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di Davide Bertinotti

Il birrificio Dupont.

Miti birrari da sfatare LE SAISON

Mi permetto di “rubare” lo stesso incipit che Massimo Faraggi ha usato nel suo articolo sui miti da sfatare riguardanti le IPA, pubblicato sul numero 1/21 di Birra Nostra Magazine, dato che si applica perfettamente anche qui, nella descrizione di uno stile birrario belga oggi molto conosciuto e anche frequentemente riprodotto fuori dai luoghi d’origine: Saison. “Il quadro è suggestivo e non mancano gli elementi per farne una bella storia”: i contadini della Vallonia, area belga di lingua francese, sono soliti produrre birra in maniera autarchica, utilizzando i cereali coltivati sui propri appezzamenti con l’aggiunta di luppoli, erbe o spezie presenti nella zona. Bere liquidi fermentati è certamente più salutare che acqua stagnante o potenzialmente contaminata da batteri di ogni tipo. Tutti i produttori di birra sanno poi che se le temperature ambientali sono più elevate, crescono le probabilità che la birra inacidisca. Quindi, in assenza di metodi di refrigerazione, sarebbe meglio evitare di produrre nei mesi estivi, limitandosi a fare birra da settembre ad aprile. Ma a fine estate c’è il periodo del raccolto delle messi e il grande sforzo fisico dei lavoratori nei campi deve essere sostenuto da abbondanti e nutrienti “liquidi”; come fare, quindi? Ecco la soluzione: a fine primavera produrre una birra con caratteristiche tali da poterle consentire di superare i caldi mesi esti-

vi senza danni ed essere poi consumata quando necessario. Nella zona a sud dell’attuale confine franco-belga la birra necessaria allo scopo ha un grado alcolico abbastanza elevato, sopra i 7° alc. (e viene chiamata Bière de Garde - birra “da conservazione”). In Vallonia, invece, la soluzione è una combinazione di grado alcolico superiore alla media e abbondante uso del luppolo, noto conservante naturale. La Saison (“birra di stagione”) avrebbe questa origine: una storia logica, corroborata da testimonianze locali e riferita da numerosi e importanti divulgatori birrari.

Le origini dello stile secondo Michael Jackson e Phil Markowski

In effetti, al di fuori del Belgio lo stile non era così noto sino a tempi recenti. Ne parla Michael Jackson nel 1991 in un articolo sulla rivista All About Beer (1) dal titolo “A seasonal search for the phantom of brewing” e lo descrive come qualcosa sull’orlo della scomparsa definitiva, forse lo stile più a rischio del Belgio (“The integrity of several Belgian beer styles is in danger and some could vanish. Perhaps the most endangered is the Saison”). Il racconto di Jackson è coerente con quanto dettagliato più sopra: lo stile è opera di birrifici-aziende agricole dell’area vallona che producono la birra in primavera, per i mesi estivi, con un grado alcolico elevato ma non eccessivo “per non stordire” chi necessita ristoro dal caldo e abbisogna sostentamento durante il faticoso periodo del raccolto. La birra è maturata in bottiglia “come lo champagne” e presenta un’elevata carbonazione con secchezza finale sufficiente a essere apprezzato come piacevole ammazza-sete. La fonte di queste informazioni è evidente dal testo dell’articolo e si può identificare in Marc Rosier, al tempo titolare del Birrificio Dupont e discendente del fondatore Louis Dupont, che nel 1920 aveva acquisito la “ferme-brasserie Rimaux-Derrider”, in attività sin dal 1844, facendo arrivare sino ai giorni nostri la ricetta della loro Saison. Lo stile Saison è descritto nel medesimo anno (1991), pur con altro approccio e scopo, anche nella seconda edizione del

Contadini durante il raccolto dell’orzo. The New Complete Joy of Home Brewing di Charlie Papazian: “tradizionalmente prodotto in primavera per la stagione estiva” con elevata luppolatura. É possibile però che la fonte di Papazian fosse proprio Michael Jackson, che viene citato nella bibliografia del volume. Oltreoceano la Saison non sembra riscontrare grande interesse, tant’è che non appare nell’elenco degli stili birrari dei concorsi per produttori commerciali (Great American Beer Festival GABF e World Beer Cup WBC) sino al 2002, mentre la Bière de Garde era listata sin dal 1998. Il BJCP la include nel proprio elenco di stili nel 1997 e il documento del 1999 riprende la descrizione storica fatta da Jackson. Nel 2004 viene dato alle stampe un libro che sembra colmare il vuoto di conoscenza sull’argomento e che ottiene lo scopo di mettere definitivamente in luce lo stile, sia dal punto di vista tecnico e divulgativo, sia come analisi storica delle sue origini: Farmhouse Ales (Le birre del Belgio II - Edizioni LSWR) di Phil Markowski analizza dettagliatamente storia, ricette, birrifici che producono Saison e Biére de Garde; l’analisi storica dello stile Saison è scritta da Yvan de Baets, noto birraio belga che dopo aver lavorato al birrificio De Ranke fonda nel 2003 la rinomata Brasserie de la Senne. Lo scritto è preciso, corredato di numerosi riferimenti e annotazioni e le conclusioni ricalcano esattamente quanto riportato da Michael Jackson nel suo articolo di qualche anno prima. Non sorprendentemente, dal momento che la fonte primaria delle informazioni riportate da Yvan è sempre Marc Rosier della Brasserie Dupont.

