
9 minute read
TECH
Form Energy sta lavorando a una batteria ferro-aria in grado di fornire elettricità per 100 ore e a un decimo del prezzo del litio
Una batteria ricaricabile ferro-aria in grado di fornire energia elettrica per 100 ore e a meno di un decimo del costo degli ioni di litio. La “promessa” arriva da Form Energy, azienda tecnologica di Boston, che sta costruendo un progetto pilota su scala commerciale basato su batterie ferro-aria. L’innovazione punta a risolvere alcuni dei problemi legati alle batterie al litio: sono costose, si consumano e sono molto più adatte alla fornitura elettrica in tempi rapidi che allo stoccaggio a lungo termine.
COME FUNZIONANO LE BATTERIE FERRO-ARIA
Form Energy ha puntato quindi sulle batterie ferro-aria che, utilizzando materiali estremamente comuni, hanno costi molto contenuti, a fronte di un’ottima capacità di accumulo. Semplificando, funzionano avviando e invertendo il processo con cui si forma la ruggine. Il ferro metallico si combina con l’ossigeno per rilasciare energia nel ciclo di scarica; quindi, quando l’energia viene applicata a questa ruggine si riconverte in ferro metallico e rilascia il suo ossigeno. La tecnologia è rimasta inattiva per molti decenni a causa di un problema di idrolisi che ha ridotto della metà l’efficienza della batteria fino a quando non è stata affrontata nel 2012. Form non ha ancora indicato l’efficienza delle sue batterie, ma ha reso noto che utilizzano un gigantesco anodo di ferro e che le celle di circa un metro quadrato sono alloggiate in moduli batteria delle dimensioni di una lavatrice, immerse in un elettrolita liquido. Oltre ai vantaggi elencati, ne spicca un altro: i materiali, arrivati a fine vita, sono altamente riciclabili. Form Energy ha raccolto più di 300 milioni di dollari per commercializzare il sistema. Il primo progetto su scala commerciale, annunciato lo scorso anno in Minnesota, sarà in grado di fornire un megawatt di potenza costante per 150 ore.
India, torre mangiasmog a Nuova Delhi
Dotata di 40 ventilatori giganti, la torre dovrebbe pulire l’aria nel raggio di 1 km quadrato
Il 23 agosto è stata inaugurata a Nuova Delhi la prima torre mangia-smog dell’India. Alta quasi 25 metri e costituita da 40 ventilatori giganti che pomperanno 1.000 metri cubi di aria al secondo, la torre – che renderà l’aria più respirabile nel raggio di un chilometro quadrato – verrà messa in funzione al termine della stagione dei monsoni. La torre è stata installata nella zona di Connaught Place, frequentatissima area commerciale caratterizzata dai tipici edifici coloniali con colonnati, gremita di negozi e punto di ritrovo per i suoi caffè e ristoranti.
Il Ministro all’Ambiente di Delhi, Gopal Rai, ha spiegato come sulla base dei risultati ottenuti da questa prima torre, verrà presa o meno la decisione sul completamento del progetto, il cui costo si aggira complessivamente intorno ai 3 milioni di dollari.
Ovviamente, la torre non è per nulla piaciuta ai difensori dell’ambiente, in quanto consumerà una quantità esorbitante di energia elettrica. “Le torri mangia-smog non sono la soluzione – sostiene Sunil Dahiya, del Centro per la ricerca sull’energia e l’aria. È necessario intervenire sulle fonti energetiche, basate per il 75% su centrali a carbone. L’obiettivo di questa torre – conclude
Dahiya – non è di aggredire il problema, ma creare zone franche dove la gente possa respirare”.
