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Sconto in fattura, crediti fiscali e banche: il punto della situazione
Sebbene i meccanismi non abbiano sempre funzionato alla perfezione, restano una grande occasione per il settore delle costruzioni. Abbiamo davanti un biennio per saperla cogliere al meglio no dei temi più caldi del periodo è quello dei crediti fiscali che maturano in relazione all’esecuzione di determinati interventi di ristrutturazione edilizia, siano essi di natura “leggera” (manutenzione) o “pesante” (ristrutturazione, restauro o risanamento conservativo).
I maggiori interrogativi riguardano sia la capacità (e la volontà) del sistema (in primis bancario) di assorbire i crediti “vecchi”, ossia quei crediti già presenti nel cassetto fiscale di imprese e persone fisiche, in seguito ad interventi eseguiti, sia l’attesa riapertura dei canali di acquisto, in relazione ad interventi in corso di svolgimento ovvero deliberati, ma non ancora iniziati.
I numeri della cessione del credito
Per rendere l’idea degli importi in ballo, alla data del 31 dicembre 2021 risultavano trasmesse 4,8 milioni di comunicazioni di cessione del credito, per un controvalore complessivo di 38,4 miliardi di ZQeuro.
Un’indagine parlamentare dello scorso settembre, che aveva preso in esame i bonus edilizi proposti in cessione alle banche, aveva evidenziato che, nel periodo da giugno 2020 a giugno 2022, le banche avevano analizzato 1.829.820 richieste e ne avevano gestite positivamente 1.350.135, per complessivi 30 miliardi di crediti acquistati, di cui il 71% riferibili a bonus “minori”, con un rientro in 10 anni.
Un’interrogazione parlamentare precedente, aveva chiarito che, alla data del 19 maggio 2022, risultassero 5,1 miliardi di crediti ceduti alle imprese, principalmente tramite la concessione dello sconto in fattura, e non ancora liquidati dalle banche (cosiddetti crediti “incagliati” nei cassetti fiscali); non vi sono, viceversa, dati ufficiali in merito ai crediti che le imprese non hanno nemmeno tentato di proporre in cessione, avendoli mantenuti per la compensazione “orizzontale” degli importi da pagare tramite delega F24 o, più semplicemente, senza averli gestiti.
A fronte di 30 miliardi di crediti acquistati, nonostante l’approvazione della possibilità di procedere alla “quarta cessione”, introdotta dal D.L. 50/2022, il sistema bancario ha finora veicolato a terzi un valore complessivo di crediti pari a € 712.533.805 (2,39% del controvalore complessivamente acquistato dalle banche).
L’evoluzione normativa
L’articolo 121 del Decreto Legge 34/2020 (cosiddetto “Decreto Rilancio”) aveva disciplinato due modalità alternative, rispetto all’utilizzo dei bonus in detrazione dall’imposta lorda IRPEF, in dichiarazione dei redditi, consistenti nella concessione dello sconto in fattura e nella cessione del credito.
La relativa facilità, almeno nel periodo iniziale, di monetizzare il credito, tramite gli istituti bancari e, soprattutto, tramite Poste italiane, aveva indotto molti operatori a com- portamenti spregiudicati e a sottovalutare i rischi connessi ad un utilizzo eccessivo dello sconto in fattura.
La norma originaria consentiva, infatti, un numero di cessioni illimitato e nei confronti di chiunque; tale ampia possibilità, unitamente ad una formulazione normativa non esente da critiche, aveva, purtroppo, spalancato la porta anche a soggetti privi di scrupoli, che hanno immesso nel sistema un ammontare di crediti derivante da operazioni inesistenti o irregolari, per oltre 4,4 miliardi di euro (dato stimato al 31 dicembre 2021).
Il Decreto Antifrode
L’allarme suscitato dalla scoperta delle frodi, anche per la campagna stampa conseguente, aveva immediatamente determinato la reazione del Legislatore, il quale, tramite l’introduzione del Decreto Legge 157/2021 (cosiddetto “Decreto Antifrode”), aveva introdotto l’obbligo generalizzato di attestazione di congruità dei costi e di visto di conformità, al fine di perfezionare la cessione dei crediti. Nelle more dell’adozione dei provvedimenti attuativi, da parte dell’Agenzia delle Entrate, il mercato dei crediti aveva subito una prima brusca frenata.