Una Saison del birrificio Dupont (fonte: Wikipedia).

La “bomba” di Roel Mulder

Riassumendo: lo stile Saison è originario dell’Hainault (provincia belga della Vallonia), creato da birrifici rurali durante i mesi freddi per il consumo estivo degli assetati lavoratori nei campi, in particolare per la stagione della raccolta dei cereali; le materie prime sono autoprodotte oppure originarie della zona e all’orzo si aggiungono nel grain bill frequentemente altri cereali, nell’ottica dell’utilizzo di quanto al momento disponibile. Un quadro coerente e quasi idilliaco! Un quadro che non convince, però, lo scrittore e storico birrario olandese Roel Mulder, che a fine 2018 “lancia la

bomba” dal suo blog Lostbeers.com (2): i fatti raccontati nel volume Le birre del Belgio II, soprattutto nella parte curata da Yvan de Baets, sono sostanzialmente, sostiene, baggianate senza fondamento e nessun documento storico a oggi consultabile avvalora quelle tesi. Tutto il racconto di cosa è lo stile Saison si fonda sul quanto riportato da Marc Rosier di Dupont (scomparso proprio nel febbraio del 2018) che ha interpretato la realtà evidenziando alcuni fatti e omettendone altri (come molti birrai belgi fanno spesso, NdR) volendo, consciamente o inconsciamente, mettere in luce lo straordinario percorso secolare del suo birrificio. Mettendo in dubbio l’unica fonte, nulla sembra più così sicuro, sostiene Mulder. Secondo le sue ricerche, aggiunge, non vi sono evidenze storiche dell’esistenza di uno stile birrario chiamato Saison tipico delle fattorie dell’Hainault. Innanzitutto, l’inquadramento generale del libro Le birre del Belgio II sarebbe fuorviante: la Vallonia del XIX secolo è una delle regioni maggiormente urbanizzate e industrializzate, grazie soprattutto alle grandi riserve di carbone, e la produzione birraria era soprattutto localizzata nelle grandi città, a opera di birrifici commerciali, non nel “rurale” Hainault. Gli unici riferimenti al termine Saison apparirebbero riferiti a queste produzioni, in particolare di Liegi (che non è nemmeno nell’Hainault). Inoltre, queste birre erano prodotte per tutto l’anno e non solo nei periodi freddi: in effetti, nei testi di descrizione dei metodi di birrificazione del XIX secolo, come il famoso volume di Georges Lacambre, Saison era un sinonimo di Bière de Garde, de provision, vieille ecc., ossia un termine che stava a indicare una birra destinata a una lunga maturazione, per di più spesso descritta come scura. Altri testi che descrivono le pratiche birrarie della Vallonia, come il CartuyvelsStammer del 1879, citano l’Hainault riportando che il malto è generalmente prodotto in birrifici (non in fattorie) e che l’orzo giunge sia da produttori locali, ma anche dalle Fiandre, dalla Francia centrale e dalla Vandea, dal Danubio. Parimenti, per il luppolo, i fornitori sono individuati nelle zone di Poperinge e Aalst, nelle Fiandre. Non propriamente una produzione a km zero… Mulder, in un altro articolo (3), descrive le pratiche di autoproduzione birraria rurale in Belgio, di cui ovviamente non nega l’esistenza: si tratta di una birra a base di cereali non maltati, luppolo, cicoria, zucchero e lievito chiamata “bière de ménage”, prodotta tutto l’anno e da bere in tempi rapidi (prima che inacidisca). Si tratta di qualcosa di molto lontano dalle Saison che, dal suo punto di vista, rimangono esclusività dei produttori commerciali. Yvan de Baets, chiamato in causa, interviene sul blog di Mulder ribadendo il suo punto di vista ed evidenziando che le fonti storiche non debbano essere limitate ai soli documenti scritti e che i racconti di Marc Rosier sulle pratiche dei propri antenati devono assumere necessariamente pari dignità e valore.

Chi ha ragione? Il contributo di Garshol, l’esperto sulle birre contadine

Insomma, i due rimangono sulle proprie posizioni: chi ha ragione? La Saison è un vero stile tradizionale derivato da pratiche rurali della Vallonia oppure è un’invenzione del XX secolo a opera di un singolo birrificio (Dupont) che ha ammantato il proprio marchio con una storia avvincente?

