Numero 7 (15 aprile 2017)

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Periodico della Scuola di giornalismo radiotelevisivo di Perugia

Quattrocolonne Sgrt Notizie - Anno XXVI N. 7 - 15 aprile 2017

Maledetto azzardo Quando il gioco diventa patologia. La storia di chi è riemerso dall’abisso

Emergenza nascosta: aumento dei ludopatici diecimila solo in Umbria

Come si cura la malattia del gioco, viaggio nei centri di recupero

Pupi Avati: «La mia famiglia segnata dal gioco d’azzardo»


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I fratelli anti slot Hanno tolto le macchinette dal proprio bar sei anni fa, ospitando iniziative sociali. Ora Elisa e Andrea cercano un nuovo locale

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Ecco come si cura l’azzardopatia Più uomini che donne: viaggio nel centro Usl regionale di Foligno contro il gioco d’azzardo

Centro Italiano di Studi Superiori per la Formazione e l’Aggiornamento in Giornalismo Radiotelevisivo

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Presidente: Nino Rizzo Nervo Direttore del Centro: Antonio Bagnardi Direttore della Scuola: Antonio Socci Coordinatori didattici: Luca Garosi – Marco Mazzoni

Quattro Colonne SGRT Notizie

Periodico della Scuola di Giornalismo Radiotelevisivo di Perugia

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Il grande occhio della Finanza Le Fiamme gialle controllano scommesse e macchinette per evitare truffe allo Stato

Anno XXVI – numero 7 - 15 aprile 2017 Registrazione al Tribunale di Perugia N. 7/93 del marzo 1993

Stampa: Italgraf - Perugia

Un’emergenza sommersa Aumentano i malati di gioco d’azzardo in Italia: solo in Umbria diecimila, tanti gli adolescenti

In redazione

Segreteria: Villa Orintia Carletti Bonucci - Via G. Puccini, 253 06134 Ponte Felcino (PG) Tel. 075/5911211 – Fax. 075/5911232 e-mail: segreteria@centrogiornalismo.it – http://www.centrogiornalismo.it Spedizione in a.p. art.2 comma 20/c – legge 662/96 Filiale di Perugia

C’era una volta il Totocalcio

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Nel buio della sala slot Infilano banconote e premono un tasto: ecco il mondo dei giocatori compulsivi

L’Umbria dice “no” al gioco d’azzardo L’associazione “Libera” si spende per la sensibilizzazione al fenomeno. La regione risponde partecipando a incontri formativi, manifestazioni e flash mob

Dal vezzo al vizio. Come cambia nel tempo la nostra concezione di gioco d’azzardo

Direttore responsabile: Antonio Socci Redazione degli allievi della Scuola a cura di Sandro Petrollini

Pietro Adami, Giulia Bianconi, Francesco Bonaduce, Michele Bonucci, Nicola Campagnani, Nicolò Canonico, Andrea Caruso, Alessandro Catanzaro, Gabriele D’Angelo, Marina de Ghantuz Cubbe, Elena Frasconi, Gabriele Genah, Chiara Jommi Selleri, Beatrice Manca, Cristiana Mastronicola, Valentina Mira, Stefania Moretti, Camilla Orsini, Serena Riformato, Selene Rinaldi, Irene Roberti Vittory, Davide Serusi, Chiara Sivori, Paolo Sparro, Elena Testi

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«Domani smetto». Una bugia lunga diciassette anni Due storie dallo stesso finale: Stefano e Agostino dall’abisso alla terapia

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Parola di croupier Il poker sportivo raccontato da un “mazziere” che ha lavorato nelle sale di Perugia

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Pupi Avati, ludopatia è paura Il regista: «Se fin da bambino ti poni il problema di dire chi sei attraverso quello che fai, è quella la tua scommessa»


Q C’era una volta il totocalcio Dal vezzo al vizio. Come cambia nel tempo la nostra concezione di gioco d’azzardo

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di

Chiara Jommi Selleri

@ChiaraJommiSelleri

l Totocalcio si chiudeva alle 20.00 del sabato sera. Fuori dalle ricevitorie, accalcata, una folla pronta a giocare la schedina». A parlare è Massimo, 78 anni, ex ferroviere in pensione, una vita “tranquilla”, nonostante le normali difficoltà dell’esistere. «Negli anni ‘50 fare 13 era il sogno di tutti, diventare milionario non una missione, ma un modo utile per risolvere certi problemucci economici», dice ridendo, e i “problemucci economici” ai quali si riferisce sono quelli dell’Italia del secondo dopoguerra, un’Italia impoverita e distrutta dal conflitto. È qui che nasce il Totocalcio, o meglio, la prima schedina Sisal. Il 5 maggio del 1946. E con lei, i primi sogni di “gloria” di chi, dopo l’esperienza traumatica della guerra, cerca ora riscatto e benessere. «Il procedimento – spiega Massimo – era un vero e proprio rituale. Si studiavano insieme i pronostici, si consultava la classifica di campionato e poi il sistema migliore per fare 13». E la domenica pomeriggio, alle 15 spaccate, tutti davanti alla radio e più tardi alla televisione, accompagnati dalle voci storiche di Sandro Ciotti, Enrico Ameri e Beppe Viola che trasmettevano “Tutto il calcio minuto per minuto” su Rai Radio uno. Nei 90 minuti di partita, gli aspiranti vincitori speravano e fantasticavano, ma poi, ci tiene a precisare Massimo, “si tornava alla vita di sempre”. Non era di certo tutto oro e di sicuro chi rimaneva impigliato nella rete del gioco compulsivo, c’era. Ma dai racconti di chi quei momenti li ha vissuti con Quattrocolonne

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gioia e impazienza, non si può non notare quanto oggi la storia sia cambiata. La dipendenza da gioco (ludopatia) è una vecchia bestia. Da Nerone a Caligola, da Washington a Dostoevskij, le sue conseguenze catastrofiche percorrono la storia fin dalle prime testimonianze della sua presenza. Eppure, così come nel corso del tempo il Totocalcio è cambiato, cambiano anche modalità e forme di dipendenza. I nuovi giochi d’azzardo – spiegano da Confcommercio – evoluti anche dal punto di vista tecnologico, definiscono un nuovo modo di giocare: solitario, decontestualizzato e globalizzato. Un gioco non più aggregativo, ma segregante, una forma di autismo moderno che caratterizza sempre di più le giovani generazioni. Gli ultimi dati, allarmanti, dell’Osservatorio regionale sulle dipendenze (2016) svelano, infatti, un preoccupante aumento dei ragazzi con questa dipendenza (circa 1.300 gli studenti umbri con un profilo di gioco problematico e circa 1.500 ad elevato rischio). Si abbassa l’età media e si gioca anche online, seduti comodamente sulla poltrona di casa. E il gioco, svuotato del senso ludico insito nell’etimologia della parola e della sua ritualità, diventa allora isolamento e alienazione. Che questo sia lo specchio di una società sempre più individualista e sempre meno comunità, è possibile solo ipotizzarlo. Quel che è certo, come dice Massimo prima di ritornarsene a casa, è che la poesia del “caro vecchio Totocalcio” un po’ ci manca. Q


Ludopatia: disturbo comportamentale che degenera nell’ossessione compulsiva e irrefrenabile del gioco

UN’EMERGENZA SOMMERSA Aumentano i malati di gioco d’azzardo in Italia Solo in Umbria diecimila, tanti gli adolescenti

