesso petrolchimico del gruppo Eni.

Su disegno del marchese Malaspina è eretta la chiesa di San Bernardino: sempre nel Settecento si costruiscono i più importanti palazzi nobiliari: Antona Traversi ora Allevi, Pollini, Cardoli, Bigli poi Cordera.

Il 18 dicembre 2011, su conforme relazione del Ministro dell’Interno, con Decreto del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, è stato conferito a Sannazzaro de’ Burgondi il titolo onorifico di Città.

Fra Settecento e Ottocento la località subì le stesse vicende del resto della Lomellina: conquistata da Napoleone poi ritornata ai Savoia.

Il Sindaco GIOVANNI MAGGI

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COMUNE DI LOMELLO giore (“castrum vetus”). Nel 1375 un documento ricorda una proprietà, delimitata da un fossato del “castri noui” e da quello del “castri veteris”. I primi conti di Lomello conosciuti nella storia sono i conti Palatini (ministri dei Sacro Palazzo Imperiale). Nel XV secolo, sotto Gian Galeazzo Visconti duca di Milano, sembra che a Lomello che fosse stato trasportato il tribunale superiore di Pavia poiché il borgo era stato esente da contagio.

Lomello, antica “mansio” romana, conserva resti delle originarie mura romane e monumenti medievali di pregio, quali il complesso religioso formato dalla basilica di Santa Maria Maggiore (XI secolo), costruzione del primo periodo romanico lombardo, e dal battistero di San Giovanni ad Fontes (V-VII secolo), monumento longobardo significativo, con i resti dell’originale fonte battesimale. Notevoli monumenti sono anche la chiesa di San Michele (XII secolo), con tiburio ottagonale e il castello Crivelli (XIV secolo), attuale sede municipale, che custodisce alcuni interessanti affreschi cinquecenteschi nonché due mosaici d’epoca romana. Attualmente con il recupero della chiesa-oratorio di San Rocco (XVI secolo), adibita a centro polifunzionale, si è aperta al pubblico un’ulteriore struttura in grado di ospitare eventi e manifestazioni, principalmente destinati ad approfondire e accrescere la conoscenza del territorio.

Il 27 agosto 1449 Francesco Sforza dà in feudo Lomello e Dorno ad Antonio Crivelli con la facoltà di cingere il paese con mura e fossato. Il Crivelli fa costruire quasi dalle fondamenta il castello, che era stato distrutto da Facino Cane, lo cinge di fossato, inserendo fra l’altro il ponte levatoio. Con i conti Palatini il nobile borgo entra in un periodo di decadenza poiché Lomello non costituiva più un crocevia importante per le comunicazioni e per le nuove strategie belliche. Le continue scorrerie degli eserciti, mercenari, al soldo di questo o di quel signore, del re di Francia o di quello di Spagna, avevano impoverito le risorse della Lomellina.

Nel 568 dopo Cristo scendono in Italia i Longobardi con a capo Alboino e occupano la pianura padana. Dopo il breve regno di Clefi (573-574) si hanno dieci anni di interregno con il governo di 35 duchi. Nel 584 è eletto Autari, che estende a sud il dominio longobardo: muore il 5 settembre del 590, lasciando vedova Teodolinda. Due avvenimenti, in particolare, hanno come scena Lomello. Il matrimonio della regina Teodolinda con Agilulfo e la prigionia della regina Gundiperga in una torre della fortezza di Lomello.

Nel 1707 la Lomellina passa ai Savoia, che se la vedono assegnare definitivamente nel 1713 con il trattato di Utrecht. Le condizioni economiche degli abitanti di Lomello erano sì migliorate, ma rimanevano ancora misere, anche perché le ricchezze erano concentrate in mano a poche famiglie milanesi come i Crivelli, i Confalonieri e i Malaspina, che sino alla metà dell’Ottocento, esercitavano sulla Lomellina l’egemonia del censo.

Nel 774 termina il regno dei Longobardi, cui subentreranno i Franchi. Lo storico lomellino Carlo Calvi riferisce della tumulazione a Lomello del marchese d’Ivrea e conte di Lecco, uno dei quattro reggenti d’Italia, detto Auscario (Atone o Ottone) insieme alla moglie contessa Falenda o Ferlinda.

Dal 1908 al 1912 fu ampliato e ristrutturato il palazzo comunale, in piazza Umberto I (ora piazza della Repubblica), su progetto dell’ingegner Luigi Comi.

Nel periodo feudale la rocca di Lomello, dopo una prima distruzione e una parziale ricostruzione, pare sia stata nuovamente smantellata. Fu poi spostata nel luogo dell’attuale castello (“castrum novum”), mentre prima si trovava nell’arca della basilica di Santa Maria Mag-

Il Sindaco GIUSEPPE PIOVERA

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COMUNE DI VALEGGIO Fra l’Ottocento e il Novecento il paese e il castello passarono sotto le famiglie Busca, Sormani e Laugier. La struttura del castello, di chiaro carattere difensivo, non presenta la solita pianta quadrangolare, bensì genericamente trapezoidale, con la base maggiore rivolta a oriente e la base minore a occidente. Singolare anche l’elevato numero di torri (otto), distribuite lungo il perimetro esterno in modo asimmetrico. Con tutta probabilità, il castello si è venuto formando in epoche successive. L’origine dell’abitato di Valeggio è antichissima: ne è una testimonianza la necropoli rinvenuta nel maggio 1977 nelle campagne attorno alla cascina Tessera. La scoperta rivela che il luogo era abitato già nella media e tarda età del Bronzo (periodo la Téne): sono venute alla luce 207 tombe che coprono un arco di tempo che arriva fino all’età dei Flavi.

L’etimologia del toponimo “Valeggio” è incerta. Secondo lo storico ottocentesco Goffredo Casalis il nome deriverebbe da “vallicium”, cioè piccola valle. Secondo lo storico Portaluppi, il nome Valigium affonderebbe le radici nell’epoca longobarda: un’ipotesi, che si avvicina molto alla leggenda popolare, parla di Via Regia, l’antica strada romana che la regina Teodolinda percorse nel 590 con lo sposo Agilulfo, duca di Torino e poi re dei Longobardi. In epoca medievale Valeggio era un luogo ambìto da principi e signori, che vi soggiornavano per cacciare; alcuni storici segnalano la presenza a Valeggio dell’imperatore Carlo V e del re di Francia, Francesco I. Il paese era conosciuto nell’alto Medioevo per la rocca, una torre della quale riporta l’iscrizione “Ambrosius Majnoni fecit opus an. 703”. È una precisa testimonianza dell’importanza rivestita dall’abitato di Valeggio già a partire dall’alto Medioevo.

La chiesa dedicata ai Santi Pietro e Paolo fu costruita nel XV secolo e ampliata nel XVIII. Durante i lavori di restauro del 1951 furono rinvenuti affreschi del XV secolo di ottima fattura (a sinistra dell’altare maggiore). Il campanile medioevale, nella sua parte superiore, fu abbattuto dal fulmine nel 1954 e ricostruito senza più l’antica finitura artistica. A Valeggio esisteva anche un antico convento, abitato da frati, in località Val Madonna. Da segnalare altre due chiese presenti nel territorio comunale: San Paolo (nominata nel 1318 e demolita nel 1576) e Santa Croce (situata verso Ottobiano). Del XVI secolo è la statua lignea della Beata Vergine del Carmelo, conservata nella chiesa parrocchiale. Lo stemma di Valeggio è d’azzurro alla torre cintata d’oro, con il capo d’oro, al lupo passante d’azzurro. La torre cintata ricorda che Valeggio, meta di vari principi d’Italia che qui convenivano per le cacce, era difeso da un forte castello che aveva nell’interno un’altissima torre, mentre il lupo d’azzurro nel capo d’oro ricorda la famiglia Cardenas, feudataria del luogo fin dal 1726, che ha nel proprio stemma due lupi passanti d’azzurro.