La Legge di bilancio 2022 aveva riportato il sereno, con l’opportuna indicazione di alcune cause di esonero dall’obbligo generalizzato di asseverazione e visto, riguardanti tutti gli interventi in edilizia libera e quegli interventi, che necessitassero di titolo autorizzativo, di importo modesto, non superiore complessivamente a € 10.000; soprattutto, la Legge di bilancio aveva stabilito un orizzonte temporale triennale, fino al 2024 incluso, sia relativamente all’applicabilità dei principali bonus, che alla facoltà di esercitare le opzioni alternative di sconto in fattura e cessione del credito.
Dallo stop alla quarta cessione
Lo scenario appariva nuovamente roseo: da un lato il Legislatore consentiva una adeguata pianificazione per il triennio successivo, avendo, nel contempo, posto rimedio alla eccessiva mancanza di regole che avevano, fino ad allora caratterizzato i cosiddetti bonus “minori”, diversi dal Superbonus, per il quale, sin dall’origine, erano state poste regole più restrittive, dall’altro gli operatori avevano compreso che un sistema maggiormente regolamentato avrebbe privilegiato le imprese virtuose e reso la vita più difficile alle altre. Neppure il tempo di metabolizzare le novità che, durante una pressante campagna mediatica sul fenomeno delle frodi, il Legislatore decideva di intervenire nuovamente, a inizio febbraio, tramite il D.L. 4/2022, introducendo una previsione assolutamente restrittiva: i crediti non sarebbero più stati cedibili un numero illimitato di volte, ma sarebbe stata possibile una sola cessione. Di fatto, il Legislatore sanciva la fine (largamente anticipata e contro ogni logica, considerata la recente approvazione della proroga triennale) del mercato della cessione dei crediti.
Qualche settimana più tardi, tramite il D.L. 13/2022, il Legislatore tornava (parzialmente) sui propri passi, ria- prendo in parte alle cessioni multiple, con previsione di una prima cessione libera, nei confronti di chiunque e di due ulteriori cessioni, esclusivamente a favore di soggetti vigilati, quali gli istituti di credito, e introducendo, con decorrenza maggio 2022, l’obbligo di targatura informatica dei crediti, al fine di consentirne la tracciabilità.
Tra il mese di aprile e maggio 2022, tutte le banche annunciavano lo stop all’acquisizione dei crediti, a motivo del raggiungimento del plafond di acquisto, determinato dalla loro capienza fiscale.
Stante la chiusura completa del mercato, il Legislatore, unitamente all’approvazione di ulteriori norme antiabuso, tramite il D.L. 50/2022, consentiva una quarta cessione, da parte del mondo bancario nei confronti dei propri clienti correntisti, diversi dai soggetti consumatori o utenti. Nell’intento del Legislatore, la quarta cessione avrebbe dovuto consentire lo svuotamento dei plafond delle banche, con conseguente capacità di riprendere l’acquisto di nuovi crediti.
Il fallimento della norma
Tuttavia, nonostante l’apertura legislativa, le banche, salvo modeste eccezioni, non hanno tuttora dato seguito alla quarta cessione. Consapevole del fallimento della norma e della gravità della situazione, tramite la conversione in Legge del Decreto Aiuti-quater, la cui pubblicazione in Gazzetta Ufficiale è avvenuta il 17 gennaio 2023, il Legislatore interviene nuovamente sul tema, introducendo la facoltà di una quinta cessione verso banche, consentendo di spalmare i crediti da quattro a dieci anni, ampliando così l’arco temporale entro cui le banche potranno utilizzare i crediti in compensazione, e mettendo a disposizione delle imprese del settore costruzioni in crisi di liquidità, perché impossibilitate a monetizzare i crediti fiscali, la garanzia operativa Sace, con una capienza di 150 miliardi di euro.