“
Lo smog è legato a cause che si ripetono ogni anno: cerchiamo almeno di contenerlo. L’obiettivo è di ridurre del 50% la quantità delle particelle PM 2,5. Se la torre avrà buoni risultati, ne realizzeremo altre in tutta la capitale
ANWAR ALI KHAN, responsabile del progetto
“
Fusione a confinamento magnetico, il primo test fa sperare
Compiuto un primo importante passo verso una fonte di energia sicura, sostenibile e inesauribile. La strada da percorrere però è ancora lunga
L’ 8 settembre Eni ha annunciato che CFS (Commonwealth Fusion Systems), società spin-out del Massachusetts Institute of Technology di cui è il maggiore azionista, ha condotto con successo il primo test al mondo del magnete con tecnologia superconduttiva HTS (High Temperature Superconductors) che assicurerà il confinamento del plasma nel processo di fusione magnetica. La fusione a confinamento magnetico è una tecnologia finora mai sperimentata, applicata a livello industriale e potenzialmente una fonte energetica sicura, sostenibile e inesauribile dal momento che riproduce i princìpi tramite i quali il Sole genera la propria energia. Fornirebbe, inoltre, un’enorme quantità di energia a zero emissioni e – se fosse già disponibile – oggi potrebbe dare un forte contributo nel percorso di decarbonizzazione. Occorrerà tuttavia aspettare anni, almeno un decennio, per vedere realizzato il primo impianto dimostrativo, capace di immettere energia da fusione nella rete elettrica. Secondo la tabella di marcia, il primo impianto sperimentale, denominato Sparc, dovrebbe essere costruito entro il 2025.
IL TEST
Nel dettaglio, nel corso del test il magnete toroidale, dal peso di circa 10 tonnellate, raffreddato con elio liquido a una temperatura di circa –253.15 °C (20 gradi sopra allo zero assoluto) è stato energizzato con una corrente elettrica di intensità crescente, fino a 40.000 Ampere, per periodi di tempo prefissati e in diverse condizioni di funzionamento, sviluppando un campo magnetico di elevatissima intensità, fino a 20 Tesla (T). Tali campi magnetici non si sarebbero ottenuti con l’utilizzo di materiali tradizionali come il rame o superconduttori LTS (Low Temperature Superconductors) che si sarebbero danneggiati per il calore generato. Il risultato è stato raggiunto invece grazie alle proprietà dei superconduttori HTS (REBCO – Rare Earth Barium Copper Oxide) che compongono la parte attiva del magnete, e che sono in grado di raggiungere performance molto più elevate in termini di campo magnetico associato. Il test ha dimostrato la possibilità di mantenere il magnete nel regime di superconduzione con un’elevata stabilità di tutti i parametri fondamentali per il suo impiego in un futuro impianto dimostrativo. Il test ha, inoltre, generato una ingente mole di dati che saranno oggetto di analisi approfondite nel corso dei prossimi mesi. La tecnologia HTS si basa sulle scoperte che hanno portato Johannes Georg Bednorz e Karl Alexander Müller al Premio Nobel per la fisica nel 1987, ma solo recentemente la disponibilità commerciale di nastri HTS ha portato al loro utilizzo nei supermagneti.

Accumulo, nuova batteria a flusso redox a base di fluorenone
Dagli USA un dispositivo che, stando ai primi risultati, ha una densità energetica raddoppiata rispetto alle batterie al vanadio
Gli scienziati del Pacific Northwest National Laboratory del Dipartimento dell’energia degli Stati Uniti hanno sviluppato una batteria a flusso redox acquosa basata su analiti derivati del fluorenone. Il fluorenone (C13H8O) è un composto organico a basso costo, ampiamente utilizzato per sintetizzare una varietà di materiali elettronici organici. Viene impiegato anche nei pannelli solari, nei LED e nei prodotti farmaceutici. Al fine di prevenire una rapida degradazione, il composto fluorenone è stato trasformato in un composto redox reversibile e solubile in acqua. Prima di questo miglioramento tecnico, le molecole di fluorenone non erano sufficientemente solubili in acqua e non potevano fornire reversibilità redox in soluzioni acquose. La solubilità del composto è fondamentale nelle batterie a flusso redox e gli accademici hanno affermato di essere stati in grado di aumentare quella del fluorenone in acqua da quasi 0 con fluorenone puro fino a 1,5 moli per litro. Il team di ricerca ha scoperto che la capacità del fluorenone di effettuare reazioni reversibili dipende dalla sua concentrazione. “Questa è una grande dimostrazione dell’utilizzo dell’ingegneria molecolare per fare diventare utile un materiale finora considerato inutile in termini di “ accumulo energetico – ha dichiarato il coautore della ricerca Wei Wang. Questo apre un nuovo importante spazio chimico che possiamo esplorare”. DENSITÀ ENERGETICA DOPPIA RISPETTO AL VANADIO
I materiali alternativi per le batterie a flusso includono molecole organiche che sono molto più disponibili, più rispettose dell’ambiente e meno costose del vanadio. Ma i prodotti organici finora non hanno retto bene alle esigenze della tecnologia delle batterie a flusso; di solito si esauriscono più velocemente del necessario PACIFIC NORTHWEST NATIONAL LABORATORY, Dipartimento dell’energia degli Stati Uniti

La batteria ha una dimensione di 10 cm2 e una “potenza di 500 milliwatt. Nonostante le sue piccole dimensioni, la sua densità di energia è più del doppio di quella delle batterie al vanadio oggi in uso, affermano gli scienziati. “Nei test di laboratorio che imitavano le condizioni del mondo reale, la batteria PNNL ha funzionato ininterrottamente per 120 giorni, terminando solo quando altre apparecchiature non correlate alla batteria stessa si esaurivano – hanno ulteriormente spiegato. La batteria ha attraversato 1.111 cicli completi di carica e scarica, l’equivalente di diversi anni di funzionamento in circostanze normali, e ha perso meno del 3% della sua capacità energetica”.