Per arrivare ai primi fatti storici in cui è citato il toponimo bisogna arrivare al 1214, quando la Lomellina divenne terra di conquista vagheggiata da milanesi e pavesi. In quell’anno i milanesi espugnarono Vigevano dilagando poi in Lomellina: fra i paesi saccheggiati figurava anche Valeggio, accanto a Candia, Cozzo e Breme. Nel 1288 il borgo fu donato da Ruggero Milano all’abate del monastero di San Salvatore di Pavia. Sembra che nel XIII e XIV secolo i diritti feudali sul paese fossero esercitati dagli Strada, dai Sannazzaro e dai Malaspina. Nel 1434 il duca Filippo Maria Visconti diede in feudo il paese ad Andrea Birago. Alla fine del XV secolo divennero proprietari del feudo Pietro Birago e la famiglia Albanesi. Dai Birago nel 1556 il feudo fu trasferito a Giovanni Arcimboldi, famiglia aristocratica che esercitò la sua autorità sino al 1675. Il feudo fu poi trasmesso a Pietro Quintano Pietrasanta, questore di Milano, che nel settembre del 1726 lo alienò a Giovanni Francesco de’ Cardenas. Nel 1731 le truppe spagnole giunsero a Valeggio e distrussero il castello, mentre nel 1796 l’armata austriaca sconfitta da Napoleone a Millesimo e a Montenotte riparava in Lombardia entrando nell’abitato di Valeggio.

Il Sindaco FABRIZIO CREPALDI

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laumellina Carta dimostrativa (g.c.) delle acque che, derivate dal fiume Sesia, pervengono al Castello di Sartirana Lomellina. La carta datata 7 agosto 1716, risulta redatta per il conte Arborio di Gattinara, da Giò Batta Isnardi che precisa di averla “fedelmente estratta ... da una consimile ... trovatasi nelle scritture del Castello medesimo”. Nella carta il Roggione di Sartirana è indicato come “Roggia di D. CHICO” e si riferisce quindi al periodo (1450-1479) durante il quale feudatario di Sartirana era Francesco Simonetta detto Cicco. Riproduzione da file conservato presso l’Archivio Storico delle Acque e delle Terre Irrigue dell’Associazione Irrigazione Est Sesia di Novara

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Franco Fasulo - LA PRIMAVERA IN LOMELLINA - Pastello su carta - 2012

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La primavera in Lomellina

Spring in Lomellina

La primavera in Lomellina non ha un vero e proprio inizio. Non è certo quello dell’equinozio di marzo e ben raramente segue le cadenze delle lunazioni, tanto care a chi passa nell’orto le ore più serene della giornata. La primavera arriva come una notizia raccontata un pezzetto alla volta, come un progetto seguito con tanto impegno, che a poco a poco prende corpo, si fa meno fosco, con i contorni sempre meglio delineati. Anche come un amico tanto atteso, che improvvisamente ci tende la mano. La primavera in Lomellina è come un quadro a tinte fosche che si scolorisce fino a lasciare il bianco della tela pulita, su cui lentamente si disegnano i tratti ordinati della natura, per comporre una nuova opera d’arte.

Spring in Lomellina has no real beginning, not certainly that of the equinox in March, and rarely it follows the cadences of the moons, so important to those who pass most of their serene hours of the day in the garden.

Le strade di campagna asciugano e si schiariscono, mentre i bordi iniziano a segnarsi di verde intenso, specie nei lati riparati ed esposti a mezzogiorno, dove il gelo inizia a cedere il passo al tepore gentile dei primi raggi sfacciati del sole. Inizia la stagione del grande lavoro, delle fatiche, per tutti, della voglia di fare, di ricominciare a formare la struttura ordinata che caratterizza il ciclo della vita, che in primavera raggiunge il suo apice. Può capitare, e capita ogni anno, che siano alcune giornate di febbraio a far gridare al miracolo. Una settimana, forse di più, in cui l’accanimento di mesi di gelo dà l’impressione di dover lasciare la presa. Ma non è mai così. In questi casi tutto già si mette in movimento. Le gemme degli alberi sembrano gonfiarsi, le pozze d’acqua brillano ai raggi radenti del sole, gli uccelli che si erano riparati da mesi vicino alle case, provano l’emozione di tornare tra i campi.

The country roads dry out and become lighter, while the edges begin to write down a deep green, especially in the sheltered side facing south, where the frost begins to give way to the gentle warmth of the brash first rays of the sun. It starts the season of toil, for all, the desire to do, to begin to form the ordered structure that characterizes the life cycle, which reaches its peak in spring.

Gli aironi e le garzette volano per i campi alla ricerca del primo trattore all’opera, per seguirlo poi, vicinissimi, alla ricerca di insetti e rane riportati in superficie nei lavori di aratura, fino a formare delle file ordinate, in continuo movimento, che sfiorano disinvoltamente i mezzi al lavoro. Ma l’attesa è sempre vana, e dopo l’illusione torna il freddo. Ma non a lungo. Il freddo è come una diga di terra smossa, che cede a poco a poco, mentre il sole indugia di più la sera e anticipa la sua presenza la mattina. E allora il verde invade tutto, ovunque.

Herons and egrets fly across the fields in search of the first tractor at work, in order to follow it closely, looking for insects and frogs brought to the surface in plowing, very close, up to form neat rows, in continuous movement, that graze casually the machineries at work.

Spring comes as a piece of news told bit by bit, then as a project followed with high commitment, which gradually takes shape, becomes less bleak, with his boundaries better delineated. Even as a long-awaited friend, who suddenly takes us by the hand. Spring in Lomellina is like a dark picture that fades to leave the clean white of the canvas on which the ordered strokes of nature are slowly drawn to compose a new work of art.

It can happen, and it happens every year, that there are some days in February that make us shout a miracle. A week, may be more, where the fury of months of frost gives the impression of having to let go. But never it is. In all these cases all nature set in motion. The buds of the trees seem to swell, the pools of water shine in the sunbeams, the birds that had been sheltered for months near the houses feel the excitement of returning in the fields.

But the waiting is always in vain, and after the illusion, the cold is back. But not for long. The cold is like a dam of loose soil, which yields little by little, as the sun lingers longer in the evening and anticipates its presence in the morning. And then the green invades everything, everywhere.

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L’erba si fa brillante, prende forza lungo le rive, per prime, poi si fa strada negli incolti, smuove le foglie cadute a terra e sbuca in ogni fessura del terreno. I tetti delle case riprendono il colore dei coppi e per tutti inizia il gran daffare. La primavera è la stagione della frenesia. Nei fossi l’acqua inizia a scorrere con forza, rispuntano uccellini che chissà dove erano finiti prima, cardellini, cinciallegre, fringuelli, le simpatiche “ballerine” (che noi chiamiamo tremacua) che passeggiano leggere sul terreno facendo saltellare quelle lunga coda di piume che mostrano con orgoglio. Ogni penna posata sul terreno, ogni filo di paglia o legnetto, diventa un prezioso tassello di una imponente rivoluzione edilizia che impegna ogni albero, trasformato in un multicolore condominio, tra tortore, merli, storni, indaffarati a cercare non solo cibo, ma quegli strani “mattoni” che fra poco ospiteranno le meraviglie di una nuova stagione, le nuove vite che garantiranno il perpetuarsi della natura. Le gallinelle d’acqua si fanno invece invadenti, salgono sulle strade si muovono in gruppo, cercano con attenzione le prime creaturine che si lanciano sulla corrente pacifica dei fossati. Il primo albero a indossare la livrea estiva è il salice, nelle zone umide. Non per nulla, in un notissimo proverbio, al salice viene affibbiata la responsabilità di essere cartina di tornasole dell’avvicinarsi della Pasqua, appuntamento sostanziale dell’arrivo della bella stagione. Le gemme del pioppo diventano appiccicose, dando prova della ripresa dello scorrere della linfa, il gelso si prepara a battere, come ogni anno, il primato del primo frutto maturo della campagna, ricoprendosi di foglie tenere e verdissime, quasi soffici.