Quest’ultima misura apparirebbe particolarmente appetibile, ma viene limitata agli interventi legati al superbonus e, quindi, con un raggio di azione significativamente ridotto.
I motivi che rendono complicata la ripresa del mercato dei bonus edilizi
Il quadro normativo odierno parrebbe consentire, in linea teorica, la ripresa del mercato della cessione dei crediti derivanti dall’esecuzione di interventi di natura edile. Esistono regole collaudate per la verifica della bontà dei bonus, viene garantita la tracciabilità del credito, è stata ripristinata la possibilità di cessioni plurime, seppur in numero limitato e tutte convogliate in direzione degli istituti creditizi, ed è operativa la quarta cessione, dalle banche ai propri correntisti, per consentire alle prime di svuotare il proprio plafond ed ai secondi di acquisire un importo prepagato, utilizzabile in compensazione tramite delega F24, con conseguente risparmio di denaro. Peraltro, le banche possono cedere i crediti per singola annualità, potendo così evitare alle imprese cessionarie l’impegno di ingenti capitali in somme recuperabili in cinque o dieci anni. Non sono noti i tassi ai quali le banche cedono i crediti, ma, indubitabilmente, le imprese cessionarie hanno la possibilità di realizzare un profitto.
Dalla complessità normativa a una spinosa burocrazia
Resta da capire come mai, in presenza di un quadro normativo propizio, il mercato sia tuttora fermo. L’elevata complessità normativa, una legislazione lacunosa e ondivaga, i sequestri ordinati dalla giurisprudenza, il naturale limite imposto dalla capienza fiscale, l’impossibilità del riporto a nuovo delle quote non fruite, il nodo responsabilità, l’enorme mole di richieste, la scelta di delegare i controlli a pochi, seppur qualificati, advisors, gli ingenti costi correlati al trasferimento dei crediti, ognuna di queste ragioni contribuisce a spiegare il perché il mercato delle cessioni non riparta.
Eppure, nessuna di queste ragioni appare, di per sé, esaustiva e dirimente, e qui, probabilmente, entrano in gioco scelte strategiche e volontà politiche.
Il nodo della responsabilità del cessionario
La responsabilità del soggetto cessionario è un argomento centrale: ovviamente chi acquista i crediti in buona fede gradirebbe non incorrere in responsabilità per eventuali irregolarità ascrivibili al soggetto cedente; la normativa dispone in tal senso, stabilendo che il soggetto acquirente risponda solidalmente con il cedente, solo laddove abbia agito con dolo o colpa grave, nell’acquisto di crediti provvisti di visto ed attestazioni; viceversa, per l’acquisto di crediti sprovvisti di visto ed attestazioni, si può ovviare producendoli volontariamente ovvero si rischia la responsabilità solidale anche in ipotesi di colpa lieve.
In ogni caso, è evidente che l’acquirente non possa esimersi dall’effettuare i controlli del caso sul credito oggetto di trasferimento.
Le banche hanno, sin da subito, delegato i controlli ai propri advisors di fiducia; tale scelta, certamente legittima ed anche facilmente comprensibile, si è, tuttavia, rivelata inade- guata di fronte alla mole di documentazione che i soggetti deputati al controllo richiedono. I tempi di gestione delle pratiche si sono enormemente dilatati, con la conseguenza che gli accrediti, attesi dalle imprese, quale corrispettivo per i crediti ceduti, arrivano a distanza di molti mesi dall’apertura dei lavori. Sono sempre più frequenti i rifiuti (apparentemente) ingiustificati e molte pratiche vengono parcheggiate, a tempo indefinito, su binari morti.
Nonostante l’evidente difficoltà del sistema a gestire il flusso, gli advisors continuano a richiedere un rilevante numero di prove e documenti (a volte eccessivi), reiterando controlli che la norma già affida a soggetti professionisti, con relativa assunzione di responsabilità.
Infine, il soggetto committente deve confrontarsi con i costi correlati alla cessione del credito (costo pratica, costo professionisti, tasso di attualizzazione) e valutare la convenienza della cessione, con incasso immediato, rispetto all’utilizzo diretto in detrazione, con incasso differito; i costi applicati nel 2021 sono, nel frattempo, cresciuti significativamente.