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arlare di ludopatia significa parlare di una vera e propria malattia. Il ministero della Salute la assimila alla dipendenza da sostanze per “il comportamento compulsivo che produce effetti sulle relazioni sociali o sulla salute seriamente invalidanti”. Il manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, aggiornato nel 2013, inquadra il gioco d’azzardo nell’ambito delle cosiddette “dipendenze comportamentali”. Comunque la si voglia definire, la ludopatia è un fenomeno drammaticamente presente nel nostro Paese. Spesso poco o male affrontato, ha contorni

poco definiti e definibili. I numeri – quelli non sommersi – della dipendenza sono impressionanti: in tutta Italia si contano quasi ottocentomila malati di gioco e un milione e settecentocinquantamila persone sono a rischio patologia. Analogamente al quadro nazionale, anche in Umbria la situazione è preoccupante. Qui infatti si registrano circa diecimila ludopatici, il 5,6 % della popolazione regionale tra i 15 e i 74 anni. La maggioranza dei giocatori patologici è di sesso maschile, meno di un terzo di sesso femminile. E tanti – sempre di più – sono Quattrocolonne

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ELENA FRASCONI IRENE ROBERTI VITTORY @Irene_RVittory


i giovanissimi: nel 2015, secondo l’ultimo rapporto dell’Osservatorio regionale dipendenze, circa 1300 studenti avevano un profilo di gioco problematico e circa 1500 erano a rischio dipendenza. In attesa di dati più aggiornati, è importante rilevare che se dal 2010 al 2014 gli adolescenti ludopatici erano diminuiti, nel 2015 sono tornati a crescere. In Umbria così come nel resto dell’Italia. Tutto questo, in termini di costi per la società, ha un prezzo. Lo Stato sborsa 7 miliardi l’anno per fronteggiare l’emergenza ludopatia. Che sono comunque pochi se paragonati a quanti ne ricava dal gioco d’azzardo: solo nel 2016 sono stati novantacinque i miliardi di euro entrati nelle casse statali. Stretto in questo ruolo contraddittorio, cosa ha fatto e cosa fa lo Stato per arginare il fenomeno? A livello nazionale, l’ultimo intervento normativo risale a cinque anni fa: il cosiddetto decreto Balduzzi, poi convertito in legge (n.189 del 2012), inserisce le prestazioni di prevenzione, cura e riabilitazione della ludopatia nei LEA (livelli essenziali di assistenza) e regola l’inserimento di messaggi pubblicitari in tv, radio e giornali;

A destra il profilo dei giocatori d’azzardo patologici: non solo anziani e disoccupati, ma anche adolescenti e lavoratori con un’occupazione stabile Nella pagina accanto, in quali giochi e quanto spendono gli italiani (dato parziale riferito al 2015) Fonte: Agenzia delle dogane e dei monopoli

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obbliga ad avvertire i giocatori di schedine, apparecchi di gioco e videoterminali (anche su Internet) del rischio dipendenza, istituisce campagne di sensibilizzazione nelle scuole e intensifica – almeno sulla carta – i controlli delle forze dell’ordine sul territorio. Ed è sempre con questa legge che è stato istituito l’Osservatorio nazionale per studiare misure di contenimento del gioco d’azzardo e contrastare le dipendenze gravi. La Regione Umbria ha legiferato in materia di ludopatia nel 2014 (legge n. 21, aggiornata nel 2016 con la legge 7) e definito le “norme per la prevenzione, il contrasto e la riduzione del rischio della dipendenza da gioco d’azzardo patologico”: tra le altre cose, la legge vieta l’apertura di sale gioco a meno di cinquecento metri dagli istituti scolastici e fissa una riduzione dell’IRAP dello 0,92 % per gli esercizi che scelgono di non installare o disinstallano apparecchi per il gioco (cui viene applicato il marchio “No Slot”). Per quelli che li tengono o ne installano di nuovi, invece, l’imposta regionale sulle attività produttive aumenta della stessa percentuale. Q


La ludopatia in Italia e in Umbria. I dati riportati sono dell’istituto di fisiologia clinica del Cnr, dell’Agenzia dogane e monopoli di Stato e dell’Osservatorio regionale per le dipendenze Quattrocolonne

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il grande occhio della finanza Le Fiamme Gialle controllano scommesse e macchinette per evitare truffe allo Stato

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davide serusi

@davideserusi

nche la Guardia di Finanza gioca. Lo fa interpretando un ruolo molto importante: garantire la regolarità di slot, macchinette e scommesse, evitando la truffa ai danni dello Stato e cercando di contrastare le infiltrazioni della criminalità organizzata. Nel 2016 i finanzieri hanno effettuato quasi 6mila controlli in tutte le sale da gioco italiane, sequestrando oltre 700 apparecchi e riscontrando quasi 2000 violazioni. “L’Umbria - fanno sapere in via informale dalla Guardia di Finanza di Perugia - è una regione che non presenta grosse criticità. Su poco più di cento interventi Quattrocolonne

abbiamo rilevato irregolarità nel 18% dei casi, solo 4 persone sono state denunciate all’autorità giudiziaria. Ci sono altre aree del Paese dove la situazione è decisamente più complessa”. Ma in concreto qual è l’operato della Guardia di Finanza? “I controlli partono in seguito a indagini interne – secondo quanto ci dicono dalle Fiamme Gialle – certo, poi ci sono anche le segnalazioni che provengono dall’esterno. Se ci sono macchinette irregolari si procede al sequestro e al blocco delle stesse, mentre i soldi vengono depositati nel conto fruttifero dello Stato”.

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La Gdf vigila su tutto ciò che ruota attorno a giochi e scommesse illegali: dal mancato pagamento dei tributi alla regolare gestione delle concessioni. Infatti, i Monopoli di Stato affidano l’amministrazione delle macchinette elettroniche a diverse concessionarie italiane e straniere, le quali assegnano gli apparecchi ai vari esercenti dei locali pubblici. Le Fiamme Gialle agiscono come un grande occhio centrale che monitora lo stato del gioco d’azzardo. Una banca dati registra puntate, vincite, riscossioni e conti generali aggiornati mensilmente. Il database è in grado di risalire istantaneamente ai proprietari e ai gestori delle newslot che riportano numeri anomali rispetto alle media provinciale. Ma non sono solo le macchinette al centro dell’attenzione, negli ultimi anni le sale si stanno progressivamente svuotando a favore del gioco online, praticato soprattutto dai giovani. In particolare, la Guardia di Finanza cerca di monitorare con attenzione la situazione delle scommesse sportive, terreno fertile per le infiltrazioni della criminalità organizzata. Q


NEL BUIO DELLA SALA SLOT Infilano banconote e premono un tasto: ecco il mondo dei giocatori compulsivi