The grass, for the first, is bright, gaining strength along the banks, then makes its way in the uncultivated lands, stirs the fallen leaves on the ground and comes out in every crevice of the ground. The roofs of the houses echo the color of the tiles and for everyone starts the big busy job. Spring is the season of frenzy. In the ditches, water begins to flow strongly, reappear birds that first had been nobody knows where; goldfinches, chickadees, finches, the funny “dancers” that proudly walk on the ground bouncing their long tail feathers. Each feather resting on the ground, every straw or twig becomes a valuable piece of a huge building revolution that engages every tree, transformed into a multicolored block of flats, including doves, blackbirds, starlings, busy looking not only for food, but also for those strange “bricks” that soon will house the wonders of a new season, new lives that will guarantee the perpetuation of nature. The moorhens become rather intrusive, go up on the paths, move in groups, looking carefully first for the little creatures that jump on the peaceful current of ditches. The first tree wearing the livery in summer is the willow, in wetlands. The buds of poplar become sticky, giving evidence of the resumption of the flow of sap; the mulberry tree is getting ready to break, like every year, the record of the first ripe fruit of the countryside, covering itself with tender green leaves, almost fluffy. With the warm of spring also the last withered leaves that had been clinging to the branches of the oak tree, fall to the ground, swept by the wind, the first concrete sign of the advent of good weather. Everything takes order.

Con il tepore primaverile anche le ultime foglie avvizzite che si erano aggrappate ai rami della quercia cadono al suolo, battute dal vento, primo segnale concreto dall’avvento della buona stagione. E tutto riprende ordine.

The land becomes a checkerboard of pastels. The bright green of the few fields of wheat, the lighter brown of the land already plowed, the darkest of freshly worked soil. The banks dark green form a sort of conjunction, or perhaps of separation between those boxes that complement each other, like pieces of a solid and tidy structure.

Il terreno diventa una scacchiera di tinte pastello. Il verde brillante dei pochi campi di frumento, il marrone più chiaro dei terreni già arati, quello più cupo dei terreni lavorati di fresco. Le ripe verde scuro formano una sorta di congiunzione, o forse di separazione, tra quei riquadri che si completano, come tasselli di una struttura solida e ordinata. Arrivano i primi fiori con l’azzurro profondo dei nontiscordardimè e degli occhi della Madonna ma poi, a dominare, è il giallo. È quello del tarassàco, quello del ranuncolo, lungo le strade, quello degli iris, sulle rive dei fossi. Poi tocca al rosso dei papaveri, al candore della

Here come the first flowers with deep blue eyes of forget-me-not and Holy Lady’s eyes. But later yellow dominates overall. And the dandelion, the buttercup, along the streets, that of the iris, on the banks of the ditches. Then it is the turn of the red poppies, from the white of chamomile and daisies to the white and fragrant barriers of the acacia flowers, crowded with bees, to the flowers, always candid, of the elder, which form wide

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camomilla e delle margherite, alle barriere candide e profumate dei fiori di acacia, affollatissimi di api, ai fiori, sempre candidi, del sambuco, che formano delle “coppe” larghe e appiattite. E poi sulle ripe il viola della veccia e delle viole, i calici profondi delle campanelle.

and flattened cups. And then on the banks the purple of vetch and violas, the deep glasses of bells. In the fields the work is hectic. Once the ground is turned upside down the banks are consolidated, the sawing bed is broken into bits, the “openings” that regulate the water into the rice-fields are reactivated.

Nei campi il lavoro è febbrile. Rivoltato il terreno, si consolidano gli argini, si sminuzzata il letto di semina, si ripristinano le “bocchette” che regoleranno l’acqua delle risaie. Ora è tutto pronto per accogliere i semi dorati del riso, chiamati a quella fatica quasi impensabile di forare la superficie dell’acqua e di fare radici nel fango. E allora il panorama si trasforma e su tutto domina l’acqua, il vero tesoro delle Lomellina. I fossi si riempiono, la corrente “tira” forte, i campi si allagano, tutto è acqua, ovunque. Gli aironi tornano i padroni incontrastati del panorama, consapevoli, tranquilli, si spostano lasciandosi trascinare dal vento. Usano i loro trampoli per fermarsi nell’acqua alta, sorprendono pesciolini a bisce d’acqua con facilità. Immobili, aspettano le rane che si avventurano in quella immensa laguna, acchiappano i lombrichi in cerca di salvezza sulla terra ferma. Nei fossi il germano reale torna in coppia, si nasconde sotto i rami dei rovi o tra i cespugli di tifa, i “batatesta”, mentre gli specchi d’acqua lasciano il posto a una peluria verde tenue: è il riso. A maggio il panorama della Lomellina raggiunge il suo aspetto forse migliore: ordinato, a immagine e somiglianza di secoli di lavori dell’uomo. Certo, nulla di selvaggio, neppure un fazzoletto di terra lasciato a se stesso.

Now everything is ready to receive the golden seeds of rice, called to that effort almost impossible to pierce the water surface and take root in the mud. And then the scene turns around and on everything overlooks the water, the real treasure of Lomellina. The ditches are filled, the running current “pull” strong, the fields are flooded, water is everything, everywhere. The herons are returning, undisputed masters of landscape, aware, calm, letting them move by wind’s drag. They use their high stilts to stop in the deep water, catching easily snakes and fish. Motionless, they wait for frogs which venture into the huge lagoon, catch the worms in search of safety on the mainland. In the ditches the mallard comes back in couple, hiding under the branches of the bushes and brambles of cattails, and water surfaces give way to a soft light green hair: it is rice! In May the landscape of Lomellina reaches its appearance, perhaps the best one: ordered, in the image and likeness of centuries of human works. Of course, nothing wild, not even a piece of land left to itself.

Ma tra boschi e risaie, tra mille tonalità di verde e di azzurro, si legge la storia di una terra e di una gente che dalla ricchezza di acqua hanno tratto cultura e benessere, hanno realizzato manieri e abbazie, in una sapiente simbiosi tra sacro e profano, tra natura e agricoltura, tra sapere e lavoro, che resta la più importante eredità per le generazioni a venire.

But among forests and paddy fields, with a thousand shades of green and blue, reads the story of a land and a people who have taken the culture and welfare from the wealth of water, who have erected castles and abbeys in a wise harmony between the sacred and the profane, between nature and agriculture, between knowledge and work, which remains the most important legacy for generations to come.

Giovanni Rossi

Giovanni Rossi

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Franco Fasulo - L’ESTATE IN LOMELLINA - Pastello su carta - 2012

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L’estate in Lomellina

Summer in Lomellina

L’estate in Lomellina è invadente, opulenta, quasi eccessiva, senza mezzi termini. È anche la stagione in cui emerge con forza la differenza tra la terra delle risaie e tutto il resto; una differenza che, ancora una volta, si chiama acqua.

Summer in Lomellina is intrusive, opulent, almost extreme in no uncertain terms. It is also the season when it emerges forcefully the difference between the land of paddy fields and everything else, a difference that, once again, is called water.

Sono le compagne più strette della gente di Lomellina, le zanzare, a dare il segnale dell’arrivo della bella stagione: una manata sul collo, al primo “piccolo vampiro” e la più classica delle esclamazioni, “una zanzara, è arrivata l’estate”. Ma qui la stagione calda è molto di più, sono colori, profumi, ricchezza dei raccolti, frescura delle sorgenti e dei filari di pioppi, giornate di cura attenta ai campi, che si gonfiano di spighe. Il territorio cambia in fretta i suoi colori e gli specchi d’acqua sembrano sparire del tutto, coperti dal verde intenso della vegetazione, sotto la quale resta sempre l’abbondanza dell’acqua a dare forza alle piante. E così se lungo le strade rimane solo la gramigna a combattere a fatica l’arsura della bella stagione, quasi grigia dalla polvere e intirizzita dal grande secco, sulle ripe e sugli argini le radici restano saldamente conficcate nel suolo fresco, che dà immutato vigore alle foglie, sfidando i raggi sempre più roventi e le giornate infinite.