Una nuova generazione di piante luminose
Grazie all’impiego di speciali nanoparticelle, un team di ingegneri del Massachusetts Institute of Technology ha creato piante che possono essere “caricate” per emettere luce
Dopo aver creato le prime piante capaci di emettere luce (2017), ora i ricercatori statunitensi del Massachusetts Institute of Technology (MIT) hanno sviluppato un nuovo sistema per aumentare l’intensità della luce e prolungarne la durata. Il team di scienziati, guidati dall’ingegnere chimico Michael Strano, ha impiegato un condensatore di loro creazione a base di nano particelle di alluminato di stronzio. Questo elemento permette di immagazzinare i fotoni luminosi, per poi rilasciarli gradualmente nel tempo. Prima di incorporare le particelle attraverso gli stomi vegetali, hanno rivestito le stesse in silice, per proteggere la pianta da eventuali danni. Il team ha usato questa tecnica di potenziamento su specie diverse tra cui crescione, tabacco, basilico e margherite. Dopo averle esposte alla luce di un Led blu, le piante si sono illuminate di verde continuando a splendere per un’ora ma con un’intensità progressivamente calante. Tuttavia la luce si è rivelata essere 10 volte più intensa della versione 2017. Il prossimo passo, dicono dal Mit, sarà quello di integrare le due tipologie di nanoparticelle, quelle con la luciferasi e i condensatori, per arrivare ad avere piante che producano e emettano luce ancora più brillante e per tempi ancora più lunghi.


Camper fotovoltaico
Progettato e realizzato dal Solar Team Eindhoven, il camper è in grado di percorrere fino a 730 km nelle giornate di sole
Si chiama Stella Vita il nuovo camper sviluppato dall’azienda olandese Solar Team Eindhoven, che si occupa principalmente di vetture a energia rinnovabile. Più che un caravan, si tratta di un’autentica casa su ruote che, grazie ai pannelli solari montati sul tetto, è in grado di essere del tutto autosufficiente in termini di energia. Per questo motivo, a bordo di Stella Vita è possibile fare di tutto senza aver bisogno di generatori esterni. Il tetto a pannelli solari serve per ricaricare il camper che da fermo dispone altresì di un’opzione che amplia la superficie fotovoltaica fino a 17,5 metri quadrati. Motivi che, insieme a un utilizzo responsabile dell’energia a disposizione, giustificano l’ampia autonomia del veicolo: oltre 730 km in una giornata di sole. Per quanto riguarda gli esterni, il camper ha un design moderno e pulito, con una forma che ricorda vagamente quella di un razzo su ruote. Non a caso è stata scelta questa soluzione, in quanto permette di massimizzare l’efficacia aerodinamica utile al risparmio dell’autonomia. Oltre agli aspetti energetici, Stella Vita spicca anche per la sua abitabilità di bordo. Infatti, il tetto si può alzare, ampliando quindi lo spazio all’interno del camper, che è dotato di tutti i comfort simili a quelli di una abitazione, come farsi una doccia calda, cucinare o anche guardare la TV. Una volta raggiunta la destinazione per la sosta, il tetto a pannelli solari espandibile regala una zona d’ombra sotto cui godersi l’aria aperta. Il tutto mentre il veicolo si ricarica.