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dille che devi accompagnare tua figlia in ospedale, se vuoi continuare a giocare», le suggerisce l’amica mentre preme il tasto “Play”. Per evitare appuntamenti, scocciature e distrazioni, bisogna mentire. Non si può mica dire a chi sta dall’altra parte del telefono: «Scusa, non mi va, sono troppo impegnato a giocare alle slot». Ore 10.30 di un lunedì mattina. Aprendo la porta d’ingresso di una sala slot della periferia di Perugia si ha quasi l’impressione di accedere a un universo parallelo. Ci si lascia alle spalle un tiepido sole primaverile, per essere inghiottiti dal buio di un ambiente ovattato. Nella sala, aperta da un’ora, troviamo solo due distinte signore di mezza età. Non utilizzano il cambia-monete, infilano direttamente le banconote dentro le slot. Ronzano come api, giocando in una macchina diversa ogni cinque minuti. Cercano forse quella “buona”, quella “carica”: sanno che restituiscono

una vincita cospicua solo dopo un certo numero di giocate e sperano di poter mungere la vacca grassa. E invece finiscono solo per lamentarsi: “È scandaloso, non è possibile. Neanche un centesimo”, ripete una delle due ad alta voce prima di alzarsi dallo sgabello di pelle rossa per cambiare apparecchio e infilare un’altra banconota. Arriva il momento buono. Si sentono i pezzi da due euro battere forte sul metallo della slot. “Duecento euro. Una boccata d’ossigeno. Finalmente”. A parlare è una delle donne. Quanto abbia speso prima di riuscire a incassare, non è dato saperlo, ma dai commenti e dal senso di sollievo che si intravede sul viso, la cifra sembra enorme. È quasi mezzogiorno, comincia ad aumentare il numero di giocatori. Uno di loro viene accolto dalle due donne: «Buongiorno Carlo» «Buongiorno Maria, come va stamattina?» «Eh male, non è giornata oggi» Quattrocolonne

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Andrea caruso

@Carus89

ELENA TESTI

@elenatesti


FEBBRE DA CAVALLO di Steno È un film del 1976. Dopo aver ottenuto tiepidi incassi nelle sale all’epoca della sua uscita, i molteplici passaggi televisivi, in particolare sulle TV locali romane, lo hanno nel tempo rilanciato, fino a farne un film di culto per appassionati della commedia leggera all’italiana e per frequentatori più o meno assidui di sale scommesse e ippodromi

Una conversazione-tipo che al bar o alla fer- come fosse nel salotto di casa. Gioca poco, tramata del bus colpirebbe per la banalità dei con- scorre il tempo perlopiù passeggiando tra la sala venevoli; frasi che invece risultano inquietanti principale e una detta “privé”. Si ferma di tanto in se pronunciate tra una pigiata e l’altra del tasto tanto a chiacchierare con qualche altro abituale “Bet”. La sala slot è come un club privato o un giocatore, piazzandosi alle spalle per osservarne circolo del dopolavoro: frequentata dalle stesse le mosse, come se si trovasse a un tavolo di black jack al casinò. persone che ogni giorA un paio di no depositano in quelle slot di distanza macchinette centinaia di È tutto buio. dalla nostra, c’è euro. Questi luoghi semI giocatori si sentono una donna sulla brano essere stati studiati per tenerti incollato lì quarantina che al riparo da occhi curiosi continua mecdentro per ore. C’è chi canicamente ad si accende una sigaretinfilare moneta dopo l’altra. Fumare è permesso. I posacenere sono posti sopra ogni te per giocare. Un uomo si avvicina e le chiede slot. Una cappa di fumo invade le due sale. premurosamente se abbia voglia di qualcosa da All’interno non penetra un filo di luce. Tutto mangiare e da bere, tornando poco dopo con una è buio. La sala è illuminata dai soli pulsanti delle focaccia e una bottiglietta di coca cola. Lei stringe slot che non smettono mai di funzionare. Il tem- nella mano sinistra la focaccia e la bibita, avvipo viene scandito tra una vincita e l’altra. Chi cinando di tanto in tanto le labbra alla bottiglia entra qui può nascondersi agli occhi indiscreti di senza mai staccare lo sguardo dallo schermo; in amici e parenti. Una volta dentro sei al sicuro e questo modo, la destra resta libera per inserire altre monete e premere i pulsanti. “Ti rilassi?”, puoi giocare senza sosta. Quando siamo tornati lì, nei due successivi domanda un altro giocatore passandole davanti. weekend, vi abbiamo sempre ritrovato un signo- Stavolta lei distoglie per un attimo l’attenzione re di circa sessant’anni. Si muove con disinvol- dalla slot per rispondergli sorridendo: “Hai visto? tura tra la sala slot e l’attiguo centro scommesse, Mangio pure, mentre gioco”. Quattrocolonne

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A frequentarli sono perlopiù persone di mezSette rosso, ciliegie, stella, BAR: i simboli di uno dei più comuni giochi di slot machine rote- za età che si nascondono davanti a una slot con ano sugli schermi senza soluzione di continuità. la speranza di riempire il proprio portafogli senMoneta, puntata, gioco. Altro giro, altro pulsan- za, forse, rendersi conto che i soldi che perdono sono molti di più di quelli te, altra moneta: una che vincono. C’è chi preferoutine che diventa risce un gioco a un altro, e ipnotica e alienante, così tra galline, strani simcome in una catena «Si può perdere anche boli e supereori, tutti hanno di montaggio dove l’intero stipendio la possibilità di trovare la non c’è niente da macchinetta che li fa stare produrre, ma solo da in un giorno solo» a proprio agio. Sembrano perdere. Tolto qualessere state studiate per che scambio di batquesto. tute occasionale, non Quando un jingle annuncia una vincita, le c’è alcuna socialità, ognuno sta in silenzio davanti alla propria macchinetta, seduto o in piedi, pi- monete ticchettano sullo sportellino metallico giando la mano sul pulsante che aziona il mecca- della macchina. Ma raramente il rumore si pronismo dell’alea. Quest’ultimo gesto è uno dei po- lunga abbastanza da generare invidia negli altri chi che può far intuire l’andamento della partita giocatori per la quantità di monete che la slot e il livello delle perdite nel portafogli; si va da chi risputa fuori, né basta a risollevare le finanze di tiene le dita ferme sul pulsante, premendolo rit- chi in automatico continua ad infilare banconote micamente alla fine di ogni giro, a chi fa partire la come fosse un automa. C’è chi riesce a perdere fino a 800 euro senza mano dall’alto e senza resistenza la scaraventa con violenza sul bottone, generando un rumore sec- neanche rendersi conto. O chi arriva addirittura co che cela chissà quali imprecazioni nella mente in un giorno solo e sperperare il proprio stipendi chi non vede da troppo tempo comparire una dio nella speranza di avere un po’ di fortuna. Una buona combinazione sullo schermo. Non abbia- fortuna che, per questioni di numeri scientifici, mo incontrato nessun minorenne all’interno di non arriva mai. È possibile vincire un giorno per poi sprofondare nuovamente nell’abisso. Q questi luoghi dove non filtra un filo di luce.

La Stangata di George Roy Hill È un film del 1973 diretto da George Roy Hill. Vincitore di 7 premi oscar, tra cui miglior film Quattrocolonne

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Elisa e Andrea Cecchetti durante un laboratorio per bambini organizzato nel bar di Sant’Erminio Foto fornita dall’associazione “A piccoli passi”

I FRATELLI ANTI SLOT Hanno tolto le macchinette dal proprio bar sei anni fa, ospitando iniziative sociali. Ora Elisa e Andrea cercano un nuovo locale

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di

ALESSANDRO Catanzaro

@alekata91

lisa e Andrea Cecchetti sono stati tra i primi a togliere le slot machine a Perugia. I due fratelli avevano in gestione il bar di Sant’Erminio, nel quartiere di Monteluce, quando decisero di dire basta. «Era il 2011 – ricorda Andrea – ed eravamo stufi di vedere il locale pieno di persone che si rovinavano con le proprie mani, oltre che di gente poco raccomandabile. Alcuni uscivano solo quando il bar chiudeva ed erano di nuovo lì la mattina successiva». La scelta che i due decisero di compiere fu radicale: via le macchinette mangiasoldi e al loro posto, nella stessa sala, spazio ad attività socialmente utili, rivolte a bambini e famiglie. Tra queste: laboratori tematici; cineforum; attività di musica, teatro e danza; incontri con rappresentanti di associazioni e forze dell’ordine. Scopo delle iniziative, promuovere i valori della legalità e della convivenza civile, ma anche tramandare arti e mestieri in via d’estinzione. Certo, la transizione non è stata semplicissima, come spiega Andrea: «I ricavi del bar sono precipitati, per i primi sei mesi non veniva più nessuno». Poi però il progetto, spinto dal passaparola, ha preso sempre più piede, tanto da attirare l’interesse dei media nazionali: sono così arrivati un servizio del Tg2 e un articolo di Massimo Gramellini sulla “Stampa”. Quattrocolonne