And the closest companions of the people of Lomellina are the mosquitoes, to mark the arrival of summer: a slap on the neck to the first “little vampire”, and the most classic “a mosquito, so it’s summer!”. But hot weather here is much more: here are the colors, the scents, the rich harvests, the cool spring water and the rows of poplars, these are the days of care and attention to the fields, swelling of ears of rice to make the difference. The territory is changing fast its colors and the small ponds seem to disappear entirely, covered by lush green vegetation, beneath which there is however plenty of water to give strength to the plants. And so if in the paths there is only the weed to fight with difficulty the heat of summer, almost gray from dust and numb from the big dry, on the banks the roots remain firmly embedded in the cool soil, which gives undiminished vigor to the leaves, defying the increasingly hot sun rays and the endless days. Only the rice fields in a few weeks become neat as meadows, and lush, that feed themselves with the hot which presses the column of the thermometer, and reinforce themselves in the warm nights, if not sultry. But unlike the meadows, green changes at every step, forming a checkerboard landscape, with emerald-tinted panes which are separated by the pale brown of the banks, by the lead black of paved roads, by that beige barely touched of the dirt roads, where the gravel vanishes in the dust. And each frame takes on a distinctly different green, depending on the variety of rice that has been grown. And here is the pale green of Baldo, or the marked one of Balilla, up to that green purple, shaded, of Vialone Nano rice. Beside it, the wheat fields turn into pure gold, with a bright yellow that sways with every sigh of the wind. The expanses of corn raise to heaven, impressive: one meter, two meters, three meters, with that plume which, in July, is synonym with good harvest and with the “hair” of white corn that change color to red, brown to dark brown, before letting the young beans sprout out, tenderly orange.

Le risaie in poche settimane diventano come dei prati ordinati, rigogliosi, che si nutrono del caldo che incalza la colonnina del termometro, che si rafforzano nelle notti tiepide, se non afose. Ma a differenza dei prati il verde cambia ad ogni passo, componendo un paesaggio a scacchiera, con i riquadri tinti di smeraldo che restano divisi dal tenue marrone degli argini, dal nero piombo delle strade asfaltate e dal quel beige appena accennato delle strade sterrate, dove la poca ghiaia svanisce tra la polvere. E ogni riquadro assume un verde nettamente diverso, a seconda della varietà di riso che vi viene coltivato. Ed ecco il verde chiarissimo del Baldo, oppure quello deciso del Balilla, fino a quel verde violaceo, sfumato, del Vialone Nano. A lato i campi di frumento si trasformano in oro puro, con un giallo brillante che ondeggia ad ogni sospiro appena accennato del vento. Le distese di mais si alzano verso il cielo a vista d’occhio, impressionanti, un metro, due metri, tre metri, con quel pennacchio che a luglio è sinonimo di raccolto abbondante e i “capelli” della pannocchia che da bianchissimi virano ai rosso, al marrone e al bruno, prima di lasciare spuntare i giovani chicchi, teneri pel di carota.

The leaves of the poplars widen dramatically, to take up the size of large hands, thick, strong, with branches that never cease to stretch, drunk with sap. The oaks are loaded with acorns, alder exhibit their discreet

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Le foglie dei pioppi si allargano a dismisura, fino a prendere le dimensioni di grandi mani, spesse, forti, con i rami che non cessano mai di allungarsi, ubriachi di linfa. Le querce si caricano di ghiande, gli ontani espongono i loro fiori discreti, lungo i fossi, con quel verde intenso della loro livrea che ospita volentieri la gallinella d’acqua e il riposo dell’airone. Il tasso lancia la sua alta figura, la adorna di grandi fiori gialli, che le api cercano con insistenza e su cui indugiano in pace. Le rive si tingono di bianco e poi di viola per i fiori e i frutti dei rovi, con grandi more luccicanti e nei fontanili le lingue delle erbe palustri si allungano a dismisura, oscillando per la calma corrente dell’acqua gelata. All’alba è un gran movimento. Il picchio che cerca il suo pasto tra i rami, gli aironi che tornano presto in acqua come quegli accaniti turisti in riviera che si avvicinano alla risacca, puntuali e impazienti. Ma è ancora nell’acqua che la vita è frenetica, incurante del caldo là fuori. Le matasse di uova di rana, che sembrano gelatina messa con cura negli angoli delle risaie, iniziano a vibrare, poi a lasciare intravedere dei piccoli puntini neri che si agitano. Sono i minuscoli girini che tra poco saranno goffi e panciuti, teneri, pessimi nuotatori, ma agilissimi, pronti a lasciar spuntare le piccole zampe e a perdere quella coda gigante che permette loro di sfuggire all’appetito dei tanti affamati della risaia. Stanno fermi sul fondo, poi guizzano in alto, si muovono velocissimi, finiscono dove l’acqua si versa nei fossi colatori, o si mettono curiosi vicino alle “bocchette” che caricano la risaia. Sembra che facciano tutto loro! Gallinelle e germani crescono la prole. Le prime si incaricano di rendere scaltri quei loro batuffoli nerissimi, con una sola curiosa pennellata di smalto corallo sul becco. Gli altri seguono in fila indiana mamma anatra, ovunque lei vada, come un codazzo di appiccicosi ammiratori farebbero con una diva del cinema, lungo il passeggio. Qualche civetta indugia sui tetti, sorpresa dall’alba che brucia ogni tappa giornaliera e al tramonto il cielo si riempie di pipistrelli quasi isterici, quelli piccolissimi prima, poi quelli più grandi. Seguendo le strade si sente distintamente lo scroscio dell’acqua che esce dalle risaie in continuazione e copre il silenzio pesante delle ore più calde, quando davvero il caldo sembra assumere una consistenza quasi “solida”, pesante. La mietitura del frumento rompe il primo incanto. L’ordine delle spighe lascia il posto alle stoppie sotto cui la terra riposa per un nuovo raccolto. Ma lì di fianco le piante del riso si gonfiano in fretta e lasciano intravedere le prime bozze di chicchi, verdissimi, trasparenti, da dove

flowers, along ditches, with that bright green livery which host willingly the moorhen and the rest of the heron. The badger is launching its high figure, adorned with large yellow flowers that bees seek insistently and on which linger in peace. The banks are tinged with white and then purple because of the flowers and the fruit of brambles, with shining blackberries and in the large sparkling fountains the tongues of the marsh grass stretch dramatically, swinging for the calm current of frosty water. At dawn there is a great excitement. We perceive the presence of the woodpecker, who seeks its food in the branches of trees, of the herons that quickly come back on the water as those avid tourists who come to the surf coast, punctual and impatient. But it is still in the water that life is hectic, careless of the heat out there. The coils of frog eggs, which seem jelly carefully placed into the corners of rice fields, begin to vibrate, then leave a glimpse of small black dots waving. They are the tiny tadpoles which will soon be awkward and bulbous, tender, very bad swimmers, but agile, ready to let it sprout their little legs and lose the giant tail that allows them to escape the hungry appetite of the many which live in the rice fields. They are still standing on the bottom, then dart up, move fast, and they end where the water pours into drain ditches, or put themselves with curiosity close to the openings that load the rice field. It seems that they do all the work! Moorhens and ducks grow their offspring. The first try to make smarter their very black wads, with only a curious touch of coral enamel on their beak. The others follow mother duck in a single file, wherever she goes, like a swarm of sticky admirers would do with a film star along the Sunset Boulevard!. Some owls linger on rooftops, surprised by dawn, burning each daily stage, and at sunset the sky fills with bats almost hysterical, very small ones first, then larger ones. Following the paths you hear distinctly the sound of the water that flows continuously from the rice fields and covers the heavy silence of the hottest hours, when the heat really seems to be a consistency, almost “solid” and heavy. The first wheat harvest breaks the spell. The ordered corn’s ears leave room to the stubble under which the land lies, ready for a new crop. But in the next fields, rice plants swell quickly and allow a glimpse of the first drafts of grains, green, transparent, from where a small white flower