LA BIRRA DI LIEGI*

Nella città e nei dintorni di Liegi si preparano due tipi di birre forti conosciute con i nomi di birra giovane e di stagione. Sono due birre ambrate, soprattutto la seconda, che è una birra da conservazione che si consuma da 4 a 6 mesi dalla produzione, e che si produce nella giusta stagione [col fresco NdT], prendendone il nome. La birra giovane, come dice il suo nome, si consuma molto fresca, spesso entro i dieci-quindici giorni. I cereali che generalmente si impiegano per queste due birre sono il farro, l’orzo, il frumento e l’avena; ma la maggior parte dei birrai non usa in inverno orzo o avena: è soprattutto il farro a costituire la base di questa fabbricazione.

* Dal volume diGeorges Lacambre Traité complet de la fabrication des bières.

Un interessante contributo alla discussione arriva da Lars Marius Garshol (4), studioso delle pratiche di farmhouse ale tradizionali di Norvegia ed Europa settentrionale e orientale, nonché autore del libro Tecniche tradizionali di birrificazione (Edizioni LSWR). Garshol analizza stili e modalità produttive delle birre brassate ancora oggi nelle aree rurali di molti paesi, pratiche risalenti a secoli or sono in cui la fattoria, intesa anche come organizzazione sociale, era autosufficiente in molte attività, compresa la coltivazione di cereali e la brassazione. Tali pratiche sono state descritte, parzialmente, in passato solo dal punto di vista etnografico e solamente negli ultimi anni sono state portate all’attenzione del mondo birrario internazionale, che ha riscoperto, in fondo, che cos’era la birra prima dell’evoluzione moderna dei processi agricoli. Se questi aspetti sono rimasti sconosciuti ai più e confinati nelle zone rurali sino ai giorni nostri, non sarebbe stato impossibile, immagina Garshol, che le pratiche contadine delle fattorie dell’Hainault non avessero trovato riscontro in scritti dedicati alla birra del XIX secolo e che la tradizione fosse stata tramandata semplicemente in maniera orale. In effetti, rimarca, la birra di fattoria prodotta per autoconsumo e, in particolare, la birra maggiormente alcolica realizzata tra gennaio e aprile per i lavoratori dei campi nel periodo del raccolto dei cereali di fine estate è pratica riscontrata e pienamente accertata in Norvegia, ma anche in Danimarca (con la “gammeltøl”, letteralmente “birra invecchiata”) e nella Westfalia, Germania, con la locale “birra di marzo” consumata anch’essa in occasione del raccolto. Non sarebbe così sbagliato ipotizzare che questa tradizione sia stata presente anche nella zona belga dell’Hainault. Un altro indizio comune alle scoperte norvegesi, continua Garshol, è la modalità di utilizzo del lievito: la selezione dei ceppi a opera delle singole fattorie tramite conservazione e riutilizzo, pitching e fermentazione a temperature normalmente eccessive per le pratiche birrarie moderne è riscontrabile proprio nel birrificio Dupont, noto per lasciare salire anche fino a 35-38 °C la temperatura di fermentazione delle proprie produzioni. La logica di utilizzo di lieviti kveik da parte delle farmhouse norvegesi mira proprio a selezionare ceppi che resistano a condizioni ambientali in cui batteri e lieviti selvaggi sono sfavoriti, assicurando fermentazioni rapide e una birra adatta a un positivo invecchiamento. Il parallelo con il famoso lievito Dupont non appare campato in aria. L’unico punto che non convince Garshol rispetto all’aderenza a un’ipotetica tradizione produttiva della Saison è la fase finale, ossia imbottigliamento e rifermentazione con un’elevata carbonazione: il costo delle robuste bottiglie “champagnotte” non sembra coerente con una pratica contadina tesa all’ottimizzazione delle risorse, ma più vicina invece a un prodotto d’élite. Secondo lui, la vera birra di fattoria probabilmente assomigliava più a un lambic, con una carbonazione molto bassa o quasi nulla, più che alle moderne e altamente carbonate Saison.

La Saison de Pipaix.

Dove sta la verità?

Probabilmente nel mezzo: la produzione birraria delle fattorie vallone nel corso dei secoli è un dato di fatto; l’evoluzione di tali produzioni verso una birra più consistente e moderna anche tramite l’acquisizione di materie prime non locali è un elemento quasi certo. La quasi scomparsa dello stile e la “riscoperta” da parte di Michael Jackson è un fatto indubbio. Approfittare della vetrina offerta dallo scrittore birrario inglese da parte del birrificio Dupont per proporre una storiografia coerente con il proprio brand è probabile. Raccontare a tutto il mondo lo stile facendo in modo che quasi ogni birrificio artigianale abbia in referenza una Saison: obiettivo raggiunto! ★ Note

1. http://www.beerhunter.com/ documents/19133-000017.html 2. https://lostbeers.com/fact-check-yvande-baets-on-saison-and-the-resultsmay-shock-you/ 3. https://lostbeers.com/the-real-belgianfarmhouse-ales/ 4. ihttps://www.garshol.priv.no/blog/414. html

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