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Ma dallo scorso anno Elisa e Andrea non gestiscono più il bar: se ne sono andati, raccontano, dopo alcuni contrasti con gli altri concessionari dello stabile, di proprietà comunale. Le iniziative hanno subito un rallentamento, ma non sono scomparse: hanno trovato ospitalità prima presso l’oratorio di Monteluce e, dal mese di novembre, all’Officina Cafè, un locale nella zona industriale di Ponte San Giovanni gestito da Barbara Granocchia. Nel frattempo sono anche nate, nell’orbita di questa rete, due associazioni. Una, “A piccoli passi”, è composta per la maggior parte da agronomi e mira alla riscoperta della cultura agroalimentare locale. L’altra, “Facendo s’impara”, è di più recente creazione ed è dedicata all’educazione dei più piccoli, sulla scia dell’esperienza di Don Milani. Proprio al sacerdote fiorentino guardano, in maniera laica, i due fratelli: «Era un alchimista, uno che è riuscito, da un luogo sperduto nel Mugello, a trasformare le parole in fatti». Ora il desiderio di Elisa e Andrea è però quello di riprendere a lavorare. I due sono alla ricerca di uno spazio dove far rivivere l’esperienza di Sant’Erminio e insieme ricreare il senso antico del bar, «un posto dove le persone si riuniscono e mettono insieme le proprie idee per provare a rendere la società migliore». Q


ECCO COME SI CURA L’AZZARDOPATIA Più uomini che donne: viaggio nel centro Usl regionale di Foligno contro il gioco d’azzardo

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n percorso tutto in salita, lontano dalle luci ammalianti delle slot machine e da quel brivido che corre lungo la schiena nell’attesa di vedere come finisce la partita. Con la convinzione irrazionale che la fortuna o il destino, in qualche modo, possano essere manovrati. «Mi sono giocato tutto quanto, anche la pensione – ammette un paziente in cura nel centro per ludopatici di Foligno – pensavo continuamente di essere in grado di recuperarli. Adesso, non ho più nemmeno l’acqua». Eppure, guarire è possibile. E si può in diversi modi: con la terapia di gruppo, con la psicoterapia famigliare oppure con i gruppi formati da coppie dove solo uno dei due è un giocatore seriale.

Il paziente viene poi dimesso solo dopo un periodo di cinque anni senza ricadute. «La parola ludopatia non esiste nei manuali scientifici, è un termine inventato ad hoc per dolcificare un aspetto che non è dolce per niente». Per la dottoressa Lucia Coco, psicologa che si occupa di dipendenze dal 1997 e che lavora nel centro Usl di Foligno dal 2010, non esistono vie di mezzo. Gratta e vinci, bingo, scommesse, il lotto, le slot machine: non sono giochi “normali”, innocui, di quelli che piacciono tanto ai bambini. Il gioco d’azzardo è come un vaso di pandora, un contenitore enorme di frustrazione dove a rischio c’è veramente di tutto: dalla famiglia ai soldi passando per la propria indipendenza sia fisica che psicologica. Quattrocolonne

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CAMILLA ORSINI

@milliba

PAOLO SPARRO

@PaoloSparro


Nella pagina accanto, un momento della terapia di gruppo

Umbria: le persone in cura nella regione. I consigli per sconfiggere la dipendenza.

«L’etimologia del termine viene dal latino ludus, relativo al gioco, unito al greco patheia, stato di sofferenza – prosegue la psicologa – ma se fosse solo così, i bambini sarebbero i primi malati del gioco». Ed è per questo che Lucia Coco, mentre ci accoglie all’interno del Centro posto proprio davanti – fatalmente – ad un bar con tanto di sala slot, parla invece di “azzardopatia”: una vera e propria patologia che colpisce tutte le fasce d’età e classi sociali, senza distinzione alcuna tra buoni e cattivi. Le caratteristiche del gioco d’azzardo sono facilmente riconoscibili: l’esito della partita dipende dal caso, c’è una somma di denaro in ballo e, Quattrocolonne

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una volta giocata, è impossibile che questa ritorni indietro. Regole tanto basilari quanto lontane dalle menti dei giocatori. «Chi arriva qui – aggiunge la dottoressa Coco – è in una situazione di sofferenza molto assimilabile a coloro che usano stupefacenti. Non ci credete? Eppure, scientificamente, un cocainomane attiva le stesse aree celebrali di un giocatore d’azzardo». Molti si presentano con un vera e propria crisi di astinenza. Sonno, scatti d’ira, cambiamenti d’umore altalenante: «Il giocatore d’azzardo soffre, sta male, molto spesso è sfuggente. Alcuni, hanno pensieri suicidi».


Pillole di cura. Coloro che si affacciano per primi, timidamente, alla porta della dottoressa Coco sono molto spesso i famigliari dei giocatori. «Arrivano molti più uomini che donne – commenta Lucia – in genere sono accompagnati da mamme, figlie, dalle mogli che vivono la scoperta di questa patologia come un tradimento». Discorso diverso per le donne «che arrivano quasi sempre sole con alle spalle situazioni di marginalità sociale». Per loro, esiste un gruppo di cura specifico. Alla prima tappa dell’accoglienza, dove un assistente sociale o uno psicologo ricostruiscono la storia economica e personale del paziente, si passa alla fase più delicata: la scelta della terapia. «A questa abbiniamo il tutoraggio economico con un assistente che tutela le entrate e le uscite economiche del paziente. In pratica, il giocatore deve avere pochi soldi in tasca e presentare gli scontrini». Il momento centrale è senza dubbio la terapia di gruppo una volta a settimana, un incontro-scontro tra una decina di pazienti seduti in cerchio (in proporzione, le donne sono il 20% del totale) e la psicologa al centro. A lei, il compito di proporre argomenti di discussione e tirare le fila del discorso. «Durante la terapia – racconta la psicologa – cerco di mettere in discussione tutte le distorsioni cognitive legate al gioco d’azzardo».