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subito spunta un piccolissimo fiore bianco: è la fioritura del riso, il momento più atteso e delicato della risaia. Ma la placida calma della Lomellina estiva, aria che diventa pesante nel sole di mezzogiorno, a volte si interrompe di colpo. Tutto cambia. Lo si capisce dal volo alto di rondini e rondoni, dal silenzio che invade i boschi, soprattutto dal cielo che sembra diventare gonfio, si colora come a voler intimorire tutto quel mondo fatto a scacchiera. Arriva il temporale. Nelle case le mamme chiudono con cura le persiane, mettono un “salame” di stoffa alla battuta delle porte esterne, i bambini smettono di dare sfogo ai loro giochi delle vacanze e gli agricoltori leggono il cielo, come a cercare la trama di un evento che resta sempre il più temuto delle campagne. Mentre il cielo annerisce, le piante mosse dal vento radente cambiano colore, i pioppi bianchi mostrano il lembo inferiore, argentato, delle loro foglie, le piantine di riso si incurvano, soffrono, gli uccellini cercano riparo. È come se tutto trattenesse il fiato di fronte alla natura che mostra il lato più terrificante della propria immensa forza, annunciato da boati cupi, che fanno vibrare il terreno, da lampi improvvisi che riempiono il cielo, prima in un crescendo, poi in un lento allontanarsi.

immediately sprouts out: it is the flowering of rice, the most awaited moment of the rice field. But the placid calm of Lomellina in the summer, of which the air becomes heavy in the midday sun, sometimes stops suddenly. Everything changes. You can perceive it by the top flight of swallows and swifts, by the silence that fills the woods, especially from the sky that seems to become swollen, and changes color, as if to intimidate the whole world, made like a chessboard. Here comes the storm. At home mothers close the blinds with care; put a cloth “salami” at the doorstop, children stop to play their summer games and farmers read the sky, as if looking for the plot of an event that remains the most feared in the countryside. While the sky darkens, the plants swaying in the breeze change color, the white poplars show the silver lower flap of their leaves, the rice plants suffer, the birds seek shelter.

Nei campi le spighe si riempiono, ed ecco una nuova tavolozza di colori, con le foglie del riso che lentamente si schiariscono e le spighe che virano dal verde al giallo, al rosso. Ancora è il Vialone a sfoggiare la tinta più scura, mentre il Carnaroli stupisce tutti con quei baffi lunghissimi, rosso vivace. Il mais perde la sua baldanza, la sua energia, e le sue foglie che erano dure e taglienti nei bordi avvizziscono in fretta, diventano fragili e brune, il pennacchio si spezza. L’estate è al tramonto, di già.

And it is as if everything is holding its breath in front of the nature, that shows the most terrifying side of its immense strength, heralded by dark rumblings, which make the ground vibrate, by sudden flashes that fill the sky, at first in a crescendo, then going slowly away. And quietness returns, absolute, fresh, while the pools dry up and slowly everything go back in its place. In the fields corn’s ears are filled, and here’s a new palette of colors, with the leaves of rice which slowly fade and the stalks which go from green to yellow, to red. It is still Vialone Nano rice which is showing off a darker hue, while Carnaroli rice amazes everyone with that long moustache, bright red. Maize loses its boldness, its energy, and its leaves, which were hard and sharp at the edges and wither fade quickly, become brittle and brown, its plume breaks. Summer is at sunset, already.

Le risaie si asciugano, seccano, le alghe avvizziscono e imbiancano. I fiori sono semi, le prime foglie si abbassano, quasi stanche di quei pochi mesi estenuanti, le rane saltano nei fossi, le rondini indugiano sui fili, impegnate in lunghe conversazioni mattutine con i loro piccoli, gli spauriti “giut”, che già conoscono i segreti del vento.

The rice fields become dry, the weeds wither and go white. The flowers become seeds, the first leaves fall, almost tired of the few grueling months, frogs jump in the ditches, the swallows linger on the wires, engaged in long morning conversations with their little frightened offspring, which however already know the secrets of the wind.

I germogli sono un ricordo: è tempo di raccolto.

Sprouts are only a memory: it’s time to harvest.

Giovanni Rossi

Giovanni Rossi

E ritorna la calma, assoluta, fresca, mentre le pozze si asciugano e lentamente ogni cosa torna al suo posto.

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Franco Fasulo - L’AUTUNNO IN LOMELLINA - Pastello su carta -2012

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L’autunno in Lomellina

Fall in Lomellina

L’autunno in Lomellina arriva che non te ne accorgi e ti prende per mano come un saggio anziano che ti invita a pensare, a gustare gli aspetti meno clamorosi, meno chiassosi, che ti insegna a guardare dentro di te, con tenerezza.

Autumn arrives in Lomellina so suddenly that you do not realize it, and takes you by hand like a wise man who teaches you to look inside yourself tenderly, to enjoy the less sensational and less showy aspects of our territory.

La terra dell’acqua certo non si arrende in fretta. Il verde rimane aggrappato ad ogni settimana che passa, i filari di alberi sfoggiano i rami forti cresciuti nell’anno, le erbe sono ancora vigorose, la terra respira, dopo i raggi violenti del sole che l’hanno battuta.

This water land certainly does not give up quickly, still clinging to the green every week that passes, the rows of trees show off the branches that have grown strong in the year, the herbs are still vigorous and the earth breathes after the violent rays that had beaten it during the summer months.

La campagna mostra la consapevolezza delle maturità, si presenta allo sguardo come quando un cuoco esperto porta sulla tavola la sua ricetta ultimata, sicuro del plauso dei commensali.

The campaign shows the awareness of maturity, it presents itself to our eyes as when an expert chef brings his completed recipe on the table, secure of the applause of the diners.

Il riso maturo vede le spighe incurvate dal peso dei chicchi, la pianta ormai resta solo come un sostegno che attende di ora in ora il raccolto. I fossati sono all’asciutto e le rane ci saltellano dentro, mentre lo scorrere dell’acqua è un ricordo quasi sbiadito.

Rice sees the ripe ears bent by the weight of the grains, the plant now remains only as a support, expecting the harvest. Ditches are dry inside and frogs jump around, while the flow of water is almost a memory, almost faded.

La tavolozza dei colori si prepara al trionfo: il verde smagliante si accompagna in ogni tonalità al marrone che bussa alla porta, con ampi spazi di giallo intenso, rossastro. I fiori sono rari, timidi: solo qualche trifoglio che contrasta con le mille strane bisacce dei semi, pronti a spargersi a terra.

The color palette is getting ready to triumph: the brilliant green is accompanied by an incipient brown, with large areas of intense yellow, almost reddish.

La campagna è in fermento, le strade invase dai carri, giganti, che portano nelle cascine il frutto di tanta fatica, un fiume di riso che profuma di buono, di sole e di terra, di acqua e di vento. Le trebbiatrici affondano i cingoli nel terreno, lasciando dietro di sé lunghe scie ordinate di paglia sminuzzata che alimenterà la nuova stagione.

Flowers are rare, shy. Just only some clovers contrast the many strange sacks of seeds, ready to spread out on the ground. The campaign is in turmoil, the paths are invaded by giant farm carts which transport in the farms the result of so much hard work, a river of rice that smells good, the smell of sun and earth, water and wind. The threshers sink the tracks in the soil, leaving behind them long ordered trails of chopped straw that will feed a new season.

Di notte si sente il ronzio pacifico degli essiccatoi, illuminati appena, mentre figure senza volto si muovono nella notte, sempre vigilando sul raccolto che diventa cibo abbondante, per tutti. Ed è l’orgoglio del mestiere dell’agricoltore che dimentica la fatica pensando che il frutto di una stagione porterà la gioia e l’allegria su tanti volti che fissano golosi i piatti fumanti. Ed è l’orgoglio di una terra che con l’ingegno ha trasformato ogni metro in una capace macchina produttiva, strappandola ai rovi, all’incolto, irrigandola, livellandola, proteggendola da ogni avversità.

At night you can hear the peaceful hum of the slightly lighted dryers, while faceless figures move in the night, constantly taking care of the harvest that becomes abundant food for many people. It is the pride of the farmer, who forgets the hard times, thinking that the fruit of a season will bring joy and happiness on so many faces that hold the steaming delicious dishes of rice. It is the pride of a territory that with ingeniousness has shaped every inch of land turning it into a large production machine, tearing the bushes, watering, leveling, protecting it from all adversities.