Le alternative rispetto alla cessione alle banche
La cessione alle banche, per quanto rappresenti l’iter logico, non configura l’unica possibilità a disposizione dei soggetti cedenti. La prima opzione alternativa è costituita dall’utilizzo diretto del credito, da parte del soggetto che ha concesso lo sconto in fattura, in compensazione tramite delega F24; un’adeguata pianificazione finanziaria e la conoscenza della propria capacità di assorbimento fiscale costituiscono informazioni indispensabili per programmare la propria operatività. Ipotizzare il ricorso al credito bancario, nella forma di finanziamenti a scadenza, può consentire di chiudere operazioni interessanti, mantenendo il vantaggio competitivo dello sconto in fattura.
La ricerca di partner strategici (normalmente soggetti fornitori), che si rendano disponibili all’acquisto dei crediti maturati tramite la concessione degli sconti in fattura, può essere una proposta percorribile.
Da non escludere la valutazione delle cessioni alle parti correlate (dalle società del gruppo, fino ai soggetti familiari): in questa ipotesi l’ottica è normalmente più di breve periodo, potendosi, comunque, raggiungere risultati soddisfacenti per entrambi i soggetti coinvolti.
Il prevedibile scenario futuro per la cessione dei crediti
Il tema dell’efficientamento energetico è argomento di grande attualità e rimarrà centrale anche negli anni futuri; la direttiva UE sugli edifici green condurrà a rilevanti interventi di riqualificazione ed il ruolo degli incentivi fiscali sarà dominante. L’esperienza dell’ultimo biennio ci ha dimostrato che lo sconto in fattura e la cessione del credito costituiscono moltiplicatori eccezionali dell’incentivo fiscale; la lettura dei dati ci insegna, inoltre, che il settore delle costruzioni genera lavoro, ricchezza e consumi.
Il Legislatore non potrà rimanere miope ancora a lungo, dinanzi alle difficoltà che il mercato sta riscontrando e dovrà valutare se il raggiungimento degli obiettivi comunitari sia ottenibile in assenza della possibilità di utilizzare le opzioni alternative, che hanno dato un impulso fondamentale alla crescita dell’ultimo biennio, ma considerando la tenuta dei conti pubblici.
Gli interventi legislativi più urgenti riguardano il tema dei crediti “incagliati”, il tema dei sequestri dei crediti acquisiti da terzi cessionari in buona fede ed il liberamento dei plafond bancari, per generare nuove possibilità di acquisizioni.
Sono già stati individuati e proposti, dalle associazioni di categoria, metodi e strumenti utili ai fini sopra menzionati. Le banche dovranno valutare strategicamente se e quanti fondi destinare all’acquisto dei crediti, aprendo la strada alla quarta cessione, finora sostanzialmente inutilizzata, nell’attesa delle auspicate novità legislative. Gli advisors dovranno valutare l’opportunità di procedere tramite procedure più snelle, senza duplicare i controlli già effettuati, ma utilizzandoli ai loro fini e limitando l’analisi alla documentazione necessaria a valutare la corretta genesi del credito, senza eccedere in richieste eccessive. Gli operatori dovranno comprendere che le opzioni alternative costituiscono uno strumento di potenza straordinaria, da usare con razionalità, previa adeguata programmazione e compatibilmente con la propria capacità di generare (o ottenere da terzi) disponibilità liquide.
Dopo l’abbuffata del 2021 e la brusca frenata del 2022, abbiamo dinanzi un biennio per decidere come utilizzare in modo equilibrato uno strumento normativo che è gradito ai committenti e genera effetti positivi per l’intero settore delle costruzioni.
Da buone scelte origineranno grandi opportunità; a tutti l’augurio di saperle cogliere!
L’esigenza più grande del 2023 e degli anni successivi sarà poter assicurare al cliente finale un’incentivazione sicura, garantita e al riparo da contestazioni. Per raggiungere questo scopo esistono già dei servizi ad hoc