Un esempio? «La Fallacia di Montecarlo, ossia la credenza che, molto probabilmente, dopo una serie di sconfitte avrai sicuramente una vincita. È la logica su cui si basa il numero ritardatario del lotto». Una rincorsa delle perdite: il giocatore cerca di recuperare quello che ha perso. «E quindi, inevitabilmente, perde ancora». Bagno di realtà. «Il gioco mi rende più cattivo anche con me stesso». Per Carlo (nome di fantasia, ndr) adesso, dopo varie sedute di gruppo, le conseguenze appaiono più chiare che mai. Vita sociale, lavorativa, affettiva, familiare: «Mi vergogno perché quando esco dalla comunità la tentazione è fortissima, hai le macchinette dentro che ti divorano». Come lui anche un piccolo artigiano che, giocando più di 500mila euro, ha perso azienda e i macchinari. Un debito che lascerà in eredità ai suoi figli. «Di storie come queste ce ne sono ancora tante purtroppo – conclude Lucia Coco – generalmente, i nostri pazienti hanno debiti dai 50mila euro in su». In questi casi, la famiglia può essere sia la causa che la soluzione. «Ora le terapie per uscire dal gioco d’azzardo problematico è diventato un servizio garantito dalla sanità pubblica. Fino a poco tempo fa non era così, ma questa è solo la punta dell’iceberg: sotto ci sono ancora tantissimi giovani ludopatici che non riusciamo ad intercettare». Q

Lucia Coco nel suo studio al Centro Usl di Foligno Quattrocolonne

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L’UMBRIA DICE “NO” AL GIOCO D’AZZARDO L’associazione “Libera” in prima linea nella sensibilizzazione al fenomeno. La regione risponde partecipando a incontri formativi, manifestazioni e flash mob

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di

cristiana mastronicola @CriBio_

o chiamano GAP, gioco d’azzardo patologi- se dei paletti e cercasse di porre argine al dilagare co, i volontari di Libera. Associazioni, nomi del fenomeno in Umbria: «Abbiamo chiesto alla e numeri contro le mafie, che in Umbria Regione la legge, abbiamo anche contribuito alla ha iniziato ad interessarsi al fenomeno ormai da stesura, attraverso il contributo degli uffici nazioqualche anno. «Noi non lo chiamiamo ludopa- nali, e la legge è finalmente stata approvata, anche tia – afferma Fabrizio Ricci, referente provinciale se restano delle lacune». L’esempio più evidente dell’associazione – perché in questo termine si dà è quello della sala slot che sta per nascere a Porta un’accezione negativa del gioco, di malattia. In Pesa, dove per una questione formale più che sorealtà crediamo che il gioco vada rivalutato, che stanziale la legge non serve a bloccare l’apertura vada contrapposto il gioco “sano” e importantis- del centro scommesse a due passi da una scuola simo nella vita di tutti noi con quello che è l’azzar- elementare. Lo scorso 17 dicembre, Libera insiedo». Libera Umbria ha incominciato ad interes- me all’associazione Borgo Sant’Antonio e ad alcusarsi territorialmente al ne scuole del quartiere fenomeno dopo la pubbliha manifestato contro cazione a livello nazionale «la legge è finalmente l’apertura dell’esercizio di due dossier, “Azzardocon lo slogan “Non azstata approvata, pli” e “Azzardopoli 2.0”, zardatevi”. Secondo la a cura del giornalista Dalegge, infatti, trattandosi anche se restano niele Poto, in cui si docudi un centro scommesse, delle lacune» menta minuziosamente non va applicato il diviecome le mafie allunghino to di apertura valido per le mani sulle slot machile sale slot a meno di 500 ne, facendo grandi affari attraverso il gioco d’az- metri da scuole e luoghi sensibili. zardo e il riciclaggio. «Partendo da qui abbiamo Ed è proprio alle scuole che Libera guarda. incominciato ad organizzare gli incontri, anche Oltre ad assemblee e incontri periodici, l’associaformativi, su questa tematica e da lì l’idea di fare zione si propone di portare negli istituti il tema qualcosa di concreto», continua Ricci. Tante le delicato del gioco d’azzardo. Sono sempre più i iniziative portate avanti dall’associazione antima- giovani che si avvicinano al fenomeno tanto da fia, che non si è limitata alla sensibilizzazione del esserne inghiottiti: «Il nostro presidio scuola, forterritorio. Parallelamente, infatti, Libera Umbria mato da insegnanti che lavorano tutto l’anno a si è adoperata perché la Regione approvasse una stretto contatto con i ragazzi, ha dedicato il perlegge sul gioco d’azzardo patologico, che mettes- corso di un anno proprio al GAP – continua Ricci Quattrocolonne

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– I ragazzi delle scuole avevano fatto diversi pro- il logo di un bar di Perugia (quelli che nella realtà getti in aula, approfondendo le tematiche. Addi- hanno scelto di non avere slot). Uno dei giocatori rittura il liceo artistico di Perugia aveva fatto una veste i panni dell’azzardopatico mentre gli altri, specie di concorso per creare un logo “no slot”, avanzando sulle caselle, lo inseguono: «Cerca nei che noi abbiamo consegnato nei vari bar in città bar di Perugia e liberali dalle slot machines». Promozione della legalità e sensibilizzazione e che è diventato il logo della nostra campagna. A Foligno, il nostro presidio, qualche anno fa ha al gioco “sano”, si accompagnano al monitoraggio costante del territorio, attraverso la mappatupreparato un cortometraggio su questo tema». L’impegno dell’associazione sul tema conti- ra dei bar che oggi a Perugia hanno scelto da che nua anche su altri fronti. Per una maggiore diffu- parte stare e hanno detto “no” alle macchinette “mangiasoldi”. «Abbiasione del messaggio, Libemo fatto la mappatura, ra Umbria ha pensato di il gioco da tavola e abriabilitare l’idea di “gioDal 2014 Libera biamo iniziato a freco” attraverso l’ideazioraccoglie le adesione quentare questi bar, ad ne di un gioco di società. organizzare aperitivi, tè «Libera ci ha chiamati per al progetto “Mappa e iniziative in questi lorealizzare questo gioco un dei bar senza slot” cali. Con alcuni si è crepaio di anni fa». Martino ato anche un rapporto Chiacchiera, di Hydra che va ancora avanti, Games, è l’inventore di “Sfida all’azzardo”, il gioco da tavola ideato per per esempio con i ragazzi del bar di sant’Erminio, la sensibilizzazione al tema. «Abbiamo realizzato con cui continuiamo ad organizzare cose insiequesto gioco da tavola semplice, adatto a giovani me», continua il referente provinciale. Sono 44 e meno giovani: l’obiettivo è quello di trovare e gli esercizi commerciali contati da Libera fino ad fermare un ludopatico che si aggira per i bar di oggi. Dal 2014 l’associazione si preoccupa di racPerugia prima che perda tutti i suoi averi giocan- cogliere le adesione degli esercizi commerciali al do alle slot machine». Utilizzare il gioco è facile: progetto “Mappa dei bar senza slot”. Il 1 febbraio c’è una plancia con 25 slot machine, ognuna con di tre anni fa, al Cafè Sant’Ercolano-Bar Sport, il

Il 1 febbraio 2014, il primo “tè senza slot” al Café Sant’ErcolanoBar Sport organizzato da Libera Quattrocolonne

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presidio “Antonio Montinaro” di Libera ha organizzato un “tè senza slot”, il primo di una lunga serie volta a far conoscere ai cittadini i problemi connessi al gioco d’azzardo e a metterli in guardia dalle insidie che si celano dietro i pulsanti luminosi delle macchinette. «Crediamo che un monitoraggio della situazione esistente in città possa essere utile per avere piena consapevolezza delle dimensioni del fenomeno e anche per sostenere quegli esercizi che scelgono di non lucrare su un sistema che sta producendo enormi danni sociali e umani», afferma l’associazione. Libera, insieme ad altre associazioni, ha dato il via a vere e proprie manifestazioni di piazza per continuare a puntare i riflettori sul fenomeno. Diversi i flash mob contro il gioco d’azzardo organizzati in diversi centri umbri. Gli “Slot mob” – questo il nome delle manifestazioni – hanno animato le piazze di Perugia, ma non solo. Il 30 maggio del 2014, lo Slot mob ha fatto tappa ad Assisi, in concomitanza con tante altre piazze italiane; dal 12 al 15 aprile, a Spoleto, tanti gli incontri che hanno visto studenti e professionisti impegnati nella promozione del gioco sano; a Foligno, il 7 ottobre del 2014, davanti a Palazzo Trinci, una rete di associazioni ha portato i cittadini in piazza per l’evento “Foligno dice no al gioco d’azzardo”. «È sicuramente uno dei temi su cui ci stiamo impegnando di più», ha detto ancora Ricci. I numeri in Umbria parlano chiaro: la piaga del gioco d’azzardo patologico è in crescita, con 267 milioni di euro spesi nel 2016 tra slot machines, bingo e lotterie di ogni genere. A crescere, però, è anche la sensibilità dei cittadini, che, grazie anche all’azione costante e capillare di Libera, con coscienza dicono “no” al gioco d’azzardo. Q