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Sui fili dell’alta tensione si radunano gli storni e le rondini, che sembrano guardare per l’ultima volta quel paesaggio che li ha circondati per mesi. Stretti uno accanto all’altro sembrano raccontarsi i mille aneddoti di una nuova annata trascorsa: le giornate ventose, le notti stellate, il rombo dei temporali, la quiete e il timore delle prime notti gelate. Le gallinelle frugano tra la paglia per cercare i chicchi sfuggiti al raccolto. Nelle pozze d’acqua il beccaccino si confonde con il terreno fangoso, pronto a fuggire a zig zag, velocissimo. Lungo i corsi d’acqua il martin pescatore sta fermo su un ramo aspettando una ingenua alborella che trascura di restare nell’acqua profonda. I tetti sono lucidi per le piogge frequenti e diventano preziosi, nelle prime ore del giorno, per fare spazio alle tortore che aspettano impazienti gli ultimi tepori del sole. Le cornacchie saltellano tra le piante spezzate del mais, trovano chicchi sulle pannocchie avanzate, facendo concorrenza a chi spigola per mantenere il pollaio nell’inverno incalzante. È come una scena a puntate di un film a soggetto che si ripete ogni anno. Mentre le foglie iniziano a cadere, la campagna si popola di nuove attenzioni con la raccolta dei funghi, così abbondanti e di ottima qualità, anche ai piedi delle querce isolate, sui bordi delle risaie, sulle ripe e nei boschi. Ci sono le ginestre, che appena toccate virano in tonalità di azzurro intenso, i chiodini ammassati l’uno accanto all’altro, alla base dei ceppi, le “orgine” attaccate ai rami spezzati o ai tronchi avvizziti, le maestose mazze di tamburo, che svettano nel sottobosco, oltre agli ultimi, profumatissimi porcini, di cui non tutti conoscono una spiccata “vocazione” lomellina. Mondi tanto diversi che convivono in un meraviglioso equilibrio, legati da un filo indissolubile in un ecosistema complesso, per molti versi unico. Poi il terreno si ricopre di foglie dai mille colori, dal giallo al bruno, e la tavolozza dei colori continua a trasformarsi di giorno in giorno, riuscendo sempre a stupire. Gli alberi spogli mostrano i nidi che sapientemente vi erano stati costruiti, quelli fatti di rami del corvo, o quelli che sembrano intessuti di cotone (in realtà è l’infiorescenza dei pioppi) dell’usignolo. I passeri si fanno sfrontati e vengono in piccole frotte a beccare i chicchi scartati dall’essiccatoio, vicino alle case. Il cielo grigio resta lo spazio libero del volo calmo degli aironi, che si spostano dalle risaie alle rive dei canali più grandi, insieme ai germani che spesso disdegnano la migrazione e restano a vivere il lungo inverno lomellino. L’autunno è soprattutto la stagione delle piogge, che ricoprono ancora una volta le camere delle risaie, ora non più ordinate, invadendo e sommergendo i profondi solchi lasciati sul terreno dalle operazioni di raccolta. Le strade bianche diventano fangose, scure, segnate dalle

Swallows and starlings gather on tension wires; for the last time they seem to look at that landscape that surrounded them for months, close beside each other, they seem to tell the thousand anecdotes of a new year passed: windy days, starry nights, the rumble of thunder, the peace and the fear of the first frosty nights. The hens look through the straw to try to harvest the escaped grains. In the wells of water the snipe is confused with the muddy ground, ready to flee very fast in a zigzag flight. Along the waterways, the kingfisher is still waiting on a branch and controls a naive bleak that has not repaired in the muddy bottom of the channel. Roofs are shining for the frequent rains and become shelter, in the early hours of the day, for doves, waiting impatiently the last warmth of the sun. The crows are hopping among plants of broken corn to retrieve beans that are left in the field, in competition with those who glean to feed the chickens in the winter. It ‘s like a scene in episodes of a fictional film that happens every year. As the leaves start to fall, the campaign is filled with new excellences, with the mushrooms, so abundant and of high quality, at the foot of the isolated oak trees, on the edges of paddy fields, on banks and in woods. There are brooms that, as soon as you touch them, turn in shades of deep blue and the nail mushrooms, packed side by side at the base of the logs, the “orgine” mushrooms, attached to the broken branches or shriveled trunks, the majestic “maces drum”, that stand in the undergrowth, over the last, fragrant “porcini” mushrooms whose strong “propensity” for Lomellina only a few know about. Such different worlds that coexist in a wonderful balance, linked by a common link in a complex ecosystem are, in many ways, unique. Then the ground is covered with leaves of many colors, from yellow to brown, and the color palette continues to transform from day to day, always managing to impress the occasional visitor. The trees stripped of their leaves show nests that had been cleverly constructed, those of the crow, made of branches, or those that seem woven cotton (it’s actually the inflorescence of poplars) of the nightingale. Sparrows become shameless and come in droves to peck small grains discarded from the dryer, near the houses. The gray sky is the free space of the calm flight of herons, that migrate from the rice fields to the shores of the larger channels, together with the mallards which often disdain the migration and continue to live a long winter in Lomellina.

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pozzanghere, mentre i nastri d’asfalto delle strade brillano lucidi di pioggia. La terra si mette a nudo, mentre il giorno si accorcia, in fretta. Ma nei campi il lavoro continua, con le prime arature, la semina del frumento, la manutenzione dei fossati, esausti da un anno di impegno. La casa recupera il tepore del focolare domestico, ad ogni età ognuno ritrova il piacere di indugiare a tavola, si prepara la scorta della legna (un altro prodotto di cui la terra lomellina è generosa) per la stufa e il camino.

Autumn is especially the rainy season, once again covering with water the rooms of the rice fields that are no longer ordered, invading and overwhelming the deep ruts left on the ground during the harvest. The roads become muddy, dark, marked by puddles, while the asphalt of the streets shine, bright with rain. The land is laid bare as the day gets shorter, fast. But the work continues in the fields, with the first plowing, sowing of wheat, the maintenance of ditches, exhausted by a year of exploitation. The houses retrieve the warmth of the fireplace and everybody, at any age, can find the pleasure to linger at the table and prepare the stock of wood for the stove and chimney.

La vita rallenta, piano piano. Ma l’autunno è anche la stagione della Fede, la stagione del culto degli antenati scomparsi, molto sentito tra i campi, la stagione che porta con facilità a tracciare i bilanci di un numero che va ad aggiungersi al calendario. Anche la stagione di una sottile tristezza per le occasioni mancate, per qualche rimpianto che si annida malizioso tra i freschi ricordi della bella stagione.

Life slows down, slowly.

Qualche giornata di sole splendente sembra illudere ancora e ci si lascia volentieri ingannare dalle mattine tiepide che illuminano le persiane ancora chiuse. Ma non serve. La prima brinata che sbianca i fili d’erba, la luce d’argento, al tramonto, che copre le stoppie ormai secche ci spiegano che è tutta fatica sprecata. L’opulenza della terra lomellina sfoggiata in quella “lunga estate calda” tra poco sarà solo un dolce ricordo, che riscalderà insieme alla dolce attesa della quiete invernale, a cui conviene concedersi in pace, apprezzandone l’intimità, il sottile fascino delle tinte tenui, sfumate.

But autumn is also the season of Faith, the season of the cult of ancestors, strongly felt among the fields, the season that leads easily to sum up the budget of a year of hard work. And it is even the season of subtle sadness for the lost opportunities, for some regrets that lurk with malice among the wicked fresh memories of summer. Few days of sunshine seem to delude us again, and leave us willingly deceived by the warm mornings that light the blinds, which are still closed. But it does not last. The first frost whitening the grass, the silver light at sunset, covering the stubble already dried, explain that it’s all a wasted effort. The opulence of Lomellina shown off in that “long hot summer”, will soon be just a sweet memory, that will heat with the sweet expectation of a quiet winter, we should indulge in peace, appreciating its intimacy, the subtle charm of its soft, smoothened colors.

Guardando un orizzonte che ora si allunga, sfuggito al fitto ostacolo della vegetazione, ascoltando le foglie che si spezzano mentre si cammina nei boschi e osservando il volo radente della poiana o le evoluzioni del gheppio, intenti a giocarsi il terreno spoglio per fare bottino di ratti alle prese con la loro dispensa invernale.

