Radio Talpa '77 - '84

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QUALCUNO COMINCIA A CAPIRE COS'E' WOODSTOCK La musica assume connotati più “impegnati”, più legati alla problematica giovanile: nel '66 Rokes e Giganti infilano i primi successi a livello nazionale (“Ma che colpa abbiamo noi”, “Tema”)... poi è la volta dei Nomadi, Formula 3, New Trolls, Delirium... Le notizie dal mondo, spesso brutte, cominciano a circolare più in fretta: si sa, ora, che in America esistono gruppi definiti Underground, che esiste una cosa chiamata Movement, e gruppi di giovani con capelli lunghi che li chiamano Hippies... ma anche che ci sono morti nelle manifestazioni contro la guerra in Vietnam. In Europa invece si gioca il derby inglese (Rolling Stones- Beatles), ma ci sono altri gruppi oltre Manica che fanno furore: gli Who, ad esempio. Comincia a girare il nome di una località che diventa mito nella storia del rock: Woodstock (nello stato di New York) e il suo festival (agosto 1969)... Nel '68 sono ancora pochi i rockers nostrani, e nelle manifestazioni di piazza che segnano quell’anno ormai storico, si canta di meno “Blowin’ in the wind” di Bob Dylan, e di più la cattiva “Contessa” di Paolo Pietrangeli: “...Compagni dai campi e dalle officine, prendete la falce impugnate il martello, scendete giù in piazza e picchiate con quello, scendete giù in piazza e affossate il sistema...”. Ormai comunque, è fatta: molti giovani acquistano coscienza della propria condizione politica nell’ambito della società occidentale e rivendicavano un proprio ruolo autonomo e originale. A molti pare che il rock, per la sua storia e per la sua essenza, possa diventare arma per l’affermazione della propria identità generazionale. “IL ROCK E' NOSTRO” “Il rock è un linguaggio alternativo, il rock è nostro”. I concerti dei gruppi stranieri (che in quegli anni cominciano a organizzare tournée anche in Italia) diventano happening, diventavano il luogo ove incontrarsi con i propri simili: diventavano “il luogo”. Il fatto che la musica rock possa essere “venduta” ai concerti diventa intollerabile: perché pagare per avere il diritto di stare insieme ad ascoltare ciò che è già nostro? Così si comincia a contestare il prezzo del biglietto, gli organizzatori, i musicisti stessi. E' così che alla fine dell’inizio degli anni '70, dopo tafferugli, scontri con la polizia, sfondamenti ad ogni concerto di spicco, l’Italia viene tagliata fuori dal giro di concerti dei big del rock. Questo “libera” e “motiva” creativamente e professionalmente gli interpreti del rock italiano. Esistono già dalla fine del '60, rintanati nel chiuso delle loro cantine o in qualche locale, dove si esibiscono suonando musiche di gruppi stranieri poco noti e qualche sporadico brano proprio. Arriva il Pop anche in Italia! I Festival di “Nuove Tendenze” cominciano a moltiplicarsi, da qui spuntano fuori i primi grossi nomi del nostro pop: Banco del Mutuo Soccorso, Premiata Forneria Marconi, Osanna, Orme... Il loro rock è chiaramente ispirato a modelli stranieri, da quello “romantico” dei King Crimson, a quello “virtuosistico” degli E.L.&.P., fino a quello “hard” (duro), dei Deep Purple. Ma, accanto a questi che riescono a “sfondare”, c'è una miriade di gruppi minori in cerca di gloria: Pholas

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