A destra, la lista degli esercizi commerciali di Perugia che hanno aderito al progetto di Libera; a sinistra, la loro collocazione sulla mappa della città di Google Quattrocolonne

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GLI ESERCIZI COMMERCIALI SENZA SLOT Pasticceria B & B Caffè Bar Pasticceria Modugno Caffè 100dieci Non Solo Pane. Lucaroni dal 1962 Caffè della Conca Mythique Cafè Bar Sant’Erminio Gingillo Lounge Caffè Caffè Morlacchi Blue Angel Bar Special Bar Bar Nicolini Pasticceria Etrusca Pasticceria Gelateria 2000 New 2010 Bar Gerry La Leccornia Gold Contemporary wine happy hour Bar Essenza Bar Agorà Gelateria Pasticceria Luca Alunni Coffee Room Sweets Bar Pioppi Bar Isola Kundera Bistrot Bar Pasticceria Fiorucci Bar Chupito Bar Agip via Cortonese Sant’Egidio Cafè Caffè al Diciannove Bar Tommy Caffè Corretto T-Trane Caffè della Penna Bar 3 Archetti Caffè Turreno Bar Cristallo Bar Tender Alphaville café Café Sant’Ercolano-Bar Sport Ristorante Nànà Bar Milano Pizzeria Shakis L’Insolito Caffè Bar Thebris


«domani smetto». una bugia lunga diciassette anni Due storie dallo stesso finale: Stefano e Agostino dall’abisso alla terapia

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omani smetto». Per diciassette anni, in cui premeva «quel dannato pulsante», e se oggi ogni sera, Stefano è andato a dor- quando parla di sé può mettere “ex” davanti alla mire ripetendosi queste parole. Poi, parola “giocatore”, lo deve in gran parte al suo però, un pensiero più forte gli veniva alla mente: amico Manuele: «È lui che ho scelto come tutor, «Quella slot machine si è presa tutti i miei soldi. gli ho dato in mano il mio stipendio, le mie carte E allora, sì, domani smetto, ma prima mi devo di credito, la mia vita». rifare». Così, ogni giorno dal 2000. Un circolo viIl tutoraggio obbliga i pazienti a fidarsi comzioso da cui Stefano, 50 anni, di origini venete, pletamente di un’altra persona, che, non solo gesta cercando di uscire con l’aiuto del centro re- stisce le loro entrate economiche, ma diventa angionale di riferimento contro la ludopatia di Foli- che una sorta di controllore a cui mostrare ogni gno. «Ci ho messo diciassette anni per capire che, sera gli scontrini delle spese effettuate durante il senza chiedere aiuto, non sarei potuto uscirne. giorno. «Questo, però, non ha incrinato la nostra Diciassette anni per fare quella telefonata e quan- amicizia, al contrario – commenta Stefano – Mado l’ho fatta una voce del nuele si è preso un centralino dell’ospedale di grande impegno: Perugia mi ha detto che il ogni giorno ha do«ciò che caratterizza medico di riferimento non vuto trovare tempo c’era. Che dovevo riprova- la mia vita ora è una e energie per gestire re il giorno dopo». Stefano la mia vita, anche l’indomani non ha richia- nuova consapevolezza» quando ci ricadevo, mato, ma, grazie all’insianche quando lo destenza dei suoi amici, circa ludevo». tre anni fa si è rivolto al Sert di Foligno: da lì la Ma il caro amico non è stato l’unico a sprosua nuova vita ha avuto inizio. nare l’ex giocatore nella lotta contro la sua deSono dieci mesi che non gioca più: «Se devo bolezza: «Mio figlio è stato il vero unico motivo descrivere ciò che caratterizza la mia vita ora, è per cui non mi sono completamente rovinato; in una nuova consapevolezza: quando mi sveglio questi diciassette anni ho perso lucidità, tempo, sono consapevole che un nuovo giorno sta ini- emozioni, ma non ho rinunciato neanche a un ziando, sono consapevole di andare a lavorare e minuto con lui». Oggi Stefano sa che la sua ex didi ciò che guadagno, sono consapevole dei profu- pendenza non è scindibile dalla sua figura di pami che sento e dei colori che vedo, sono consape- dre: «Non solo non lo è, ma non voglio che lo sia. vole del tempo che vivo». E prima? Ansia, stress, Mio figlio ha otto anni, un giorno mi farà delle insonnia, bugie, distrazione. Stefano parla delle domande e io voglio dargli tutte le risposte, spiesue vecchie giornate come di un mosaico di det- gando la dinamica che mi ha portato alla dipentagli che non ricorda, in cui tutto è un sottofondo denza, voglio che capisca e che a lui non succeda confuso e gli unici momenti definiti sono quelli mai». Mentre immagina il dialogo che in futuro Quattrocolonne

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selene rinaldi

@selenerinaldi


avrà con suo figlio, Stefano mette in guardia fin cavalli. «La mia fortuna fu la mia disgrazia: un d’ora i più giovani, incontrandoli nelle scuole: giorno scommisi 25 euro su un cavallo e ne vinsi «Buongiorno, mi chiamo Stefano e… “sono die- 6000». Da lì per ogni vincita, una nuova scomci giorni che non mi drogo”, mi interrompono messa, fino a che i soldi non sono più bastati: «Mi le voci burlone degli adolescenti. Scherzano, ma sono rivolto ad alcune agenzie di credito. È increquando ho finito di parlare non ridono più, sono dibile quanto sia facile ritrovarsi con 5 carte precolpiti, scioccati». Perché la ludopatia di ludico pagate piene di soldi, tutti da giocare». Se, però, si ha molto poco e per sconfiggerla bisogna rico- pensa che l’interesse di questi prestiti raggiunge noscere i problemi che l’hanno portata nella tua anche l’8%, la disponibilità delle agenzie diventa vita; Stefano ha capito che parte di questi scaturi- più comprensibile. Esaurito anche quel credito, vano dal suo matrimonio e per questo ha deciso non rimangono che le banche a cui chiedere un di divorziare da sua moglie, ritrovandosi, così, a mutuo: «Misi un’ipoteca sulla casa, convincentu per tu con se stesso. A do la banca, dopo scavare dentro e ad affrontanti tentativi, a tare i suoi fantasmi. «per riuscire a superare farsi bastare la Salvare il matrimomia firma, senza la giornata devo nio, invece, è l’obiettivo di coinvolgere mia Agostino, di Foligno, che moglie». Così nelscordarmi di tutto ha portato la sua famiglia le tasche di Agostiquello che ho fatto» alla rovina scommettendo no entrano 75.000 sui cavalli. L’incontro con euro, una cifra che il gioco per lui è avvenuto gli permette di sada piccolo, quando con suo padre ogni settimana nare i suoi debiti e di formarne subito altrettanti, giocava una schedina al Totocalcio: «Sono sem- arrivando infine a perdere tutto. pre stato appassionato di sport. Ho arbitrato le Crisi di panico e ricoveri in ospedale: ormai partite di calcio per dieci anni, poi ho continuato Agostino ha superato il limite. Cinque anni fa, a giocare a livello amatoriale o a fare il guardali- esasperato, confessa tutto a Raffaella e ai suoi genee». Nel 1998 Agostino sposa Raffaella, due anni nitori che lo accompagnano al centro di Foligno. dopo arriva il loro figlio. Tra il lavoro da magaz- Ormai è un anno che Agostino non scommette ziniere e l’impegno della nuova famiglia, il foli- più «ma per riuscire a superare la giornata devo gnate non riesce più a praticare sport. Aumenta scordarmi di tutto quello che ho fatto: rovinato così l’intensità con cui segue le partire in tv, ma, la serenità della mia famiglia, il rapporto con mia soprattutto, quella con cui scommette della vit- moglie, la sicurezza economica del futuro di mio toria o sconfitta delle squadre di calcio come dei figlio». Q Quattrocolonne