Looking at a horizon which lengthens, escaped from the barrier of dense vegetation, listening to the leaves that break under your feet while walking in the woods and watching the evolution of the buzzard or the kestrel, fighting on the bare ground to make booty of rats struggling for their winter larder.

Il muschio sui tetti o lungo le rive ricorda quel verde smeraldo che già è un rimpianto.

The moss on the roof or along the banks recalls with regret the emerald green that has already gone.

Giovanni Rossi

Giovanni Rossi

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Franco Fasulo - L’INVERNO IN LOMELLINA - Pastello su carta - 2012

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L’inverno in Lomellina

Winter in Lomellina

L’inverno in Lomellina è la stagione del silenzio, dei sentimenti. Il freddo arriva senza preavviso e si ferma da queste parti come un amico che non ha fretta, che da incontro casuale si trasforma in un cocciuto compagno di vita. La prima brinata gelida capita dopo una notte stellata, limpida, con le luci dei campanili che si vedono a chilometri e chilometri. Poi la mattina si nota tutto il cerchio delle Alpi e quello dell’Appennino, che sembrano essersi improvvisamente avvicinati a un tiro di schioppo, si vede la maestosità del Monte Rosa che spicca appena dietro i campi e le case. E il verde rimasto che si è tutto imbiancato come fanno i capelli all’alba dei quarant’anni. È la brina, il primo segnale che annuncia che il tepore del sole resterà un ricordo. Ma i primi freddi non sono poi così odiati, anzi, il variare accentuato delle stagioni, che si vive da queste parti, non viene poi visto con odio, perché chi vive a contatto diretto con le bizze delle stagioni ha imparato a non fare mai drammi sul tempo. L’aria condizionata qui non è un comandamento e basta l’ombrello se piove e un maglione per sentirsi al riparo. E quando arriva il gelo sono solo i capannelli ai negozi a farne la cronaca: “Hai visto che freddo! Siamo già sottozero!”. La gente qui ha imparato che l’inverno porta con sé tanti aspetti positivi, ad iniziare dalla suggestione delle feste di fine anno. Il Natale in campagna è momento importante, la festa di tutti per antonomasia, con mille tradizioni che si rinnovano con cocciutaggine. I piccoli centri sfoggiano le strade illuminate con ghirlande natalizie, i prevosti si danno un gran daffare per far brillare le loro chiese e le loro comunità. I bambini sognano i regali, i papà cercano il muschio per il presepe (o quello finto al supermercato), le mamme spadellano in continuazione. In Lomellina l’inverno è quiete. Tutto si ferma nei campi, dove la natura si prende una lunga sosta, assoluta. Restano pochi riquadri di verde brillante del grano e dell’orzo, quasi a ricordo delle grandi distese delle marcite, le uniche che riuscivano a sfuggire al maltempo. Nelle cascine si fanno i lavori che mai c’era il tempo di fare prima: le riparazioni alle macchine, la manutenzione agli attrezzi. Si mette tutto al riparo dal gelo, si salda, si affila, si avvita. L’inverno è la stagione della nebbia. Impossibile raccontarla. La nebbia toglie gli spazi, annulla i rumori, rassicura lo sguardo che si ferma vicino senza frugare troppo al di là.

Winter in Lomellina is the season of silence and feelings. Cold comes without warning and stops around here as a friend without haste, that from a chance encounter turns into a stubborn companion. The first frost occurs after a cold clear starry night, with the lights of the bell towers that you can see for miles and miles. Then in the morning you can see the whole circle of the Alps and the Apennines, the majesty of Mount Rosa which apparently stands just behind the fields and houses, but it is two hundred kilometers far. And the remained green is like hair that turns white at the dawn of forty years. It is the frost, that announces that the warmth of the sun will remain a mere memory. But the first cold is not so hated, indeed, because those who live in direct contact with the whims of the seasons have learned to never make dramas out of weather. Air conditioning here is not just a must and an umbrella if it rains and a sweater to feel guarded are the only way to be sufficiently protected. And when it’s freezing, there are only small crowds near the stores to make the record: “Have you seen how cold. We are already below zero!”. People here have learned that winter brings with it many positive aspects, starting with the charm of the festive season. Christmas in the countryside is a very important moment, the feast par excellence, with thousands of traditions that are renewed with stubbornness. Smaller towns show the brightly Christmas lighting of their streets, provosts take great pains to make their churches and their communities shine. The children dream of gifts, dads look for moss for the crib (or the fake one from the supermarket!), mothers cook tirelessly. Winter in Lomellina means rest. Everything stops in the fields, where nature takes a long, absolute pause. There remain a few boxes of bright green wheat and barley, probably reminiscent of the great expanses of meadows, the only ones which managed to escape the bad weather. Farmers will do the jobs that never had the time to do before: repair machineries, maintain the equipments, put all their tools away from cold; they solder, sharpen, screw. Winter is the season of mist, which is impossible to describe. Fog takes away the space, eliminates the noise, reassures the look that stops by without poking too far beyond.

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Ogni casa, da noi, ha un suo riferimento per raccontare l’intensità della nebbia, un suo modo per tracciarne la portata, la mattina, quando ti svegli e la vedi dovunque. “Non si vede il campanile!”, oppure “Non vedi il cancello!”, oppure “Non vedi il lampione!”. I disagi sono infiniti, l’umidità entra dovunque, ma nessuno poi si lamenta, dopo le prime giornate. La si accetta come una ruga, attesa e improvvisa, sul volto della persona amata, come un 4 sulla pagella del figlio diligente, che studia, ma che ha il diritto di un sonoro inciampo. In fondo l’inverno in campagna è un riposo forzato, una buona occasione, e la nebbia fa parte del gioco. Nel panorama generale i colori sbiaditi si confondono, le strade sfumano nei campi e i campi negli argini. Nei fossi il fango si è seccato e il fondo presenta delle profonde crepe, in una fitta ragnatela. Si notano gli aironi intirizziti che restano immobili lungo i canali o cercano ancora qualcosa nelle pozze delle risaie, quando ancora si sgelano. Qualche pavoncella che rimpiange, anche lei, le marcite, i corvi che si vedono bene sui rami spogli degli alberi, qualche poiana che sfiora le case, arrabbiata da quel nulla che non le offre più un riparo dietro cui nascondersi per cacciare. Poi il gelo si accanisce, il ghiaccio nelle pozze non smette e conquista tutta l’acqua rimasta, la brina si accumula, diventa la pittoresca galaverna, disegnando paesaggi incredibili, veri pizzi tra i rami e sull’erba avvizzita. Se si cammina nei boschi si sentono le foglie che si frantumano, scrocchiano, sotto il peso dei passi, in una pace assoluta che libera la mente e aiuta i pensieri. Il marrone si fa grigio, resta solo il verde delle lime nei fontanili, che sfidano il gelo di giorni, di mesi. Nelle strade dei paesi la gente affretta il passo, gli uomini indugiano nei caffè, se la raccontano a lungo sul mercato. “Mi sembri ingrassato!”, “Hai comprato i salami?”, “Hanno detto che nevica”. Già, la neve. Sono molti qui gli inverni in cui la neve resta un rimpianto per i bambini più giovani. Ma quando la neve arriva sembra un rapido cambiamento di una scena teatrale, un sipario che si alza, improvviso, su un mondo mai visto, diverso. E di solito capita la notte. Nei paesi il primo segnale si ha ancora prima dell’alba, quando il rintocco del campanile si smorza, senza eco. Qualcosa di strano, sembra un suono ovattato. Non si sentono le auto per strada. “Sarà troppo presto?”, Ma no, è la neve. Da noi la neve è fermento. Tutti in famiglia vengono presi come da un’agitazione del tutto particolare, a metà tra la voglia di porre ri-

Every house, in the countryside, has a special reference to describe the intensity of the fog; a way to trace the flow, in the morning when you wake up and see it everywhere. “You do not see the bell tower!”, Or “You do not see the gate!”, or “You do not see the streetlight!”. The inconveniences are infinite, the humidity goes everywhere, but nobody complains then, after the first few days. We accept it as a wrinkle on the face of a loved one, as a bad grade on the report of the diligent son, who even if he studies, has however the right to make sometimes a mistake. After all, the winter campaign is an enforced rest, a good opportunity, and fog is part of this game. In the ditches mud has dried and their ground is full of deep cracks, organized in a dense network. We note that the herons remain numb along the canals or try to catch something else to eat in the pools of rice fields, even when they thaw. Some lapwings which regret, too, the water meadows, the crows which can be well seen on the bare branches of trees, some buzzard touch the houses, upset by the void that offers no more any shelter to hide and hunt. Then the frost rages, the ice in the ponds will not stop and conquest all the remaining water, frost accumulates, becomes the picturesque hoarfrost, drawing amazing scenery, real lace into the branches and withered grass. If you walk in the woods you can hear the leaves crushing, squeak under the weight of your steps, in the absolute peace that helps clear the mind and thoughts. Brown becomes gray, leaving just the green of remaining grass in the springs, defying the cold days for months. People walk faster in the streets of the village, men linger in the pubs. “You look plump!”, “Did you buy salami?”, “They said it will snow!”. Yes, the snow. There are many winters here where snow remains a regret for younger children. But when the snow comes like a quick change in a theater, a curtain rises, suddenly, on a world never seen before. It usually happens at night. In the village the first signal meets dawn, when the tolling of the bell tower fades. Something strange, like a muffled sound. You do not hear the cars on the street. “ Is it too early?”. But no, it’s the snow. With us the snow is excitation. Everyone in the family gets a very special agitation, halfway between the desire to remedy an evil and the

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medio ad una sventura e l’eccitazione per quell’evento così normale e così particolare. Come una gioia tanto fastidiosa. Si calzano gli stivali, si prende la pala, si cerca il sale per non scivolare, in casa appaiono zerbini giganti, o qualche giornale, “per non portare in giro la neve”. E per la prima volta la tavolozza dei colori svanisce in un candore assoluto, che acceca. Persino le strade di campagna restano giorni e giorni inghiottite da quella coltre bianca, come se nessuno volesse violare quella magia, anche solo con il segno dei passi. I tetti svaniscono, scompare il fossato, si imbianca la siepe, con i rami piegati sino a terra. Sono le giornate dei pettirossi che inscenano la loro danza nervosa sul marciapiede, dello scricciolo buffo che sfreccia a una spanna da terra, dei merli che spiccano come un pesce rosso nella fontana, nerissimi, eleganti, con quel becco che assume un giallo carico e che scopre cibo ovunque, tra bacche e rametti, anche dove mai ci avrebbe pensato in estate. Sulla neve si vedono distintamente le impronte dei passeri, della lepre, intenta a gestire la prole, nel cielo passano poi i primi voli dei migratori, germani, alzavole, marzaiole. Qualche volpe si accanisce nei pollai, mentre i tassi se la godono nelle loro profonde tane. Il gelo, ad inverno avanzato, blocca tutto il terreno, lo indurisce come marmo, persino il fango diventa sasso, circondando il bianco delle pozze su cui il ghiaccio disegna forme geometriche. Poche ore di luce, qualche notte di cristallo, con le stelle che sembrano pulsare per la luce brillante.

excitement for an event so normal but so unique. People fit the boots, take the shovel, take salt to avoid slipping, in the house some newspapers are placed in the hall, to preserve the floor.

Non basteranno pochi giorni di tepore improvviso a vincere la stagione più lunga e cocciuta dell’anno, quella che cancella e imbianca la tela del quadro che aveva colori sgargianti.

Not just few days of sudden warmth would not be enough to win the longest and stubborn season of the year, that clears and whitens the canvas that had before its brightest colors.

Per offrirla, intonsa, ad una nuova, splendente, rinascita della vita.

To offer it, untouched, to a new, shiny, rebirth of life.

Giovanni Rossi

Giovanni Rossi

And for the first time the color palette fades in absolute candor, which blinds. Even the country roads remain covered for days under the white blanket, as if nobody wanted to break this magical feeling, even with the sign of their steps. Roofs disappear, ditches disappear, the hedge whitens, with its branches bent to the ground. These are the days of robins who stage their nervous dance on the sidewalk, the funny wren that zips a foot from the ground, the blackbirds that stand out like a goldfish in the fountain, jet black, elegant, with that beak which assumes a bright yellow color and finds food everywhere, including berries and twigs, even where they would never have thought in the summer. In the snow are clearly visible the imprints of sparrows, of the hare, intent on managing its offspring. In the sky then pass the first flight of migratory mallards, teals, garganeys. Some foxes hound in the hen-houses, while badgers rest in their deep burrows. The frost, in deep winter, freezes all the ground, it hardens like marble, even the mud becomes rock, surrounding the white puddles on the ice, drawing geometric shapes. A few hours of light, a few nights of pure crystal with stars that seem to pulsate, pure bright light.

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Le comunità lomelline Pagina 86/87

Sartirana Lomellina

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Frascarolo

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Sartirana Lomellina

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Frascarolo - Castello Sec. XVI

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Sartirana Lomellina - Castello Sec. XIV

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Sartirana Lomellina

Frascarolo - Abbazia Santa Maria di Acqualunga Sec. XIII

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Sartirana Lomellina - Cascina “Mora”

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Garzaia “Lago di Sartirana”

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Robbio

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Robbio

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Candia Lomellina

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Robbio - Chiesa di San Pietro Sec. XIII

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Candia Lomellina

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Robbio - Castello e Borgo Medioevale

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Candia Lomellina

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Robbio - Oasi di Valpometto

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Candia Lomellina

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Candia Lomellina - Il Castellone Sec. XIV

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Torreberetti

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Torreberetti - Castello

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Pieve del Cairo

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Castellaro - Chiesa SS. Maurizio e Martino

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Pieve del Cairo

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Torreberetti e Castellaro - Cascina Trebbiano

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Pieve del Cairo - Fiume Po

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Pieve del Cairo - Castello Beccaria Sec. XII

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Mede

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Pieve Del Cairo

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Mede

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Pieve Del Cairo

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Mede - Chiesa Parrocchiale dei SS. Marziano e Martino Sec. XI

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Gambarana - Chiesa SS. Pietro e Biagio

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Mede - Castello Sangiuliani Sec. IV

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Gambarana - Castelletto

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Mede - Frazione Tortorolo - Castello Sec. XIV

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Frascarolo

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Ferrera Erbognone

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Frascarolo

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Ferrera Erbognone

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Frascarolo - Chiesa B.V. Maria Assunta e S. Vitale Sec. XIX

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Torrente Erbognone a Ferrera

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Ferrera Erbognone

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Ferrera Erbognone - Palazzo Strada

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Villa Biscossi

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Ferrera Erbognone - Cascina Confaloniera

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Villa Biscossi

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Ferrera Erbognone - Cascina Gattinera

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Villa Biscossi - Palazzo Pallestrini, Provera, Casale Sec. XVIII

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Breme

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Villa Biscossi

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Breme

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Breme

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Sannazzaro De’ Burgondi

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Breme - Santa Maria di Pollicino

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Sannazzaro De’ Burgondi

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Breme - Abbazia Benedettina di San Pietro Sec. XV

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Sannazzaro De’ Burgondi

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Sannazzaro De’ Burgondi - Fondazione Lova

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Sannazzaro De’ Burgondi

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Lomello

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Lomello - Torrente Agogna

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Lomello

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Lomello

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Lomello - Complesso di Santa Maria Maggiore e Battistero di San Giovanni ad Fontes - Sec. XII

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Rosasco

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Rosasco

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Rosasco - Chiesa di San Valentino - Sec. XVI

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Rosasco - Castello Sec. IX - Particolare Torre

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Olevano di Lomellina

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Olevano di Lomellina

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Olevano di Lomellina - Torrente Agogna

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Valeggio

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Olevano di Lomellina

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Valeggio

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Olevano di Lomellina - Museo Contadino

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Valeggio - Chiesa SS. Pietro e Paolo

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Olevano di Lomellina - Castello Sec. XV

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Valeggio - Castello - Sec. XIII

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FINITO DI STAMPARE NEL MESE DI NOVEMBRE DUEMILADODICI PRESSO LA TIPOGRAFIA PI-ME EDITRICE S.R.L. DI PAVIA




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