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Parola di croupier Il poker sportivo raccontato da un “mazziere” che ha lavorato nelle sale di Perugia

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i comincia dal gioco: tutti i croupier sono anche bravi giocatori di poker, conoscono alla perfezione regole e tempi» spiega Omar, che ha lavorato in diverse sale poker a Perugia. Il croupier (o dealer) è la persona che distribuisce le carte e assegna i piatti al tavolo dove si gioca a poker, colui che, con la sua voce e i suoi movimenti, scandisce il gioco applicando il regolamento. In sala, sopra di lui sta solo il floorman, una sorta di arbitro che interviene se il croupier ha qualche dubbio o se si verifica un atteggiamento scorretto da parte dei giocatori stessi. Il poker che si gioca oggi in Italia è quello sportivo, l’unico che le nostre leggi non considerano d’azzardo. Si disputa sotto forma di torneo o con modalità sit & go, dove c’è una quota di entrata in gioco fissa (il buy in) e uguale per tutti e la partita ha inizio quando tutti i posti al tavolo sono sta-

ti occupati. Questi tornei possono durare anche giorni: «Una volta sono rimasto in piedi fino alle sette del mattino per un torneo che andava avanti già da quattro pomeriggi» commenta Omar. Secondo lui la fortuna, in questo poker, c’entra ben poco: «È tutta questione di matematica e calcolo delle possibilità che ti permette di immaginare, se non proprio capire, quali carte ha in mano l’avversario». I veri giocatori osservano la comunicazione non verbale della persona che hanno di fronte, ricordano le carte che sono già uscite e collegano tutto a quanto l’avversario sta puntando sulla giocata. «Nella mia esperienza, sono sempre le stesse cinque o sei facce che vincono i tornei» sostiene. Per la giurisprudenza italiana, se il risultato del gioco dipende in misura prevalente dall’abilità del giocatore, allora questo non può considerarsi gioco d’azzardo. La componente Quattrocolonne

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GIULIA BIANCONI

@bianconi_giulia


aleatoria (la fortuna) può essere presente, ma non deve risultare determinante. È un regolamento del Ministero di Economia e Finanza ad aver fissato, nel 2007, altre regole precise: sono legali i giochi riconosciuti dai monopoli di Stato (AAMS) come skill games (di abilità); la somma da pagare per poter entrare nel torneo di poker (il buy in) non può superare i 100 euro; devono esser svolti in forma di torneo o solitario; almeno l’80% della raccolta va destinata al montepremi. In tutto ciò, le tasse che vanno allo Stato sono il 3 % di quanto viene raccolto e sono pagate dal concessionario. «Il poker maggiormente giocato oggi in Italia è quello alla texana, il cosiddetto Texas hold’em – continua Omar – legale online ancor prima che dal vivo». L’intervento di alcuni giudici ha infatti parificato, negli scorsi anni, queste due tipologie di gioco. Proprio il tribunale di Perugia, in una sentenza del 2013, aveva assolto gli organizzatori di un torneo di poker in un club di Corciano (Pg), interrotto il18 settembre 2010 dalla guardia di finanza, con la seguente motivazione: «Il gioco del poker Texas Hold’em si caratterizza quale variante del poker non costituente gioco d’azzardo, bensì gioco d’abilità per la mancanza dei requisiti propri della prima specie». La professione del croupier permette di guadagnare, lavorando tre o quattro giorni a setti-

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mana, circa 800 euro al mese. Per Omar era una passione: «Ero affascinato dalla strategia del gioco ma non amavo il carico di responsabilità. Se sbagli qualcosa i giocatori si innervosiscono, può perfino partire una caccia alle streghe se qualcuno si convince che porti sfiga». La dipendenza dal poker sembra essere cresciuta grazie ai siti online in cui chiunque, purché maggiorenne, può lasciarsi travolgere da emozioni virtuali perdendo però soldi reali. «La malattia può arrivare quando, dopo aver perso una cifra importante, si continua a giocare all’infinito nella speranza di recuperarla, smettendo di usare la testa» conferma Omar. Secondo lui, però, le modalità di torneo dal vivo esistenti oggi contribuiscono a limitare le grandi perdite: «Ad alcune gare si può partecipare gratis, si pagano cinque euro solo se si vogliono riprendere le carte una volta usciti dal gioco. Sono tornei che danno la possibilità di giocarem a tutti, senza farsi male. Mentre una volta a vincere era solo chi poteva permettersi di continuare a giocare». Dalle sue parole sembra uscire l’idea di un gioco più equo socialmente. «Forse oggi gioca più gente, ma si giocano meno soldi» continua. La fortuna delle sale da poker in Umbria sembra essere in diminuzione: «Qui i montepremi sono bassi rispetto ad altri posti in Italia dove, con 100 euro, se ne possono vincere fino a 20 mila». Q


Nella foto, Pupi Avati. Il regista considera la ludopatia un’evasione da una realtà che non soddisfa perché non si è fatto fruttare il proprio talento. Lui stesso ha percorso una strada tortuosa per realizzarsi: ricorda i due anni passati alla Findus come i peggiori della sua vita.

PUPI AVATI, ludopatia È paura Il regista: «Se fin da bambino ti poni il problema di dire chi sei attraverso quello che fai, è quella la tua scommessa»

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upi Avati si racconta come un timido che è stato costretto dal suo mestiere a superare, a sublimare la sua timidezza. «Ma la timidezza dà anche qualcosa di straordinario: l’osservazione. Perché il timido guarda, il timido incamera. Il timido sta nell’angolo della sala dove tutti si esibiscono. Io con i miei complessi dovevo bere dieci Campari soda per riuscire a dire qualcosa di divertente. Però guardavo. Ascoltavo. Immagazzinavo. Mi nutrivo della vita». Sarà anche grazie a questo che Pupi Avati nei suoi film riesce a indagare la psiche umana in modo approfondito, creando personaggi che rimangono scolpiti nella memoria dei suoi spettatori. Vale anche per quelli negativi, come il gruppo dei cinque malati di gioco di “Regalo di Natale” (1986).

Il gioco d’azzardo è un tema che ricorre nei suoi film. Ci sono motivi legati alla sua storia personale? La mia famiglia è stata segnata dal piacere e

dal pericolo del gioco. Mio nonno paterno era un ricco antiquario di Bologna e si rovinò giocando ai cavalli, al punto che fallì. Io sono nato l’anno della sua morte, quindi non l’ho mai incontrato. Però in famiglia si racconta che dopo il fallimento sarebbe tornato a casa e avrebbe detto a mia nonna di aver pregato la Madonna chiedendole di morire… è morto quella stessa notte: si è addormentato e non si è più svegliato. Questa scena l’ho messa in una fiction per la Rai che si chiamava “Un matrimonio”. In seguito ho incontrato moltissimi altri la cui vita era segnata dal gioco. Soprattutto nel periodo in cui ho fatto il musicista e ho suonato per due anni con una compagnia teatrale: quegli attori erano dei giocatori pazzeschi. Dopo lo spettacolo, nelle sere di paga, si giocavano tutto.

In particolare, come le è venuta l’idea per Regalo di Natale? Mi trovavo in una situazione complicata perQuattrocolonne

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Valentina Mira

@V_Mira_


ché avevo fatto un film che non era andato bene. Ero al Festival del Cinema di Venezia, e un pittore di Firenze che poi scoprii essere un biscazziere con seri problemi penali mi chiese: «Perché lei non ha mai fatto un film sul poker?». Lì per lì pensai fosse una buona idea: in fondo un film sul poker costa pochissimo: basta un tavolo, pochi attori. Quindi ho cominciato a frequentare questo biscazziere baro. Lui mi propose uno schema delle partite con tutte le smazzate, una combinazione perfetta. Scrissi la storia in base al gioco. Vado orgoglioso della scrittura di quel film, perché è rispettata la psicologia del giocatore, che non si alzerà mai dal tavolo finché non vede le carte, a rischio di perdere tutto. È tipico della mentalità del giocatore: andare fino in fondo. Cercare il limite.

Chi è il giocatore, e qual è la motivazione che lo spinge a giocare? Il giocatore un po’ dostoevskiano ha dentro di sé un vero desiderio di sconfitta, un impulso autodistruttivo. Gli piace rischiare fino in fondo. Cosa lo spinge a farlo? La necessità di rifarsi, di essere risarcito per ciò che non ha avuto. Il ragionamento è questo: sei disperato, non hai niente e impegni l’ultima cosa che hai da impegnare pensando che potrebbe risolverti la vita. Sei sempre alla ricerca del miracolo, nell’irragionevolezza più totale. Ma è anche un po’ la rinuncia ad arrivare a realizzarti facendo fruttare il tuo talento. Ognuno di noi ha un talento. È una sottocultura della famiglia, della chiesa, delle istituzioni, della scuola, che ha insegnato la rinuncia a cercarlo.

Il film vuol essere una metafora? Il gioco come la vita, in una visione pessimistica in cui ognuno segue solo il proprio interesse? Quel film vuol essere una compensazione da parte di chi aveva raccontato la vita in positivo. Fino a quel momento avevo descritto l’umanità come se fosse una classe. Come a scuola, il mio era un micromondo che diventava assoluto: c’erano il più bello, il più brutto, il più cattivo… avevo affrontato tutta la parte più rassicurante, i bravi ragazzi. E avevo sempre ignorato l’angolo dei cattivi. Questa cosa mi veniva rimproverata, il fatto di essere un po’ troppo consolatorio, “buonista”, come si dice… e allora ho pensato che fosse arrivato il giorno in cui dovevo raccontare il tradimento, un passaggio fondamentale nella vita di ciascuno. Il poker è un gioco di bugiardi: c’è il bluff, la cosa tipica del più grande bugiardo che ci possa essere, fingere di avere ciò che non si ha. Quindi ho raccontato l’angolo cattivo. Tutte e cinque le persone che siedono a quel tavolo sono negative: non ce n’è una positiva. Non c’è l’eroe buono. Ma è solo una parte dell’umanità; se non credessi che al mondo ci fosse chi gioca secondo le regole non farei questo mestiere. È questo che insegno ai miei figli: giocando alla regola si perdono probabilmente molte battaglie, ma si vince la guerra.

In che modo la ricerca del proprio talento si lega alla ludopatia? Se tu fin da ragazzino ti poni il problema di dire chi sei attraverso quello che fai, è quella la tua scommessa. Se ci fossero dei modelli educativi che ti insegnano a cercare il tuo talento con la caparbietà di mettercela tutta fino a quando non lo hai trovato... puoi far passare degli anni, non importa. Quello che importa è cercare, e trovarlo. Puoi arrivare a 30 anni, puoi arrivare a 35. Però devi arrivarci. Non ti puoi rassegnare a fare un mestiere per il quale non sei nato, per il quale non hai predisposizione. Per il quale sarà sempre faticoso… ci sarà sempre quello che lo fa meglio di te. Se tutti obbedissero a questo tipo di progettualità di vita, la vita sarebbe fantastica, perché ci sarebbero solo persone realizzate: persone che fanno coincidere il loro lavoro col loro piacere. Invece 9 volte su 10 sono persone che odiano quello che fanno, perché quello che fanno non gli dà niente, se non delle ore occupate. Allora l’evasione da questa vita orrenda - perché è orrenda quando non sei realizzato, è orrenda… - può essere veramente cercare di sfondare quella barriera che ti costringe ad essere quello che sei, ostaggio di un mestiere che non avresti voluto assolutamente fare. Q

«GIOCANDO SECONDO LE REGOLE SI PERDONO MOLTE BATTAGLIE, MA SI VINCE LA GUERRA»

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ACCORDO CONFCOOPERATIVE E BCC UMBRE PER IL CREDITO ALLE COOPERATIVE Al via il pacchetto “NoiCoop” che prevede 14 prodotti bancari legati al credito e destinati alle imprese cooperative umbre e ai soci delle stesse. Diversificati i prodotti che verranno veicolati dalle quaranta agenzie delle due Bcc: dal finanziamento al mutuo, passando per l’anticipo delle fatture o dei pagamenti della Pubblica amministrazione. Particolare attenzione è stata dedicata anche allo start up di nuove imprese cooperative nel territorio regionale. Il pacchetto presenta un alto valore mutualistico in quanto mette a sistema gli strumenti del mondo della cooperazione di Confcooperative e partecipati dal mondo del Credito Cooperativo: Fondosviluppo, Cooperfidi Italia e Assimoco. Unitamente al Segretario regionale di Confcooperative Lorenzo Mariani e al delegato del Consiglio di Presidenza di Confcooperative Umbria per l’area credito e finanza Valter Sembolini, hanno lavorato intensamente sul progetto “NoiCoop” il Direttore generale della nostra BCC Maurizio del Savio, Romeo Negrini e Valentina Scopolini. Servizi e prodotti a disposizione di chi fa impresa, spiega il presidente Meschini che aggiunge: “Diversi sono gli elementi che ci hanno animato in questo progetto. In primis la rilevanza delle imprese cooperative presenti nella nostra regione;

Il Momento della firma tra il Presidente della BCC Spello e Bettona, il Presidente BCC Umbria Palmiro Giovagnola e il Presidente di Confcooperative Umbria Andrea Fora

la comune condivisione dei valori della cooperazione e, infine la volontà di stare vicino alle esigenze di questi stessi soci”. Tutte le filiali sono state formate sui contenuti del progetto “NoiCoop” e basterà quindi, per gli interessati, recarsi nelle sedi preposte. Per una ottimale realizzazione del progetto si è messo in gioco anche il sistema bancario, spiega il direttore Maurizio Del Savio: “Cooperfidi Italia permette un abbattimento del tasso d’interesse dello 0,50 e Fondosviluppo, che interviene in conto interessi attraverso l’abbattimento di un ulteriore spread dallo 0,20 a 0,60% sui mutui e sui finanziamenti accordati alle imprese cooperative aderenti a Confcooperative”.


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